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Autore: sushiprecotto_chan    26/11/2012    1 recensioni
[Suigetsu/Itachi] Suigetsu da giovane è entrato in una banda della mafia giapponese; quando questa si è sciolta ha dovuto continuare a “pagare i debiti” ad un’associazione molto più grande. In questo modo incontra Itachi e Sasuke, fratelli membri affiliati della stessa banda anche loro nella sua stessa situazione. Suigetsu ambisce alla libertà, ma i debiti si devono pagare.
Partecipante al Contest "Numeri da Coppie" di La Lolly Dolly su EFP forum.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Itachi, Suigetsu
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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Titolo: Cells
Fandom: Naruto
Personaggi/Pairing: Suigetsu, Itachi Uchiha, Sasuke Uchiha, Kisame; Itachi/Suigetsu
Generi: Song-fic, AU, Introspettivo
Coppia: Shounen-ai
Avvertimenti: OOC (spero lieve) giustificato, linguaggio colorito
Rating: Giallo
Introduzione: Suigetsu da giovane è entrato in una banda della mafia giapponese; quando questa si è sciolta ha dovuto continuare a “pagare i debiti” ad un’associazione molto più grande. In questo modo incontra Itachi e Sasuke, fratelli membri affiliati della stessa banda anche loro nella sua stessa situazione. Itachi ha sterminato la sua famiglia, Sasuke ha seguito la strada della malavita per vendicarsi ma alla fine i due si ritrovano. Per caso Suigetsu finisce con l’abitare con i fratelli e qualche altro membro che non c’è mai. I debiti si devono pagare.
Note: 1. Mi sono affidata a Wikipedia (ed a libri che ho letto) vendendo il mio cuore e la mia anima e sperando in bene. È quindi preferibile andare a questi link per i riferimenti che ho fatto nel testo relativi alla Yakuza, all’associazione Matsuba-kai ed alla sua nemica Kyokuto-kai.
2. L’associazione Kiri-kai è di mia invenzione. Kiri in giapponese significa “nebbia”, ed il nome Kiri-kai sottintende il nome dei Sette Spadaccini della Nebbia.
3. La canzone citata nella storia è Cells dei The Servant, di cui consiglio l’ascolto durante la lettura della fiction :)
Note autrice: Sinceramente non ne sono convinta e mi sembra tutto molto stupido e molto poco credibile. Ma io ci provo lo stesso. La coppia è Itachi/Suigetsu, che per quanto sia crack per me è stata una vera e propria rivelazione.
Buona lettura!
 
Questa storia partecipa al Contest “Numeri da Coppie” su EFP forum.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

Cells.

 






 
Suigetsu entrò nell’appartamento sudicio, imprecando.
Sembrava che stesse su per miracolo, quella roba. L’edificio in cui il capo aveva deciso di stanziare il posto dove avrebbe dormito parte del fior fiore dei suoi affiliati più fidati era un sudicio buco che sembrava rischiare di cadere a pezzi da un momento all’altro, se solo uno della putrida feccia che viveva lì dentro un giorno avesse deciso di entrare chiudendo dietro di sé la porta in modo un po’ più violento del solito.
 

It'll all click when the mortgage clears
All our fears will disappear
Now you go to bed
I'm staying here
I've got another level that I want to clear

 
“Oi,” gli disse Juugo, vedendolo entrare. All’interno c’erano soltanto lui, Sasuke, Sasori, Karin e quel rompiballe del fratello di Sasuke, Itachi. Tutta gente piuttosto silenziosa, eccetto piattola-Karin, quindi l’unico suono udibile era quello della televisione e della voce stridula di Karin che si lamentava per qualcosa con Juugo. C’era chi guardava la televisione, chi mangiava e chi semplicemente stava appoggiato al muro con espressione indefinibile.
Non era un gran posto, quello. Il divano era stracciato e tutto pareva essere stato buttato nella stanza alla rinfusa. Ma era un rifugio, un posto sicuro.
Negli ultimi anni in cui aveva abitato lì, Suigetsu Hibiki aveva scoperto quanto un vecchio capannone in disuso potesse essere utile alla yakuza. Lì ci dormivano ed in generale ci stavano almeno una ventina di persone – tutte appartenenti alla loro onorata società, la Matsuba-kai – di cui ne morivano cinque ogni mese e di cui almeno tredici si facevano vedere sì e no ogni tre mesi. Le perdite erano molto poche non perché mancassero le lotte, ma perché la gente che dormiva in quel particolare capannone industriale era formata da capi, o comunque pezzi grossi del meccanismo. Non troppo grossi, s’intende, ma tipi che ancora facevano il lavoro sporco occupandosi però dei problemi più sensibili, e che riuscivano quattro volte su sei ad uscire completamente indenni dai compiti che venivano loro dati.
Suigetsu era un assassino tanto abile da ricadere in quella categoria. Non aveva un sottogruppo d’affiliati come invece un paio di suoi colleghi che vivevano sotto il suo stesso tetto comandavano; era più una specie di pedina particolarmente pericolosa, un compagno incredibilmente forte. A volte andava in ‘missione’ anche da solo, ma la cosa non succedeva troppo spesso.
Un tempo sì, un tempo era un assassino solitario. Lavorava con suo fratello Mangetsu, in un’associazione esperta nella spada, la Kiri-kai. Avevano cominciato da ragazzini. Avevano desiderato essere parte dei sette capi spadaccini e suo fratello c’era riuscito. Ma poi la società era stata annientata ed i capi rimasti in vita si erano sparsi in giro per altre bande della yakuza di Tokyo. Suo fratello era morto e lui era restato da solo.
Non aveva avuto altra scelta se non legarsi ad un’altra associazione. Di mettersi in proprio non se ne parlava neanche, perché si sarebbe ritrovato incastrato ed ammazzato al primo giorno.
La Matsuba-kai non era la libertà, ma non era neanche troppo male. Poteva continuare a combattere, ad usare la sua spada, ed era persino riuscito a recuperare una delle katane dei vecchi sette capi.
Fin da bambino aveva cominciato a ‘pagare i propri debiti’ che doveva alla mafia (per averlo accolto, per averlo ‘tirato su’ e per ogni sua cazzata che la yakuza gli aveva coperto) facendo servizi d’estorsione o ammazzando. Questi debiti non erano finiti e lui li continuava a pagare, giorno dopo giorno. E prima o poi – forse – quelli alla Matsuba-kai si sarebbero esauriti e lui sarebbe potuto uscirne. Ma era una possibilità piuttosto remota.
 

My skin feels like orange peel
My eyes have been vacuum-sealed
My organs move like a squirm of eels
We should be more adventurous with our meals

 
Dopo aver mollato la Kiri-ka, Suigetsu era stato preso da un pazzo capo mafioso che per un po’ di tempo l’aveva usato per esperimenti. Poi aveva conosciuto Sasuke.
L’Uchiha gli piaceva. Seppur avendo un’isteria pazzoide installata sottopelle, si poteva considerare un tipo a posto. Era la tipologia di capo-gruppo che Suigetsu poteva sopportare. Aveva anche dei strani principi – come quello di ammazzare meno gente possibile, che Hozuki proprio non riusciva a capire –, ma era forte e con lui ti potevi muovere abbastanza liberamente.
Sasuke aveva seguito la strada della malavita per vendicarsi del fratello, che apparentemente aveva sterminato tutta la famiglia ad eccezione del fratellino per poi istigare quest’ultimo a vivere solo della propria vendetta. E poi c’era chi ancora si chiedeva perché Sasuke fosse uno psicopatico.
Comunque sia, anni dopo il minore degli Uchiha aveva avuto bisogno di una squadra con cui compiere la sua vendetta e Suigetsu si era buttato su quell’occasione. Il tutto era finito con la scoperta che Itachi in realtà aveva fatto quel che aveva fatto per amore del suo fratellino e per proteggere il resto della città in cui abitavano. Che dire, Itachi Uchiha poteva mancare di tutto tranne che di senso d’impegno civile.
Così era stato riaccolto a braccia aperte dal suo fratellino, che era passato misteriosamente dall’odiarlo ferocemente al guardarlo con occhi adoranti che poco gli si addicevano. I membri del gruppo d’assassini creato da Sasuke avevano seguito lui ed il fratello in una banda più grande, la Matsuba-kai, ed ora Suigetsu viveva sotto lil loro stesso tetto.
“Un assassino che ammazza senza battere ciglio il suo stesso clan per ordine del ‘damyo’ della città e che per proteggere il suo fratellino lo condanna alla strada della vendetta; sono colpito.” Gli aveva detto Hozuki, la prima volta che l’aveva visto.
Itachi aveva alzato la testa e l’aveva semplicemente guardato, facendo ammirare per la prima volta allo spadaccino le sue profonde occhiaie e la sua tipica espressione indecifrabile.
Era restato così per quello che ad Hozuki parve un bel po’ di tempo, ed il suo sguardo finì per farlo rabbrividire impercettibilmente.
“Tu devi essere Suigetsu. Sasuke mi ha parlato di te.” Aveva detto poi con un sorriso appena accennato, come se fosse la cosa più naturale del mondo, e la cosa si era conclusa lì.
La parte incredibile d’Itachi Uchiha era che non era possibile stargli davanti senza avvertire l’autorità che di per sé quel ragazzo emanava. Non era paragonabile all’arroganza dei politici o dei potenti, né ad altro. Semplicemente sembrava impossibile vedere Itachi Uchiha e non notare lui e l’aura di rispetto che emanava. Questa era una delle sue caratteristiche che davano sui nervi a Suigetsu, perché gl’impedivano di fregarsene veramente dell’Uchiha.
“Tieni.” Gli disse in quel momento Itachi, porgendogli un sacchetto con dentro della roba da mangiare.
Oh, bene, pensò Suigetsu. Itachi Uchiha è impossibile da non considerare, ha la grazia e lo stile di un gatto e riesce a darti attenzione senza far sembrare di star dandoti effettivamente attenzione. Aggiungerò la cosa alla mia lista. E poi prese il pacchetto, con aria interrogativa.
“Dentro c’è del cinese. È tutto riso. È sano.”
Insomma, il fatto è che essere assassini che lavorano nella stessa organizzazione mafiosa e che vivono sotto lo stesso tetto porta la gente a conoscersi. Era già successo che i due si ritrovassero a mangiare cinese insieme. Apparentemente era l’unica cosa che realmente li accomunasse, e mentre Suigetsu non riusciva a non prestare attenzione ad Itachi, questi pareva in qualche modo interessato al minore.
Suigetsu si mise in un angolo a mangiare quel cibo ed a bere dalla sua borraccia con fare seccato, cercando di evitare d’osservare ulteriormente l’Uchiha.
Per quanto il suo corpo fosse distrutto dalla vita che conduceva, in qualche modo al mangiare quella roba  che almeno un po’ gli apparteneva – era sempre stato di suo gusto, il cinese – si sentì fisicamente meglio.
 

They annoy me those who employ me
They could destroy me
They should enjoy me
We eat chinese off our knees
And look for each other in the TV screen

 
Suigetsu stava correndo per le stradine di uno dei quartieri più malfamati di Tokyo, cercando ancora una volta di tenere stretta la pelle.
I quartieri alti avevano mandato lui ed alcuni altri a chiudere i conti con una banda avversaria, ma questa gli aveva preceduti sul tempo ed aveva preparato un agguato solo per loro.
Suigetsu si fermò un attimo contro ad un muro, riprendendo fiato e nascondendosi agli occhi di chi stava camminando proprio su un tetto sopra di lui.
Sebbene adorasse ammazzare e buttarsi in una lotta, comprendeva perfettamente che quello non era il momento giusto per fare cazzate.
Oh, li avrebbe ammazzati volentieri anche i suoi, di capi. Come amava tranciare arti ad i suoi avversari – senza rabbia, non come Juugo che a volte impazziva e non riusciva a controllare la sua furia omicida, ma semplicemente per divertimento –, così si sarebbe estremamente volentieri occupato di uccidere un paio dei capi della Matsuba.
Quelli erano dei veri bastardi, che ti tenevano in pugno finché gli servivi e che non ci pensavano due volte a sacrificare un paio di pedine per i loro scopi. E quel che è peggio era che ti tenevano lì, confinato in un acquario. In cella. Da cui, per una volta, non era proprio possibile fuggire. Perché non c’era altra via se non quella della malavita, e Suigetsu si poteva dichiarare anche piuttosto fortunato per essere entrato a far parte di un’onorata società così relativamente libera.
Poche ore dopo, Suigetsu si ritrovò al riparo in uno dei rifugi provvisori della Matsuba-kai e cercò di contattare la base, com’era suo dovere.
Dall’altra parte dello schermo del computer c’era Itachi, che l’osservava.
“Il tuo rapporto?”
Suigetsu sbuffò. “Tredici morti ed un paio di gente messa male, il resto si è sparso un po’ in giro per il quartiere. Ci hanno fatto un’imboscata.”
“Sapevano che sareste arrivati.” Riassunse in sintesi l’Uchiha, e per un po’ sparisce dallo schermo.
Tornò dopo una manciata di minuti, con in mano una ciotola di spaghetti di soia.
“Mangi cinese?” gli chiese l’altro assassino con tanto d’occhi.
“Sì, mentre aspetto novità. Potrebbero esserci contatti da altri membri della squadra da un momento all’altro ed in questo modo ti posso controllare ed aggiornare al tempo stesso.”
“Pare ragionevole.” Fece Suigetsu. Abbandonò la sua Mannaia Decapitatrice – una volta appartenuta a Zabuza-senpai – per terra e nella sua sacca trovò un rimasuglio di cibo di un giorno prima. Cinese. Quando si dice la combinazione.
Itachi guardò quello che Suigetsu aveva in mano e sorrise impercettibilmente.
“Che c’è?”
“Nulla.”

The sun goes up and the sun goes down
I drag myself into the town
All I do I want to do with you
Everyday I'm at my desk
At my desk I'm like the rest
All I do I want to do with you

 
I giorni passavano e Suigetsu si sentiva sempre più in una bolla.
Beveva la sua acqua passeggiando o correndo per Tokyo, mentalmente vomitando per la situazione statica in cui si trovava. Gestiva e portava a termine i suoi doveri, provando a scontare i suoi debiti l’uno dopo l’altro, mischiandosi alla folla di pedoni e pedine danzanti che formavano l’onorata società della Matsuba. Lì dentro si sentiva come loro, come tutti loro. Uccideva o combatteva e tentava di divertirsi.
Dentro di sé, la strana sensazione che la necessità di essere libero fosse strettamente unita all’idea che se ossessione-Uchiha avesse lavorato o passato il suo tempo a contatto con lui tutto si sarebbe trasformato in qualcosa di più sopportabile.
 

On the city's skin they move on mass
Like a rash on the back of a manky cat
Now in I go like a fool
I can't resist dipping in the pool
I watch them watch me I watch them too
Across the street across the room
I dress myself like a charcoal sketch
My eyes are brown and my hair's a mess
They annoy me (…)

 
Il grande lato positivo del far parte di un’associazione mafiosa, è quella sensazione di oblio.
Le pedine impazzite corrono in massa per le vie di Tokyo, girando, graffiandosi, ferendosi ed ammazzandosi come meglio piace loro, guidati da una specie di pazzia o da un flusso continuo di gente che pare il flusso della marea in alto mare. Seguono una forza più grande di loro, non è possibile fermarsi.
Se Juugo fosse lì si sfogherebbe a dovere, o forse annegherebbe nella propria pazzia. Itachi sarebbe superiore alla situazione, ma Suigetsu non è Itachi. Divertirsi gli piace troppo.
Si butta a pesce sulla folla con sguardo omicida ed un sorriso pieno in volto prima ancora di rendersene conto.
Ogni pezzo di corpo che la Mannaia fende ed ogni sguardo che Hozuki incontra è un incentivo alla pazzia, al punto che si arriva ad un livello per cui quasi non si riconosce più il compagno dal nemico ed il non riconoscere l'amico non ha più importanza.
Saranno cento i membri della Kyokuto-kai e della Matsuba-kai che si massacrano ma a nessuno pare importare ciò che sta succedendo lì. L’importante è che il flusso continui.
Suigetsu tenta di perdersi in quell’oblio ed ad usarlo come afrodisiaco per fendere e colpire.
Quando torna alla base – perché, dopotutto, alla fine ci ritorna – fa rapporto dicendo che c’è stato un altro di quegli scontri di massa tra loro membri ed affiliati dell’associazione avversaria.
Kisame – uno di quegli assassini supremi che si fanno vedere una volta ogni due mesi – lo saluta e, come sempre, al suo fianco c’è Itachi.
“Ci sono modi migliori per cercare un afrodisiaco, Suigetsu” gli fa questi sottovoce, una volta che Hozuki si piega vicino a lui per riporre in un cassetto i suoi vestiti e mettersene degli altri.
“Dipende da come la vedi, jiji.” Gli risponde l’altro. Digrigna i suoi denti da squalo e se ne corre da un altro lato della stanza, nell'atteggiamento di chi sta scappando.
Potrei fottermi te, per esempio, ma dopo come farei? Allontana questo pensiero immediatamente dopo averlo mentalmente pronunciato, e si ridà alla sua aqua.
 

The sun goes up and the sun goes down
I drag myself into the town
All I do I want to do with you
Everyday I'm at my desk
At my desk I'm like the rest
All I do I want to do with you
The sun goes up...


Itachi è andato.
Sasuke sta bene, Juugo appare distrutto ma ancora ce la fa e persino piattola-Karin, nonostante le ferite, pare in grado di poter resistere.
Itachi si era allontanato quel mattino presto per svolgere, insieme a Kisame, una parte dell’unica grande missione a cui quel giorno hanno partecipato tutti quelli della Matsuba-kai: provare ad annientare definitivamente la Kyokuto-kai.
Ma evidentemente visto il suo livello come assassino i capi hanno voluto dargli una parte della missione rischiosa, di cui evidentemente non avevano calcolato la pericolosità e la quantità delle probabilità per cui questa poteva andare male, quindi Itachi ora è per terra e sta praticamente rantolando.
Suigetsu non riesce ad urlare per chiedere aiuto o qualcosa del genere – non sarà mai così patetico, sa bene cosa stia succedendo – ma non può evitare che il suo viso si esprima in uno strabuzzo d’occhi ed una bocca semiaperta all’ingiù che formano un’espressione costernata, allibita e disperata insieme.
Itachi sputa e Suigetsu vede la sua pelle già trasformarsi in quell’ammasso di carne umidiccia in putrefazione che sono i cadaveri. Non può permetterselo.
“Suigetsu…” sbiascica Itachi Uchiha, ora molto più patetico durante la morte, ma comunque assurdamente dignitoso, perché lui è Itachi Uchiha ed evidentemente può. “L’associazione… cadrà presto. Se non riuscirai a nuotare in mare… prova almeno a nuotare in un lago più grande… acquista ancora un po’ di libertà.”
Poi lo guarda direttamente negli occhi e gli sorride, quel sorriso che non potresti mai immaginargli addosso ma che in qualche modo c’è.
“…Pesce.”
A sorbirsi i suoi ultimi rantoli c’è Sasuke, ma ormai Itachi è già completamente incosciente. In due minuti muore e per Suigetsu il cielo si fa d’un tratto buio.
 

The cells I am at the moment will soon die
But I will be here
Oh I'll still be here
The cells I am at the moment will soon die
But I will be here
Oh I'll still be here

 
Come predetto da Itachi – perché evidentemente l’Uchiha aveva veramente sempre ragione –, la Matsuba-kai diede segno di star cadendo irrimediabilmente giusto un po’ di tempo dopo.
Suigetsu ne fu felice, ma non trovò modo per festeggiare l’avvenimento.
Rimase nella Yakuza, com’era inevitabile. Cambiò associazione e tentò sempre di preservare il più possibile la sua libertà.
I suoi debiti erano stati in parte pagati, una piccola cella era stata distrutta, ma lui sarebbe rimasto lì, in altra cella ed in altri debiti, seppur liberato almeno da quelli della Matsuba.
Inevitabilmente, sarebbe rimasto lì, per quella strada.
 
Levigando la sua spada e combattendo una dopo l’altra le battaglie assegnate, magari l’avrebbe trovato un altro afrodisiaco, un’altra persona che poteva conoscerlo.
Il compito di un pesce è provare a sopravvivere, cercando di allargare il più possibile lo stagno in cui sta.
Il compito d’Itachi era diverso, era d’ingannare e di prendersi cura degli altri fino alla morte, non importava chi avrebbe avuto il cuore ammazzato al suo passaggio.
Essere entrato in contatto con Itachi Uchiha rende Suigetsu un pesce che già in qualche modo si è guadagnato il suo posto nel mondo.
 

The sun goes up…
 
Everyday everyday everyday...

 
 
 
 
 
Traduzione di “Cells” – The Servant:
 
Andrà tutto bene quando il mutuo sarà estinto,
Tutte le nostre paure scompariranno
Vai a letto ora,
Io resto qui
Ho un’altra rata che vorrei pagare
La mia pelle è come la buccia d’arancia,
I miei occhi sono stati sigillati
I miei organi si contorcono come anguille
Dovremmo avere più fantasia nei nostri pasti
Coloro che mi danno lavoro mi infastidiscono
Potrebbero distruggermi
Dovrebbero apprezzarmi
Mangiamo cibo cinese in ginocchio
E ci cerchiamo l’un l’altra nello schermo della tv.
 
Il sole sorge e il sole tramonta,
Mi trascino in città
Tutto ciò che faccio, vorrei farlo con te
Ogni giorno sono alla mia scrivania
Alla mia scrivania sono come tutti gli altri
Tutto ciò che faccio, vorrei farlo con te.
 
Sulla superficie della città si muovono in massa
Come un eczema sul dorso di un gatto orribile
Ed ecco che mi butto, come uno stupido
Non so resistere al gettarmi nella mischia.
Li guardo guardarmi, e ricambio lo sguardo
Dall’altra parte della strada, dall’altra parte della stanza
Mi vesto come uno schizzo fatto a carboncino
I miei occhi sono marroni, i capelli un casino
Coloro che mi danno lavoro mi infastidiscono
Potrebbero distruggermi
Dovrebbero apprezzarmi
Mangiamo cibo cinese in ginocchio
E ci cerchiamo l’un l’altra nello schermo della tv.
 
Il sole sorge e il sole tramonta,
Mi trascino in città
Tutto ciò che faccio, vorrei farlo con te
Ogni giorno sono alla mia scrivania
Alla mia scrivania sono come tutti gli altri
Tutto ciò che faccio, vorrei farlo con te.
Il sole sorge…
 
Le celle in cui sono ora moriranno presto,
Ma io sarò qui
Oh, sarò ancora qui.
Le celle in cui sono ora moriranno presto,
Ma io sarò qui
Oh, sarò ancora qui.
Il sole sorge…
 
Ogni giorno, ogni giorno, ogni giorno…
   
 
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