Do it
fast.
Sono una donna normalissima, con discendenze
scozzesi delle quali vado fiera.
Mio padre lo era, mentre mia
madre aveva origini italiane, questo spiega il colore nocciola monotono dei
miei occhi, i miei capelli rossi, le mie lentiggini e il colore chiarissimo
della mia pelle.
Ho trentun anni e pensavo di aver
già visto tutto nella mia vita o almeno quasi tutto, ma mi sbagliavo.
Eccome se mi sbagliavo.
Sono una donna normalissima e
questa è la mia normalissima storia.
Era un giorno assolato anche se,
qui a Londra, l’aria porta con sé sempre una brezza fresca che assomiglia più
ad una carezza leggera che ad un vento freddo e gelido. Cosa che in realtà è.
Mi sistemai la sciarpa in modo
che il mio viso ormai arrossato dall’aria fredda non congelasse del tutto.
Aprii il portone di casa mia
salendo le scale con molta calma.
Ricordo che quel giorno ebbi una
brutta sorpresa al lavoro che diede al mio umore una sfumatura di nero pece.
Entrai in casa a fatica, la
serratura era scheggiata e quindi la mia chiave faticava ad entrare ogni volta
che provavo a rincasare, dopo aver chiuso la porta dietro di me mi stesi sul
divano abbandonando la borsa inerme sul pavimento.
Sospirai, ero veramente stanca e
soprattutto ero stufa marcia del mio lavoro anche se sapevo che l’avrei
abbandonato presto, come tutti i miei precedenti impieghi part-time.
Mentre mi stavo rialzando per
togliermi le mie pesanti e invernali scarpe, sentii un fruscio vicino alla
porta che mi inquietò un poco. Mi voltai verso il rumore e notai qualcosa di
bianco e sottile scivolare sotto la porta, non avevo la più pallida idea che
sarebbe stata proprio quella lettera a cambiarmi la vita.
Mi chinai prendendo la busta ai
miei piedi ed aprendola con svogliatezza, pensando fosse pubblicità o altro di
simile. L’interno della lettera era alquanto strano:
Salve, Alice Gillian.
Tu non sai chi sono io, ma il sottoscritto sa perfettamente chi sei tu.
Proprio oggi riceverai una visita, perché negare un buon tea ad una
persona amica?
Sarà il suo ultimo desiderio, esaudiscilo.
Gioca la tua prima partita al meglio.
In realtà devo dire che non
compresi appieno le parole di quello strano messaggio, anzi, non capii
assolutamente nulla di quello che volesse dire.
L’unica cosa che mi incuriosii fu
il timbro a fine pagina, la lettera M in stile gotico, un po’ inquietante ma non
me ne curai affatto e buttai la lettera nella spazzatura con un gesto
sbrigativo. Me ne dimenticai di li a poco.
Era pomeriggio e avevo un certo
languorino, decisi di aprire la scatola di cioccolatini regalatami da mia
madre. Ogni anno, nel giorno del mio compleanno, sia mio padre che
mia madre
venivano a trovarmi portando con sé questa deliziosa cioccolata italiana. In
ogni Bacio Perugina (così si chiama
il tipo di cioccolata) potevo trovare un bigliettino di colore bianco dove
all’interno si facevano spazio alcune frasi di colore blu acceso come ad
esempio: Essere amati profondamente da
qualcuno ci rende forti; amare profondamente qualcuno ci rende coraggiosi,
e nella stessa frase si poteva ammirare anche il nome dell’autore.
Non feci in tempo ad assaporare
il dolce gusto del cacao perché qualcuno bussò alla porta mimando un motivetto
simile alla canzone London Bridge is
falling down. Pensai a quanto odiosa fosse quella canzone, non la
sopportavo in alcun modo ma andai comunque a vedere chi fosse.
Guardai dallo spioncino della
porta. Era Denise, una mia amica, se così si poteva definire una persona
perennemente acida, con una voce stridula e per di più che non vedevo da anni.
Le serviranno dei soldi, pensai.
- Che vuoi Denise? –
Pronunciai il suo nome con tutto
il ribrezzo di cui ero capace, le mie labbra si incresparono al solo pensiero
di quella donna con quei capelli arruffati e quell’odore di frutta troppo dolce
per il mio olfatto.
- Oh, ma insomma! – sbuffò
sonoramente pestando i piedi a terra. – Non fai nemmeno entrare un’amica che
vuole parlarti? –
La sua voce era ancora più acuta
del solito e si poteva udire il tono da lecca piedi dal fondo della strada.
Sospirai cercando di calmarmi ma
non funzionò molto dato che aprii di scatto la porta facendo spaventare la
bionda davanti a me.
Mi salutò con un velato: - Chi si
rivede… - per poi sedersi comodamente sul mio
divano.
- Prego, entra pure. – la
sbeffeggiai.
Era inquieta, lo notai dal
movimento nervoso del suo piede e della gamba ma non ci diedi importanza.
- Ti dico subito che non ti darò
altri soldi. – volevo essere chiara su questo.
Lei mi guardò in maniera stupita,
come l’avessi offesa.
- Come puoi pensare questo di me?
– la sua mano destra raggiunse il cuore in segno di mortificazione totale.
Quando eravamo al college eravamo
entrambe nel corso di recitazione e aveva sempre avuto una predilezione per la
tragedia, questo si ripercuoteva anche sulle sue azioni involontarie
quotidiane.
- Forse perché mi devi ancora
mille sterline da più di due mesi. Tu che dici? –
Il mio tono ironico era
volontario ma Denise non sembrò notarlo.
- Parliamone davanti ad una tazza
di tea, ti va? Voglio raccontarti una cosa, non ci crederai mai! –
Un altro aspetto che non
sopportavo di Denise era la sua logorrea. Con questo non intendo dire che era
pazza ma che parlava decisamente troppo.
Non le risposi e incominciai a
riempire il bollitore di acqua per poi accendere una flebile fiamma che diventò
subito più grande.
- Un tizio, qualche giorno fa, mi
ha consegnato ben duemila sterline e mi dice: mille sono per la tua amica e il
resto puoi tenertelo. – diceva, mimando una voce baritonale maschile rendendosi
alquanto ridicola.
- Quale amica? Chiedo e lui mi
risponde: Alice Gillian. –
Il bollitore incominciò a
fischiare ma non ci feci molto caso perché la mia attenzione era del tutto
concentrata sul racconto di Denise. Il mio cuore aveva incominciato una
galoppata senza fine.
- Quindi io gli domando come fa a
sapere il tuo nome e lui sai che mi risponde? –
La suspance mi stava uccidendo.
Quel tizio sapeva il mio nome e io non conoscevo il suo, chi diavolo poteva
essere?
- Devo farlo, altrimenti mi
ucciderà. Detto questo l’uomo incomincia a correre. –
- Non ti è venuto nemmeno in
mente di inseguirlo e chiedergli spiegazioni? –
Sapevo che Denise non brillava in
quanto intelligenza ma speravo vivamente che avesse fatto qualcosa.
- Tu forse non hai capito come correva. Assomigliava ad un
fulmine, mai vista una persona più veloce. –
Con la testa mi fece capire di
togliere il bollitore dal fornello, in effetti stava fischiando da un po’ di
tempo.
Versai l’acqua nelle tazze dopo
aver messo in infusione il tea, le mani tremavano un poco e così qualche goccia
d’acqua finì sul pavimento della sala.
- Comunque sia eccoli, questi
sono tuoi. –
Appoggiò sul tavolino di legno
intagliato mille sterline avvolte in una busta trasparente.
- Io non tocco quei soldi, non so
nemmeno da dove arrivino e tu non avresti dovuto accettarli! –
Mi ritrovai ad urlare
inconsapevolmente, ero allibita dal fatto che li avesse presi.
Questa donna è proprio un’idiota. Avevo tutto il diritto di
pensarlo.
- Tranquilla Alice! Se fossero
soldi sporchi sarei già in carcere o sepolta da qualche parte, non trovi? –
Come poteva essere così
tranquilla in una situazione del genere?! Non riuscivo a spiegarmelo.
- Vuoi dello zucchero? –
Dovevo assolutamente cambiare
discorso. La giornata era incominciata male e andando avanti in questo modo sarebbe
finita anche peggio.
- Volentieri, lo sai che lo
prendo dolcissimo il tea.–
Mi avvicinai alla credenza
distogliendo lo sguardo da una Denise compiaciuta e sorridente. Presi la
zuccheriera con calma per poi controllare che all’interno ci fosse rimasto
ancora un briciolo di zucchero. La aprii e constatai con stupore che il contenitore
traboccava.
Mi sembrava fosse finito e molto meno farinoso…
Dopo aver versato quattro
cucchiaini di zucchero nel proprio tea Denise ricominciò a parlare. L’ascoltai
ancora per qualche minuto finché ad un certo punto si bloccò, incominciando ad
oscillare.
- Non mi sento bene. – disse.
Mi ricordo ancora il suo viso
come fosse ieri.
Pupille dilatate come quelle di
un gatto quando si fa sera, sguardo vacuo, vuoto e un colorito pallido come un
cadavere. Questione di secondi prima che la povera donna incominciasse ad avere
convulsioni vicino al mio tavolino. Ovviamente nel frattempo la tazza di
porcellana contenente il tea scivolò dalla sua mano rompendosi in mille pezzi
al contatto con il pavimento.
Dalla sua bocca uscì ogni rantolo
udibile dall’orecchio umano e della saliva bianca e schiumosa. Non sapevo
assolutamente cosa fare e ogni nozione di pronto soccorso era sparita dalla mia
mente, solo una cosa feci d’istinto: mi avvicinai cautamente alla testa ma
quando lo feci Denise giaceva nel mio salotto in una posizione contorta e
rigida. Provai a scuoterla urlando il suo nome
ma non ottenni nulla in cambio, nessuna risposta, il panico stava
prendendo il sopravvento. Nonostante questo mantenni una lucidità tale da
portare due dita della mano destra sulla gola di Denise per sentirle il
battito. Non riuscii a percepire nulla. Mi alzai di scatto come se qualcosa mi
avesse colpita e ferita allo stesso tempo, cominciai a singhiozzare come una
bambina al suo primo giorno di scuola lontano da casa. Ero terrorizzata e
completamente persa.
Mentre mi stavo perdendo nei
sentimentalismi sentii di nuovo quel suono.
Un’altra busta scivolò sotto la
mia porta, questa volta le corsi incontro spalancandola immediatamente. Ancora
nessuno alla porta. Dopo essermi resa conto di avere un cadavere all’interno di
casa la richiusi subito facendola sbattere involontariamente producendo un
rumore assordante, ma soprattutto chiusi a chiave. Le mie gambe cedettero e la
mia schiena percorse l’intero percorso dalla maniglia della porta al pavimento
in meno di tre secondi. Con la poca lucidità mentale che mi restava presi con
le mani tremanti la busta e l’aprì con grande fatica, stavolta.
Salve, Alice Gillian,
questa sarà la tua prima partita:
Riuscirai a nascondere il cadavere di Denise Crane prima che la polizia bussi alla tua porta?
P.S.: La polizia arriverà fra pochi minuti, è meglio che ti sbrighi.
Let the game begin, good luck.
La rilessi tre volte prima di
capire ma soprattutto concepire che
Denise era morta.
Avevo il suo cadavere in casa mia
e fra poco sarei stata accusata di omicidio, avrei avuto una condanna all’ ergastolo
e avrei passato gli ultimi anni della mia vita in una cella ammuffita che
puzzava di urina.
Non lo potevo permettere
assolutamente, avrei trovato una soluzione e l’avrei trovata in fretta, non
appena le mie gambe si fossero schiodate dal pavimento e i miei occhi avessero
smesso di lacrimare.
Fino al quel giorno si avrebbe
potuto dire che ero una smidollata che si faceva mettere i piedi in testa da
chiunque, ma da quel giorno la mia vita sarebbe cambiata.
Mi alzai lentamente spostandomi dall’uscio
d’entrata al salotto fino ad arrivare vicino a Denise.
La guardai sconvolta non capendo
perché fosse morta, ma poco importava.
L’unica cosa che contava in quel
momento era che fra poco sarebbero arrivati degli agenti di polizia ed
avrebbero trovato un cadavere pieno di bava appiccicosa sul pavimento di casa
mia e la cosa era alquanto preoccupante.