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Autore: Ryuun    26/11/2012    2 recensioni
"Ti sei mai sentito come se il mondo intero ti odiasse?
Così, senza un motivo preciso, ed è allora che decidi di non uscire più per la disperazione?
Questo è quello che è successo a me, Madotsuki."
Genere: Angst | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Ti sei mai sentito come se il mondo intero ti odiasse?
Così, senza un motivo preciso, ed è allora che decidi di non uscire più per la disperazione?
Questo è quello che è successo a me, Madotsuki.
Sono una piccola ragazzina di soli 12 anni e non vedo più il mondo esterno da tanti anni.
Non ho la più pallida idea del perché di questa scelta, ma non è questo quello che importa.
Volevo solo mostrarvi cos’è che accade a qualcuno che ha deciso di iniziare a non esistere più.
Sì, perché è proprio questo quello che fanno le persone come me: non hanno più la forza di continuare la propria vita e allora si rinchiudono in casa, come dei perdenti.
Non sapevo fare niente. Se non sognare. Sognare, sognare, sognare. E ovviamente riportare tutti i miei sogni su un diario.
Quel diario racchiudeva tutto quello che speravo, quello che avrei voluto che mi accadesse ma che puntualmente non è accaduto: insomma, tutto.
La mia giornata consisteva nell’addormentarsi e poi segnare tutto.
I miei sogni però non sono quelli di una persona comune: sono di più, molto di più.
Non saprei come definirli, erano spaventosi, raccapriccianti… ma per me no.
Quelli erano tutta la mia vita.
L’unico sogno che però ricordo benissimo era quello strano ragazzo bianco e nero, com’è che si chiamava… ah, sì, Seccom Masada Sensei.
Aveva un nome particolare, quel ragazzo. Anzi, era tutto particolare, talmente tanto che lo ricordo benissimo e ricordo benissimo anche tutto quello che mi disse.
Fu la prima volta che arrivai su Marte. Mi nascosi dietro la porta e seguì un corridoio con tante mani che mi portò da lui, mentre suonava il pianoforte. Era una musica così dolce, serena, ma allo stesso tempo era intrisa di dolore, tristezza.
Amavo veramente molto la sua musica. Però si accorse dopo di me e mi invitò a suonare. Avevo un coltello in mano a me, ero talmente preoccupata che non mi accorsi neanche di star puntandolo contro di lui, il quale indietreggiò velocemente, impaurito.
Mi accorsi solo dopo che non era molto pericoloso, però mi scappò la frase: “Sei un mostro strano.” Lui però prontamente mi rispose “Perché mi chiami mostro? Lo sai che per me il vero mostro sei tu?”
Non riuscii più a rispondere, dopo quella frase. Mi aveva veramente segnata e non so neanche perché. Continuò a parlare lui, ed io lo ascoltai.
“Madotsuki.” Aprì del tutto gli occhi e, sorpresa, dissi: “Come cavolo fai a conoscere il mio nome?” lui rispose: “Io so veramente tutto di te. Anzi, io sono nato assieme a te. Tu non lo sai, ma sono stato nella tua mente fino a 10 anni fa e sono uscito allo scoperto solo quando tu hai iniziato a chiuderti dentro casa.
Scommetto che ti mancano veramente tanto i tuoi genitori, eh?
Il tuo subconscio mi ha elaborato cercando di dar forma alla tua voglia di affetto da parte di qualcuno, una sorta di punto di riferimento che nessuno però è mai stato per te.
Capisco come ti senti, perché ogni cosa che provi tu la provo anche io.”
Rimasi a fissarlo per qualche minuto, così, avevo uno sguardo perso nel vuoto.
Masada mi invitò a suonare il piano con lui. Riuscivo a vedere cosa stesse pensando, le sue intenzioni. Sapevo che lui abitasse dentro la mia mente, ma lui riusciva a comprendermi meglio di chiunque altro.
Guardai un attimo nella sua mente. “Non potevo fare a meno di fissare i suoi occhi. Erano talmente belli, ma riflettevano la rabbia, il dolore, la paura e la disperazione: nonostante io non fossi reale, sentivo il BISOGNO di difenderla.”
Allora, capì che fu l’ora di andarmene. Cercai di farlo abbassare, dato che era molto più alto di me, ed allora lo salutai, abbracciandolo. Fu la prima volta che abbracciai qualcuno, tanto ero felice che iniziai a piangere come una bambina. Evidentemente ero quello, ma dopo tutto ciò che mi successe negli anni precedenti credevo di essere più grande di quello che veramente ero.
Però… sentivo il suo cuore battere. Allora, capì che batteva solo per me. Dopotutto, era una creatura inventata, come poteva avere un cuore reale?
Mi svegliai, con il cuscino bagnato dalle lacrime.
Fu in quel momento che decisi di non poter più continuare la mia vita, se quella dopotutto si potesse chiamare vita.
La mia era una non esistenza, esistevo senza però esistere realmente.
Nessuno poteva affermare che io vivessi veramente.
Terminai di scrivere quella pagina del diario, ma non riuscivo in nessun modo a posare la penna. Sapevo che quella storia dovesse continuare, ma non ne avevo la forza: c’era qualcosa che mi bloccava.
Presi quel diario, andai sul balcone e salì su un gradino. Molti metri mi separavano dalla terraferma, allora decisi di buttarmi. Così, quella era l’unica soluzione per sentirmi veramente libera ed umana: dare una prova della mia esistenza e di tutto ciò che ho sognato.
Ormai a causa delle mie medicine non posso più dormire e ciò equivale a non poter sognare. Allora, che senso ha la vita se non si può sognare?
Cadevo. Avevo un senso di libertà indescrivibile.
Quando mi schiantai al suolo, sorridevo. Anzi, ridevo in quei pochi istanti che mi rimanevano di vita.
Chissà chi mi avrebbe più trovata.
E chissà dove sarei andata.
Sapevo solo che in quel momento sarei volata da Masada.



E' la prima volta che pubblico su EFP, spero vi piaccia. 
  
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