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Autore: Like Shakespeare    27/11/2012    0 recensioni
"Shakespeare"- Un soprannome e tanti ricordi nascosti in due grandi occhi azzurri. Che fossero giacchio? probabile mi gelavano. Che fossero cielo? Probabile ti lasciavano fluttuare. Che fossero oceano? Probabile, ti lasciavano galleggiare e, a volte, ti spingevano nella'abisso. Ma a me non interessava, potevo anche affogare, almeno ora era tornata. Finalmente.
-Entrate bellezze. D'altronde se non vi piace non vi resta che uscire. Grazie c:
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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 Cardiac arrest.
 
“Harry.”- Salutò freddo Zayn passando.
Non me lo aveva mai realmente perdonato. La cosa che lo infastidiva ancora di più era senz’altro il 
fatto che non facessi nulla per rimediare. 
Mi sarebbe bastata una chiamata, un paio di ditate sul telefono e avrei risolto tutto. 
Lui si sarebbe messo il cuore in pace e io sarei ricaduto nel buio più assoluto.
Sicuramente un pensiero da egoista, ma sapevo che non avremmo cambiato le cose sentendo la sua voce, di nuovo. Quindi, in un certo senso, mi stava bene che la gente mi considerasse lo stronzo ed egoista di turno. Nonostante ci provassi con tutte le mie forze, però, non potevo nascondere che le cose erano cambiate, le persone erano cambiate, e con molte di loro anche io. Ero irrimediabilmente e incondizionatamente cambiato. Attribuivo tutto ciò la crescita. Chi può negare che un ragazzo che cresce necessita esigenze particolari? Nessuno. Per questo nessuno riusciva a ribattere quando sfacciatamente rispondevo di esser solo cresciuto. Zayn invece attribuiva, tutto ciò,  alla sua mancanza.
Feci un cenno con la testa in direzione del ragazzo che già non mi guardava più.
“Che spreco…”- Sussurrò quasi afflitta la ragazza appoggiata al muro di fianco a me. Sorrisi riconoscendo la stridula voce dell’insulsa ragazza. Erano tutte così sciocche e legate al sesso. Lei no. Erano tre anni che non la vedevo e non la sentivo. Ma sapevo che lei era ancora la ragazzina ingenua che era partita. O forse era solo speranza la mia.
Speranza.
 Ma speranza di cosa?
 Speravo che lei fosse ancora vergine?
 Speravo che lei non avesse tinto i suoi capelli corvini?
Speravo che lei non avesse cominciato a fumare?
Tutte cose futili. Speravo che lei tornasse. Mi crogiolavo nella speranza che lei un giorno avesse riacceso la luce della sua stanza nell’esatto momento in cui lo aveva sempre fatto. Speravo, quasi stupidamente, di urtarla per strada e riconoscerla. Menzogne. In realtà mi sarebbe bastato un solo squillo. A distanza di tre anni ancora sussultavo quando sentivo la suoneria attribuita ad un numero sconosciuto. Entrambi eravamo coscienti che Liam avesse i nostri rispettivi numeri. A me sarebbe bastata una chiamata e a lei semplicemente percorrere il corridoio. A volte mi sentivo quasi arrabbiato nei suoi confronti. Perchè non chiede il mio fottuto numero al suo fottuto fratello. Era questo il pensiero che più mi faceva sentire incazzato. Ma, d'altronde, come potevo io accusare lei quando ero il primo a non muovermi di un passo dalla mia posizione. Una volta lo avevo chiamato. Gli avevo chiesto di lei e lui, con voce scocciata, mi aveva detto: “Non è in casa Harry, ma se vuoi posso darti il suo numero”. Mi era sembrato così difficile prendere una penna in quel momento, eppure Liam era riuscito a capire che non sarei mai riuscito a chiedergli il numero. Lui mi stava porgendo una mano e io esitavo. Per forse la seconda volta in tutta la sua vita Harry Styles esitava. Alla fine mi aveva dettato le cifre e mi aveva salutato.
Avevo passato la notte a rigirarmi tra le mani quel foglietto. Seduto sul davanzale della mia camera con le sigarette sottratte dal cassetto di mio padre speravo quasi che il movimento circolare del biglietto cancellasse le cifre su esso scritto. Sarebbe stato tutto più facile. Non avrei dovuto fare una scelta.
 Alle sette del mattino ero ancora lì, il pacchetto ormai svuotato, l’ultima sigaretta in bocca e il biglietto ancora tra le mani. Era successo tutto in un attimo. Un contro-circuito aveva fatto accendere per un secondo la luce della sua camera, io avevo preso l’accendino e dato fuoco al biglietto. Era passato poco meno di un mese dalla loro partenza, non avevano ancora staccato la luce. E io mi sentii così stupido. Così pazzo. Così insulto. Non potevo far in modo che lei tornasse. Non avevo il coraggio di andare da lei. Non facevo nulla. Sembrava quasi che tutta quella fottuta situazione mi stesse bene. Sembrava che  non mi avesse colpito poi così tanto la partenza della mia migliore amica. Sembrava, forse, che quel continente che ci separava a me non faceva nulla; e ogni metro calcolato, ogni centimetro compreso tra me e lei mi infliggevano terribili pene. Ogni volta che pensavo a quel numero sentivo un cazzotto dritto sulla bocca dello stomaco. Mi pareva di sentire i succhi gastrici erodermi le pareti interne. Mi sembrava tutto così reale. E lo era il mal di testa che mi perseguitava. Quello era reale. A me, però, non dava fastidio. Tre anni di ininterrotto mal di testa mi ricordavano solo che lei era realmente stata nella mia vita. Che non era pazzo, ma forse lo stavo diventando.
Disturbo della rabbia. Avevano detto. “Signora, non pianga. Deve solo tentare di evitare che lui si arrabbi.”- Questo aveva detto quell’uomo, stempiato, con il camice bianco. “Vede, quando lui si arrabbia non riesce a trattenersi.” -Questa era stata la “soddisfacente” spiegazione, a detta sua. A me era sembrata così poco professionale e per nulla soddisfacente.
Io non avevo nessun disturbo. Se uno mi faceva incazzare le prendeva. Senza troppi giri di parole. Senza troppi girotondi. All’inizio c’era Zayn a starmi vicino. Mi seguiva, faceva l’ombra. Interveniva subito all’occorrenza. Ma una volta aveva preso quel discorsa Tabù. Era stato più forte di me, l’avevo colpito. Lui era rimasto inerme. Quasi insofferente al sangue che gli usciva dal labbro. “Non risolverai nulla picchiando la gente.”- Mi aveva quasi sussurrato tenendo, tuttavia, un tono fiero.
Non ero guarito, ma piano piano stavo migliorando, ma a nessuno importava. Lei non era lì a potermi sorridere a abbracciare mentre costatava i miei miglioramenti. Zayn era troppo arrabbiato per potermi dare una pacca sulla spalla e dire “Bravo amico.”-
Ero ormai davanti casa, pestai la sigaretta che avevo lasciato cadere sul marciapiede.
“Non fumerò mai. Che odio i pantaloni sotto il culo. Ma chi si credono di essere con quei giubbotti di pelle. Ti porterò all’altare. Ti chiamerò. Quante altre ne hai dette Styles?”- La mia sanità mentale giocava brutti scherzi. Tante volte mi era sembrato di sentire i suoi rimproveri. Scossi la testa e sorrisi al pensiero di riaverla tra le mie braccia. Mi avvicinai alla porta lentamente.
“Che sfigato Styles. Ora ci ignori anche.”- Zayn. Mi voltai con estrema cauta. Quasi avevo paura che tutto quello fosse realmente vero. Eppure avevo sperato così tanto che tutto tornasse normale. Ma ora avevo paura di voltarmi del tutto. Paura di vedere Zayn sorridere, di nuovo. Paura di vedere come lei fosse cambiata, di come fosse diventata donna. In realtà era semplicemente paura di affrontarli. Cosa avrei dovuto fare? Fingere che quei tre anni non fossero passati, togliere il giubbotto di pelle, buttare le sigarette e tagliare i capelli.
Avrei dovuto dirgli che a me non interessava più nulla di loro. Mi avevano entrambi abbandonato, eppure avrei fatto del male a me stesso. Averla a pochi passi da me e non poterla abbracciare. Vedere Zayn sorridere e non poter essere io la causa della sua ilarità. Avrebbe fatto sicuramente più male.
Non arrivai a nessuna conclusione e quasi speravo che nel vederli sarei riuscito a capire che fare. Quindi mi voltai e li vidi. Lui sorridente più che mai, si potevano vedere le emozioni che si affollavano sgomitavano per prevalere sulle altre. Lei era lì. Nei suoi Ray-Ban che le coprivano gli occhi e parte delle guance. Che sciocchezza. Nascondere degli occhi così belli. Le mani nei jeans stretti. Il maglioncino di lana bianca leggermente arrotolato sulle braccia e più lungo dietro. I lunghi capelli corvini erano lasciati liberi e mossi mentre le ricadevano sulle spalle e le arrivavano fin sotto il seno. E io sorriso. Mio Dio il sorriso. Era sempre lo stesso, quel sorriso che le formava quella fossetta sulla guancia sinistra. Diceva sempre che aveva un sorriso stupido. “E’ insulso! Dio si è preso gioco di me. Poteva lasciarmi DUE fossette, andava bene anche se non me ne dava neanche una, per carità. Ma una sola? Seriamente? Una sola?”- Sorrisi al ricordo delle sue lamentele stupide.
Li guardai insieme e ci immaginai da piccoli. Tutti e tre insieme, lei al centro. Io e Zayn eravamo protettivi anche da bambini. E in quel momento capii cosa avrei dovuto fare. Al diavolo le sigarette, al diavolo il chiodo di pelle, al diavolo i ricci. Ora avevo lei, di nuovo. Tuttavia pensavo che l’aspetto esterno rappresentava un qualcosa che eravamo o comunque eravamo stati; e al pensiero di mollare tutto un po’ mi faceva male la pancia. Magari potevamo trovare un compromesso.
“Vada per il compromesso Styles.”- Disse la ragazza. Lo avevo sempre detto, eravamo in simbiosi.
Sorrisi e allargai le braccia per reclamare la presenza di quel corpicino a contatto con il mio. Lei tirò velocemente fuori le mani dalle tasche e corse verso di me lanciandosi nelle mie braccia. La sollevai leggermente mentre lei stringeva la presa con le sue manine sulla mia maglia.
Parlano di farfalle nello stomaco. Di battito cardiaco che accelera. Tutte cazzate.
Nel mio stomaco c’erano pipistrelli che mi mordevano ovunque e il mio cuore, si era totalmente bloccato.
“Ciao Shakespeare.”- Sussurrai tra i suoi capelli.

I'M A BANANA. 
Visto che la prima non vi è piaciuta molto ci provo di nuovo. 
Non mi scoraggio facilmente ewe. 
Fatemi sapere bellezze.


 
  
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