“Andava
bene
così”
La prima volta che lo
vide fu come se il
cuore avesse cominciato a battergli nel petto solo da allora.
La luce elettrica
delle lampade della
palestra veniva intrappolava e riluceva, in un ultimo bagliore
accecante, sulla
carne soda delle braccia scure di Aomine, prima di sparire e
ricomparire sulla
curva di un nuovo muscolo. I polpacci duri si gonfiavano appena prima
di
scattare a velocità incredibile, un passo dietro
l’altro, con la gomma della
palla che ne sfiorava appena l’interno prima di essere
toccata dal palmo della
sua mano e tornare indietro. Ancora ed ancora. Falcata dopo falcata.
La stoffa della
canotta scura ondeggiava
brutalmente sui suoi fianchi, appesantita dal sudore che la impregnava,
scoprendogli le anche forti ad ogni nuovo affondo a cui faceva eco lo
stridio
delle suole contro il pavimento di legno.
Era il sole.
Il sole il cui
fulgore si incarnava nella
miriade di piccole gocce di sudore che schizzavano via dal suo corpo ad
ogni
nuovo slancio. Il sole che riluceva di luce rinvigorente, illuminando
il suo
piccolo cosmo privato, fatto di platee, tifi ed approvazioni stupefatte.
Aomine era tutto
quello che lui non era,
tutto quello che non avrebbe mai potuto essere… e nulla,
nulla, era mai apparso
tanto splendido agli occhi di Kise.
Un uomo che non
riusciva a contenere se
stesso.
- Ho sentito che
domani te ne vai.-
Il suo tono
risultò pateticamente tremolante, mentre l’eco del
corridoio lo amplificava con una nota di sconforto. Aomine non si
voltò subito,
forse perché scocciato o forse consapevole che non
c’era nulla di troppo urgente
per uno come lui, ma quando lo fece sul suo volto, solitamente
sprezzante, non
c’era una neppure una minima traccia di boria. Solo sincera
amarezza.
Kise era
lì: mani in tasca e solito sorrisetto gentile ad
increspargli la faccia perfetta. I piedi che lo arpionavano al
pavimento,
troppo pesanti, troppo
lontani
da lui.
-… la
notizia si è già diffusa?- Sbuffò
Aomine, in una domanda che
sembrava retorica, annichilendo, per un attimo, il silenzio greve che
li aveva
avvolti.
- Kurokocchi era
così orgoglioso di te…- Sorrise Kise in una
risposta non chiesta, sentendo tutto lo zucchero con cui aveva avvolto
quelle
parole rificcarglisi in gola costringendolo all’immediato
silenzio.
Con Aomine
non c’era mai stato bisogno di parlare troppo,
per ottenere la sua approvazione non si necessitava di una ricco
vocabolario né
di un aspetto prestante. Tutto quello che serviva con lui era un buono
slancio
e una gran determinazione. Tutte le armi che possedeva Ryouta non erano
mai
servite con lui. Tutto quello che Ryouta rappresentava era stato
costretto a
venire a galla col tempo ed Aomine sembrava essersi abituato. Tutto
quello che
Ryouta raffigurava per Aomine se l’era dovuto guadagnare.
Forse era quello il
motivo per cui, senza una palla in mano, ed il sudore pungente ad
intorpidirgli
i polpacci, Kise si sentiva incredibilmente fuori luogo davanti a
lui…
Anche quando,
cosciente del fatto che non aveva più nulla da
perdere, tutto quello che riusciva a fare era stanziargli davanti
– non troppo
vicino, mai
troppo vicino-
riuscendo solo a pensare a come il non vederlo più lo
avrebbe fatto presto
soffocare in una morsa gelida. Riuscendo solo a costringersi in un
bieco
silenzio perché, lo sapeva, tutto perdeva di significato
quando non sentiva il
suo odore ed il mondo gli sembrava sempre un po’
più triste ogni minuto passato
senza vederlo.
- Non ce lo vedo
Tetsu orgoglioso di me che divulga ai quattro
venti che me ne vado in America.- Mormorò poi Aomine, con un
sorriso tenue.
Kise tentò
con ogni briciolo di se stesso –di quel poco che ancora
riusciva a stare in piedi- di stringere i pugni dentro le tasche ruvide
della
divisa scolastica, perseverando nell’espressione felicemente
vacua che aveva
tentato di indossare da quando lo aveva scorto in fondo al corridoio
della
palestra. Ma la bile che ingoiò fu davvero tanta quando il
nome di Kurokocchi
accarezzò le labbra di Aomine e, trasportato dalla vibrante
carezza della sua
voce, di disperse nell’aria dolcemente.
-… siamo
tutti orgogliosi di te.- Finì per gemere abbassando gli
occhi, sulle scarpe bianche e consumate di Aomine. Patetica
rassicurazione.
Kise lo
sentì sorridere e questa volta dovette davvero tenere duro
per non scoppiare a piangere come un idiota. In quel momento avrebbe
dato qualunque
cosa per riuscire a copiare una sana e sprezzante espressione
sfacciata, una
voce divertita ed un vigore travolgente; avrebbe dato tutto per
congratularsi
come voleva, per non arrancare avvinto dall’angoscia e dalla
disperazione.
Ma con Aomine
c’era sempre qualcosa che
andava storto, con Aomine, Kise funzionava proprio male, come un
orgoglio
ferito, come giocattolo scarico… come
un amore mal celato.
- Sei venuto a
salutarmi, quindi?-
Kise strinse i denti.
Li strinse così tanto che temette di non
riuscire più ad aprire la bocca.
- Eh, eh…
Non ti si nasconde nulla, Aominecchi!- Ridacchiò in
risposta, di una risata spenta e finta, come il sottofondo di un
pessimo
telefilm comico.
Aomine lo
guardò per un attimo, prima di cominciare a camminare
verso di lui. Kise sentì la costernazione farsi
più insopportabile ad ogni
passo con cui l’altro gli si faceva più vicino,
eppure non riuscì a smettere di
sperare il suo tocco. E quando Aomine gli poggiò una mano
sul capo, il suo
cuore si sciolse riempiendogli l’intero corpo di un calore
cristallino.
Ryouta
alzò gli occhi e, prima che Aomine li coprisse appena col
palmo ruvido, incontrò i suoi.
Il blu cobalto al
loro interno rifulse di quella luce propria solo
a lui. Lo stesso blu di un cielo irraggiungibile per tutti…
tranne che per
Aomine. Si sentì patetico e piccolo avvinto da
quell’amore troppo pesante che
lo schiacciava soffocandolo.
-…
Kise… - La voce di Aominecchi era morbida come non la
sentiva
da tempo, la sua mano era calda ed i suoi occhi profondi.
Ed andava bene
così.
Andava bene
così…?
- Vai…-
Sussurrò Kise chinandosi appena, quel tanto che bastava
per non sentire più il tocco caldo della mano di Aomine sui
capelli.
-… vai.-
Ripeté gemendo piano.
In silenzio, Aomine
lo aveva guardato ancora un po’, col rispetto
che si deve a chi ha combattuto con tutte le sue forze e alla fine non
ce l’ha
fatta. Poi, con la sensazione opprimente di chi ha ancora tante cose da
dire,
era uscito dalla porta a vetri, in fondo al corridoio.
Quando una persona ha
perso donando tutto
se stesso, non c’è nulla che il
“vincitore” possa dire.
Il silenzio si
ingravidò piano, interrotto
solamente dallo stridio delle suole di chi si allenava, nella palestra
alla fine
del corridoio deserto.
Kise ebbe solo la
forza di piangere.
In realtà
questa fan fiction era partita come una cosa molto più
triste e disperata… ma suppongo che anche così lo
sia sufficientemente. ^^
*l’amore/fetish per l’angst si fa sentire*
Credo che Aomine e
Kise siano la cosa che mi piace di più di tutto
KnB proprio perchè il loro rapporto sembra costellato di
cose lasciate in
sospeso e, rimanendo in tema, ho provato ad immaginare a come sarebbe
stato un
ipotetico futuro/addio tra i due con una piccola ed innocente fan
fiction.
Certo, poteva venire sicuramente meglio, però credo di
avervi messo costanza… e
posso ritenermi soddisfatta.
Mi farebbe piacere
avere una vostra opinione in merito. ^^
A presto, Kumiho.