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Autore: Eternal_Blizzard    28/11/2012    4 recensioni
…ed è lì che si è svolta l’aggressione. Fortunatamente non c’è nessun morto, ma il ragazzo aggredito ha riportato diverse ferite gravi dovute a percosse ed armi da taglio. Sembra, comunque, essere fuori pericolo.
Erano già due minuti buoni che Kyousuke fissava la targhetta del nome accanto alla porta di quel paziente. Era appena stato a pranzare lì alla mensa dell’ospedale e poi si era subito diretto verso la stanza del fratello, ma quegli ideogrammi gli avevano inevitabilmente attratto gli occhi. Non c’erano molti “Shindou Takuto” in Giappone, figurarsi lì nel quartiere – e in realtà era anche abbastanza sicuro che fosse proprio l’unico in circolazione.
Genere: Angst, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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…ed è lì che si è svolta l’aggressione. Pare che i criminali fossero tre maschi, bianchi, di altezza media…
 
«Ragazzi, avete sentito?» chiese Nishiki, entrando nella stanza con un vassoio di biscotti. «Ma non è il quartiere dove abita Shindou?» domandò, andando a posarlo sul tavolo senza staccare gli occhi dal televisore che aveva appena dato la notizia.
«No» scosse la testa Kirino, rimasto sulla porta con cinque bicchieri di aranciata e coca cola, anche lui osservando la televisione con aria preoccupata. «Non è “il quartiere”. Hanno detto proprio la via dove abita lui…» spiegò, riprendendosi e raggiungendo i compagni di scuola.
 
Fortunatamente non c’è nessun morto, ma il ragazzo aggredito ha riportato diverse ferite gravi dovute a percosse ed armi da taglio. Sembra, comunque, essere fuori pericolo. Per quanto riguarda gli aggressori, invece, sono ancora a piede libero, ma…
 
I ragazzi ascoltarono attentamente la notizia, per poi spegnere appena quella terminò, facendo calare un pesante silenzio nella stanza.
«Awawawa… non è Shindou ad essere stato aggredito, vero?!» chiese allarmato Hayami.
«Assolutamente no!» lo rimbeccò fulmineo Hamano. «Non pensarlo nemmeno, sta benissimo. Adesso se la starà spassando, alla faccia nostra che stiamo qui chiusi a studiare!» disse sicuro.
«Ovvio» asserì Kurama infine, continuando a scrivere l’esercizio che stava svolgendo mentre, di sottecchi, lanciava qualche occhiata alla tv ormai spenta, preoccupato a sua volta. «Non è venuto, oggi, perché non poteva saltare pianoforte in vista del concerto, no?» chiese conferma e Nishiki annuì, storcendo le labbra.
«Io, comunque, gli faccio uno squillo…» informò Ranmaru, afferrando il telefonino e, una volta composto il numero, portandolo all’orecchio mentre aggrottava le sopracciglia.
 
Erano già due minuti buoni che Kyousuke fissava la targhetta del nome accanto alla porta di quel paziente. Era appena stato a pranzare lì alla mensa dell’ospedale e poi si era subito diretto verso la stanza del fratello, ma quegli ideogrammi gli avevano inevitabilmente attratto gli occhi. Non c’erano molti “Shindou Takuto” in Giappone, figurarsi lì nel quartiere – e in realtà era anche abbastanza sicuro che fosse proprio l’unico in circolazione. Sentì dei passi alle sue spalle e si voltò per vedere chi fosse; una volta accertato, bloccò l’infermiera. «Mi scusi, infermiera Kudou…» chiamò per attirare la sua attenzione. Appena la ricevette ammiccò alla porta di fronte a sé. «Cosa..? controlli per la gamba?» domandò non vedendo altre spiegazioni. Certo, era passato molto tempo dalla partita con l’Arakumo, ma dei controlli non facevano mai male, a suo avviso.
«Ma come, non hai saputo?» gli chiese la giovane dai capelli lilla. «È stato…» si bloccò prima di aggiungere “aggredito” e strinse le labbra. «Ha avuto un incidente» spiegò sintetica e l’altro sgranò gli occhi, non mostrando però alcuna espressione vera e propria. «Stai tranquillo, però, è sveglio. Io devo andare da un paziente, ma se vuoi puoi entrare a dargli un saluto» gli sorrise rapidamente per poi tornare a correre via. Il ragazzo bofonchiò un falso “e chi vuole salutarlo” e allora tornò con lo sguardo sul nome scritto al muro e deglutì. Non sapeva spiegarlo, ma quando aveva sentito le parole di Fuyuka gli si era aggrovigliato lo stomaco. Ma lei sembrava serena; un incidente voleva dire per forza una cosa grave? No, magari l’avevano tamponato, piano, in limousine e quindi aveva sbattuto leggermente contro lo sportello dell’auto. O il sedile davanti e si era fatto al naso. Sì, per forza. Tirò su con il naso e si guardò intorno, tornando infine a guardare la porta. Un saluto veloce poteva anche darlo… Per semplice educazione, non perché effettivamente volesse accertarsi che stesse bene. Socchiudendo gli occhi poggiò la mano sulla maniglia e, dopo un respiro pesante da naso, aprì.
Allo stomaco aggrovigliato si unì un nodo alla gola quando lo vide, ma non tradì alcuna emozione, eccetto per il pugno che strinse d’istinto, in tasca. Quando vide aprirsi la porta, il castano alzò lo sguardo e spalancò gli occhi, notando chi fosse entrato. Stava parlando al telefono, quindi Tsurugi decise di aspettare che finisse prima di entrare e ne approfittò per guardarlo bene: aveva la testa fasciata, entrambe le braccia fasciate ed ingessate, un occhio nero e qualche graffio e taglio su viso e collo, uniti a diversi lividi. Teneva il cellulare a fatica, poggiato sul gesso di una mano e bloccandolo precariamente con la punta delle dita dell’altra, piegandosi in modo quasi innaturale per non farlo cadere.
«Adesso scusami, ma devo lasciarti che ho vis…» iniziò a dire alzando leggermente la testa, cosa che fece cadere l’oggetto. «Cavolo» disse, tentando inutilmente di prenderlo. In quel momento il più piccolo gli si avvicinò e lo prese, così da poterlo riattaccare all’orecchio del senpai. «Sì, scusa, mi era caduto» spiegò velocemente alla persona all’atro capo della linea, lanciando un’occhiata riconoscente a Tsurugi, che distolse lo sguardo seccato. «Dicevo, ci sentiamo dopo, grazie di aver chiamato» concluse, con un sorriso. Sentì cadere la linea ed alzò nuovamente gli occhi sul blu, in imbarazzo. «Mh, scusa se te lo chiedo, ma… potresti attaccare?» chiese, ammiccando al telefono. Il più giovane annuì leggermente premendo col pollice il tasto rosso dell’oggetto, che poi posò sul comodino.
«Come sta?» domandò lasciando alquanto perplesso Takuto. Escludeva gli stesse dando del lei, quindi si limitò a chiedere un “chi?” confuso. «L’autista, no? Quello che guidava quando hai avuto l’incidente» spiegò, già “abituatosi”, se così si può dire, alla vista del senpai in quelle condizioni. Non gli faceva piacere – ovviamente – ma gli incidenti sfortunatamente capitavano, non ci si poteva far nulla. L’importante era che fosse vivo, no? Lo sguardo di Shindou, nel frattempo, si era fatto ancora più spaesato.
«Io non… non ho avuto un incidente» informò, non capendo cosa stesse dicendo. Stavolta fu Tsurugi a non capire. «Sono…» iniziò a dire, bloccandosi. Strinse le labbra ed abbassò lo sguardo; non capiva perché ma se ne vergognava, nemmeno a dire che fosse colpa sua. «Sono caduto dalle scale, a casa» mentì, sorridendo.
«Che sciocchezza» esternò secco l’altro, incrociando le braccia.
«Hai ragione, è stata proprio una sciocchezza» ridacchiò senza perdere il sorriso imbarazzato; cosa di cui però si pentì, in seguito ad un rapido “ahi”. Kyousuke sbuffò.
«”Che sciocchezza” il fatto che tu pensi che io mi beva quella balla» dichiarò andando a sedersi pesantemente sulla sedia più lontana dal letto. Il castano strinse più forte le labbra e spostò lo sguardo sulle lenzuola che gli coprivano le gambe, senza sapere che dire. Tsurugi attese, ma il più grande non voleva dire altro, così nella stanza calò il silenzio più assoluto per diversi minuti. «Cosa ti fa male?» domandò dopo un po’. Shindou mosse rapidamente gli occhi con un guizzo per vedere di sfuggita il compagno, ma li riportò immediatamente al punto di partenza. Respirava male perché l’avevano preso a calci sul petto e sul collo; la gamba sinistra gli si era piegata in modo innaturale durante lo scontro e gli faceva male, ma tempo un giorno e quel dolore sarebbe passato; la testa non gli dava troppa pena nonostante le percosse e le varie ferite; muoversi, ridere, fare semplici gesti, per un po’ era escluso; le mani…
«Mah, giusto un po’ le mani» gli disse, risforzandosi di sorridere. Vedendo quell’espressione Kyousuke strinse gli occhi fortemente irritato. Lo credeva stupido? Non solo mentiva palesemente, ma poi gli sorrideva. Gli mostrava un sorriso evidentemente falso. Un sorriso triste, talmente diverso da quei suoi sinceri che gli risultava insopportabile. Forse gli altri non se n’erano accorti, ma non era la prima volta che il senpai si mostrava agli altri con sorrisi che erano sinceri e felici solo in apparenza.
«Meglio così» sibilò in risposta, alzandosi. «Per fortuna ti fanno male solo le mani. Fossi stato un portiere sarebbe stato un problema» disse freddo. «Forse faticherai con il Kami no Takuto. Beh, poco male dato che per il calcio sono fondamentali le gambe» terminò, arrivando alla porta. L’aprì, ma si bloccò quando la voce spaventata del senpai s’impose nella stanza.
«Sono un pianista!» gridò stringendo gli occhi, non potendolo fare con i pugni. «Sono un pianista… e uno stupido» si morse il labbro, abbassando la voce sempre di più ad ogni parola.
«Decisamente» concordò Tsurugi in un sussurro richiudendo la porta ed appoggiandosi ad essa con la schiena. «Ti va di spiegare?» domandò senza mostrare troppo interesse e l’altro annuì.
«Mi hanno aggredito» dichiarò, secco. Quella semplice frase bastò per far riannodare lo stomaco del più piccolo, che però rimase in silenzio così da non interrompere il discorso che l’altro si apprestava a fare. «Ero appena uscito da casa e stavo per andare a pianoforte, che tra poco ho un concerto. In realtà dovevo vedermi con gli altri del secondo anno, ma questa lezione non la potevo assolutamente saltare, proprio in vista dell’evento…» iniziò a raccontare, con gli occhi che iniziavano ad inumidirsi e il labbro inferiore che cominciava a tremare al solo ricordo. «Ecco, sono uscito da casa e… Lì davanti ho visto tre uomini che osservavano casa mia con molto interesse. Io… Io all’inizio volevo cacciarli, ma poi ho visto il manico di un coltello spuntare dai pantaloni di uno di loro e quindi ho deciso di far finta di nulla e andare avanti. Poi avrei avvertito sia gli abitanti di casa mia che le autorità…» continuò senza alzare lo sguardo; la voce che diveniva man mano più flebile e tremula. Tsurugi ascoltava attentamente ogni singola parola con il cuore in gola: era chiaro dove volesse andare a finire, il racconto, ma sentirlo lo spaventava perché avrebbe reso il tutto dannatamente reale, come se vederlo pieno di ferite non fosse già abbastanza. «Beh, mi sono diretto verso la scuola di piano e… e… e uno dei tre, dopo nemmeno un metro, mi ha afferrato da dietro e mi ha ordinato di dargli dei soldi o, meglio, le chiavi di casa mia. Quando gli ho risposto che non ne avevo con me e che avevo lasciato le chiavi in casa, uno degli altri due mi ha colpito, dicendomi che noi ricconi siamo solo feccia e dobbiamo dividere i nostri beni con il prossimo… Da lì… hanno deciso che, non potendogli tornare utile come “bancomat”, almeno potevo essere un buon sacco da boxe. Hanno detto che così gli altri “come me” avrebbero ricevuto il buon esempio e quindi…» si fermò, cercando di ricordare, ma scosse la testa. «Non so, o li avrebbero temuti, o avrebbero smesso di… N-non ricordo, scusa…» tirò su. «Comunque, ad un certo punto hanno tirato fuori il coltello e un pezzo di ferro. Penso fosse un pezzo di tubo, non so… Sta il fatto che, quando hanno tentato di darmelo in testa, per miracolo sono riuscito a liberarmi dalla presa di quello che mi teneva… e ho parato il colpo con la mano sinistra…» spiegò, alzandola appena. «Stupido…» sussurrò.
«Senpai, se posso permettermi… Non capisco dove sia stata la tua stupidità. Certo, ti sei rotto una mano, ma passerà. Se ti avessero colpito in testa, ti avrebbero rotto quella, no? …o peggio» sottolineò, serio. L’altro alzò la testa, come stupito dall’intervento inaspettato ed annuì, piano.
«Sì, ma… la vera stupidità è dopo… Siccome ho tentato di fuggire, quello col coltello ha mirato alla mia gamba e… io… Io mi sono ricordato dell’operazione durante l’Holy Road. Ho avuto paura… paura di subire una ferita talmente grave da non poter più giocare a calcio! Mi è passata davanti la tua faccia, quella di Tenma, di Kirino, di tutti… E… istintivamente… ho messo in mezzo l’ultima mano rimasta mobile, la destra…» strinse i denti. «Ho protetto le mie gambe ma non le mie mani» sibilò, tremante.
«Beh… passeranno. Non devi disperartene, senpai. Sei un calciatore, è ovvio che tu abbia pensato alle tue gambe» sentenziò Tsurugi, avvicinandosi di qualche passo, ma si sentì di nuovo gridare contro da Shindou il fatto che fosse un pianista.
«Non mi hai sentito?! Ho un concerto, tra poco! Avevo, dato che non potrò farlo!» ringhiò, per poi ricordarsi di essere in ospedale e quindi di abbassare la voce. «Come faccio… Sai cosa significa un coltello che ti si conficca in una mano? Sai cosa significa che se ha beccato male il legamento, non potrò più muoverla come voglio? Sai cosa significa che non potrò più suonare? Il piano… il piano per me rappresentava una via di fuga dalla realtà. Rappresentava il futuro…» soffiò.
«Rappresenta» corresse l’altro. «Non è ancora detto, no? Diventerai un grande pianista, dato che già lo sei. E rimarrai un ottimo calciatore» affermò. «Hai detto che il pianoforte è il tuo futuro, no? E ti sei “stupito” di esserti ritrovato ad anteporre il calcio ad esso, mi pare di aver capito. Beh l’hai fatto perché il calcio, senpai, è il tuo presente, quindi smetti di darti dello stupido per esserti protetto le gambe, è una cosa che non sopporto» ringhiò. A quelle parole, Shindou sgranò gli occhi, smettendo di piangere. Con un gemito piegò le gambe e vi appoggiò la fronte, dispiaciuto.
«Scusami… ho parlato a sproposito… A te che hai Yuichi in quelle condizioni, ho…» socchiuse gli occhi.
«Mio fratello non c’entra niente! Stiamo parlando di te, adesso» disse, stupendosi di se stesso. Non solo non aveva pensato a lui se non per un breve istante, ma stava anche lì più del dovuto, togliendo tempo a quello che avrebbe potuto passare in compagnia di suo fratello. Eppure, non voleva lasciare quella stanza; non in quel momento. «Ascolta, perché ho intenzione di dirtelo solo una volta. Non dovrai rinunciare né al piano né al calcio, d’accordo? Sono loro, la tua vita. Ma se poco poco riprovi a dire hai fatto male a proteggere anche solo uno dei due…» lasciò in sospeso la minaccia, vedendo che l’altro, seppur mogiamente, annuiva. «Bene. Se ti dovessi trovare di nuovo in dubbio sul tuo calcio, guardami. Guarda Tenma, guarda Kirino, guarda chi vuoi, ma ricordati che siamo noi il tuo presente, d’accordo? Noi e anche “Calcio”, come direbbe qualcuno» sbuffò.
«Sì, grazie… e scusami, non so cosa mi sia preso… Mi son trovato più spaventato di quel che pensassi» ridacchiò senza trasporto, abbassando lo sguardo sulle sue mani mentre sorrideva amareggiato. In quel momento il suo telefonino squillò, facendo sobbalzare entrambi. Tsurugi andò a prendere il telefonino per passarglielo, ma vedendo il numero sbuffò un’altra volta.
«Kirino ti ha sentito suonare, vero?» domandò, non facendo capire l’altro, che annuì.
«Sì. Dice che ogni volta che mi sente è felice, perché ama come suono il piano. Che ho un modo tutto mio di farlo, e…» scosse la testa. «Lasciamo stare. Comunque sì…» rispose.
«Anche Tenma mi ha detto che suoni divinamente» sospirò, pigiando il tasto per rispondere. «Non sopporto di essere tagliato fuori, quindi le tue mani guariranno perfettamente, perché appena ti riprendi vengo da te e verificherò se sei così bravo come dicono tutti, chiaro?» ordinò, posandogli il telefono sulla spalla. «Perciò, vedi di sbrigarti, che pretendo tu mi faccia un concertino al più presto» comandò ancora, per poi scuotere la testa. «Insomma, solo perché ti hanno sentito tutti» dichiarò leggermente imbarazzato, aprendo la porta ed uscendo, per poi lanciare un’ultima occhiata al telefono al quale Shindou era attaccato seppur in silenzio, sbigottito dal discorso di Tsurugi. «E non stare con la bocca aperta, piuttosto rispondi a Kirino, che aspetta» incalzò nervoso, per poi fuggire chiudendosi la porta alle spalle.


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Ed ecco la seconda fic della giornata, per la mia AnimaH! <3 Questa è quella che definivo "cruenta", ma alla fine secondo me non lo è troppo, alla fine... sarà che sono insensibile, ma non credo lo sia poi molto °^° Comuqnue ho messo rating giallo solo per la mano trapassata dal coltello, in realtà- Ma dettagli. E "Angst"... non ne ho mai scritte, consapevolmente. Solo che so che sono fic dove i personaggi provano "angosica" e qui mi paiono angosciati, specie Shindou, quindi spero di non aver sbagliato... Ma vabbè.
Siccome ti piace il genere, comunque, è per te, anima! >< Per quello e perché, nonostante volessi scrivere di Shindou e Tsurugi, c'è una certa capa rosa che s'intrufola. Ancora.
Beh... la fine è orribile, perdonami. Volevo un lieto fine che fosse un po'... non dico fluff, perché non so scriverne, ma una roba simile con Tsurugi e Shindou. Ma ho toppato. E- boh in realtà è tutta orribile, scusami davvero >< Se vuoi, te ne scrivo una decente, basta dirlo, quindi sii sincera, ok?
Beh.... Spero ti e vi piaccia!
Grazie ancora a tutti quelli che mi hanno recensita nelle altre fic, spero vogliate farlo anche per questa ><

Ryka
  
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