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Autore: Meme__    28/11/2012    1 recensioni
Nel Maggio 2012, una scolaresca si trova in gita a Milano. Cosa succederebbe se una directioner incontrasse i suoi idoli? E se anche una non-directioner li incontrasse?
Saranno scintille di sarcasmo e dolcezza, pazienza e amore, lontananza e tristezza, amicizie combattute e amori a prima vista... vi va di dare un'occhiata?
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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Girl, I'm in love with you and all your little things.

Capitolo 1
 
«Baby, you light up my world like na na na na» ripetei sottovoce mentre percorrevo le stradine poco trafficate del mio paesino per tornare a casa. 
Era sabato, perciò agli unici quattro vigili del paese toccava lavorare. Inoltre era Maggio, perciò il sole era abbastanza caldo da permettere a quel paesino del sud Italia di abbandonare le sciarpe e i cappotti per accogliere pantaloni leggeri e magliette a mezze maniche.
«Na na my world na na na» canticchiai ancora, estraendo dalla tasca superiore della tracolla le chiavi del grande portone di casa mia. Era da un paio di giorni che quel verso mi girava per la testa a causa di Gio', la mia compagna di banco, che mi assillava con continui "na na na" sulle note di questa canzone. In realtà la cantava tutta, ma io avevo colto solo quel verso.
«Buongiorno» urlai per palesare la mia presenza agli abitanti della casa, conosciuti come miei familiari.
«Sorellina» urlò Stella buttandomisi addosso.
«Che cerchi, Ste'?» Non facevo più il suo gioco, ormai.
«Acida!» Mise il broncio.
Percorsi il cortile ed entrai nella cucina della nonna.
«Polpette!» Mi venne quasi la bava mentre le adocchiavo accanto alla padella della vecchietta «I love you, baby» esclamai in inglese, baciandola.
«Questi giovani...» iniziò a brontolare appoggiando il piatto sul tavolo mentre continuava a borbottare qualcosa a proposito del "prima della guerra".
Afferrai un bel po' di polpette e le poggiai in un fazzoletto, chiudendolo nella mano. Presi il ketchup dal frigo e scappai in camera mia prima che il discorso su "le polpette sono per tutti" iniziasse.
Mi sedetti alla scrivania e avviai il pc. Versai il ketchup sulla prima polpetta e masticando mi collegai ai vari social.
«I One Direction sono dei bimbominchia» campeggiava sulla mia Home di facebook. Una mia compagna di classe aveva postato un video di cui scorgevo a malapena il titolo. Sotto c'erano una decina di commenti derisori delle varie componenti della classe.
«Siete piene di pregiudici, ragazze. Non saranno i Queen, ma sono una band emergente di cui non avete mai ascoltato una canzone, ma li prendete in giro perché criticare i One Direction è figo. Fatevi delle domande.» commentai. Da poco avevo scoperto il mio animo battagliero, nascosto sotto la corazza timida e introversa.
Inutilmente ero convinta di riuscire a poter sconfiggere le cattiverie del mondo partendo dalle piccole cose, e difendere qualcuno che non poteva mi sembrava un buon modo di iniziare.
Finii di mangiare e scesi di nuovo per vedere se trovavo qualcosa di buono.
 
Eravamo, ormai, a metà maggio. 
Il tempo era caldo e, come promesso a inizio anno, partimmo per la gita di sei giorni. La meta era Milano, e siccome tra Nord e Sud non c'era molto... amore, la maggior parte aveva accettato solo per poter far baldoria.
La levataccia, quel martedì notte, mi costrinse a dormire fino in Toscana, solo perché avevo obbligato Gio' a svegliarmi. Io amavo i colori delle campagne toscane, che avevo scorto solo rare volte dietro al vetro di un treno. Quei colori accesi che invocavano la bella stagione mi mettevano di buon umore e mi tranquillizzavano. Oltre a riuscire a farmi scattare tantissime foto per il mio album tranquillo. Era battuta, nella mia classifica "le città/zone che amo", solo da Londra, dove prima o poi avrei acquistato casa e vissuto.
Mi riaddormentai appena finirono le campagne per svegliarmi quando eravamo nei pressi della Lombardia. Iniziammo a festeggiare "l'arrivo nel nord freddo e spietato" fra risate e grida.
Scendemmo nei pressi dell'hotel, solo un'ora dopo. Che poi, chiamarlo hotel era un'offesa agli hotel: era una catapecchia in confronto agli altri alberghi presenti nella strada.
Entrammo e ci dividemmo per le varie camerate. Occupavamo, con tutta la scuola, due corridoi dell'hotel: la mia classe occupava quattro camere, in quanto eravamo diciannove e ogni stanza presentava cinque letti, e ovviamente erano le più lontane dai prof.
Nella mia camera, caso volle, che rimanessimo in quattro: oltre me c'erano Gio', la mia compagna di banco, e Stefy, la pazza seduta dietro di me, con la sua compagna di banco, Giulia, una ragazza con cui non avevo legato tantissimo.
«Rosellina mia» esclamò Giovanni assonnato. Era l'unico maschio della classe con cui avevo legato e, anche vedendoci raramente oltre la scuola, eravamo come fratelli. «Dormi con me?» chiese con la faccia da cucciolo sedendosi sul mio letto. Pur sovrastandomi di oltre trenta centimentri mi fece tenerezza.
Annuii alzando, però, un dito contro il suo petto: «Bada a te che se russi ti scaravento a terra a calci nelle palle, capito?»
«Certo che sì» scosse la testa «ma ti prometto che non russo, signorina finezza» borbottò abbracciandomi per poi stendersi sotto le lenzuola dietro di me. Mi tolsi le scarpe, posandole sotto il letto, e mi appoggiai sul suo petto, tirandoci le coperte addosso. Poco dopo ci addormentammo.
 
«Ohw, che dol...» quasi urlò qualcuno.
«Zitta, scema, ché li svegli».
«Ma se dormono come ghiri».
«Guarda, Giovy aggrotta la fronte. Sta per svegliarsi».
«Ma state zitte, deficienti?» strepitai abbracciando ancora le spalle del ragazzo che aveva il viso sul mio collo.
Mugugnò qualcosa di incomprensibile prima di chiedere: «che ore sono?»
«Le otto» rispose Stefy, che prima aveva urlato svegliandomi.
Mugugnò un altro po' prima di borbottare un: «devo fare la doccia sennò non ce la faccio per cena». 
Scese dal letto lentamente, si infilò le scarpe e mi abbracciò. «Grazie, Ro', avevo bisogno del calore di un'amica».
«Quando vuoi, tesoro. Per te sono sempre qui.» Gli accarezzai una guancia prima che scappasse.
Dopo un'ora scendemmo a cenare e ci organizzammo per la serata: saremmo andati nella camera di Giorgio, Luca, Massimo e Stefano, la più grande.
Rientrammo e ci cambiammo per poi avviarci nella camera di fronte alla nostra, quella dei ragazzi.
C'era solo Marco, oltre agli abitanti della camera.
«Salve» salutammo entrando. Io, Stefy e Gio', ci sedemmo, allora, ai piedi del letto che si trovava al centro della stanza.
Dopo un po', Giorgio si sedette accanto a me e mi prese una mano. Nel frattempo la camera stava riempiendosi. Posò, poi una mano sulla mia coscia. 
Anticipandolo lo derisi: «Non te la dò, tanto!»
La stanza scoppiò a ridere e mentre lui mi guardava imbronciato Giovanni entrò nella stanza.
Occupò il posto di Giorgio e mi abbracciò la vita facendomi poggiare il capo sulla sua spalla.
Intanto stava formandosi un cerchio al centro della camera dove la classe rideva e scherzava.
Giulia fu l'ultima ad arrivare lanciando un gridolino, seguito da: «Zayn Malik è a Milano!» seguito la un altro gridolino.
«Chi?» chiese la maggior parte dei presenti.
«I One Direction».
«Ah, i gay!» borbottò Mattia.
Scattai dalla spalla di Giovanni e mi sporsi al centro del cerchio. «Senti, omofobico di 'sto cazzo, se sei insicuro e pieno di paure non incolpi altre persone perché hanno gusti diversi dai tuoi, ok?» lo ammonii acidamente. Giulia mi lanciò uno sguardo di supportoe ringraziamento. «Ammesso e non concesso che lo siano» conclusi accorgendomi del silenzio presente nella camera.
«Allora, chi ha le carte?» chiese Marco per spezzare il silenzio e poco dopo iniziammo a giocare.
Giulia si sederre accanto a me ringraziandomi con lo sguardo.
 
Il giorno seguente uscimmo a visitare le chiese e lei mi stette accanto tutta la giornata.
Arrivate al Duomo sbadigliai. 
«Che ore sono?» chiesi a Giovanni, vicino a me.
«Sono le...»
«Sono loro!» lo interruppe bruscamente Giulia, ripetendo quella frase a ripetizione. Girandomi attorno alla ricerca dei soggetti che avevo intuito, notai sotto al portico poco lontano da noi una libreria d'antiquariato. Con occhi brillanti venni scossa da Giulia: «li vedi?»
«Dove stanno, Giu'?»
«Lì.» Indicò un punto poco lontano dalla libreria di prima in cui c'era un gruppo di ragazzi in felpa e berretto.
«Prof,» chiamai la nostra accompagnatrice »abbiamo visto una libreria d'antiquariato... posso?» chiesi con occhi lucidi. Conoscendo la mia passione per i libri storici acconsentì mentre entrava nella chiesa.
Presi per mano Giulia e correndo ci avicinammo alla libreria con i libri ingialliti che avevo adocchiato. Guardai la vetrina: con gli occhi lucidi ammiravo quei testi antichi, sapienti e ingialliti.
Giulia mi disturbò tirando la mia manica.
«Sì, sì, vai pure dai tuoi cosi. Ti aspetto qui.» Cazzo, che prezzo! Non potevo che rifarmi gli occhi mentre una smorfia triste mi disegnava la faccia. E Giulia continuava a tirarmi la manica.
«Non vedi che mi deprimo per i prezzi? Che cazzo c'è?!» strepitai nervosamente girandomi.
«Calma, piccola, non mordo mica» esclamò un ragazzo in inglese.
Cazzo, pensai, se hanno capito sono fottuta, ho fatto la figura della ragazza volgare.
«Oh, non ce l'avevo con te» risposi in inglese voltandomi. Erano molto diversi, capii per quel poco che si scorgeva da sotto a berretti, cappucci, occhiali da sole e accessori vari. Poi tornai a osservare i libri esposti, quasi con le lacrime agli occhi.
«Posso abbracciarti?» chiese Giulia al ciuffo biondo. Questo allargò le braccia e la strinse.
Giulia scoppiò a piangere sussurrando frasi sconclusionate in italiano.
«Giu', ti farai venire qualcosa!» la rimproverai di spalle, porgendole un pacchetto di fazzoletti. Qualcuno li afferrò e Giulia mormorò un: «thanks».
«È strana forte! Non si gira per noi.» Sentii un borbottìo in inglese.
«Ti sento, ti capisco, ma, a meno che tu non abbia oltre novant'anni, sia ingiallito e parli di una storia stupefacente, non ti dedicherò più attenzioni che alla mia tristezza per non poterli avere» risposi accarezzando la vetrina. «Comunque, dato che io sono educata mi presento: io sono Me' e lei è Giulia.» Il tizio con il cappello nero che sembrava il più grande mi guardò male. «voi come vi chiamate?»
Scoppiarono a ridere e Giulia imbarazzata ed estasiata, mentre ancora guardava, o per meglio dire mangiava con gli occhi, il ciuffo biondo, mormorò: «Non è una directioner».
«E vorrei ben vedere» borbottai in italiano.
«Oh, be' io sono Liam» si presentò il tizio con il cappello nero allungando una mano che prontamente strinsi.
«Zayn.» Agitò una mano il ciuffo biondo.
«Io sono Louis Tomlinson« mormorò il ragazzo dall'altro capo del gruppo che mi abbracciò. Risposi all'abbraccio perplessa di fronte a tanta cordialità.
«Niall.» Sorrise abbassando il capo il biondo accanto a Louis. Che dolce! Sorrisi di riflesso.
«E io sono il più giovane, il più bello, il più affascinante...»
«... il più modesto» lo interruppi guadagnandomi un'occhiataccia.
«Harry Styles!» esclamò alzando il mento.
«Ok, Harry-mister modestia-Styles, posso chiamarti Harry o ogni volta devo fare questa tiritera?» chiesi. Giulia mi fulminò mentre gli altri ridevano.
«Sei forte, ragazzina» mormorò Harry porgendomi la mano che afferrai.
«Avete voglia di una passeggiata? Marco ci ha dato il via libera» fece entusiasta Louis sorridendo.
«Oh, in realtà stavo vedendo solo questi libri. Dovremmo tornare in chiesa» borbottai dando un ultimo triste sguardo alla vetrina in cui la prima edizione di Jane Austen dava bella mostra di sè. Giulia tossì osservandomi implorante.
«Se la smette di osservarmi come poco fa potremmo fare un salto al vostro hotel» propose Zayn riferendosi a una, oramai, imbarazzatissima Giulia.
«Certo! Ora, però, dobbiamo tornare indietro.» Scrollai le spalle e mi voltai porgendo la mano a Giulia che, finito di spiegare dov'era il nostro hotel a Liam, la prese.
«A presto» mormorai sorridendo.

Salve! :3

Io sono Carmen, ma chiamatemi come volete (LOOL) e be', niente... fatemi sapere cosa ne pensate. È la mia prima fanfiction su di loro e non so se riesco a rendere bene come vedo questa storia...
Magari fatemi sapere come la vedete. Se la vedete come me, lasciate questo luogo, o voi che entrate, perché questo capitolo è il più noioso che io abbia mai scritto, ma, ovviamente, ci sarà il prossimo che oltre a essere lungherrimo è anche molto Awww!   E quindi niente, fatemi sapere (l'ho detto trentordici volte, ma va be').
Bacioni, Memè <3

   
 
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