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Autore: Yvaine0    28/11/2012    1 recensioni
"Jenna prese un sorso di caffè dal bicchiere di Starbucks e tornò a concentrarsi sul suo block-notes. Dalla sua panchina preferita poteva vedere la maggior parte dei lavoratori pendolari scorrazzare per il Tube a passo spedito – gli ombrelli sotto braccio e la mente già proiettata altrove–, era una posizione strategica. Adorava le stazioni, adorava la metropolitana. [...] Una risata calda e contagiosa risuonò nell'aria, presto coperta dal rumoroso passaggio della metropolitana. Quando Jenna voltò il capo per rimproverare l'imbecille che l'aveva terrorizzata a quel modo, incontrò un paio di occhi azzurri che ormai conosceva bene."
Niall e Jenna. Due ragazzi qualunque che si sono incontrati nella metropolitana a Londra.
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Niall Horan, Nuovo personaggio
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Disclaimer! Con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere delle entità realmente esistenti citate, nè offenderle in alcun modo. Tutti i fatti narrati sono puramente inventati o sola fonte di ispirazione.

Questa One Shot è tutta per EmmeEnne125,

che mi ha chiesto di scriverla.

 

Non so se quando me l'hai chiesto già sapessi della mia momentanea

estrema...tenerezza nei confronti di Niall, ma hai

sicuramente beccato il momento adatto. :3

Buona lettura, bionda!

 

Niall/Jenna

Romantico

Londra

Prompt: smalto, calamita, scrittrice

 

 

Metrò.

 

Jenna prese un sorso di caffè dal bicchiere di Starbucks e tornò a concentrarsi sul suo block-notes. Dalla sua panchina preferita poteva vedere la maggior parte dei lavoratori pendolari scorrazzare per il Tube a passo spedito – gli ombrelli sotto braccio e la mente già proiettata altrove–, era una posizione strategica. Adorava le stazioni, adorava la metropolitana.

Adorava starsene seduta su quella panchina ad annotare ogni elemento insolito che catturava la sua attenzione. Avrebbe passato le ore a scribacchiare sul suo quaderno, dimentica del mondo vero e proprio, assorta soltanto nell'osservazione e nel delineare le ipotetiche vite di tutte le persone che le passavano accanto.

Pochi comprendevano cosa significasse per lei quel passatempo, davvero pochissimi. Sprecava preziose ore che avrebbe potuto dedicare allo studio gozzovigliando, secondo i più. Spiava la gente, si faceva i fatti altrui, secondo altri. Questa ultima opzione la faceva ridere più di ogni altra, ma Jenna sapeva il fatto suo. Aveva un sogno nel cassetto e voleva realizzarlo. Era convinta che, se nella sua vita fosse riuscita a diventare una vera scrittrice, forse tutte quelle informazioni raccolte le sarebbero servite a dipingere storie reali e diverse da tutte le altre. E forse, se mai sarebbe riuscita in ciò che sperava, un giorno avrebbe pure dovuto ringraziare tutte le persone che aveva visto passare tra quelle mura.

Era assorta nella scrittura. Jenna era quasi sempre assorta nella scrittura. Più che assorta, quando cominciava a scrivere veniva assorbita completamente dalla carta assieme all'inchiostro, di lei non rimaneva più nulla se non il corpo che reggeva e muoveva la penna bic, rigorosamente blu. Per questo motivo, quando una voce allegra e familiare le esclamò un saluto all'orecchio, lei si spaventò tanto da rovesciare il caffè e rischiare di rovinare giù dalla panchina.

Una risata calda e contagiosa risuonò nell'aria, presto coperta dal rumoroso passaggio della metropolitana. Quando Jenna voltò il capo per rimproverare l'imbecille che l'aveva terrorizzata a quel modo, incontrò un paio di occhi azzurri che ormai conosceva bene.

«Scusa, ti ho spaventata?» ridacchiò lui, cercando di fare ammenda, nonostante sapesse benissimo di averlo fatto.

Jenna si scompigliò la frangetta e scosse leggermente il capo. «No» rispose con una punta di ironia, che il ragazzo colse al volo. Posò la custodia rigida della sua chitarra sulla panca, per poi sedersi tra essa e la ragazza, senza smettere un istante di sorridere. «Oh, quindi il caffè non ti andava più – osservò, divertito. - Non c'era bisogno di rovesciarlo per terra, lo avrei finito io» scherzò.

Jenna scosse il capo e non poté impedirsi di ridere.

Niall Horan era un ragazzo particolare, diverso dalla maggior parte di quelli che conosceva. Lo aveva incontrato per la prima volta proprio lì sotto, alla stazione del metrò, mentre suonava e cantava una delle sue – loro, come avevano in seguito scoperto – canzoni preferite. Jenna si era seduta alla sua solita panca e aveva ascoltato in silenzio le note e la sua bella voce. Ne era rimasta totalmente affascinata quando, in un secondo momento, lo aveva sentito parlare con un passante; il suo marcato accento irlandese era qualcosa a cui le era impossibile rimanere indifferente. Lo aveva annotato sul block-notes in un nanosecondo, subito seguito dalla sua risata rumorosa e così estremamente contagiosa.

Lo aveva osservato passeggiare con la chitarra in braccio per quasi un'ora, mentre cantava e suonava e, di tanto in tanto, rideva e scherzava con i passanti. Jenna non credeva possibile che qualcuno potesse essere così amichevole con dei perfetti sconosciuti, prima di incontrarlo. Si era detta che il cappellino da baseball che aveva posato in terra si era riempito di spiccioli più per la sua simpatia che per la sua bravura.

Poi la aveva notata. Le aveva sorriso cortesemente e, quando si era stancato di suonare, si era seduto accanto a lei per mangiare un enorme panino imbottito. Gliene aveva offerto un pezzo e si era messo a ciarlare a proposito di quanto fosse difficile trovare il tempo per dare spettacolo nella metro, da quando si era iscritto al college. A Jenna era parso un invito a chiedergli a proposito dei suoi studi e così aveva esaudito quell'implicita richiesta, finendo poi per chiacchierare con un perfetto estraneo del più e del meno. Cosa che da quel giorno accadeva molto spesso. Jenna non era mai stata una persona particolarmente socievole, ma era di buona compagnia; era estremamente pigra e spesso si perdeva nei propri pensieri mentre gli altri le parlavano, cosa che a Niall non sembrava dare alcun fastidio, grazie al cielo. Quando accadeva, anzi, lui si limitava a ridere. Rideva sempre, quel ragazzo, e questo era uno degli aspetti del suo carattere che lei preferiva.

Niall si schiarì la voce, riportando Jenna sul pianeta terra, precisamente a Londra, seduta su una panchina in uno dei tunnel della metropolitana. Lo guardò, mentre apriva la custodia rigida della sua amata chitarra. «Senti, Jen, volevo chiederti una cosa...» iniziò, estraendo con cura lo strumento. Se non avesse ormai imparato a conoscerlo, Jenna avrebbe pensato che, vista la naturalezza con cui parlava, stesse parlando di niente di più importante del tempo atmosferico, ma il modo in cui evitava di guardarla la mise in allarme. «Qualcosa non va?» domandò, preoccupata.

Niall sgranò leggermente gli occhi, preso in contropiede, scosse il capo ed esplose in una risata nervosa. «No, certo che no. Stavo solo pensando che ormai ci conosciamo da un po' e... e continuiamo ad incontrarci solo per caso, ogni tanto...» si schiarì la voce e Jenna arrossì, temendo di sapere dove lui aveva intenzione di andare a parare. «Sì?» lo incoraggiò. Subito dopo averlo fatto si diede della stupida per il tono flebile ed emozionato che aveva usato.

Niall rise di nuovo, senza distogliere lo sguardo dalla chitarra, e lei si ritrovò a chiedersi se stesse impazzendo o se la trovasse ridicola.

Jenna, al contrario suo, non riusciva a togliergli gli occhi di dosso. Aveva bisogno di capire dove volesse andare a parare, sapere in anticipo come reagire, terrorizzata dall'idea di farlo nel modo sbagliato, e per questo lo studiava febbrilmente. Aveva le guance leggermente arrossate e questo fece aumentare il battito cardiaco di Jenna e impennare le sue scalpitanti speranze. Niall era forse l'unico ragazzo sulla faccia della terra in grado di apparire virile anche mentre arrossiva, ridacchiava nervosamente e guardava qualunque cosa fuorché la persona con cui stava parlando. Forse, si disse, erano la sua voce e quel marcato accento irlandese a mandarle a quel paese la razionalità e il buon senso. O magari quelle braccia...

«Allora? Che ne dici?» Niall fissava i passanti con l'ombra di un sorriso speranzoso a illuminargli il volto leggermente arrossato.

Jenna si sentì enormemente idiota. Si era così persa nell'osservarlo che non aveva sentito una parola di quello che lui aveva detto.

Di fronte al suo silenzio, il ragazzo fu costretto a spiare la sua espressione, trovandola smarrita e mortificata. Dopo un attimo di confusione, il suo sorriso si spense per lasciare il posto ad una smorfia amaramente divertita, mentre lui chiudeva gli occhi per non sopportare la vista di quel rifiuto. «Hai ragione, scusa, forse non è il-»

«No, no! - Jenna scattò in piedi, allarmata dalla piega sbagliata che stavano prendendo le cose. A malapena si accorse che la sua amata penna bic era appena caduta e rotolata sulla banchina. – Voglio dire... non sto dicendo di no. Mi sono... - arrossì violentemente, nel doverlo ammettere ad alta voce. - Mi sono incantata di nuovo – a guardarti. Questo però forse era meglio che non lo dicesse. - e non ho proprio sentito cosa...» si zittì, sentendosi estremamente stupida. Alzò lo sguardo per controllare la reazione di Niall. Era un po' ossessionata, forse? Passava metà del tempo che trascorrevano insieme a fissarlo e a studiare ogni suo movimento. Si sentiva una maniaca.

Il ragazzo si rilassò con un mezzo sospiro e poi esplose in una rumorosa risata delle sue, con rinnovata speranza. Non tutto era perduto. «Dicevo... potremmo fare qualcosa insieme» buttò lì, questa volta senza smettere di guardarla.

Jenna sgranò leggermente gli occhi leggermente truccati, sorpresa, poi si abbandonò ad un sorriso spontaneo e annuì. «Perché no! - rispose, notando, con un turbinio di ali leggere nello stomaco, che Niall sembrava contento della sua risposta. Il suo sorriso si allargò. - Qualcosa... tipo?» domandò poi, tornando a sedersi. Si accorse solo in quel momento dell'assenza della sua Bic e prese a guardarsi attorno alla sua ricerca. Niall la vide per primo e la raccolse, porgendogliela. Si strinse nelle spalle, mentre accennava col capo alla metro in arrivo in quel momento. «Prendiamo il treno» propose allegramente.

Jenna lo ringraziò sottovoce e poi aggrottò le sopracciglia. «Per dove?» domandò, senza capire.

Niall scosse il capo e rise. «Uno qualunque. Vediamo dove ci porta il nostro amato Tube!» esclamò entusiasta, risistemando la chitarra nella custodia senza nemmeno averla davvero usata quel giorno.

«Scherzi?» chiese lei, rimettendo lentamente le sue cose nella solita tracolla di jeans ormai logora. Quando alzò lo sguardo, trovò Niall a tenderle una mano con un sorriso incoraggiante, segno che, no, non scherzava affatto.

Lo guardò dritto negli occhi per qualche istante, mentre il suo lato razionale si chiedeva perché avrebbe dovuto fare una cosa del genere con un semisconosciuto. Prendere un treno qualunque, andare Dio solo sapeva dove e … chissà quando e se sarebbe tornata a casa. Poi Niall inclinò leggermente la testa da un lato, non più così certo che Jenna avrebbe accettato quella proposta, e quella tenera espressione vagamente smarrita bastò perché il cuore di lei, gonfio di tenerezza, si facesse avanti, allontanasse con una spinta la diffidenza dalla consolle e portasse la mano di Jenna in quella del ragazzo. Quando il sorriso di lui tornò largo e luminoso, lei si sentì estremamente e immotivatamente felice.

«Hai l'abbonamento per la metro, vero?» si accertò Niall, trascinandola lungo la banchina. Aveva l'aria spensierata e avventurosa di un bambino e Jenna non riusciva a non ripetersi quanto quel ragazzo fosse incredibile.

«Sì, sì. E dove andiamo, si può sapere?» tentò un'ultima volta. La sua mente non riusciva proprio a concepire il fatto di star per prendere un treno a caso, senza avere la minima idea di dove l'avrebbe portata e di cosa avrebbe fatto dopo o di quando sarebbe potuta tornare indietro. E aveva solo pochi spiccioli nel portafogli, giusto il necessario per una porzione di fish and chips.

Niall rise, poi la spinse in coda alla prima fila di persone che trovò. «Ora il Mago Horan lo scopre – prese tempo, per poi picchiettare sulla spalla della vecchietta di fronte a lui e scoprire la destinazione del treno che avrebbero preso. - La nostra meta è Green Park, madame

 

 

«Musica folk! Non l'avrei mai detto!», Niall rise brevemente, scuotendo il capo.

Jenna si finse offesa e mise su un cipiglio severo. «Be', Mago Horan, è evidente che tu stia perdendo dello smalto, allora» lo punzecchiò, appoggiandosi allo schienale del sedile.

Erano sulla metro da ormai un'ora. Ogni volta che arrivavano da qualche parte, salivano su un altro convoglio, scelto casualmente, e riprendevano il loro viaggio. Jenna non aveva idea di come avrebbero fatto a tornare a casa a fine giornata, ma non aveva voglia di pensarci in quel momento.

Niall ridacchiò, scattando sull'attenti. «Il Mago Horan è infallibile! - rise, poco convinto dalle sue stesse parole. - Solo che non ti facevo il tipo da musica folk» aggiunse, stringendosi nelle spalle.

La ragazza aggrottò le sopracciglia, incuriosita da quelle parole. «Davvero? E che tipo sarei?»

Lui ci pensò su qualche istante, guardandosi attorno. Affondò le mani nelle tasche e tornò a guardarla. «Un tipo … tutto Led Zeppelin, Guns 'n Roses e Pink Floyd» spiegò, esprimendo il suo sincero pensiero.

«Sul serio?» si informò, sorpresa. Non aveva mai pensato di poter sembrare una ragazza del genere. Aveva sempre pensato di poter essere scambiata per una di quelle tutta musica commerciale e qualche canzone passata dagli amici. Non che ci fosse nulla di male; i gusti non facevano una persona, lo aveva sempre sostenuto fermamente. Le apparenze, soprattutto, aveva imparato che dicevano davvero poco sulla personalità altrui.

«Già!» ammise Niall, scompigliandosi i capelli in un gesto imbarazzato. Si sentiva un po' sciocco.

Jenna gli sorrise. «Sei tenero, Niall Horan. A primo impatto non sembri un tipo tenero» commentò allora, scegliendo di seguire la piega che aveva preso quella conversazione. Erano partiti parlando di come Niall avesse iniziato a suonare una chitarra – dopo che aveva urtato un signore piuttosto iracondo con la custodia -, per poi passare a Mark Kopfler – uno dei più grandi idoli di Jenna – ed erano finiti col discutere della musica in generale. Avevano elencato le loro canzoni preferite e lei si era lasciata sfuggire il suo apprezzamento per la musica folk, cosa che aveva non poco sorpreso il giovane irlandese.

Il ragazzo arrossì e ridacchiò, imbarazzato dalla schiettezza di quelle parole. «Ah no? E cosa sembro? Un playboy, forse?» rise più forte, battendo le mani di fronte all'assurdità della propria supposizione.

Jenna scosse il capo, sorridendo divertita. «Non direi, no -, rise. - Senza offesa, è ovvio! - aggiunse poi. Niall roteò gli occhi e si lasciò cadere a sua volta contro lo schienale del sedile. - Sei chiassoso e non fai che ridere e fare figuracce. Sembri il classico migliore amico, che...» si interruppe, chiedendosi dove voleva arrivare. Ciò che le era venuto in mente non era certamente qualcosa di lusinghiero per un uomo.

«...che si innamora, ma rimane sempre e solo un amico per la sua dolce metà – concluse lui, sorridendo amaramente. - Sì, be', ci sei andata vicino» le confessò, con un sorriso nostalgico. Gli era successo così tante volte, che ormai si era rassegnato all'idea che ogni ragazza l'avrebbe considerato solo come un amico. Non sapeva neppure più dire quante volte si fosse rifugiato a casa di uno dei suoi amici a leccarsi penosamente le ferite, dopo essersi dichiarato ed essersi sentito dire “scusa, io ti voglio bene, ma non in quel modo”. Niall non si innamorava facilmente, ma quando succedeva, non demordeva. Se una ragazza gli piaceva, avrebbe potuto rifiutarlo anche venti volte, ma lui non si sarebbe arreso; se era vero che gli voleva bene, si diceva, non doveva essere poi così difficile rendere quel sentimento appena un po' più profondo. E così continuava a sbattere i denti e a farsi male, senza mollare la presa. Era convinto che ne valesse la pena, comunque: prima o poi avrebbe trovato quella giusta e non se la sarebbe lasciata scappare.

Jenna si morse la lingua, quando capì di aver detto la cosa sbagliata. Niall si guardava le scarpe, sorridendo tristemente. Senza nemmeno pensarci, gli sfiorò delicatamente un ginocchio con le dita. «Scusami, non volevo...»

Lui alzò il capo di colpo e le sorrise, inclinando la testa di lato. «Liam dice che sono il tipo di ragazzo che prima si sente e poi si vede» disse soltanto.

Lei si accigliò, presa in contropiede da quel cambio di argomento, poi però sorrise e annuì. «Chiunque sia, Liam ha ragione. Per me è stato così».

«Davvero?»

Jenna rise e aprì le braccia in segno di ovvietà. «Ti sei messo a cantare A place where we used to live, come potevo non notarti?» domandò retoricamente.

Niall rise, gettando il capo all'indietro.

Quando quel ragazzo rideva, Jenna sentiva il sorriso sorgere spontaneo sulle sue labbra. Si sentiva stupida a mostrarsi così felice solo per via dell'allegria di un semisconosciuto, ma non poteva proprio evitarlo. Rimase a guardarlo incantata, finché lui non si ricompose e riportò lo sguardo accesso di spensieratezza su di lei. «Sai una cosa, Jen?»

«Cosa?»

«È davvero una fortuna che io e te non siamo amici».

Ecco, in quel momento Jenna era certa di aver percepito il proprio cuore iscriversi alla maratona di New York e iniziare gli allenamenti all'istante. Il tutto, ovviamente, mentre le farfalle nel suo stomaco esultavano e festeggiavano la decisione dell'organo applaudendo energicamente.

 

 

Il tempo quel giorno era passato più in fretta del solito, tanto che, quando si erano accorti che il sole stava calando, erano dalla parte opposta di Londra ed erano entrambi in ritardo per il rientro a casa. Il telefono di Jenna aveva iniziato a squillare insistentemente e, quando la ragazza fu riuscita a convincere il fratello maggiore di essere sana e salva e sulla strada del ritorno, i due erano tornati nel Tube. Per la prima volta in tutta la giornata, avevano controllato che il treno che stavano per prendere fosse quello diretto della direzione giusta.

Dopo ore e ore trascorse fin troppo rapidamente, salendo in superficie e poi tornando nei tunnel secondo l'ispirazione, senza seguire un preciso itinerario, Jenna era convinta che non avrebbe mai più apprezzato la metropolitana come aveva fatto quel giorno in compagnia di Niall. Non aveva mai pensato che si sarebbe divertita in quel modo, pensava mentre il treno sfrecciava veloce sotto le strade della metropoli. Pigra com'era, di solito era molto se riusciva a camminare fino alla sua panchina per osservare i passanti.

Passare il tempo con quel ragazzo era una delle cose più semplici e naturali che avesse mai fatto, con lui era persino riuscita a dimenticare quanto mal sopportasse l'idea di non stare ferma un minuto e correre a destra e a sinistra senza sosta.

Quell'irlandese la incantava con la sua voce e il suo accento marcato, attirava il suo sguardo come una calamita qualunque cosa facesse, riusciva a farla ridere senza alcuno sforzo e, soprattutto, riusciva a mandarle in pappa il cervello con un semplice sorriso.

Non era particolarmente bello o appariscente, ma c'era qualcosa in lui che aveva catturato la sua attenzione fin dal primo momento. Si chiese di cosa si trattasse. Niall non era di certo brutto, ma nemmeno il tipo che spiccava in mezzo alla gente per la propria prestanza fisica. Per essere estremamente chiassoso, piuttosto. Inoltre c'era qualcosa nel suo essere naturalmente spontaneo e allegro che la faceva impazzire. Jenna continuava a pensare che fosse per via della sua voce, del suo accento irlandese, della sua risata contagiosa. Ma perché non potevano essere stati i suoi luminosi occhi azzurri, il suo modo di sorridere senza temere di mostrare al mondo l'apparecchio o il suo essere attraente anche mentre faceva buffe smorfie, a farla capitolare?

Perché, sì, Jenna era già crollata: quel ragazzo le piaceva e non poteva negarlo a se stessa. Erano mesi che non si sentiva così tranquilla e spensierata con un essere umano che non fosse suo fratello. Addirittura, forse, non le era mai capitato di sentirsi tanto a proprio agio con qualcuno dotato di cromosoma Y.

Con Niall sembrava tutto estremamente semplice.

Avevano parlato degli argomenti più disparati, quel giorno, fatto a gara per chi riusciva a mettere in bocca più patatine, corso per i marciapiedi ridendo come bambini; lui si era lasciato andare e le aveva persino raccontato un paio delle tristi esperienze che lei aveva inavvertitamente rievocato quando erano partiti. E lei gli aveva parlato dei suoi sogni, delle sue speranze, di quelle sue sciocche paure di cui non aveva mai fatto parola con nessuno al di fuori di suo fratello per timore di essere presa per stupida. Niall le ispirava fiducia.

«Senti, Jen...» A distrarla dai suoi pensieri fu la voce ormai familiare del ragazzo. Erano in piedi uno accanto all'altro, in un angolo, nel tentativo di non urtare sconosciuti ogni volta che la metro si fermava e ripartiva. Lui teneva con una mano la custodia rigida della chitarra, appoggiata alla parete, gli occhi azzurri e limpidi fissi nei suoi.

«Sì?»

«Ecco... Ora non ne sarei in grado perché sono un po' instabile – ridacchiò, mentre un paio di chiassosi turisti, che sgomitavano tra la composta folla dei pendolari inglesi alla ricerca di un sedile libero, lo facevano barcollare. – Ma che ne diresti se, una volta scesi, ti lasciassi il mio numero?» propose, speranzoso.

Il cuore di Jenna fece una capriola. «Dico che... sì. Sì, mi farebbe piacere» rispose, arrossendo leggermente sulle guance. Niall le sorrise raggiante, proprio nel momento in cui gli stessi turisti di prima passavano. Uno dei due lo urtò violentemente e, mentre il ragazzo cercava di evitare che la chitarra cadesse in mezzo al passaggio infastidendo qualcuno, finì per capitolare lui stesso addosso a Jenna.

«Oh mio Dio, scusami!» bofonchiò, puntellando un braccio contro la parete, senza però scostarsi dalla ragazza.

Jenna lo guardò e arrossì ancora di più. Erano così vicini! Riusciva a vedere tutte le sfumature nelle sue iridi azzurre e... era arrossito? Era davvero arrossito anche lui? Abbozzò involontariamente un sorriso e abbassò lo sguardo qualche istante, per riprendersi, nascondendo senza pensarci le mani nelle tasche del giubbotto. «Non fa nulla. Certe volte questi turisti sono proprio incredibili. Devono essere italiani, senti che confusione!»

Niall rise piano e afferrò il manico della custodia della chitarra. «Fortuna che ormai siamo arrivati, allora» commentò, facendole un occhiolino abbinato ad una smorfia scherzosa.

Il cuore della ragazza perse un battito. Se stava cercando di ucciderla, era sulla strada giusta. Ringraziò il cielo di essere appoggiata alla parete o probabilmente avrebbe finito per cadere, vista la maniera in cui le tremavano le gambe. Stupidi ormoni, doveva decisamente darsi una calmata.

«Già, per fortuna...» sussurrò in risposta, mentre un po' di malinconia si faceva strada tra i tumultuosi sentimenti che le inondavano il petto. Era stata così bene quel giorno che avrebbe preferito non doverlo mai salutare.

Niall voltò il capo e si guardò attorno, senza sapere bene come comportarsi.

Era combattuto. C'era una cosa che avrebbe voluto fare con tutto se stesso, ma al contempo temeva la reazione di Jenna. Aveva voglia di baciarla, voleva evitare che quel sentimento di amicizia che aveva sempre rovinato tutto, le altre volte, sbocciasse, sradicarlo finché era ancora in tempo. Ma allo stesso tempo aveva paura di correre troppo. Erano praticamente sconosciuti, avevano passato giorni a scambiarsi educate chiacchiere e solo poche ore prima aveva finalmente avuto il coraggio di chiederle di passare del tempo con lui. Il fatto che lei avesse accettato, forse, era già una fortuna troppo grande. Se avesse calcato troppo la mano avrebbe rovinato tutto, magari. Eppure...

Sospirò e, senza pensarci, posò la fronte contro quella della ragazza, che sgranò leggermente gli occhi. Subito se ne pentì e fece per ritrarsi, con l'intenzione, questa volta, si mettere un po' di distanza tra loro e smettere di comportarsi da ragazzino in preda agli ormoni, ma...

Il cuore di Niall gli balzò in gola e subito dopo nello stomaco.

Jenna lo stava baciando.

Niall si ritrovò a sorridere sulle sue labbra, mentre le affondava una mano tra i capelli e riusciva a stento a resistere alla tentazione di mollare la chitarra sul pavimento e stringerla forte a sé. Era così dannatamente felice che aveva voglia di ridere. Dopo, però, si disse. Ora voleva solo godersi il momento, nella speranza che lei non si ritraesse. Perché poteva ancora succedere, lo sapeva per esperienza.

Ma Jenna non si sarebbe separata per prima da quel bacio, né sarebbe scappata non appena le porte del treno si fossero aperte. Si sentiva bene, nonostante dentro di lei stesse accadendo il finimondo. Non sapeva perché l'avesse fatto, non sapeva cosa l'avesse spinta ad annullare la minima distanza che lui aveva messo tra loro, ma l'aveva fatto. Nel momento stesso in cui il suo lato razionale aveva iniziato a cercare un buon motivo per non baciarlo, il suo cuore aveva di nuovo detto la sua e aveva ordinato al cervello di chiudere il becco e lasciarsi andare. Lui aveva obbedito e Jenna era così maledettamente contenta di averlo baciato.

Fu il familiare suono delle porte del treno che si richiudevano a riportare i ragazzi alla realtà. Niall si staccò leggermente da lei e si guardò attorno, mentre la metro ripartiva.

Jenna era spettinata e rossa in viso e lui la trovava persino più bella del solito. Quando si accorse che la stava fissando, arricciò il naso, imbarazzata. «Che c'è?»

Lui le sorrise, felice. «Abbiamo perso la fermata» le fece notare.

 

 

Note:

* A place where we used to live dovrebbe essere, secondo le mie ricerche, una canzone scritta da Mark Kopfler. Ammetto la mia ignoranza: non conosco la canzone e so davvero poco dell'artista che l'ha composta, ma trattare l'argomento era tra i parametri che mi era stato chiesto di usare.  



  
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