Piccola premessa: Questa
è una shottina davvero strampalata, il risultato di un’idea insana che
mi gironzolava nella testa da un po’ di tempo e che ho deciso di mettere per
iscritto in seguito alle affettuosissime minacce di una persona che adoro
nonostante mi abbia praticamente messa
con le spalle al muro e costretta a
partecipare al concorso di Leather and Libraries.
Questa piccola fic
è perciò dedicata a Claheaven, perché è tutta colpa sua se ora vi tocca
leggerla!^^
Un grazie di cuore, Cla, per
questo e per mille altre cose che tu sai, ma soprattutto perché sei come
sei…
Ti voglio bene,
Lau.
***
PETRIFIED
***
“L’ultima volta che la Camera dei Segreti è stata aperta, è morto un Mezzosangue. Perciò è solo questione di tempo, prima che un altro di loro venga ucciso. Per me, spero sia la Granger…” (J.K.Rowling)
***
Patetici.
Lo Sfregiato e Lenticchia erano veramente
patetici.
Iridi argentee, palesemente disgustate,
osservavano la scena pietosa che si stava svolgendo in infermeria attraverso uno
spiraglio della porta lasciata socchiusa.
Il Bambino Sopravvissuto era appoggiato al
letto, lo sguardo inumidito e le palpebre che si abbassavano e rialzavano
velocemente, cercando di ricacciare indietro le lacrime mentre mugugnava una
scemenza dietro l’altra.
Signore e signori, ecco a voi la vera piaga
del Mondo Magico: San Potter, il ritratto di un eroe affranto dal
dolore.
Donnola Weasley se ne stava in piedi
dall’altro lato del letto, immobile e inutile come
sempre.
Draco Lucius Malfoy fu certo di essere
prossimo al travaso di bile, quando due minuti dopo l’ennesimo “Hermione, ci
manchi” giunse alle sue orecchie.
Stupido
Grifondoro.
Come se la Mezzosangue Zannuta potesse
sentirlo.
Storse le labbra, infastidito dall’ottusità
del suo nemico di sempre e seccato con sé stesso per aver sprecato parte del suo
preziosissimo tempo a spiare il Trio dei Miracoli.
Che sarebbe presto diventato un duo, con un
po’ di fortuna.
“Ci vediamo domani” – stava intanto dicendo
il moro all’interno della stanza – “Buonanotte,
Herm”
Buonanotte Herm? Buonanotte?
Oltre che stupido era diventato anche cieco
adesso?
Ma lo vedeva o no che quella aveva due
occhi spalancati così?
Buonanotte?
Si, certo, e magari anche sogni d’oro,
perché no…
Scivolò silenziosamente dietro a una delle
due imponenti colonne che fiancheggiavano l’ingresso e rimase ad osservare i due
varcare la soglia e allontanarsi lungo il
corridoio.
L’eco dei loro passi lasciò spazio a un
silenzio piacevolmente irreale.
Di Madama Chips, nemmeno
l’ombra.
Mosse un passo, Draco Malfoy, lasciandosi a
sua volta l’infermeria alle spalle.
E forse, se ne avesse mosso un altro, e poi
un altro ancora…forse le cose sarebbero andate diversamente.
Quel giorno e tutti gli anni a
venire.
Forse avrebbe passato giorni, mesi e anni
chiuso nello schema disegnato da suo padre. A confabulare con le altre Serpi,
insultando il Magico Trio ad ogni occasione.
E, sempre in via ipotetica, di lì a qualche
anno sarebbe magari finito a letto con la Greengrass, o la Parkinson. O, perché
no, con entrambe.
La lista delle sue conquiste sarebbe stata
probabilmente interminabile.
Qualche Corvonero, alcune Tassorosso, delle
Grifondoro….no, quelle mai.
Assolutamente nessuna Grifondoro.
La pelle alabastrina che caratterizzava
generazioni e generazioni di Malfoy era solcata da pallide vene azzurrine,
proprio lì , sull’avambraccio destro.
Così come sul
sinistro.
Candido e niveo.
Ancora
innocente.
Ma forse, un giorno, vi avrebbe visto
spiccare il Marchio Nero, il simbolo di una causa che al momento apparteneva più
a suo padre, che a lui.
Una causa in cui indubbiamente credeva, ma
forse non fino in fondo.
O semplicemente non ci credeva
abbastanza.
Tutto ciò avrebbe avuto comunque poca
importanza, dato che l’iniziazione incombeva sul suo destino fin dal giorno in
cui era nato.
E con tutta probabilità, le cose sarebbero
veramente andate così.
Avrebbe seguito Lord Voldemort, e avrebbe obbedito ad ogni suo
ordine.
Come un suddito fedele. Come suo
padre.
A combattere il Bambino Sopravvissuto, che
forse un giorno si sarebbe ritrovato a duellare con l’oscuro mago colpevole
della cicatrice che portava sulla fronte.
E chissà, allora, chi avrebbe vinto.
Uno scontro che avrebbe deciso anche della
sua vita.
Un futuro da glorioso e potente Mangiamorte
o una lurida cella ad Azkaban.
Forse sarebbero potute succedere tutte
quelle cose, e molte, molte altre.
Certo fu che quel giorno, Draco Malfoy non
lo mosse, quel passo. E nemmeno il successivo.
Perché, dopo essersi assicurato che non vi
fosse anima viva nei paraggi, fece dietrofront, intrufolandosi furtivamente
nell’ampio stanzone adibito a infermeria.
Le piastrelle bianche rilucevano sotto gli
ultimi raggi del sole, colorandosi di sfumature rossastre. Ai lati della stanza,
due file di letti in ottone smaltato.
Individuò distrattamente la sagoma di Colin
Canon disteso sul letto lì accanto, le coperte a righe blu tirate fin sotto al
mento, immobile come solo una statua di marmo avrebbe saputo
essere.
Avanzò lentamente verso l’ultimo letto, in
fondo a sinistra, dove Hermione Jane Granger giaceva ad occhi aperti, lo sguardo
fisso sul soffitto e un’espressione di statico stupore dipinta sul
volto.
Iridi d’oro spento, e una mano protesa ad
afferrare l’aria.
L’odore di pozioni medicamentose e
preparati curativi aleggiavano nella stanza, riportando inevitabilmente alla mente le
immagini di quel luogo asettico che era il San
Mungo.
Si sedette sul letto accanto a quello
occupato dalla Grifondoro, osservandola attentamente mentre incurvava le labbra
in un ghigno compiaciuto.
Quella visione era una goduria per gli
occhi.
Ah, quanto aveva aspettato quel
momento…
“Ti stai divertendo, Mezzosangue?” –
esordì, l’ironia che gli vibrava nella voce.
Il silenzio fu ovviamente tutto ciò che
ebbe in risposta.
E Draco Malfoy non avrebbe voluto
nient’altro.
Quella era pura musica, per le sue
orecchie.
Una sinfonia di violoncelli muti, che lo
rendeva particolarmente di buonumore.
“Io parecchio” – continuò, estraendo una
sigaretta dalla tasca interna della divisa
verde-argento.
Si portò il filtro alle labbra, chinandosi
poi ad incontrare la candela che galleggiava sul comodino lì a
fianco.
Un lampo divertito gli attraversò
improvvisamente gli occhi chiari, mentre si accostava lentamente al volto della
giovane strega.
“Ops, che sbadato…posso?” – tubò mellifluo,
soffiandole una boccata di fumo opalino sulla
faccia.
Vide gli occhi di lei inumidirsi
all’istante per reazione, una lacrima tremarle sulle ciglia scure per poi
rotolare giù, lungo la guancia pallida.
“Lo prendo per un
si”
Era troppo, troppo divertente. Uno
spasso.
Sarebbe rimasto lì per ore e ore.
Purtroppo, il timore che la Chips lo
scoprisse da un momento all’altro era del tutto
sensato.
“Però… non ti facevo così loquace,
Mezzosangue”- la derise nuovamente, lisciandosi con le dita pallide la casacca
della divisa spiegazzata – “E’ un vero peccato che io debba andare proprio ora
che la chiacchierata si faceva interessante…”
Si alzò senza fretta, graziandola
dell’ennesimo sguardo beffardo.
Un particolare fino a quel momento
sfuggitogli catturò l’attenzione delle sue iridi argentee. La Grifondoro teneva
un biglietto accartocciato nella mano destra.
Sfiorò quelle dita ferme con le proprie,
appropriandosi del piccolo lembo cartaceo.
Non si prese nemmeno la briga di leggere
quale preziosissimo appunto di chissà che importantissima lezione la Mezzosangue
vi avesse annotato sopra.
“Direi che questo è diventato inutile…” –
affermò, avvicinando il foglietto incriminato alla candela accesa, socchiudendo
gli occhi mentre la fiamma rossastra lambiva vorace il pezzo di carta ,
lasciando nient’altro che una scia di cenere al suo
passaggio.
Il suono dei passi corti e agitati della
Chips giunse alle sue orecchie da lontano. Se le esperienze dei due anni passati
non lo ingannavano, stava scendendo frettolosamente le
scale.
Doveva andarsene. E alla
svelta.
Voltò le spalle alla giovane che giaceva
statica sotto le lenzuola immacolate.
Giunto sulla soglia, si permise di
guardarla un’ultima volta.
“Lo so, Granger…so che ti mancherò. Io
manco a tutti!” – Ogni sua singola corda vocale vibrava di presunzione – “Ma non
c’è bisogno di fare quella faccia…di pietra!” – rise cattivo.
Indugiò sulla porta qualche secondo, più
per gustarsi la battuta ad effetto che per attendere una risposta che sapeva
benissimo non sarebbe mai arrivata.
“Su con la vita… potevi anche finire
peggio!” – frecciò velenoso, mentre
la sua sottile figura si accingeva a scivolare indiscreta fuori dalla stanza –
“Che so, distesa in una cassa da morto, ad
esempio…”
Incrociò Madama Chips lungo il corridoio.
La responsabile dell’infermeria gli rivolse un’occhiata sospettosa a cui Draco
rispose con la più totale indifferenza.
Quella era esattamente ciò che si poteva definire
una giornata dannatamente bella, pensò allegro il biondino, incamminandosi
tranquillo verso i sotterranei.
Pensiero che gli tornò più volte alla mente
durante la cena, mentre scrutava soddisfatto le facce mogie dei Grifoni, in
particolare quelle di San Potter e della Donnola.
Nessun senso di colpa. No.
Neanche il più
piccolo.
Perché quella ridicola parola non compariva
sul regale vocabolario di Draco Lucius Malfoy.
L’immagine della Mezzosangue stesa immobile
sul letto parve allietare al Principe di Serpeverde anche la giornata
successiva.
Cosa non da poco, considerato che
l’abituale allentamento di Quidditch si stava svolgendo sotto una pioggia
torrenziale.
La divisa verde-argento completamente
fradicia, Draco Malfoy frecciò veloce verso l’alto tallonando il boccino, mentre
le fredde lacrime del cielo gli sferzavano il
volto.
Qualche decina di metri sotto di lui, Flit
e Warrington si esercitavano lanciandosi bolidi feroci. Nient’altro che due
puntini in movimento.
I capelli biondi che gli ricadevano in
ciocche scomposte sull’algida fronte, Draco tornò a interrogarsi sulla questione
che in quegli ultimi giorni sembrava aver monopolizzato ogni conversazione nata
tra le mura di Hogwarts.
La Camera dei
Segreti.
Quasi una leggenda. Molti, addirittura, non
ne avevano mai sentito parlare prima di quel
momento.
Ma la scritta rinvenuta sul muro parlava
era tutt’altro che leggendaria, e decisamente chiara. Qualcuno l’aveva
aperta.
Parole macabre, tracciate col
sangue.
Quanto accaduto da quel preciso momento
lasciava pensare che non si era trattato di uno stupido
scherzo.
La gatta di Gazza era stata la prima
vittima. Seguita a ruota da quell’imbecille di Canon e dalla
Mezzosangue.
Pietrificati.
Rigide statue granitiche, che avevano
gettato il panico tra gli studenti.
Soprattutto dopo l’ultima. La Grifondoro
fiera e intraprendente che a detta di molti si piegava ma mai si sarebbe
spezzata.
Hermione
Granger.
Una vera e propria spina nel
fianco.
“Draco, attento!”
Ripensò alle sue iridi screziate d’oro,
così innaturalmente statiche, fisse su un soffitto
bianco.
“Spostati di lì, Malfoy!”
La saccente so-tutto-io, muta come un
pesce. A differenza sua.
E ne avrebbe approfittato. Oh, se ne
avrebbe approfittato.
Una rivalsa per tutte le volte in cui,
sprezzante, aveva osato ribattere alle sue
frecciatine.
“Maledizione, Draco! Che
diavolo stai aspettando? Vuoi che ti arrivi in
faccia?”
L’ennesimo grido s’impadronì finalmente
della sua attenzione.
Un piccolo ritardo, giusto qualche manciata
di secondi, che avrebbe però pagato
a caro prezzo.
Fece appena in tempo ad abbassare lo
sguardo plumbeo, il suo campo visivo occupato da un bolide impazzito era ormai
troppo, troppo vicino.
Dopodiché, vide tutto
nero.
Il risveglio fu lento e
doloroso.
Era certo che il cranio gli si fosse diviso
in più parti.
Un martellare atroce gli attanagliava la
tempia, il sangue che gli rimbombava nelle
orecchie.
Dannata Mezzosangue. Era tutta colpa
sua.
Sollevò a fatica lo sguardo d’ardesia
liquida, reso vivido dalla sofferenza.
Imponenti vetrate dalle finiture antiche si
ergevano al di sotto delle volte a ogiva.
Odore di etere magico, di
medicinali.
L’infermeria.
Di nuovo.
Stavolta nelle vesti di
paziente.
Quella piaga della Chips stava trafficando
nella credenza tra ampolle e provette varie, dandogli le
spalle.
Nel letto davanti al suo, una ragazza dai
lunghi boccoli color cioccolato se ne stava tutta zitta, gli occhi spalancati e
la cassa toracica irrimediabilmente ferma.
Nessun alito di vita lasciava quelle labbra
appena socchiuse.
Una bocca ben disegnata, bisognava
ammetterlo, di un delizioso color corallo.
La botta alla testa doveva essere stata più
forte del previsto, si corresse immediatamente il biondo, inorridito dal
pensiero appena formulato nei confronti di quella che tutto sommato era la
colpevole del suo stato attuale.
Un battito di ciglia, e si ritrovò la
vecchia brontolona attaccata al letto.
“Signor Malfoy, apra la bocca” – ordinò
spiccia.
Draco l’accontentò, deciso a rimetterla al
suo posto con una bella critica farcita di veleno. Schiuse le labbra sottili, ma
prima ancora di poter dare voce alla sua insofferenza, il metallo di un
cucchiaio tintinnò contro le sue arcate dentarie.
L’attimo seguente uno sgradevole sapore
amarognolo andava ad infestargli il palato.
“Merlino, cos’è questo schifo?” – borbottò
disgustato, portando la lingua più e più volte contro il palato, nel vano
tentativo di rientrare in possesso delle sue papille
gustative.
“Su, non faccia tanto il difficile” – ebbe
il coraggio di commentare quella – “La prossima volta stia più attento,
piuttosto. Ha un braccio rotto, una collezione di graffi e abrasioni sulla
spalle destra e un bernoccolo in testa che farebbe invidia ad un
unicorno”
Il malato in questione fulminò
quell’antipatico volto solcato da rughe sottili con un’occhiata tagliente – “Non
mi dica, potrei morire dal ridere…” –
soffiò sarcastico, tornando a sprofondare sotto le
coperte.
Passò un’ora. Poi
un’altra.
La Chips era nuovamente sparita, e quel
silenzio sepolcrale cominciava ad innervosirlo.
Ma quanto ci mettevano Tiger e Goyle a
venirlo a trovare? E Pansy? E tutti gli altri?
“E’ tutta colpa tua, Granger!” – berciò
seccato per la decima volta.
E per la decima volta lei lo ricambiò con
una muta risposta.
“Ti credi furba, vero? Scommetto che l’hai
fatto apposta!” – attaccò delirante, troppo furente per accorgersi della totale
insensatezza di quelle osservazioni.
“Siccome ero contento di vederti distesa in
quel letto, hai ben pensato di farci finire pure me, in questo posto del
cavolo!”
Una mosca ronzò fastidiosamente vicino al
suo orecchio. Sollevò una mano per scacciarla, lasciandola ricadere
immediatamente mentre digrignava i denti per la fitta di dolore che gli aveva
attanagliato il braccio martoriato.
Dannazione!
Lui, il Principe di Serpeverde, perfetto ed
elegante per natura…ridotto ad uno straccio. Stanco, affamato e persino incapace di
liberarsi di uno stupido insetto!
E lei, che se ne stava zitta. Chiusa nel
suo imperterrito mutismo.
Cominciava a non tollerare più l’assurdità
di quella situazione.
L’aveva sempre trovata insopportabile,
soprattutto quando gli rinfacciava di essere uno stronzo viziato e arrogante, o
peggio ancora un figlio di papà, che si era comprato l’ammissione nella
squadra.
Cosa per altro non vera.
Ma di quello che pensavano gli altri, se ne
sbatteva ampiamente i coglioni.
Hogwarts era piena zeppa di ottusi e
nullità.
Ciò che proprio non riusciva a mandare giù,
in quel momento, riguardava però esclusivamente
lei.
Le dava sui nervi, ora più che
mai.
Perché non c’era gusto ad insultarla, senza
vedere quegli occhi dorati incupirsi feriti.
No, non era affatto
divertente.
Magari per cinque minuti, d’accordo. La
sera prima si era tolto qualche sassolino dalla
scarpa.
Ma a lungo andare diventava di una noia
indicibile.
“Stai aspettando Potty e Lenticchia?
Spiacente, temo rimarrai a bocca asciutta” – se ne uscì, ricordandosi che il
campo da Quidditch era stato prenotato dai Grifoni per l’intero pomeriggio.
No, non sarebbero venuti. E infondo era un
bene, perché non avrebbe sopportato di vedere la faccia dello Sfregiato e quella
dell’altro idiota stravolte dalle risate per ciò che gli era
capitato.
Una caduta stupida e del tutto evitabile.
Una pessima figura per il cercatore della squadra
Serpeverde.
“Scommetto che hanno passato la mattina a
tenerti la mano, che scena vomitevole…” – commentò, chiedendosi intanto che fine
avessero fatto i suoi compagni.
Il pomeriggio fu un susseguirsi di toccate
e fughe della Chips, di frecciatine acide che scivolavano fuori dalle labbra del
biondo e immancabilmente si dissolvevano come fumo impalpabile l’attimo dopo.
Conversazioni univoche, che morivano
inevitabilmente sul nascere.
Il momento peggiore attese ben oltre il
calar del sole, prima di venire a bussare alla porta di Draco Lucius Malfoy. Un
livore e una rabbia che s’intrecciarono ai rintocchi bassi dell’orologio
incastonato sulla torre più alta del castello, accompagnandoli fedelmente fino
alla dodicesima battuta.
Mezzanotte.
Si trovava in infermeria da più di quindici
ore e nessuno dei suoi amici era ancora venuto a trovarlo.
Amici.
Forse dopotutto non lo erano
davvero.
Posò lo sguardo assonnato sul volto della
Grifondoro, credendo di scorgere un fugace sorriso derisorio su quelle labbra
spesso troppo taglienti.
Solo un’impressione,
sicuramente.
Uno scherzo che la sua vista affaticata e
il tremolante riverbero delle candele gli stavano
giocando.
Eppure quell’idea fu sufficiente a farlo
scoppiare.
“Che diavolo hai da ridere?
Eh?”
Hermione Granger continuava a scrutare silenziosa il
soffitto.
“Rispondimi,
dannazione!”
Digrignò i denti, lottando tenacemente
contro il dolore, mentre scostava bruscamente le coperte e si alzava incerto in
piedi.
Dovette appigliarsi alla spondina del letto
per sorreggersi, le gambe intente ad eseguire i primi passi
barcollanti.
Fu con estrema fatica che raggiunse il
letto della giovane strega.
La osservò a lungo, la rabbia e la
delusione che troppe volte aveva tentato di reprimere negli ultimi anni
minacciavano di traboccare, esondando dal suo cuore di ghiaccio come un fiume in
piena.
“Ridi di me, Mezzosangue?” – sibilò,
scostandosi una ciocca albina che gli spioveva sull’occhio sinistro – “E per
cosa, poi? Perché nessuno viene a farmi visita? Perché non ho veri
amici?”
Perso in quel monologo, e conscio che ogni
parola da lui proferita non avrebbe mai raggiunto le orecchie della strega
dinnanzi a lui, si lasciò andare a uno sfogo
liberatorio.
“Io non ne ho bisogno, hai capito?” – quasi
le urlò in faccia – “Non ho bisogno di nessuno!”
Un rumore proveniente dalla stanza annessa
gli fece capire che il suo tono di voce aveva disturbato il sonno della vecchia
megera. Attese immobile, finché un duraturo silenzio non gli confermò che la
Chips era tornata a dormire.
“Puoi tenerti stretti Lenticchia e San
Potter. E vantartene pure, a me non
me ne frega un cazzo!” – riprese, a
bassa voce – “Siete odiosi. Lo è tutta questa maledetta scuola! Voi stupidi
Grifondoro per primi. Sempre lì ad accogliere come chiocce affettuose qualunque
povero pulcino abbandonato…beh, sai che ti dico? Io amo la solitudine!
L’adoro!”
Notti passate a scrutare il cielo nero
fuori dalla finestra, mentre la mente si tormentava con questi pensieri parvero
trovare finalmente la propria voce -“A cosa servono, poi, gli amici? Sono solo
seccature, nient’altro. Ti si attaccano addosso, come delle grosse zecche…chi
per i tuoi soldi, chi per il nome che porti. Non ha alcuna importanza, quale che
sia il motivo. Il risultato è sempre lo stesso…”
Era vero. Erano tutti
così.
Pansy,
la Greengrass…Tiger, Goyle…
Tutti
quanti.
“E ti scrutano, ti osservano. Controllano
ogni tua più piccola mossa, ogni tuo singolo passo. Perché è scontato che terrai
alto l’onore della tua famiglia. E’ praticamente certo che odierai Silente, e
passerai la giornata a sfotterlo in Sala Comune. Questo è quanto tutti si aspettano dal sottoscritto, e
l’ipotesi che magari le cose non stiano effettivamente così non è mai balenata
in testa a nessuno. Perché a nessuno gliene frega un cazzo di quello che pensa
Draco Malfoy, di quello che veramente vuole…”
Un sospiro intriso di amarezza gli sfuggì
dalle labbra, mentre il furore lasciava posto a un vuoto senso di spossatezza –
“Nessuno si è mai sprecato a chiedermelo, ecco la verità.
Mai…”
“Signor Malfoy, le do cinque secondi per
spiegarmi cosa ci fa in piedi! E spero per lei che si tratti di una motivazione
valida!” - Draco sobbalzò
all’irruzione improvvisa di Madama Chips, chiudendo gli occhi e imprecando
mentalmente in tutte le lingue che conosceva.
“Avevo bisogno di sgranchirmi le gambe” –
s’inventò al momento, alzando lo sguardo sulla donna, un brillio deciso che la
sfidava a contraddirlo – “Quell’intruglio che mi ha propinato prima mi ha fatto
venire il formicolio ai piedi”
“Fili a letto, Signor Malfoy, prima che io
le faccia venire un altro formicolio, stavolta a quella zucca bionda che si ritrova…”
Il Serpeverde borbottò qualcosa di
incomprensibile per tutta risposta, trascinandosi stancamente verso il proprio
letto.
“Merlino, che muso lungo!” – commentò
distrattamente l’anziana strega, riponendo un pesante flacone sulla mensola - “Devo dedurre che non sarà stato
un’ottima compagnia, per la signorina Granger…”
Draco la fissò stranito – “Compagnia…certo,
come no…peccato che quella non sentirebbe nemmeno il verso stridulo di una
Mandragola in pieno travaso a dieci centimetri dal suo orecchio” – soffiò
annoiato, sgusciando tra le lenzuola di cotone
grezzo.
“Oh, non credo proprio” – asserì convinta
l’infermiera, intenta ad applicare alcune etichette scribacchiate sui suoi
preparati medicamentosi – “La signorina Granger ci sente
benissimo…”
Draco Malfoy spalancò gli occhi allibito –
“Come sarebbe a dire che ci sente?” – esplose, mentre il timore che il suo
monologo avesse avuto una spettatrice andava a ghiacciargli il sangue nelle vene
– “Ma l’ha vista? E’ più immobile lei delle statue che ci sono ai lati del
portone d’ingresso!”
“Ho detto che ci sente, non che può
muoversi” – precisò seccata la Chips – “Sono due cose nettamente diverse. Da ormai tre
giorni le sto dando estratto di Mandragola, entro domani sarà come
nuova”
Il martellare furioso del cuore nel suo
petto parve sovrastare le sue stesse parole – “M-ma…Non è possibile! V-voglio
dire…no, assolutamente no…n-non può essere!”
Deglutì nervosamente più e più volte, la
gola arsa dal tremendo dubbio che quell’incubo rispecchiasse la cruda
realtà.
“Direi proprio di si, invece. Il signor
Canon è tornato al suo dormitorio in perfetta forma, proprio stamattina” – lo
informò, senza sapere quale effetto devastante avessero sul biondo quelle
rivelazioni inaspettate– “Il fatto è che le capacità motorie e il battito
cardiaco sono le ultime a tornare in funzione. La medicina agisce ripristinando
inizialmente l’udito, l’olfatto e la capacità di percepire stimoli quali dolore,
caldo o freddo” – concluse la strega, agguantando una manciata di provette e
dirigendosi verso la porta – “Bene, metto a bollire queste soluzioni, dopodiché
torno a dormire. Qui mi sembra sia tutto sotto controllo…a patto che lei resti
sdraiato, Signor Malfoy, o sarò costretta a prolungare la sua permanenza in
infermeria”
Troppo scosso da quanto appena appreso,
Draco non rispose nemmeno, registrando vagamente il suono della porta che veniva
richiusa.
Tutto quello non poteva essere reale.
No.
Un incubo.
Si trattava di un fottutissimo incubo
venuto a tormentare il suo sonno notturno.
Non sollevò lo sguardo sulla ragazza,
timoroso di vedere un lampo fugace attraversare quelle iridi
ambrate.
Solo un incubo, tornò a ripetersi mentre si
accucciava inquieto sotto le coperte, calcando la faccia contro il guanciale e
serrando con forza gli occhi.
Lui detestava la Mezzosangue e lei non
aveva sentito proprio nulla.
Decisamente.
Sarebbero andati avanti a scambiarsi
insulti su insulti di lì all’eternità.
Come se niente
fosse.
Perché di sicuro niente era
successo.
Solo un
incubo.
Rimase in ascolto del proprio cuore,
un martellare accelerato che solo
dopo un paio d’ore tornò alla normalità, accompagnandolo col suo ritmo cadenzato
tra le braccia di Morfeo.
Il maltempo imperversò su Hogwarts per
un’intera settimana. Quando, l’ottavo giorno, un pallido sole distese i suoi
raggi incerti sulle alture del castello, anche una faccenda pericolosamente
seria come la Camera dei Segreti sembrò illuminarsi di una nota
speranzosa.
Tre Grifondoro percorrevano velocemente il
corridoio che portava all’aula di Trasfigurazione, la ragazza in mezzo che si
lamentava per il ritardo cronico dei suoi due migliori
amici.
“Guarda, guarda…chi si vede…il Trio dei
Miracoli” – li apostrofò una voce strascicante, mentre un biondino dalla casacca
verde-argento sbucava inaspettatamente da un angolo in
penombra.
“Non ora, Malferret, siamo di fretta” –
tagliò corto Harry Potter, senza degnarlo di uno sguardo. Ron scoccò un’occhiata
sprezzante al Serpeverde, prima di affiancare l’amico che aveva accelerato il
passo.
Il rumore di un pesante tomo che cozzava
contro il pavimento, attirò l’attenzione dei
presenti.
I due grifoni si voltarono, osservando
perplessi la giovane strega che, ferma a pochi metri da loro, aveva abbassato lo
sguardo sul libro sfuggitole di mano. Alcuni fogli racchiusi poco prima tra
quelle pagine fittamente scritte erano sparpagliati
tutt’intorno.
“Su, Herm, muoviti” – la richiamò il rosso,
facendole segno con le mani di raccoglierlo alla svelta – “O quella megera ci
metterà tutti in punizione!”
“Voi andate avanti e spiegatele cos’è
successo. Io arrivo subito” – replicò Hermione, chinandosi sulle ginocchia e
cominciando a recuperare ad uno ad uno i suoi preziosissimi
appunti.
Ron e Harry si scambiarono un’occhiata, poi
con un’alzata di spalle si voltarono e ripresero a camminare, scomparendo dietro
l’angolo.
“Succede, quando si ha nelle vene sangue
annacquato come il tuo…” – frecciò acido il Serpeverde, rimasto in disparte fino
a quel momento.
“Divertente, Malfoy” – ribatté tranquilla
la ragazza.-“Piuttosto, perché invece di blaterare non mi dai una
mano?”
“Hai voglia di scherzare, spero”- insorse
altezzoso, sfoderando il suo solito ghigno - “Richiama quei due idioti, se proprio
non sai mettere un piede davanti all’altro…”
“L’ho chiesto a te, non a loro” – fu la
sorprendente risposta della Grifondoro, sul cui volto due iridi ambrate
rilucevano caparbie.
“Granger, hai per caso preso un colpo in
testa?” – soffiò sarcastico Draco, non riuscendo tuttavia a nascondere appieno
un moto di sorpresa – “Non credo proprio che tu voglia veramente il mio aiuto,
Mezzosangue…”
“Può darsi…” – replicò lei con calma – “E
tu? Tu cos’è che vuoi veramente, Draco Malfoy?”
La bocca spalancata e gli occhi grigi
completamente sbarrati, il biondo non riuscì ad emettere alcun
suono.
Rimase a fissarla,
ammutolito.
Sconcertato,
allibito…
Pietrificato.
E nel silenzio che saturava l’aria,
frapponendosi ad un inaspettato e curioso gioco di sguardi, una sottile speranza
mise radici nell’arido cuore del Principe di
Serpeverde.
Piccola,
impalpabile.
Ma che un giorno, forse, sarebbe
germogliata.
“Draco, smettila! Starei cercando di
studiare, qualora non l’avessi notato. Mancano meno di due settimane ai
M.A.G.O.” – sbuffò la graziosa strega dai magnetici occhi dorati, sottraendo
spazientita un morbido boccolo dalla presa carezzevole del suo
ragazzo.
“Non sto facendo niente” – si difese il
biondo, riappropriandosi della ciocca serica e
profumata.
“Certo, come no” – ribatté lei,
fulminandolo con un’occhiata – “Merlino, quando fai così sei proprio
antipatico!”
Nonostante lo sguardo volutamente severo,
un piccolo sorriso traditore le incurvò la bocca.
“Antipatico? Una volta, forse” – concesse
il biondo, divertito.
“Oh, quello senza dubbio. Eri il Principe, degli antipatici. Chissà, alla
lunga forse saresti davvero arrivato a farmi perdere la pazienza. E a quel punto
un bel pugno sul naso non te l’avrebbe levato
nessuno…”
“Un pugno? Da te? Mezzosangue, non dire
sciocchezze…” – le sussurrò roco su una guancia, prima di scendere a catturarle
le labbra in un bacio.
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