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Autore: MaCk_a    29/11/2012    13 recensioni
Rammento ancora l’orrore nei tuoi occhi alla vista della mandria impazzita e l’eccitazione che crebbe in me quando ti gettasti tra gli animali furiosi. Osservai con occhi estasiati il tuo corpo venir calpestato e poi rialzarsi, tornare a cadere e alzarsi ancora – maledizione! – fino a quando non afferrasti tuo figlio; ti vidi arrampicare - solo, non sapevo dove tu avessi nascosto il marmocchio - su una parete rocciosa, corsi, dannazione, non potevo lasciarti distruggere così tutto il mio lavoro…raggiunsi il punto in cui avresti potuto trovare la salvezza, mi guardai intorno, nervoso: non c’era nessuno, per fortuna. Eccoti arrivare, stremato, dannazione, quanta voglia di vivere…qualsiasi altro essere non avrebbe avuto la forza per resistere tanto…mi chiamasti ‘fratello’. Fratello?
Genere: Drammatico, Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ho fatto ciò che era giusto. Per me, s’intende. La tua luce mi aveva sempre maledettamente offuscato…tu, tu eri li saggio, il forte, il responsabile primogenito, il futuro re…io…io, non ero nessuno…ero il numero due, quello che mai avrebbe combinato niente nella vita, la ruota di scorta, la pecora nera…anche i nostri genitori erano abbagliati da te, dal tuo carisma…sul tuo volto splendeva non solo la fierezza che sempre aveva caratterizzato la famiglia, ma anche il coraggio di chi mai aveva provato paure e insicurezze; sul mio viso…sul mio viso, invece, nulla di notevole oltre a una cicatrice, simbolo e incancellabile ricordo delle mie scelleratezze, della mia imprudenza e della mia debolezza. Già, io ero un debole. Ero. Ma ora le cose sono cambiate, finalmente. Scommetto che non mi avresti mai ritenuto tanto risoluto e deciso…che dire, forse qualche volta sbagliavi anche tu. Ti ho odiato sempre, sempre, sempre. Se non ci fossi stato tu come secondo termine di paragone, mi avrebbero guardato con occhi diversi. Tutti. Ma no, no…tu eri lì, il cavaliere senza macchia e senza paura, onnipresente, onnisciente, convinto di potermi fare da coscienza o, peggio, da guida! Idiota…avrei preferito morire, piuttosto che imitare te. Sembravi buono e benevolo con tutti. Non con me, però. No, tu mi odiavi almeno quanto io odiavo te.  Se fosse stato altrimenti, non avresti messo al mondo un altro essere in grado di allontanarmi dal trono.

Ti credevi furbo, accorto e intelligente, vero? Povero diavolo. Tanto tempo a cercar di capire come difendere le terre dai nemici, senza mai accorgerti CHI rappresentasse davvero un pericolo per te. Ti avrei ucciso con le mie mani, se solo ne avessi avuto la forza, ma non era possibile. La materia grigia, però, non mi è mai mancata e passai anni e anni a organizzare l’omicidio perfetto; purtroppo, ogni volta che mi sembrava di aver elaborato un piano geniale veniva fuori qualche pecca e mi toccava ricominciare tutto da capo…tra l’altro, bisognava eliminare due persone senza lasciar cadere alcun sospetto su di me e non era così facile…devo ammettere che ad aiutarmi fu l’insopportabile moccioso: la sua curiosità, il fatto che si cacciasse sempre nei guai, mi offrì grandi spunti e occasioni. Sapevo che avresti fatto di tutto per salvarlo, perché ricordavo che in passato avevi sempre fatto i salti mortali per aiutare me, quando ero in difficoltà; ora però agivi per affetto…con me, invece, lo facevi solo per esibizionismo, per mostrarmi la tua superiorità. 

Ricordo con piacere il momento in cui ti venni a chiamare, annunciandoti – a tua insaputa – la vostra morte. Tu sarai stato un ottimo figlio e padre; io in quell’occasione fui un meraviglioso attore. Rammento ancora l’orrore nei tuoi occhi alla vista della mandria impazzita e l’eccitazione che crebbe in me quando ti gettasti tra gli animali furiosi. Osservai con occhi estasiati il tuo corpo venir calpestato e poi rialzarsi, tornare a cadere e alzarsi ancora – maledizione! – fino a quando non afferrasti tuo figlio; ti vidi arrampicare - solo, non sapevo dove tu avessi nascosto il marmocchio - su una parete rocciosa, corsi, dannazione, non potevo lasciarti distruggere così tutto il mio lavoro…raggiunsi il punto in cui avresti potuto trovare la salvezza, mi guardai intorno, nervoso: non c’era nessuno, per fortuna. Eccoti arrivare, stremato, dannazione, quanta voglia di vivere…qualsiasi altro essere non avrebbe avuto la forza per resistere tanto…mi chiamasti ‘fratello’. Fratello? Ancora mi chiedo cosa voglia dire quella parola. Mi chiedesti aiuto, tendesti la mano…che prontamente afferrai. Provai un’indescrivibile estasi nello specchiare i miei occhi iniettati di odio, furore e gioia – gioia, si, perché avevo la situazione sotto controllo, finalmente – nei tuoi così impauriti e disperati: non ti avevo mai visto provare sensazioni tanto ‘basse’, tanto ‘umane’. Nel pronunciare l’ultima frase che ti rivolsi, provai una goduria così intensa…e fu la tua espressione spaesata e atterrita l’ultima cosa che osservai, ebbro di folle soddisfazione, prima di rigettarti giù, tra gli animali inferociti. Mi stesi, supino. Risi, risi come un pazzo. Libero. Ero libero, ora. Tuo figlio era vivo, si, ma ancora per poco; non mi ci volle molto a trovare un modo per allontanarlo…così, non solo lo uccisi, ma feci anche in modo che si sentisse colpevole, lui! Lui, che era la vittima, non certo il carnefice! Lui, che si era stretto a me -a me, all'assassino - in cerca di consolazione!

Con la tua morte, iniziai a vivere. Ti avevo creduto irraggiungibile ma mi ero sbagliato perché ora ero io il re!  Si, ero re, finalmente! Rispettato, osannato…la mia magnificenza fu giustamente riconosciuta da tutti. Quanto tempo avevo aspettato… Sono passati dieci anni ormai da quando salii al trono e ancora l’estasi mi invade. Da allora, non ho più udito il tuo nome né rivisto, neanche in sogno, il tuo odiato volto. Pensa, ho quasi dimenticato persino la tua voce. Il tuo fantasma avrà forse provato ad apparirmi o a contattarmi perché, meschino com’eri, avresti di certo voluto far nascere in me un qualche senso di colpa, ma figuriamoci…io non ho colpe. Solo meriti. TU hai sbagliato, mi hai voltato le spalle, TU, tu stesso hai voluto la tua morte. Io…io ho fatto ciò che era giusto.

Giuro che il momento del tuo trapasso è stato il più bello della mia vita. Se mi avessero detto ‘attento, uccidendo lui, morirai di conseguenza anche tu’, l’avrei fatto comunque: perché privarmi di tanta gioia, di quella meravigliosa sensazione d’onnipotenza che m’invase quando ti uccisi? Mi sentii un dio…e tu? Tu eri solo un povero mortale. Rifarei tutto altre mille volte, ‘fratello’. Mi piacerebbe dire che il tuo ricordo non mi tocca più, ma…sarebbe inesatto. Sarebbe inesatto perché, comunque, continuo a odiarti. Anche se non ci sei più. Ti ho odiato con tutto me stesso, con tutta la forza che avevo in corpo…e ti odierò sempre, Mufasa.

  
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