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Autore: morgan_le_faye    29/11/2012    1 recensioni
Dal prologo:
La strega non sapeva trovare una spiegazione logica, ma aveva la sensazione che quel sorriso le fosse familiare, come gli occhi. Azzurri, di un colore che rassomigliava a quello del ghiaccio. Ipnotici e splendidi. Terribilmente tristi. I capelli erano neri, ricci, dovevano essere stati acconciati un tempo, ma in quel momento apparivano semi sciolti e ricadenti tutti sulla spalla sinistra. Erano molto lunghi e arrivavano sino alla camiciola da notte. Una lunga veste candida, dalle rifiniture di pizzo e merletti, avvolgeva il suo corpo minuto ed esile. Però ciò che colpì la strega fu il rosso che rifulgeva sulla sua pelle candida.
Genere: Introspettivo, Romantico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Altri, Damon Salvatore, Elijah, Nuovo personaggio, Stefan Salvatore | Coppie: Damon/Elena
Note: Lemon, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Prologue

La luna piena, maestosa e colma di luce, splendeva nel cielo notturno coronato da un milione di stelle, piccole sfere grandi quanto puntini, lontane mille anni luce dal loro mondo. Non v’erano nubi a oscurare la pallida iridescenza del satellite, ma una brezza sibilante soffiava, smuovendo le fronde degli alberi secolari della loro foresta. Le conifere crescevano rigogliose e imponenti nella Virginia meridionale, aiutate dal clima e dal disinteresse degli uomini nel tagliarle, donando al paesaggio una sfumatura di antica nobiltà. Sembravano danzare seguendo una melodia arcana e sconosciuta. Nulla poteva turbare la loro quiete nemmeno quel lieve fragore che attraversò una zona periferica del bosco, in prossimità di un lago dalle acque calme e illuminate da splendidi brillanti sotto la luce lunare. Un nuovo suono accompagnava quello del vento novembrino. Era quello dei ciottoli sollevati da passi. Una giovane donna passeggiava sul suolo di terra e pietra del bosco limitrofo alla sua città natale. La sua carnagione mulatta risaltava contro il bianco del suo pigiama semplice, composto da una maglia con lo scollo a cuore e un paio di pantaloni lunghi, senza calzature. I suoi begli occhi verdi, dalle sfumature color delle castagne, vagavano tra i tronchi alla ricerca di qualcosa. O di qualcuno. Erano inquieti, quasi impauriti, ma la giovane perdurava ad avanzare verso il laghetto. Era quella la sua meta. Il richiamo era troppo potente per essere arginato. Quel lago, al centro della foresta, racchiudeva una storia che gli alberi le stavano sussurrando senza sosta con le loro voci leggere e soffuse. La giovane era in grado di percepirle senza sforzo essendo una servitrice della Natura più pura e più antica, che aveva le proprie radici negli albori del mondo. I rami scossi dal vento gelido, che la penetrava sin dentro le ossa e che le faceva circondare il busto con le braccia, raccontavano di una fanciulla. Di una fanciulla antica e casta come poche, di una fanciulla amata e dolce, di una fanciulla morta ingiustamente e prima del suo tempo. La giovane donna continuò ad avanzare tra le foglie secche e rossicce che si sbriciolavano al suo passaggio. Interruppe la sua lieve e guardinga andatura soltanto quando fu dinanzi allo specchio d’acqua circolare che si perdeva all’orizzonte. La brezza sollevava la superficie che sembrava essere vetrosa creando dei giochi di luce che incantavano lo spettatore. Lo sguardo della giovane strega si fermò sulla fanciulla seduta sulla riva limitrofa, accanto a un ramo d’albero oramai secco, che dava le spalle allo spettacolo brillante. La fanciulla la stava osservando con un impercettibile sorriso sulle labbra esangui. La strega non sapeva trovare una spiegazione logica, ma aveva la sensazione che quel sorriso le fosse familiare, come gli occhi. Azzurri, di un colore che rassomigliava a quello del ghiaccio. Ipnotici e splendidi. Terribilmente tristi. I capelli erano neri, ricci, dovevano essere stati acconciati un tempo, ma in quel momento apparivano semisciolti e ricadenti tutti sulla spalla sinistra. Erano molto lunghi e arrivavano sino alla camiciola da notte. Una lunga veste candida, dalle rifiniture di pizzo e merletti, avvolgeva il suo corpo minuto ed esile. Però ciò che colpì la strega fu il rosso che rifulgeva sulla sua pelle candida. La parte destra del collo era macchiata dal sangue che era sceso sino alla veste imbrattando anche il corpetto. Sulla gola, in prossimità della vena principale, spiccavano due fori rosso sangue.

« Chi sei?» domandò ansiosa la giovane strega. Non era intimorita da lei, no. Sembrava così docile da non costituire affatto una minaccia per nessuno, nemmeno per l’essere più indifeso del pianeta. Era spaventata dal sangue oramai rappreso e dall’espressione di totale calma presente sul viso ovale e perlaceo della fanciulla. Sembrava essere una nobildonna di altri tempi, una donna di alto lignaggio, gentile e onesta.

« Riportami in vita, Bonnie,» mormorò con calma, rivelando una voce dolce e melodiosa, ma lieve e riservata. Quella frase, quella richiesta era intrisa di tanta mestizia da stringerle il cuore in una morsa malevola. Non sapeva cosa significasse, non riusciva a capirlo, ma sapeva che avrebbe acconsentito a qualsiasi richiesta partita da quella fanciulla. Poiché il suo cuore era puro.

« Chi sei?» ripeté la strega indietreggiando di un solo passo, gli occhi spalancati e il respiro che diveniva più corto e irregolare. Aveva paura, sul serio. La fanciulla stava cambiando. La pelle, prima lucente e vellutata, stava diventando grigia e raggrinzita come quella di un cadavere. Le ossa cominciarono a sporgere per tutto il corpo e il viso divenne una maschera orribile e distorta. I capelli divennero stopposi, gli occhi spenti, le labbra piegate in una smorfia sofferente,  « Come conosci il mio nome?» continuò per calmarsi. Il cuore aveva incrementato il ritmo dei suoi battiti all’infinito e sbatteva le palpebre a intervalli irregolari, sempre più velocemente. Avrebbe voluto correre via di lì, da quel lago maledetto le cui acque si stavano sollevando sempre di più. Il vento era divenuto più pungente, il gelo la attraversava facendola tremare con violenza, le fronde non sussurravano più. Urlavano. La pelle della fanciulla cominciò a scomparire, a polverizzarsi sino a divenire cenere sulla riva. Le ossa si frantumarono con suoni grevi che le fecero inorridire. Ciò che rimase di lei fu solo la veste candida e macchiata di sangue. Prima che scomparisse del tutto un sussurro, un’invocazione, una preghiera si spanse nell’aria della notte.

« Aiutami.»

  
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