Seconda storia che ho deciso di
ripostare,
anche questa è un OS ed è stata scritta tanto
tempo fa, penso che le cose nello
scorrere del manga siano andato differentemente, ma ammetto che ci sono
affezionata, quindi non voletemene se dovesse essere un tantino fuori
strada
sui reali avvenimenti del manga.
-Yuko-
Dimenticato
La notte era scesa.
Una brezza potente soffiava sul villaggio.
In cielo la volta celeste era illuminata da
milioni di stelle.
Di soppiatto, nascosta fra le ombre, una figura
si aggirava per i vicoli scuri.
Un giovane, dai capelli neri come la notte
che attraversava e le iridi scure tanto in contrasto con la pelle
chiara,
diafana, tanto che lo facevano somigliare ad una bambola di porcellana.
Sasuke
Uchiha era nuovamente a Konoha, dopo la sua fuga e il successivo
tradimento.
Per dieci anni era stato lontano.
Dieci lunghi anni in cui era fuggito, in cui
aveva tradito ed era stato rincorso.
Dieci anni, ma finalmente era tornato a casa,
in quel villaggio che gli aveva dato i natali.
Quella notte, guardingo, girava per i vicoli
bui, evitando le strade più affollate, quelle dove ancora
avrebbe potuto
incontrare qualcuno.
Era tornato a Konoha, ma per tutto il
villaggio era ancora un nukenin, un ricercato, un vile assassino.
Era tornato incurante di cosa potessero
pensare gli abitanti del villaggio: i vecchi del consiglio e quelli che
una
volta erano stati suoi amici. Tempo addietro aveva preso una decisione,
aveva
seguito la sua strada ed ora, finito il suo percorso, era pronto ad
incontrare
l’unica persona che, per tutto quel tempo, gli aveva fatto
ricordare di
possedere un cuore.
Sono
tornato al mio villaggio.
Quanti
anni sono passati dal giorno in cui sono scappato, quando sono divenuto
a tutti
gli effetti un traditore?
Nove,
forse dieci.
In
tutto questo tempo, poco e niente è cambiato.
Dieci
anni fa sono scappato per inseguire il potere e la vendetta.
Sono
scappato perché nutrivo un odio profondo verso mio fratello,
colui che ritenevo
responsabile della mia solitudine.
Lo odiavo.
Odiavo
colui che aveva sterminato l’intero clan, distrutto tutto il
mio mondo.
Un
mondo che mi è crollato addosso per due volte nel momento in
cui Madara mi ha
raccontato la verità.
Mentre
assorbivo le parole di quell’uomo, l’odio e la
vendetta che credevo si fossero
sopiti con la morte d’Itachi, si sono risvegliati verso
questo villaggio, verso
i suoi abitanti e i vecchi del consiglio.
Volevo
raderlo al suolo, ucciderli tutti. Poi ho scoperto che anche quello che
mi
aveva rivelato quell’uomo erano solo menzogne.
Menzogne
che mi ha raccontato per portare a termine i suoi scopi di vendetta.
A
volte penso di essere stato uno stupido, possibile che sia stato
così ingenuo
da farmi manovrare dalle persone che mi circondavano?
Quando
ripenso a questo la rabbia prende il sopravvento fino a quando non
torno in me,
e mi rendo conto che ogni decisione, ogni mia scelta sono state dettate
dall’odio che covavo dentro.
Ma
sono un Uchiha, e per principio non lo avrei mai ammesso davanti a
nessuno; il
mio orgoglio è troppo forte, per poter ammettere di aver
sbagliato.
Solo
ora mi rendo conto di quanto fosse vero ciò che mi dissero
il maestro Kakashi,
Sakura e perfino il dobe; avevano ragione, la vendetta non porta a
niente, fa
aumentare solo le sofferenze.
Naruto!
La mia
mente vola a lui.
Al
dobe, il mio dobe.
Mi
ha inseguito per anni, voleva a tutti i costi riportarmi a casa.
Forse
avrei dovuto dirglielo che, per tutto questo tempo, lui è
stata la mia ancora
di salvezza, il pensiero che ci fosse qualcuno che tenesse
così tanto a me, mi
dava la forza di andare avanti.
A
dodici anni non mi rendevo conto di cosa fosse il sentimento che
provavo, ma
con il passare degli anni ho capito.
Mi
ero innamorato di Naruto.
Ora
sono di nuovo qui, prima d’incontrare l’Hokage e di
affrontare il mio destino
voglio vederlo nuovamente.
Parlare
con lui, confessargli i miei sentimenti.
So
che è egoista da parte mia, soprattutto con il rischio che
venga giustiziato,
ma per una volta nella mia vita voglio essere sincero, con me e con la
persona
che amo da sempre.
La notte si faceva sempre più scura.
Il vento aveva smesso di soffiare, ma aveva
portato con sé minacciose nubi scure.
L’aria cominciava ad essere elettrica,
per le
strade si avvertiva una sensazione di angoscia. Sembrava che il tempo
si fosse
fermato all’improvviso nell’attesa che finalmente
la tempesta scoppiasse e si
abbattesse impietosa per le vie della città.
Un’ombra, incurante di tutto, furtiva, si aggirava
ugualmente per le vie silenziose; nascondendosi al buio si dirigeva
verso un
piccolo monolocale fiocamente illuminato.
***
Il suo era sempre stato un piccolo
appartamento, niente di che, ma alla fine si rendeva conto che in quel
luogo
c’erano tutti i suoi ricordi.
Era lì che tornava la sera in lacrime
quando
da bambino i suoi coetanei e gli abitanti del villaggio lo avevano
ignorato e
maltrattato.
Era lì che aspettava che arrivasse il
giorno,
sperando che fosse migliore del precedente.
Era lì che gli avevano dato la notizia
che il
suo unico legame, il suo migliore amico era scappato, si era buttato
nelle
braccia di Orochimaru per inseguire il potere e la vendetta.
Per anni lo aveva inseguito.
Per anni lo aveva pregato di tornare
indietro.
Per anni non aveva voluto rinunciare, aveva
continuato a sperare in un ripensamento.
Ad ogni fallimento, tornare in
quell’appartamento vuoto lo deprimeva e, allo stesso tempo,
lo consolava.
Dopo ogni fallimento passava intere notti a
chiedersi perché ogni suo sforzo fosse vano.
Se il suo migliore amico stesse bene.
Poi, con il tempo, crescendo, la
consapevolezza era arrivata, si era reso conto che Sasuke non sarebbe
più
tornato.
Itachi era morto, e Madara lo aveva
ingannato, ma dell’ultimo degli Uchiha si erano perse le
tracce.
Per lunghi mesi aveva continuato a cercarlo
in lungo e largo, seguendo ogni minimo indizio, voce, anche le meno
affidabili.
Niente, di lui nessuna traccia.
Alla fine l’Hokage gli aveva ordinato di
rinunciare. Aveva
un sogno da inseguire
– aveva affermato imperioso – non poteva buttarlo
via per cercare qualcuno che
non voleva essere trovato.
Da parte sua lui aveva urlato, protestato,
dichiarato che se non fosse riuscito a riportare il teme indietro non
sarebbe
mai potuto divenire Hokage.
Ma alla fine era giunto il momento anche per
lui di arrendersi.
Per molto tempo aveva sperato che il teme
tornasse da solo.
Vane speranze.
Con il passare del tempo, però, si era
accorto di una presenza silenziosa che gli era sempre stata accanto.
Una presenza che lo aveva accompagnato in
ogni missione di ricerca, senza cercare di dissuaderlo o altro.
Sai, gli era stato sempre vicino.
Fino a quando l’affetto per il giovane
ambu
aveva sostituito quello per l’Uchiha.
Ora un giovane ventiduenne era seduto alla
finestra ad osservare il cielo che si era oscurato.
Occhi azzurri, che potevano essere scambiati
per un pezzo di un luminoso cielo d’estate, e i capelli
scompigliati, di un
biondo lucente.
Fili d’oro che gli ricadevano sulle
spalle,
la sua mente persa in pensieri lontani.
Ti
ho cercato tanto, Sasuke-kun, ovunque.
Quando
t’incontravo, poi, mi dicevi beffardo che non saresti mai
tornato a Konoha.
Per
quanto non sia nel mio carattere, mi sono dovuto arrendere
anch’io
all’evidenza.
Ora
ho trovato qualcuno che mi ama, che mi apprezza, eppure in queste
notti, quando
sembra che stia per scoppiare una tempesta, notti ombrose, mi torni in
mente
tu.
Tu
che assomigli a notti del genere: sempre imbronciato, con lo sguardo
scuro.
Sai,
teme, penso di non averti mai visto sorridere, poi te ne sei andato e
il
sorriso l’ho perso anche io; non quello del volto, ma quello
degli occhi.
Per
lungo tempo sono morto dentro.
In
notti come questa poi, mi torni in mente
e mi manchi, ma per fortuna adesso non sono più
solo.
A
fianco a me c’è qualcuno che è riuscito
a farmi sorridere nuovamente.
Accanto
a me c’è qualcuno che ha fatto tornare sereno il
mio animo.
Il ragazzo biondo aveva sussurrato quelle
parole al vento, non sapeva neanche lui se voleva che raggiungessero il
destinatario a cui quei pensieri erano rivolti.
Immerso in quel sogno ad occhi aperti non si
accorse dell’abbraccio gentile in cui un giovane di poco
più grande lo aveva
avvolto.
Un bacio, e poi un sorriso.
«Sai dove mi stai portando?»
«Sei giù di morale, hai
bisogno di coccole.»
rispose con un tono malizioso il moretto.
«Sei sempre il solito maniaco.»
ribatté
divertito il biondo.
«Su, Nacchan, non lamentarti. Ti piaccio
apposta perché sono maniaco.»
Un lieve rossore comparve sul volto di quell’angelo biondo, seguito subito da un luminoso sorriso.
***
Quella scena, quei tocchi, quei sorrisi erano
stati seguiti da due occhi scuri, due pozzi neri che si tinsero di
rosso non
appena videro quello sconosciuto toccare qualcosa che era solo suo.
La rabbia cresceva nel cuore di Sasuke, la
rabbia e la disperazione, quando si rese conto che il suo dobe non era
più suo.
Il luminoso sorriso di Naruto ora era rivolto
a qualcun altro.
Qualcuno che non era lui.
Le risate del biondo che provenivano
dall’appartamento erano come mille pugnali che trafiggevano
il suo cuore.
Aveva sperato di essere ancora in tempo, ma
in fondo doveva immaginarlo.
Aveva tentato di ucciderlo, lo aveva deriso
ed infine abbandonato; cosa si aspettava, che il suo dobe lo aspettasse
in
eterno?
Un altro sguardo a quell’appartamento, al
sorriso di Naruto.
Inconsapevole, una lacrima birichina
scivolò
dai suoi occhi neri, per poi infrangersi a terra.
Nello stesso momento infuriò la tempesta.
Sotto la pioggia, che non accennava a
diminuire, ripercorse la strada a ritroso, per avviarsi fuori dal
villaggio.
Il cuore in frantumi, ogni sua speranza
svanita.
Aveva scelto la vendetta, aveva rotto ogni
legame, ora veniva punito.
Il suo futuro sarebbe stato la solitudine.
Una vita solitaria e una morte miserabile.
Senza nessuno vicino, neanche una persona che
versasse una lacrima per lui.
Dimenticato, perché coloro che aveva
rifiutato erano andati avanti, erano cresciuti affrontando la vita.
Lui invece era rimasto attaccato al passato.
Quella notte Sasuke Uchiha si rese conto di
essere riuscito a rompere ogni legame.
Allora, perché quella consapevolezza
faceva
così male?
«Sai,
dobe, mi dispiace tanto, sarei dovuto tornare molto tempo prima.
O
forse non me ne sarei mai dovuto andare.»
Parole sussurrate alla pioggia.