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Autore: Someone    17/06/2007    8 recensioni
Sai, ho sempre pensato che noi homunculus avessimo in effetti molte più potenzialità di quante siamo a conoscenza. Pensaci. L'immortalità non è cosa da poco, e possiamo plasmare il nostro corpo fino a farne un'arma. Io e te ne siamo forse gli esempi più plateali. Perciò ora penso, chissà se siamo anche in grado di comunicare telepaticamente? Non so, non ci ho mai provato. Non ti sento rispondere, quindi forse questi pensieri nasceranno e moriranno nella mia testa. Oppure è una comunicazione a senso unico. Chissà se mi senti, Envy.

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Greed X Envy, Shonen-ai, Depressione al cubo.
Genere: Triste, Malinconico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Slash | Personaggi: Envy, Greed
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Have you Ever...?


Sai, ho sempre pensato che noi homunculus avessimo in effetti molte più potenzialità di quante siamo a conoscenza. Pensaci. L'immortalità non è cosa da poco, e possiamo plasmare il nostro corpo fino a farne un'arma. Io e te ne siamo forse gli esempi più plateali. Perciò ora penso, chissà se siamo anche in grado di comunicare telepaticamente? Non so, non ci ho mai provato. Non ti sento rispondere, quindi forse questi pensieri nasceranno e moriranno nella mia testa. Oppure è una comunicazione a senso unico. Chissà se mi senti, Envy.
Volevo dirti una cosa. Più di una a dire il vero. Molte, se proprio devo essere completamente sincero. Ma la prima è questa. Ti prometto, anzi, ti giuro, che se uscirò vivo da qui, finirà tutto. Non ascolterò le tue lamentele, i tuoi insulti. Ti porterò con me, via da qui, lontano da alchimisti, militari, pietra filosofale.
Sono stanco, Envy. Stanco di lottare, stanco di impuntarmi per avere qualcosa che non otterrò mai.
Stanco della recita pietosa che dobbiamo inscenare ogni volta che ci incrociamo. Stanco di dover vedere quel ghigno malevolo sul tuo viso, mentre mi parli con aria arrogante, e l'unica cosa che vorrei fare è baciarti, e invece devo fare "il nemico", devo cercare di colpirti, fingere di non raggiungerti coi miei colpi, quando so benissimo che tremi come un cagnolino se soltanto alzo la voce o minaccio di allontanarmi. Allontanarmi da te.
Sai, Envy, non credo che sarò in grado di uscirne. E' per questo che odio fare promesse. Non perchè non voglia mantenerle. E' l'incognita del poterle o non poterle mantenere che mi irrita.
Non mi è rimasta neanche una pietra rossa. Tua madre ha cambiato di nuovo corpo, ha preso quella ragazzina mora. Me ne sono accorto troppo tardi. Avevo già i piedi sul cerchio. Basta un graffio, e il piccoletto è sveglio, lo sappiamo entrambi. Combatte bene. E' forte. Ho così tanti anni più di lui, eppure mi tiene testa. Mi sento debole. Ho freddo.

Hai mai provato il freddo, Envy?

Sai, credo di essere umano, ora come ora. Magari un po' fuori dal comune, ma ora sono mortale. Come tutti quegli umani di cui abbiamo riso, forse crudelmente, prendendoci gioco di loro, dei loro sentimentalismi, delle loro passioni vere o presunte, che bruciavano così velocemente le loro già brevi vite. E ne ridevamo, con battute sarcastiche, anche, proprio noi, sfiniti da quell'amplesso dolce e allo stesso tempo doloroso, sdraiati nelle coperte attorcigliate del letto che dividiamo ogni volta che è possibile, dove consumiamo il nostro segreto. Vista da fuori doveva essere una scena piuttosto patetica.
E' una fortuna che questa telepatia sia a senso unico, altrimenti mi staresti già insultando. E invece posso ancora parlare. Ci sono sempre tante, tante cose che vorrei dirti, ma sai come va sempre a finire. Quante volte mi hai giurato fedeltà, e io a te, in tutti questi anni? Dopo quanti minuti ce ne dimenticavamo, e daccapo litigavamo, minacciavamo, ci distruggevamo...? Quante volte mi hai ucciso, Envy? E quante volte ho ucciso te?
Lo so, sai? Lo so che quando me ne vado, urlandoti contro il mio astio, e mi rifugio al Devil's Nest, lo so che tu resti lì ogni volta, e abbracci la mia giacca. La lascio apposta, l'avevi capito?
Sono distratto. Non riesco a muovermi come vorrei. Mi sento debole, e sto incassando sempre più colpi. In qualche modo spero che riesca a capire il mio punto debole, questo ragazzino. Sempre che esista. Mi sento umano, Envy. Che fai, ridi? Oppure urli? Mi piacerebbe saperlo. Ho la morte a un passo. E voglio anche quella. Forse è l'unico posto dove potrò scappare. Anche se non potrò portarti con me.
Lo so che odi che io ne parli. Tu non sopporti il discorso di un' ipotetica morte, quando riguarda me, te, o quelli come noi. Tu sei convinto che siamo dei, Envy. Vero? No, Envy. Noi siamo errori. Errori degli umani che disprezziamo tanto.
Io te lo giuro. Se riuscirò a sopravvivere ti porterò via di qui. Via da tutti, via dal mondo, via da Dante, da Edward Elric, dalla pietra filosofale, dai militari. Via.
E' un discorso senza senso, vero? Salto di palo in frasca. Ma è difficile parlarti, mentre il piccoletto mi colpisce. Li sento, i suoi colpi. Uno per uno. Li subisco. E lui non lo capisce. Non ci crede nemmeno lui, di potermi uccidere. E infatti non si trattiene, non ha paura di spezzare la vita di un essere artificiale. Anche lui, come te, non crede alla nostra morte.

Hai mai provato la paura di morire, Envy?

Sai cosa, Envy? Non è colpa tua, no. Lo so, ci siamo lasciati in maniera brusca. Ho ancora le tue urla che mi rimbombano nelle orecchie. La tua voce, più che altro. Le parole non le ricordo. Saranno state sempre le stesse. Insulti, urla, recriminazioni... non m'importa. Ormai ho imparato a leggere dietro ogni tuo insulto, dietro ogni tua parola. Anche tu, vero? L'hai capito, cosa c'era dietro quel "ti odio" smozzicato, l'ultima frase che hai sentito dalla mia voce...? Si, l'hai capito. Lo so. Te l'ho detto mille volte.
Sono distratto dal tuo pensiero, ma non è colpa tua. Ero distratto quando tua madre mi ha fatto sputare le pietre rosse, ed ero distratto da te. Ma non è colpa tua. Non riesco a darti una colpa. Mi sembrerebbe di incolpare me stesso. E nell'autocritica non sono mai stato bravo.
Mi distrae il lampo di furore e di cupidigia dei tuoi occhi felini, mi distrae il ricordo del tuo corpo, del sapore della tua pelle, delle tue labbra, del tuo sorrisetto bastardo, che sa diventare languido fino a farmi dimenticare per che cosa ti sto urlando contro, il modo in cui inarchi la schiena, quei tuoi capelli incredibili e assurdi, quando sono sparsi sul cuscino, o quando mi solleticano la pelle, le tue mani, fini come quelle di una donna, forti come quelle di un uomo, e abili come quelle della miglior puttana, mi distrae la tua voce, le tue urla, le tue parole, le tue lusinghe, i tuoi gemiti. Tu mi distrai.
E non riesco a pensare, non riesco a vedere le mosse del mio avversario, non riesco a schivare, non riesco neanche a volergli fare davvero del male. Ho solo un modo per tornare da te, Envy. Ucciderlo. E ho ucciso tante, tante persone. Una in più, l'ultima, che differenza fa?
Non so. Non... non ci riesco. Non voglio. E' troppo, troppo simile a me. Anzi, cancella. Sono IO, troppo simile a lui, ora.

Hai mai provato il rimorso, Envy?

Sta usando l'alchimia, ora. Ecco, immagino di essere spacciato. Chissà se esiste l'inferno, per noi. Il paradiso lo ecludo, le mie mani sono ormai rosse di troppo sangue. Come le tue. E' lecito per creature come noi provare affetto, dolore, amore? O siamo fatti solo per l'odio? Noi non abbiamo un'anima. Ne abbiamo un pezzetto, un frammento. Siamo la parte più marcia dell'umano che eravamo. Non siamo lui, siamo un rimasuglio della sua coscienza, messa a forza dentro un corpo che rinnega Dio. Dove andiamo, noi, dopo la morte? Te lo ricordi, il portale, Envy? Non te ne ho mai parlato. Io lo ricordo. Ricordo le urla, e quei tentacoli neri, quelle facce da bambino, tutte simili. Mi ricordo quando si è aperto, quando ne sono uscito, quando ho potuto respirare, di nuovo e per la prima volta allo stesso tempo. Torneremo lì, forse. Ad aspettare che qualcuno compia di nuovo l'errore, il peccato di crearci ancora. Di incatenarci in un corpo disumano. Dio, ho freddo...

Hai mai provato la rassegnazione, Envy?

Mi ha colpito. C'è riuscito. Ha rotto la mia difesa, il mio scudo, ha rivelato la carne viva sotto il materiale indistruttibile. Ha capito come uccidermi. Non voglio che succeda prima di aver finito di parlare, perciò resisterò, un poco, un poco ancora. Anche se forse sono già morto. Non capisco più bene. Se ci sarà un inferno... ti aspetterò lì. Se saremo nel portale, ti cercherò. Riconoscerò i tuoi occhi. Sono miei, d'altronde. Tu sei mio. Lo sei sempre stato, anche se non lo ammetterai mai. Sei mio. Spero che il piccoletto ti uccida presto. Ridi pure, Envy. Ma mi manchi già. Ho un sapore amaro in bocca, e non è sangue, non è l'alcool, non è neanche il tuo sapore. E' un pensiero. E' il sapore di un pensiero, di una consapevolezza, di un sospetto che ormai è certezza.
Dio, Envy. Sto morendo.
Vedi perchè odio fare promesse? Non posso mai mantenerle. Non posso portarti via. Non posso salvarti, non posso neanche salvare me stesso. Posso solo aspettarti. Non farmi aspettare troppo, però. Sai che non ho pazienza.
E' triste. L'ultima cosa che ti ho detto prima di raggiungere Martel, Dolcetto e gli altri è stata "ti odio". Lo sai che non è vero, però. Vero? Era una bugia, l'ennesima. Ma sai anche questo, no?

Hai mai provato la nostalgia, Envy?

E' questione di minuti o di secondi. Affonderà la lama nella mia carne viva, colpirà il cuore, lo ferirà, lo fermerà. Morirò, Envy. Sono già morto. Ti aspetterò. Perchè senza di te non sono completo. Siamo imperfetti, incompleti. Tu sei ciò che mi completa. E lo capisco solo ora. Ora che non posso dirtelo. Spero davvero che queste parole di raggiungano, e non restino solo un pensiero nella mente. Se così non sarà, a costo di spalancare le porte dell'inferno e tornare su questa maledetta terra, a costo di uccidere ogni singolo essere che mi si parerà davanti, ti ritroverò, e te le dirò, una per una, tutte. La mia anima è un frammento, e la tua pure. Solo insieme saremo completi, Envy. A presto, Envy.

Hai mai provato l'amore, Envy?

  
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