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Autore: Subutai Khan    30/11/2012    1 recensioni
Piccola raccolta senza pretese su pensieri, parole, opere e omissioni di quindici ragazzini trovatisi invischiati in un gioco un pelino più grande e pesante di loro.
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Titolo: C'è di peggio nella vita che un difetto congenito al cuore.
Personaggi: Kunihiko Moji, Maki Ano.
Generi: angst, introspettivo.
Traccia: You can say there's two kinds of things men do to feel better: one is looking at someone who's feeling worse to make sure he's alright. The other is looking at something much bigger to see his problems are meaningless. I belong to the second kind. Whenever I find myself in hard times, I look at the sea to remember how meaningless I am, orfana. Scritta per la quinta sfida della Staffetta in Piscina della Piscina di Prompt.


Esco dall’ospedale, come tutti i giorni. Oggi Tsubasa non c’è, aveva un impegno improrogabile e non è proprio riuscita. Conoscendola passerà più tardi, non appena avrà un attimo libero.
Nagi è sempre depresso. Normale. Io non sarei felice se mi venissero a dire che ho il cuore difettoso e necessito di un trapianto per avere la minima speranza di sopravvivere. E pure in quel caso passerei il resto della mia esistenza a dover prendere medicinali ogni giorno per evitare rigetti e casini vari.
Moji, Nagi & Tsubasa. Ci chiamavano l’Invincibile Trio. Nessuno dei nostri amici pensava ci potessero mai separare.
Illusioni da ragazzini.
Siamo ancora legatissimi ognuno agli altri due, sia chiaro. Ma ci sono segni di cedimento. E sono dovuti a una semplice, persin banale causa: il fatto che Tsubasa è una ragazza.
Se fossimo stati tre maschi credo saremmo finiti, ultraquarantenni, ubriachi nella taverna vicino al posto di lavoro a cantare canzoni enka a squarciagola.
E invece Tsubasa è una ragazza. Maledetta sfortuna.
Né io, né Nagi ci siamo potuti impedire di sviluppare qualcosa di diverso nei suoi confronti. D’altronde quale tredicenne non si innamorerebbe di una signorina così carina, intelligente e spiritosa?
Poi scopriamo che Nagi è ammalato. Ulteriori colpi sul nostro rapporto.
Lui si è chiuso in se stesso, un po’ per evidenti motivi e un po’ perché si rende conto che così non potrà mai stare assieme a lei. Io, al contrario, mi sento colpevole nei suoi confronti perché probabilmente, se e quando gli accadrà qualcosa, avrò la strada spianata.
E Tsubasa in mezzo. Poveretta.
Lì fu il primo momento in cui mi accorsi di quanto sia facile deprimersi per delle bazzecole. Il mio miglior amico era in pericolo di vita e io mi preoccupavo di una possibile storia d’amore che, per carità, è bella e importante ma non vale una visita settimanale al cimitero.
Sospiro. Che brutta situazione.
Oh beh, il pullman per la scuola estiva sta per partire. Meglio sbrigarsi.


“Ma come Moji, non hai mai visto Gintama?” mi chiede Maki in pieno fervore da otaku. Sta seduta alla scrivania con un fumetto in mano, mentre io mi sono prudentemente posizionato sul letto a debita distanza. Koyemshi è stato inusualmente gentile e ha acconsentito a teleportarmi direttamente in camera sua.
Ho preso l’abitudine di visitare ognuno dei miei compagni piloti quando si scopriva di chi era il turno. Ho raccolto confessioni, lamentele e bizzarre richieste da tutti coloro che mi hanno preceduto e, ora che tocca a me, vorrei poter fare lo stesso con chi rimarrà. Solo che, per sua stessa natura, Maki è riuscita a far deragliare la discussione su degli anime che non ho mai sentito neanche nominare. Non sono proprio tipo da cartoni animati.
“A dire il vero no, scusa” rispondo con tono remissivo, come se davvero mi dovessi sentire toccato dalla cosa.
“Oh beh, fa nulla. Lo immaginavo. Non sei appassionato, vero?”.
“Proprio no”.
“Peccato. Penso che alcuni ti piacerebbero molto. In Gintama, una volta, veniva detta una frase molto profonda e significativa”.
“Quale?”.
“Un personaggio diceva che ci sono due cose che si possono fare per stare meglio quando sei a terra. Una è badare a chi sta peggio di te per assicurarsi che non gli succeda nulla. L’altra è pensare all’enormità del creato e capire che noi siamo granelli di pulviscolo al confronto. Ti capita mai di osservare il mare?”.
“Ogni tanto. Perché me lo chiedi?”.
“Questo personaggio sosteneva che osservare il mare è uno dei modi più semplici ma più efficaci per il secondo metodo. Lo trovava liberatorio, calmante”.
Mi fermo un attimo a riflettere su queste parole, che in effetti trovo belle ed energiche, e il mio pensiero corre autonomamente a Nagi. E subito dopo a Zearth.
È vero. È assolutamente vero. Io posso addirittura godere di entrambi i vantaggi, avendo un amico disagiato e il destino del mondo sulle mie spalle. Che reale valore può avere la mia vita di ragazzo occidentale -inteso come “abito in una casa di mattoni, ho una televisione, mangio tutti i giorni e non mi vesto con pelle di leopardo”-, sano e con una famiglia amorevole?
Da una parte vedo il mio più caro compagno di infanzia che giace in un letto dal quale non sa se si rialzerà mai; dall’altro vedo bambini innocenti che si rincorrono per strada urlacchiando, signore che fanno la spesa e coppie felici che esternano il loro volersi bene. Per quale motivo dovrei sentirmi triste sapendo che la mia morte servirà a tutti loro, per un motivo o per l’altro?
I pochi dubbi che avevo si dissolvono come la nebbia nella brughiera scozzese che lascia il posto all’alba.
“Sai Maki...” inizio, un po’ timoroso.
“Dimmi tutto”.
“C’è questo mio amico...”.
Le racconto tutto di Nagi e Tsubasa e del fatto che il mio cuore è perfettamente compatibile col suo.
“Beh” commenta alla fine, grattandosi il mento “se mi permetti avrei un suggerimento”.
“Prego”.
“Hai pensato alla possibilità di far trapiantare il tuo cuore nel tuo amico, una volta finita la battaglia?”.
Credo di essere sbiancato.
No, non ci avevo proprio pensato. E, ora che me la fa presente, è un’ipotesi... valida.
Tanto io sarò morto, a me il cuore non servirà più. Ma darebbe a Nagi e Tsubasa la possibilità di essere felici l’uno nelle braccia dell’altra, perché sospetto che lei si sia presa una sbandata per lui e non per me. E poi tanto, appunto, io non ci sarò. A quel punto è meglio che il mio regalo d’addio sia qualcosa di apprezzabile.
“Credo che farò proprio così. Grazie Maki, mi ha fatto piacere parlare con te”.
“Figurati. E poi, se devo essere onesta, ha aiutato anche me”.
“Per quale motivo?”.
“Così puoi trasmettermi un po’ di sicurezza per quando mi toccherà. Sono molto spaventata, anche se cerco di non darlo a vedere”.
Le sorrido. Mi sarebbe piaciuto conoscerti prima, credo saremmo andati molto d’accordo. E forse avrei risparmiato un po’ di problemi, a me e ai miei due amici, se mi fossi innamorato di te e non di lei.
Nagi, sarai felice.

 

   
 
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