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Autore: Amechan    05/07/2004    11 recensioni
Natale 1996. Remus Lupin vaga per Londra, in preda a sentimenti contrapposti. Fin quando non scopre che ciò che aveva sempre creduto diverso era in realtà estremamente simile...
Genere: Drammatico, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Remus Lupin, Severus Piton
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sonata al chiaro di luna

Disclaimer: i soliti


Camminava solitario, tra la neve. Il primo Natale da quando era successo era appena passato, e ora lui si ritrovava a vagare da solo, come al solito, pensando a cosa era successo. La neve cadeva violenta su Londra quella sera, e poco a poco se ne trovò quasi ricoperto; scosse le spalle per scuotersela di dosso, battè un po’ le palpebre. Respirare gli faceva male.
Ancora avanzò a passo svelto, non volendo fermarsi davanti a niente e nessuno; solo quando i piedi lo portarono in una via familiare si fermò.
Con le mani sprofondate nel lungo e consunto cappotto di lana grigia e ancora ricoperto di neve, Remus Lupin dimostrava molto più dei suoi 39 anni. Fissava quella che fino all’altro anno sembrava essere ritornata un luogo in cui si sentiva particolarmente felice ed accettato, un luogo in cui aveva ritrovato la gioia di vivere, in cui si era circondato degli affetti che per quasi 15 lunghi anni l’avevano abbandonato. Alzò il suo volto scarno su Grimmauld Place 12, il luogo invisibile e rimase lì fermo, indeciso se entrarvi o meno. Sui dondolò leggermente nell’attesa della risoluzione. Chissà cosa gli altri stavano facendo. Molly aveva già preparato la cena?C’era anche Arthur? In effetti, pensò con un filo di incoerenza, dovevano essere le nove passate. Se ne sarebbe dovuto andare. Pensò che magari sarebbe dovuto entrare; erano giorni che non si faceva vedere dai membri dell’Ordine. Erano giorni che era sprofondato nella sua solitudine, erano giorni che qualsiasi essere umano non lo vedeva. Magari Dumbledore mi darà per disperso, pensò, non preoccupandosene realmente; entrare ora in quella casa sarebbe significato mettersi l’animo in pace. Chiudere il cerchio. Essere pronto a perdonare il passato. A lasciarlo andare via. E non era pronto.
Remus era morto dopo la sua morte, per la seconda volta; e non sapeva dire se questa volta fosse stato meglio o peggio. Quando lo aveva perduto per la prima volta, una rabbia cieca l’aveva invaso. Non poteva essere andata così, pensava furioso. Non Sirius. E stentava a credere che il suo amico si fosse davvero macchiato della colpa che poi si era rivelata essere di Peter,. Ma questa volta…l’aveva visto lanciarsi nel furore della battaglia come non lo aveva visto mai; gli occhi iniettati di quella che sembrava essere una follia recondita, forse un male genetico di tutta la famiglia Black, forse un retaggio di Azkaban. Lo aveva visto intraprendere un duello contro sua cugina Bellatrix (E’ tua cugina, cazzo! aveva urlato nella sua mente ben sapendo che in realtà non contasse molto) , quella stessa cugina Serpeverde con la quale non aveva avuto il benché minimo rapporto neanche ai tempi di Hogwarts, se non per urlargli di essere una troia di tanto in tanto. E quell’altra cugina, che aveva ordito tutto, la sorella dai capelli del miele che gli era sembrata così diversa da Bellatrix. Per lei Sirius non aveva mai speso parole, tranne quando seppe del suo fidanzamento con Malfoy. Un male radicato, pensò ancora, mentre fissava non realmente vedendola la grande casa verso la quale si era avviato non rendendosene neanche conto. Gli faceva rabbia pensare che se la fosse cercata; la follia dei Black serpeggiava viva negli occhi color della pece di Bellatrix, e lui l’aveva deliberatamente sfidata, provocata. Una fitta allo stomaco ogni volta. Se fossi vivo, almeno io non sarei solo
Era egoistico, lo sapeva; ma era stato così difficile per lui mostrarsi calmo, sereno, dissimulare l’angoscia che si portava nel cuore subito dopo la caduta di Sirius oltre il velo; l’aveva fatto principalmente per Harry, perché sapeva che trauma doveva essere stato per il ragazzo. Ma non sapeva che il trauma più grande l’aveva subito lui. Prima James e Lily, poi Sirius.
Scostò un mozzicone di sigaretta dal marciapiede imbiancato con la punta della scarpa.
Non si accorse della sagoma nera che avanzava verso di lui leggermente, quasi fluttuando; solo quando fu sufficientemente vicina si accorse che apparteneva a Severus Snape.
L’uomo gli si avvicinò ancora, e lui fece finta di nulla, abbassando lo sguardo ancora, come se in quel modo diventasse invisibile. Non voleva che Snape gli andasse incontro.
“Remus Lupin?” chiese, e una nuvoletta di vapore caldo si sprigionò nell’aria.
“Cosa?” rispose lui, un tantino bruscamente. Snape rimase a fissarlo. Anche lui aveva una vecchia sciarpa verde girata più volte attorno al collo. Le rughe del suo volto stavano diventando un tantino più evidenti, anche se i suoi capelli rimanevano sempre neri come il carbone. “Che fine hai fatto?” chiese ancora, senza mezzi termini. Remus lo fissò e distolse lo sguardo, non rispondendo.
Severus annuì a se stesso “Forse faresti meglio ad entrare; i Weasley e Potter sarebbero felici di vederti.”
“Quand’è che ha cominciato ad interessarti della felicità di Harry?” sputò fuori, e subito si rese conto di aver parlato come Sirius. Snape lo fissò un po’ “Ci sono molte cose che non sai, Lupin…” si voltò e cominciò a camminare lentamente, superando Remus. La neve continuava a posarsi sui suoi capelli scuri, creando uno strano effetto.
“Aspetta…” disse, fiocamente, e Severus si fermò in tralice
“Sto andando a bere qualcosa” fece l’insegnante di pozioni.
“Ti spiace…se vengo con te?” continuò a dondolarsi. Si era improvvisamente ricordato che un bel wisky caldo gli sarebbe andato a genio.
Severus lo fissò un po’ in tralice e poi si avviò. Remus sembrò trotterellargli dietro.

“Il paiolo magico” non era affollato quella sera. Moltissimi avventori erano rimasti nelle loro case per le festività natalizie e i pochi che stavano seduti nel locale erano stranamente quieti. Severus Snape trasse una sedia ad un tavolo seminascosto del bar e si sedette, ordinando due wisky. Remus si sedette di fronte a lui, fissandolo. Stettero in silenzio fin quando non arrivò l’ordinazione, portata da una strega vestita in abiti pesanti. Severus se ne versò un bicchiere e lo bevve tutto d’un fiato. L’altro lo fissò prima di sorseggiare anche lui un po’ di bevanda.
“Così…” sentì Snape cominciare a dire, il tono della voce ancora più basso di quello che usava solitamente. Remus notò solo allora che Snape portava un sottile velo di peluria sul volto, come se l’uomo si fosse dimenticato di radersi quella mattina. “…dove sei stato…in questo tempo?”
Remus vuotò il bicchiere “In giro…da nessuna parte…”
“Avresti potuto far sapere qualcosa…Molly…”
“Volevo rimanere da solo” sentenziò asciutto lui “Non volevo vedere nessuno. Tu sei la prima persona che incontro dopo sei mesi.”
“Non deve essere stato un incontro piacevole” un sorriso stiracchiato si disegnò sul suo volto.
Di nuovo, silenzio. Severus estrasse da una tasca del pesante mantello un pacchetto di sigarette spiegazzato, ne estrasse una e cominciò a fumare. Subito la strega che serviva ai tavoli gli portò un posacenere di legno.
“Non sapevo che avessi preso a fumare” disse con un filo di voce Remus, e vide sottecchi l’altro uomo sorridere, come se Severus stesso avesse rivolto quella affermazione a qualcun altro, in un ricordo perso tra le pieghe della sua mente.
“Infatti lo faccio solo quando non sono ad Hogwarts…un vizio di gioventù”
Remus annuì scioccamente; gli sembrava surreale essere seduto in un bar con Severus Snape che fumava a bere visky due sere dopo Natale. Dopo che si erano odiati a morte...e forse lui odia ancora, riflettè il lupo mannaro.
“Dumbledore…” sbottò Snape, affondando il mozzicone della sigaretta nella ceneriera “è preoccupato. Vuole che tu ritorni…dice che sei l’unico…per Potter…”
“Non sono l’unico per nessuno” sbottò arrabbiato. Severus alzò un sopracciglio “IO sono l’unico!Io!” urlò quasi, ma l’altro non si scompose. “Harry ha i suoi amici…Ron, ed Hermione…” abbassò la voce. Gli altri maghi si erano infatti voltati a guardarlo. “Io invece…non ho più nessuno.”
Finalmente Severus si mosse, inclinandosi in avanti sul tavolo di legno rigato. L’odore di alcol misto a pietanze gli dava la nausea. “Mi dispiace” disse sofficemente, e fu il turno di Lupin guardarlo con un sopracciglio alzato. Ecco qualcosa ancora di più surreale!
“Posso immaginare come tu ti senta”
Il volto di Remus fu attraversato da un sorrisetto ironico “Davvero?Sai cosa si prova a rimanere soli? Sai come ci si sente quando sei rimasto…da solo? James e Sirius, le uniche persone che mi hanno accettato per quello che realmente sono, ora non sono più vive…e chi dovremmo ringraziare secondo te?” alzò lo sguardo sull’uomo vestito di nero e quest’ultimo strinse gli occhi.
“Mi stai accusando del mio passato, di essere stato…” abbassò la voce tanto da ridurla ad un sibilo “…un Mangiamorte?”
“No; non ti sto accusando di niente.”
Piton prese un’altra sigaretta “Bene…perché io so cosa si prova, ad essere te.” Silenzio, fin quando Severus non soffiò un’altra boccata di fumo “Rodoluphus Lestrange, Bellatrix Black, Lucius Malfoy…non ricordi nulla di loro?”
Remus cominciava a capire “Erano i tuoi…amici”
Severus annuì “Esattamente. E come sai, anche se Rodolphus e Bella sono a piede libero, Lucius è stato imprigionato…Narcissa mi ha fatto capire senza mezzi termini che anche io dovevo far compagnia a suo marito in cella. E, dal momento che anche lei era…mia amica…puoi ben immaginare che i nostri stati d’animo sono esattamente affini in questo momento.” Fu Severus a fissare Remus questa volta, e l’uomo dai capelli striati di grigio si sentì leggermente a disagio; sapeva che, almeno da giovane, Snape provava qualcosa per Narcissa Black Malfoy, come amava gentilmente ricordare a tutti James, e il fatto che il suo migliore amico fosse Lucius Malfoy non aveva reso certamente facile le cose. In più, da come aveva parlato, sembrava proprio che Narcissa lo ritenesse responsabile della cattura del marito, cosa che celava un risentimento per il tradimento di Snape forse mai sopito.
“Allora puoi capirmi…non mi ero mai fermato a riflettere su quanto fossero uguali le nostre condizioni.”
“Siamo gli unici sopravvissuti.” Disse tetramente Snape “Per questo almeno tu faresti bene a riconciliarti col mondo…ti sono rimaste altre persone da voler bene.” Si alzò, lasciando qualche falce sul tavolo come conto. Remus lo fissava ancora.
“Devo ritornare ad Hogwarts, ora.” Annunciò, asciutto.
Lupin annuì anche se l’altro non poteva vederlo “Severus…aspetta”
L’altro si fermò, irrigidendosi. Ma non si voltò.
“Mi dispiace…davvero. Mi dispiace anche per l’inutile guerra che c’è stata tra di noi ai tempi di scuola. Ti chiedo scusa a nome di James e Sirius. Anche…per aver tentato di ucciderti.”
Silenzio; sembrava che Snape non avesse ascoltato affatto quelle parole e fosse rimasto lì, congelato. Invece, dopo un po’, un angolo della sua bocca si alzò “Riguardati.” Disse semplicemente ed uscì dal pub.
Remus rimase a fissare i due mozziconi di sigarette finchè la cameriera gli chiese se desiderava qualche altra cosa da bere. Lui scosse il capo e si avviò fuori dal locale, dove fu investito da un’altra tormenta di neve. Snape era già scomparso.

Questa storia mi è uscita all’improvviso. Volevo scrivere qualcosa su Lupin. So che non significa nulla ma passatemela. Dedicato soprattutto a Galadwen e Tonks che mi hanno fatto pensare (per qualche secondo) con la testa di una Grifondoro.

Il titolo viene appunto da una bellissima sonata di Beethoven “La sonata al chiaro di luna”, appunto. Il fatto che poi la luna mi richiamava a mente Lupin non fa che rafforzare la cosa. Se potete ascoltatela. Amechan

  
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