-Nami?
Rufy si era accorto della tua testolina color tramonto, che per fortuna si
notava anche se era buio. Era difficile, in mezzo al mare scuro della notte.
-Sì? - fece lei, girandosi tranquilla, come se fosse stato giorno e fosse
normale trovarsi lì. - Ah, capitano. Che cosa c'è?
-Non c'è niente. Stavo solo andando a prendermi qualcosa da mangiare, e ho
trovato la luce accesa in cucina. E c'erano le tue carte sopra il tavolo.
-Ti davano fastidio? Vuoi che le sposti?
-No, non mi davano fastidio.
Lei annuì, poi si girò di nuovo e si concesse un piccolo sbadiglio.
-Hai sonno, Nami?
-Un po'.
-Non vai a letto?
Lei si voltò, e sorrise.
-Ehi, so badare a me stessa.
Non replicò, perché era vero che sapeva badare a sé stessa, e la notte
tristemente buia gli toglieva ogni voglia di prenderla un po' in giro.
Era proprio una brutta notte, senza stelle e con il mare agitato. C'erano solo
silenzio e onde nero/grigiastre.
Non sapendo che altro fare, ed essendosi nutrito, andò ad appoggiarsi al
parapetto accanto a lei.
-Che fai qui? - le chiese.
-Prendevo un po' d'aria. Alle volte, sapere che non puoi fare altro che stare
sulla nave mi mette un po' di agitazione.
-Davvero?
-Sì.
Tacquero ancora entrambi.
-Qualche volta, mi sento così anch'io.
-Sì?
-Sì. Qualche volta non..
Rufy si interruppe. Nami lo guardò in viso, ma non chiese nulla. Era una notte
così terribile che ti chiudeva le parole nel petto.
-Qualche volta, Rufy, non hai voglia di lasciar perdere? - chiese a bruciapelo.
Lui respirò profondamente, guardando l'orizzonte confuso con i suoi occhi
inespressivi, da bambolotto. Non rispose.
-Io qualche volta sì. Davvero, ci ho pensato tante volte.
Lui si voltò di scatto, con una strana espressione.
-Davvero - confermò. - Alle volte, penso che non ne vale la pena. E che potrei
stare facendo tutto per niente. A volte basta così poco per rovinare i piani,
no?
-Sì.
-Guarda Arlong. Arriva un ragazzino con un cappello di paglia, che è meno
famoso del suo cappello, e un impero che dura da anni crolla.
-Se l'è meritato!
-Certo che se l'è meritato. Ma qualche volta basta così poco.
-Basterebbe poco anche per farcela.
-Già.
Stavolta fu Rufy a sbadigliare. Faceva freddo, e la sua giacchetta rossa
iniziava a non bastare.
-Nami, andiamo dentro? Ho i brividi! Mi fai un the?
-Non sai fartelo da solo..?!
-No, non ho mai imparato!
-Accidenti a te...
Entrarono. Nami tolse il cappotto pesante e lo ripose sullo schienale di una
sedia; Rufy si appropriò sul divano, e vi si distese in un balzo, a gambe
larghe e braccia incrociate dietro la schiena.
-E se io avessi voluto sedermi?!.. - domandò Nami, piccata.
-Hai posto sulle sedie!
Lei scosse la testa, accigliata. Mise un pentolino sul fuoco ed estrasse dalla
credenza due infusi; poi prese posto su una sedia. Si sedette con le gambe
incrociate sotto la sedia, la schiena ricurva, lo sguardo alle mani rosse e
fredde. La sedia di legno non sembrava volerla rendere almeno un po' a suo agio.
Rufy si commosse così tanto che spostò le gambe, piegandole verso di sé.
-Ecco, guarda, adesso c'è posto.
Lei gli lanciò uno sguardo, prima di rispondergli un "ok, grazie".
Aveva lo sguardo di un cagnolino spaventato, di quelli che sono stati
maltrattati e che ti guardano dal basso, aspettandosi un colpo, pronti a
scappare.
Cos'era successo alla Nami che aveva conosciuto?
Perché, anche se per lei era tutto finito, con il tempo continuava ad
accartocciarsi su sé stessa, appallottolandosi dappertutto? Anche ora, sul
divano, raccoglieva le ginocchia al petto. Lo faceva anche quando dormiva.
-Se vuoi, ti lascio più posto per stendere le gambe - disse Rufy - anzi, se
vuoi ti do tutto il divano.
-Non serve, grazie.
Perché non gli diceva qualcosa di sprezzante o di altezzoso? Sembrava che non
avesse più il coraggio di fare niente. La sua voce, raramente si alzava ormai.
-Ti senti bene, Nami? Secondo me hai la febbre.
-Macché febbre. Piuttosto, passami quella coperta.
-Quale coperta?
-Quella che c'è sotto il tuo cuscino, idiota.
-Ah, sì.
Sollevò la testa, afferrò la coperta a quadri e gliela lanciò, cosa che gli
valse un'occhiataccia fulminante, ma nessun esempio di violenza fisica - che un
tempo era consuetudine, sia che le facesse qualcosa, sia che fosse assolutamente
innocente.
Una volta, era come giocare con un animaletto selvatico, che ti morde sempre,
con quei suoi dentini appena cresciuti. Era bello vederla tendere piccoli
agguati, affondare gli incisivi sui tuoi errori, scorrazzare qua e là dando
fastidio a tutti.
Adesso, invece, di lei era rimasta solo la parte matura, quella che teneva le
redini della situazione, quella che sapeva cosa fare, quella che ringraziava,
quella seria.
Quella che una volta era Campanellino, ora era diventata una piccola Wendy, che
rimboccava le coperte ai fratellini perché aveva deciso di crescere.
Non era sicuro che la Nami adulta gli piacesse.
Certo, ora non veniva preso a pugni per nulla, veniva insultato molto di meno, e
se gli pestava un piede riceveva le dovute scuse. Però, non era la stessa cosa.
Era ovvio che non sarebbe sempre stata la stessa cosa, ma pensava che cambiare
fosse una cosa più naturale, che avvenisse in modo più logico, come le onde,
che sono tante, e non sarà sempre la stessa a portati a riva; bensì ne
attraverserai diverse, prima di trovare quella che ti poserà sulla spiaggia.
Era vero; Nami non era diventata così di colpo. Era come se avesse perso i suoi
abiti per strada, spogliandosi lentamente di tutti i suoi spigoli.
Se l'era augurato tante volte, perché lei aveva davvero bisogno di perdere un
po' di quei suoi lati così taglienti, ma non pensava che sotto sarebbe rimasta
soltanto quell'aria triste. Pensava che ci sarebbe stato qualcosa di dolce e
morbido, che lei sarebbe diventata una specie di fatina buona che ti rimboccava
le coperte.
Ma non era ancora Wendy, realizzò. Wendy era sempre sorridente. Perché,
invece, Nami si limitava ad essere pacata, soltanto pacata, nient'altro che
seria?
-Hmph. Grazie.
Sorrise, per quell' "hmph". Rimaneva ancora qualche scintilla di
quella che era stata. Ma aveva paura, e molta, al pensiero che un giorno
sarebbero scomparse anche quelle. Lo assaliva all'improvviso, quel pensiero, che
un giorno lei sarebbe potuta sparire, e si sarebbe trovato al suo posto una
signorina-buone-maniere che parlava poco e a bassa voce. Dove sarebbe andata a
finire la Nami fiammeggiante e insopportabile? E' straziante, che una persona
viva solo nei tuoi ricordi. Non voleva che fosse come se lei fosse morta.
-E' pronto il the?
No, non era pronto, lo sapeva. Ma se la provocava, forse lei avrebbe replicato
in qualche modo.
-Come può essere già pronto? L'acqua è a bollire da appena un minuto!
-Ah! - soggiunse, segretamente trionfante - ma io ho fretta! Ho sete! Ho fame!
Quanto ci mette?
-Accidenti, la puoi piantare?..
Era più fiacca, però. Doveva intensificare l'attacco.
-Nami, ho sete! Ho sete! Non c'è qualcos'altro? Un succo per esempio? Ho una
gran voglia di succo! Me lo vai a prendere?
-Puoi anche prenderlo da solo!
-Nami, per favore! Per favoreee!
Lei sbuffò, ma si alzò per andarlo a prendere.
Sconfitto, Rufy mise il broncio, e quando lei glielo porse, si limitò a
rivolgerle un'occhiata d'astio.
-E ora che diavolo c'è?...
Lui girò il viso, con uno sbuffo offeso.
-Bah... chi ti capisce è bravo, Monkey D. Rufy.
-E' bravo anche chi capisce te - replicò, borbottando.
Lei lo fissò per qualche secondo, perplessa. Non ottenendo risposta ai suoi
silenziosi interrogativi, girò i tacchi e andò ai fornelli a mettere in
infusione il the.
-Non lo voglio più, il the - Nami sentì brontolare.
-Come sarebbe a dire, che non lo vuoi? Vedi di non farmi impazzire, Rufy. Io ho
preparato questo the esclusivamente per te, e ora lo berrai, dovessi
rovesciartelo in testa.
Lui scoppiò a ridere di cuore, sembrava quasi che alla prospettiva fosse
felice.
Nami lo guardò stupita, ma mai quanto quando lui esclamò:
-Allora sì, lo bevo volentieri!
Decise di non indagare oltre, e gli porse il the assieme a una tazzina e a uno
spicchio di limone.
-E lo zucchero?
-Un attimo di pazienza, dannata fogna!
Rufy rise ancora, sinceramente contento.
-Si può sapere cosa ti rende tanto gioioso?!
-Niente, Nami. E' che sei proprio tornata quella di una volta!
Lei rimase un attimo stupita, poi fece un mezzo sorriso.
-Quindi era per questo che mi punzecchiavi? Per farmi tirare fuori qualche
parolina poco gentile?
-Proprio così! - fece Rufy, con la risata ancora sulle labbra; ma questa
scomparve, quando vide che il sorriso di Nami se n'era andato.
-Senti, Rufy, non sono così stupida.
-.. cosa?
-Me n'ero resa conto.
-Oh.
-Allora ho fatto bene a farti contento.
Lui abbassò gli occhi, senza aggiungere nulla.
No, non voleva che lo facesse contento. Non era affatto quello, il suo
obiettivo.
-Che c'è ora, capitano? - chiese lei, avvicinandosi - Sei preoccupato?
-Sì. Un po' sì, navigatrice - ammise, con un sorriso mesto, seminascosto dal
cappello.
-Non devi. Penso che passerà da solo.
-Cosa?
Nami tacque per un momento, spiazzata.
-Non lo so di preciso.
-E allora come sai che passerà?
-Non lo so.
Rufy annuì, perché far sembrare che aveva capito gli sembrava la cosa
migliore, se voleva che lei continuasse a parlare.
Ma la sua espressione concentrata, con uno sguardo sempre più fisso e
accigliato, lo tradiva ogni secondo di più, e alla fine cedette; aveva sempre
sostenuto che le cose bisogna capirle per bene, e così sarebbe stato anche quel
giorno.
-Nami, non ho capito. Che cos'hai?
-Eh? - fece lei, stupita - Beh, non ci ho mai pensato. Non lo so che cos'ho. Non
ne ho idea.
-Ma qualcosa deve pur essere - insistette, cocciuto - Perché sei sempre così
calma?
-Sono calma?..
-Sì, sei calma. Non gridi mai, non ti arrabbi, non mi picchi. Perché? Cosa ti
ho fatto?
-Tu? Tu non mi hai fatto proprio nulla, capitano - rise lei - nessuno mi ha
fatto niente. E' solo che è così, e non ho più voglia di urlare e picchiarvi.
-Ti abbiamo esasperato tanto?
-Ma no. Sono solo un po' cresciuta, credo. E' finito il tempo di fare la bambina
capricciosa.
-Oh..
Entrambi tacquero per un momento. Poi, Rufy riprese all'improvviso.
-Però, a me, da capricciosa piacevi.
-Davvero?
-Sì. Mi divertivo.
-Hmph - ridacchiò lei - Mi divertivo anch'io. Siete una bella banda di stupidi.
Mi diverto ancora.
-Va bene.
Lei continuò a sorridere e a guardarlo, ma poi abbassò lo sguardo.
-Cos'hai, Nami?
-Non lo so. Credo che dopo un po' di stanchi di impegnarti tanto senza sapere se
ne avrai qualcosa in cambio, o se hai solo sprecato la tua energia.
-Tu ce l'hai, l'energia.
-Sì. Ma se fosse tutto inutile, preferire utilizzarla per qualcosa di più
sicuro.
-Per esempio?
-Non lo so, capitano. In questo momento non ho buone idee.
-E allora perché non continui a usare la tua energia per questo che stai
facendo?
-Perché è molto incerto.
-Ma è l'unica cosa che hai.
Lei non rispose, probabilmente stava ragionandoci su.
-Così, però, mi metti confusione, accidenti a te.
-Già.
-Non dovrei pensarci.
-No, non dovresti.
-L'ultima volta che mi sono fidata di te, però, è andato tutto bene.
-Sì, è vero - confermò lui con un gran sorriso - ma io potevo aiutarti, e
sapevo cosa succedeva. Adesso, invece, non so nulla e non capisco.
-Credo sia...
Lei assunse un'espressione pensierosa. Il suo sguardo si posò qui e là sulle
pareti, ma alla fine lo fermò sul pavimento, con le sopracciglia aggrottate.
-Credo che sia solo che le urla, e i pugni, e i litigi, ti prendono
quell'energia. E a me ne serve ancora molta.
-Sì.
-E non ne ho di illimitata, almeno non credo. Una volta lo credevo e andava
tutto bene. Ma adesso non ne sono più così sicura, e... preferisco non
fidarmi.
-E' giusto.
-Già. Ma anche se lo capisco, non posso farci niente.
-Nemmeno io.
Lei non rispose, come se segretamente ci avesse riposto tutte le sue speranze, e
ora fosse delusa.
-E' inutile, capisci, Rufy? Non serve a nulla agitarsi.
Nessuna risposta.
-Per cui ho smesso di farlo. Tutto qui.
Lui rimase a testa bassa per un attimo, poi la fissò con la sua espressione
indecifrabile e seria.
-Tu ti stai già agitando, Nami. Guarda quanto ci stai pensando.
-E' vero.
-Sì.
-Vorrei essere ancora capace di gridare e litigare con Zoro, o di tiranneggiare
gli altri. Lo vorrei anch'io, più di tutti voi.
-Davvero?
-Davvero. Anche a me manca la vecchia Nami.
-La farai tornare, allora?
-No, Rufy. Devo solo aspettare che torni da sola.
-E se non torna?..
Nami rimase attonita per un attimo, come se la possibilità non l'avesse mai
sfiorata. Aveva sempre considerato ovvio che sarebbe tornata.
-Allora credo che dovrai.. beh, che dovrai litigare con qualcun'altra, capitano.
Lui annuì, poi brontolò "no".
-Come sarebbe?! Non puoi decidere tu.
-No, non posso. Ma se potessi decidere, direi sicuramente di no.
Lei sorrise.
-Anch'io.
-Nami, senti, continuo a ingarbugliarmi in questa coperta. Mi dai una mano?
-Sei peggio dei mocciosi.
-Mi dai una mano o no?
-Sì, sì.
L'aiutò a tirarsi la coperta fino alla vita, mentre lei avvolgeva quantomeno le
gambe.
-Nami, vuoi stenderti?
-No, stai lì.
-Davvero! Vuoi stendere le gambe? Sarai scomoda, lì appallottolata.
-Non molto.
-Oh, maledizione..!
L'afferrò per un braccio e la tirò giù, facendola sbattere contro il suo
ginocchio, ma riuscì a farle posare la testa accanto alla sua, sul cuscino.
Poi, senza guardarla, chiese:
-Allora? Va meglio, così?
-No, non va meglio. Sono vicino a un ragazzo di gomma che non sta fermo un
momento, senza spazio per muovermi e senza coperta.
-Serve questo per farti arrabbiare, allora? - sogghignò lui.
-Ma sono questi, i tuoi stupidi scopi?! - sbuffò lei.
-Allora è questo?
-Tsk.
-Allora resta qui vicino, Nami. Anzi, adesso ti blocco. Ferma lì, non hai
scampo!
-No, stupido!
-Uh, guarda come scalci! Te l'ho fatta, Nami, te l'ho fatta..!
(Nda: scritta il 18 ottobre 2006 XD con Vienna Teng in sottofondo. Non so che dire, è sdolcinata e basta -.-... ah sì. Cito Wendy e Tinkerbell perché in una vecchisssssima fic nell'account Asuka Soryu Langley avevo fatto un paragone tra Nami e Tinkerbell. Ora né quell'account né quella fic ci sono più, eh; giusto per specificare ._.'.)