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Autore: Jun and Jenny_Production    02/12/2012    1 recensioni
Dal primo capitolo:
Avrebbe veramente pensato alla sua proposta. In fondo, cosa aveva da perdere?
Già… cosa ho da perdere?
Genere: Drammatico, Introspettivo, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Prologo


Figlio di puttana!
Le parole del padre rimbombavano nella testa del bambino.
Aveva paura che lo picchiasse, e perciò andava a nascondersi in un angolo, aspettando che sua madre rientrasse… Lei non sapeva quello che faceva il marito, e lui badava bene di non farglielo sapere. Lui odiava suo figlio. Credeva fosse frutto di una relazione della moglie con un altro, un suo amico… Lui odiava suo figlio, e quando non c’era la moglie lo prendeva a urla, e lo insultava… lo faceva sentire meglio.
 
Tu non sei mio figlio, io non ho figli!
Ormai era grande, non aveva più bisogno di rannicchiarsi in un angolo, abbracciandosi le gambe e affondando la testa fra le ginocchia, tentando di confortarsi, mentre il padre lo insultava.
Ormai era grande, sapeva maneggiare le armi. Sapeva come si tagliava la carne.
All’ennesimo insulto del padre, il ragazzo afferrò il coltello da macellaio poggiato sul tavolo e si scagliò contro l’uomo. Il coltello affondò nella spalla dell’uomo, facendolo urlare di dolore e paura. Si divincolò, cercando di scrollarsi di dosso il ragazzo minuto, così minuto… nessuno avrebbe potuto dire che quel sedicenne fragile avesse così tanta forza in corpo… Il coltello venne estratto dalla carne. Questa volta il ragazzo voleva uccidere, non più ferire. Trafisse il cuore del padre, fissandolo con gli occhi gelidi, quegli occhi gelidi e chiari che nessuno aveva in famiglia… L’ultima cosa che vide l’uomo furono quegli occhi, poi morì.
 
Estrasse il coltello dal petto di quello che era stato suo padre, osservando il corpo ormai privo di vita con freddezza. Non gli importava di aver ucciso una persona, nonostante sapesse che quello era un reato punibile con la morte…
Che mi mandino in prigione, pensò, sempre fissando il corpo. Al giudice dirò che se l’era cercata. Mi insultava, insultava mia madre. Perché un uomo del genere dovrebbe rimanere in vita? Lui non merita di vivere… anzi, non lo meritava…
Quando la porta della cucina si aprì, non si mosse. Continuava a fissare suo padre, con il coltello insanguinato tra le mani pallide e l’espressione vuota. A malapena sentì l’urlo di sua madre, il tonfo della busta della spesa che la donna aveva tenuto in mano e che adesso era a terra.
 
Nessuno seppe mai quello  che era successo quel giorno, in quella casa.
La madre del ragazzo disse che suo marito si era suicidato, e tenne con sé  il figlio. Gli voleva bene, dopotutto, e non gli importava che avesse ucciso un uomo. Anche se quell’uomo era suo marito. 

  
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