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Autore: _moonlight    02/12/2012    14 recensioni
Aveva paura di toccarla, aveva paura di infettarla, di sporcarla.
Aveva paura di spezzarle le ossa, inquinarle la pelle e avvelenarne il sangue.
Era un pensiero morboso, di chi non voleva toccare qualcosa di prezioso.
Sentiva qualcosa di sporco, di sbagliato nel sfiorarla come l’aveva sfiorata e guardarla come l’aveva sempre guardata.
“E’ piccola Scorpius, ha solo quindici anni.”
Genere: Introspettivo, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Lily Luna Potter, Scorpius Malfoy | Coppie: Lily/Scorpius
Note: Nonsense | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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bloodstream
‘Garantisco che per noi ci saranno tempi duri, garantisco che uno di noi due o tutti e due alla fine si stancherà.
Ma garantisco anche che se non ti chiederò di essere mia per sempre lo rimpiangerò a vita, perché sento nel mio cuore che sei l’unica per me’


[Svegliati. Guarda dentro i miei occhi di nuovo
Ho bisogno di sentire la tua mano sul mio viso.]


Avere un carattere forte non voleva dire per forza essere forti.
Era una delle prime cose che Lily aveva capito, sebbene con un po’ troppo ritardo.
Pensava che erigere davanti a se un muro che la dividesse dalle altre persone l’avrebbe protetta dal “resto”; dal resto della gente, delle persone, delle cose, delle chiacchere.
Era un meccanismo di difesa, sebbene il suo carattere fosse tutt’altro che difensivo.
La mattina, quando Lily appoggiava i piedi nudi sul pavimento freddo, rimaneva fissa ad osservare la sua faccia stanca riflessa allo specchio: rimaneva ferma qualche secondo, stropicciandosi gli occhi scuri con il palmo della mano.
La mattina appena sveglia, quando Lily si vestiva, gonfiava il petto d’orgoglio, la testa di dignità e la bocca di parole.
Aveva sempre pensato che un carattere forte equivalesse al sembrare forte, ma si era accorta che sembrare non voleva dire essenzialmente esserlo.

La prima volta che aveva provato quella sensazione di debolezza è stato quando si era innamorata.
L’aveva paragonato ad una sorta di caduta, una caduta del tutto normale come quelle che ti scorticano le ginocchia, ti fanno uscire il sangue dalle mani: quelle che in un primo momento non ti accorgi neppure che ci siano, ma dopo fanno male.
Poi aveva capito che quella sensazione era qualcosa di più forte, simile a quando cade un muro e crolla qualcosa.
E cominci a sentirti vulnerabile, a sentirti esposta, debole, un libro aperto, ti senti come se ti avessero messo con le spalle contro il muro.
La seconda volta che si era sentita debole è stato quando sentiva che qualcosa andava storto, anche se in una relazione del genere tutto andava per il verso sbagliato.
Si faceva fatica a contare i giorni felici da quelli in cui ci si urlava contro, ma era una relazione, lei era innamorata.
La seconda volta che aveva sentito quel dolore era quando qualcosa non andava.
E se n’era accorta dalla reazione dei suoi fratelli, dal padre che le mandava troppe lettere, dalla troppa premura dei cugini.
Si era resa conto che qualcosa puzzava dal momento in cui era “cresciuta” e aveva aumentato le difese e, oltre all’orgoglio, la dignità e le parole, aveva innalzato l’indifferenza verso quei comportamenti.
La terza volta che si era sentita così è stato quando lui l’aveva portata in una angolo del castello, l’aveva guardata con quegli occhi troppo chiari e lei sapeva già quello che lui volesse dirle.
Questa volta sentiva le gambe tremare, e gli occhi pizzicarle.
Vacillava, Lily.
E quel qualcosa, che prima non aveva identificato, ora aveva capito cos’era.
Non cadeva qualcosa d’indefinito, di stupido; cadeva il suo muro e tutte le certezze che aveva da una vita.
Cadevano le parole della madre quando le aveva detto che lei era una bambina forte, cadeva tutto e non si sapeva di preciso in quale baratro andassero a finire.

[Le parole possono essere come coltelli. Possono squartarti
E poi il silenzio circonda e ti perseguita]


Lily Luna Potter si era sempre definita una ragazza forte; come potrebbe esserlo qualsiasi ragazzina di quindici anni che erige il proprio Ego in un metro e sessanta di tanti capelli rossi e lentiggini ovunque.
Lily Luna Potter, quando pensava a se stessa come una ragazza forte, lo pensava senza aver fatto i conti con l’amore e con quello che provava per lui.
“Guardami” le aveva sussurrato, accarezzandole piano il viso pieno d’efelidi mentre lo alzava appena verso il suo. “Lily, ti prego.”
Ti prego.
Uno strano impulso di scoppiare a ridere sembrava bruciarle la gola, mentre i suoi occhi nocciola guardavano ovunque ma non lui.
In quel momento la sua mente era bloccata in una sorta di limbo ed elaborava e rielaborava.
Pensava a parole, a frasi da dire. Immaginava situazioni, luoghi, posti in cui erano e dovevano stare.
Pensava a sentimenti che doveva provare e a sentimenti che effettivamente provava.
Elaborava qualcosa da dire e le venivano in mente solo parole scontate, frasi già fatte, pensieri melensi, lacrime che non doveva versare.
Avvertiva il suo orgoglio andare in frantumi, la sua dignità lasciarle la mente e la bocca secca, non c’erano parole.
Ma non poteva stare zitta, con le guance rosse e le mani che le tremavano.
Sembrare forte non vuol dire esserlo, ma era già un passo avanti.
“Non mi ricordavo che uno dei tuoi migliori pregi fosse quello di essere un codardo, oltre che un villano.”
Se fosse stata un’altra ragazza, con un altro ragazzo e un’altra storia- forse le parole giuste sarebbero state: “Ti amo. Non lasciarmi.”
Eppure non sembravano adatte per chi, come loro, aveva creato il proprio rapporto su qualcosa di diverso dal colpo di fulmine o da una stupida uscita ad Hogsmeade.
Sul volto pallido di Scorpius si era formata una smorfia di dolore nello stesso momento in cui tutta la pazienza che aveva conservato in quel momento era svanita in un soffio.
La mano ancora appoggiata sulla sua guancia aveva perso la fermezza di poco prima, mentre senza proferire parola faceva scivolare le dita lungo il collo della ragazza, ascoltandone divertito il battito del cuore accelerato. 
Senza mai spostare lo sguardo da lei, aveva spostato il pollice verso la sua bocca, accarezzandogli piano il labbro inferiore riuscendo finalmente ad attirare gli occhi della ragazza verso di se.
“Sei davvero bella quando piangi.”
Un moto di rabbia aveva percorso il corpo di Lily, mentre serrava le mani così forte che le nocche le erano diventate bianche.
Aveva schiuso le labbra per controbattere, ma le parole le erano morte in gola proprio nel momento in cui lui aveva avvicinato appena la bocca alla sua.
Era come se respirasse direttamente dai suoi polmoni, ma non lo toccava- lui non la toccava.
“Quando vorrei baciarti... ma non possiamo stare insieme, Lily. Non possiamo.”
Non ricordava bene se mai Scorpius Malfoy avesse mantenuto davvero una promessa o fosse stato coerente con quello che pensava; quella volta però non l’aveva baciata.
Era rimasto lì ad un centimetro dal toccarla e non si era mosso, mentre la guardava negli occhi. E lei piangeva.

[Penso che avrei dovuto respirarti
Potevo sentirti dietro i miei occhi
Sei entrata nel mio flusso sanguigno
Potevo sentirti fluttuare dentro me.]

Aveva paura di toccarla, aveva paura di infettarla, di sporcarla.
Aveva paura di spezzarle le ossa, inquinarle la pelle e avvelenarne il sangue.
Era un pensiero morboso, di chi non voleva toccare qualcosa di prezioso.
Sentiva qualcosa di sporco, di sbagliato nel sfiorarla come l’aveva sfiorata e guardarla come l’aveva sempre guardata.
‘E’ piccola Scorpius, ha solo quindici anni.’
Faceva scivolare le dita lungo quei fili rossi lentamente, ascoltandola respirare, osservandola mentre guardava un punto indefinito sopra il suo petto.
‘Non possiamo stare insieme.’
Lo aveva ripetuto all’infinito e ogni volta che l’aveva pronunciato gli sembrava sbagliato, ingiusto, gli grattava la gola e percepiva un vuoto dentro.
“E’ per mio padre o per il tuo?” l’aveva sentita mormorare, mentre la stringeva appena. Si doveva toccare come si toccano le bambole di porcellana, le bomboniere di cristallo, come si trattano le cose preziose.
Aveva abbassato lo sguardo verso di lei, osservandone i particolari della camicia stropicciata, delle gambe magre e dello sguardo vuoto.
“E’ per mio padre, per il tuo, per i tuoi fratelli, la mia famiglia, il tuo cognome e il mio. E’ perché sei tu… E sono io.”
La sentiva agitarsi, sentiva i suoi pensieri ronzargli fastidiosamente nelle orecchie mentre gli scompigliava le lenzuola del letto, tratteneva la rabbia, le lacrime e la voglia di alzarsi da li e scappare via.
Si doveva toccare come le bomboniere di cristallo, ma lui l’aveva toccata in modo possessivo, disperato, forte, impetuoso, su di lei che era fragile.
E l’aveva sentita dentro, ovunque, l’aveva sentito nel sangue quello che provava per lei.
Era un pensiero malsano, di chi non voleva toccare qualcosa di sacro. 

[Gli spazi in mezzo
A due menti e tutti i posti che hanno visto
Gli spazi in mezzo
Ho provato a metterci sopra il dito
Ho provato a metterci sopra il dito.]

“Quindi la finiamo qui.”
Il buon odore che emanava la sua pelle non sembrava addolcire le parole.
Continuavano a sbattere impetuose contro il suo muro e contro i pensieri di lui. La sentiva ad ondate, a pause brevi.
La prima volta l’aveva paragonata ad una caduta, la seconda era qualcosa di forte, la terza era come il crollo del muro di Berlino.
“Si, finiamola qui.”
E questa volta non aveva distolto lo sguardo, l’aveva guardato dritto negli occhi mentre la gente li fissava.
Le veniva da piangere e aveva bisogno di appoggiarsi a qualcosa di solido, ma rimaneva ferma perché lei era la bambina forte, quella che si sentiva vacillare e cadere.
Non riusciva a capire lo sguardo di lui, che tratteneva il fiato come se non riuscisse a respirare e lo vede passarsi una mano sul viso, stando in silenzio.
Vorrebbe baciarlo e non sentirsi come se stesse sprofondando nel Lago Nero.
Vorrebbe baciarlo e si avvicina, gli scosta la mano, tira indentro le lacrime, lo guarda negli occhi e lo bacia.
E lo sente il profumo, le sue labbra calde e il sangue sembra riscaldarsi nelle vene mentre se lo sente dentro le ossa, sulla pelle. Lo sente fluttuare dentro ed entrargli nel sangue.
Lo sente, ma si allontana.
E le barriere cedono, l’orgoglio cade, le parole non servono e la dignità non ricorda neanche cosa sia.


[Penso che avrei dovuto respirarti
Potevo sentirti dietro i miei occhi
Sei entrata nel mio flusso sanguigno
Potevo sentirti fluttuare dentro me.]



Un buco nero all’interno del petto, simile ad una voragine che gli risucchiava l’anima e i pensieri.
Aveva come l’impressione di essere rimasto in apnea dal giorno in cui l’aveva lasciata lì e le aveva voltato le spalle, come se l’unico profumo che riuscisse mai a percepire fosse il suo.
Erano movimenti meccanici: Alzarsi dal letto, mangiare, andare a lavoro, sopravvivere, ritornare a casa e salutare l’altra. 
Era un movimento meccanico quello di alzare il petto e riabbassarlo in modo da far riempire i polmoni d’ossigeno.
E non c’era giorno in cui non se ne pentiva, Scorpius, di quello che aveva fatto.
Perché era rimasto fermo, mentre la vedeva piangere, riprendersi, crescere, fidanzarsi e dimenticarsi.
Perché l’aveva fatto anche lui e aveva lasciato che tutto andasse come doveva andare: come volevano i suoi, come doveva essere.
Ma aveva smesso di respirare, lo sapeva; nello stesso momento in cui aveva smesso di toccarla, di considerarla, di ricordarsi com’era fatta.
Smetteva di respirare ogni istante in cui la pensava e si mordeva la lingua con forza mentre usciva di casa e sopravviveva.
E se qualcuno per sbaglio gli chiedeva come stesse, lui sorrideva e rispondeva: “Sto bene, è solo che mi manca l’aria.”
Mentiva Scorpius, non stava bene. Non respirava più.
Sembrare forte non significava essenzialmente essero, lui lo aveva capito troppo tardi.








_________

Okay, innanzitutto perdonatemi se non ci avete capito un accidente.
Volevo farla un po' nonsense e ci sono riuscita alla grande.
Diciamo che una linea logica penso che ci sia: la parte iniziale di Lily mi serviva principalmente per spiegare il fatto che lei è forte, ma debole quando si parla di amore.
La terza parte se non sbaglio è quella di Scorpius. E beh, non penso ci sia tanto da capire. Stanno in camera di lui e le spiega il perché della decisione di lasciarsi.
Ora! Se mi chiedete che diavolo ho scritto io non lo so! Il problema è che faceva freddo, pioveva, avevo la musica alle orecchie ed è partita Bloodstream dei Stateless e mi è venuta l'ispirazione.
Ringrazio infinitamente la mia beta d r e e m e tutti quelli che hanno recensito "La Situazione di Lui&Lei."
Se questa ff avrà un pochino ino ino ino di successo, forse ho qualcos'altro in cantina! A prestissimo.




   
 
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