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Autore: Harbour TD    02/12/2012    0 recensioni
andate un'attimo di fronte lo specchio,cosa vedete? la vostra immagine riflessa? bene.
sorridete allora,siete proprio voi e siete perfetti così come siete.
non vi odiate per come siete,anzi,fatelo,troverete una persona che vi farà cambiare idea perchè vi amerà così come siete!
'DOPO LA PIOGGIA CE SEMPRE L'ARCOBALENO'
-questa storia racconta avvenimenti davvero accaduti alla scrittrice fatta eccezioni per alcune parti.-
Genere: Commedia, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Scolastico
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"Il vantaggio di essere intelligente è che si può sempre fare l'imbecille, mentre il contrario è del tutto impossibile. (Woody Allen)"


Basta! Sono stanca! Stanca di tutto! Io non sono questa! Non lo sono! Devo smetterla di stare ferma e guardare quello che mi succede!
basta!
voglio che tutto questo finisca! Adesso.
perché mi sto facendo tutto questo?
perché ho scelto di essere la spettatrice di quello che succede a me stessa?
no,devo ricominciare da capo.
avevo solo quindici anni quando tutto l’inferno cominciò.
che saranno mai quindici anni? Tutti pensano che sia l’età dove la ‘depressione adolescenziale’ viene a farti visita,solo che in pochi capiscono che non è da prendere sottogamba.
mi chiamo Ludovica,il cognome non è molto importante da sapere.
era il mio primo giorno di scuola del secondo liceo.
stavo seduta sul muretto a guardarmi intorno,avevo le cuffiette alle orecchie,cercavo di distogliere la mia attenzione sulla musica.
avevo manichini intorno,girovagavo con lo sguardo e mi sentivo fuori dal mondo,come se io con la normalità di quella società non centrassi nulla,ero solo un neo,ero la parte cattiva e marcia del quadro.
sentì delle mani sulle spalle,mi voltai con le mani richiuse in pugni pronte per qualsiasi attacco,era Sara,la mia migliore amica.
per lei era ancora presto per cominciare la scuola ed era venuta da me per farmi compagnia.
ormai era come una sorella per me,cinque anni che ci sosteniamo l’un l’altra,pieni di momenti dolci e di lotte,di tutto quello che era di normale fare fra migliori amiche ma troppo tardi mi accorsi che quello che io ritenevo ‘la ragione per il mio sorriso’ si era trasformata nella ragione per cui io avevo deciso di mettere la parola FINE a tutto.
Stava li,con la mano incrociata alla mia,il suo bel sorriso,i suoi occhi grandi color nocciola,la sua presenza radiava bellezza.
era perfetta,in tutti i sensi! Aveva un fisico perfetto! Alta,magra e slanciata,senza un filo di grasso,le gambe perfette e la bellezza non era di meno.
subito dopo quei pensieri mi guardai,si,ero io.
i miei capelli mori con le ciocche rosse disordinati,i miei occhi castani truccati con della matita,il mio fisico ‘pesante’ anche alla vista faceva schifo al mondo,mi guardavo allo specchio con una voglia di romperlo che mi distruggeva,io non dovevo nascere,non centravo nulla con il mondo che mi circondava,niente con quella mentalità malata con gli occhi parati solo per quelle forme e misure.
portai una mano alla testa sperando di cacciare via i pensieri e sentì un leggero pizzico al polsi,mi alzai lentamente la manica notando che tutte le ferite si stessero cicatrizzando,legai bene la sciarpa al collo per non far notare i graffi e i tagli e me ne entrai dentro sbuffando appena suonò la campanella.
passai dalla segreteria controllando gli orari secondo la mia cartella scolastica notando che alla prima ora avessi biologia,attraversai i corridoi dirigendomi verso il laboratorio,entrai e mi sedetti ad un banco,legai i capelli in uno chignon disordinato,sistemai la sciarpa al collo muovendo velocemente le mie dita contornate da anelli di ferro illuminati dal poco smalto blu sulle mie unghie lunghe e appuntite,contorno le orecchie con dei ciuffetti di capelli e sospiro prendendo il libro di biologia mettendolo sul banco facendo degli schizzi sulla copertina con la matita.
mi piaceva molto il disegno ma io ero un’alunna di un liceo scientifico molto noto nella mia città,mio padre era contrario all’iscrizione ad un liceo artistico.
ero un tipo abbastanza particolare,mi piacevano molto gli anelli e gli smalti scuri,ascoltavo musica rock degli anni ’80,vestivo con maglie di gruppi rock,ero molto solare e sorridente,tendevo a mettere le maniche lunghe o le felpe anche in pieno agosto,quello che nascondevo era troppo importante,non volevo passare per pazza anche se,in due anni di liceo,mi ero fatta la nomina di strega e devo dire che mi divertiva quel soprannome.
tutti credevano fossi una strega perché mangiavo sempre sola,leggevo libri che nessuno si interessava,parlavo di cose strane da sola oppure perchè di solito facevo disegni strani ovunque e tutti pensavano fossero satanici.
risi a quei pensieri e poi mi accorsi che un ragazzo si sedette accanto a me.
-prof mi scusi per il ritardo.- disse quel moretto portando indietro i capelli prendendo il libro con il fiatone che strozzava le sue parole,aveva corso. Era nuovo,mai visto ne in città ne nella scuola,si forse sarò nominata strega ma ero abbastanza popolare fra il mio gruppo di amici e abitando in una città piccola ci conoscevamo bene tutti.
-basta che non riaccada! Anche il primo giorno di scuola non posso sopportare ritardi.- Professore Giancarlo Romani,l’uomo più arcigno e cattivo dell’intero istituto,o anche di tutto il mondo. Stava li seduto alla cattedra con il suo dito maledetto che vagava per i nomi dell’elenco per vedere chi interrogare mentre rialzava su per il dorso del naso i suoi occhiali da vista con la montatura intonata sempre ai suoi milioni di maglioncini.
cominciò con l’appello e la sua voce da corvo strozzato mi dava così sui nervi da socchiudere gli occhi mettendo una mano in faccia.
disse il mio cognome con una lentezza e un tono sguaiato che mi fece innervosire.
mi voltai verso la finestra per avere la scusa di guardare il mio compagno di banco;aveva gli occhi che sembravano color terra di Siena,i capelli corvini in un ciuffo alto che lui portava spesso indietro con le dita della mano destra,un po’ di barbetta che contornava le sue guance e unghie ingiallite come solo un buon fumatore ha,sorrisi.
Il professore nominò il suo nome e cognome seguita da un ‘è il nuovo arrivato,portate rispetto eh’.
e perché mai? Nella società di oggi ci si prende a calci nel sedere per accoglierci no? Mi sento una bimba di due anni quando ci dice cosa fare,boh.
-lo porteremo in braccio Giancarlo.- dissi sottovoce facendo degli scarabocchi con la matita e sentì un sospiro da risata provenire dal mio compagno di banco che si coprì la bocca inarcata in un sorriso con la penna che picchiettava sulle labbra,e vedendolo sorrisi anch’io.
uscì dopo un’ora da quella classe trascinando lo zaino che tenevo in una mano dalla parte della bretella,mi guardai a destra e sinistra nel corridoi scorgendo gente che mi accennava un sorriso come saluto. Sentì prendermi il braccio della felpa,deglutì per paura che se avesse tirato troppo si sarebbe scoperto troppo;misi una mano sul polso e mi voltai trovandomi il moretto che mi sorrideva.
notai fosse molto più alto di me,anche se comunque tutti erano più alti di me,ero una nanetta che per miracolo toccava un metro e sessantacinque se si alzava in punte.
-non abbiamo avuto modo di presentarci.- mi disse il suo nome azzardando un sorriso tenendomi la mano.
si ok,era molto carino come ragazzo ma strano,il fatto che mi parlava non era molto normale ma forse cercava di farsi qualche amico.
-piacere mio,Ludovica.- gli strinsi la mano sistemando la bretella dello zaino sulla spalla e faccio un finto sorriso tanto per non farlo stare male.
-quindi saremo compagni di banco nelle prossime ore di biologia.- mi disse guardandomi mentre camminavamo nel corridoio in mezzo alla folla di ragazzi che usciva dalla scuola.
-non sai che emozione che provo.- dissi fra un mezzo sorriso appoggiando una mano alla ringhiera delle scale per salire al piano superiore lasciandolo solo che continuava a guardarmi,abbassò la testa con un sorriso beffardo sul viso e continuò la sua strada.
finalmente dopo altre quattro ore suonò quella benedetta campana che mi portò fuori da quella giungla di matti.
mi diressi verso la fermata del bus con degli amici che mi accompagnarono per tutta la strada in bus ma poi io scesi alla fermata di fronte casa mia.
girai la chiave nella serratura della mia porta ed entrai trovando i miei seduti intorno alla tavola che mi aspettavano,mi sedetti con loro.
-principessa come è andata la scuola?.- mi chiese mio padre prendendo dell’acqua dalla bottiglia per versarla nel suo bicchiere.
-oltre al fatto che mi hanno buttato fuori nell’ora di religione perché ‘non ero vestita in modo adatto’ è andata bene.- gli risposi tenendo gli occhi fissati al cellulare mentre rispondevo ad un messaggio per poi finire il pranzo e chiudermi in camera mia o per meglio dire,la camera che conteneva me stessa in tutti i miei aspetti migliori o peggiori che siano.
qualche ora dopo mi squillò il cellulare,era Sara.
-mi ha aggiunto uno su face book.- mi disse lei e io già mi buttai giù,adesso comincerà uno di quei suoi discorsi assurdi parlandomi di quante notifiche lui le abbia fatto e dei commenti tipo ‘sei splendida’ sotto qualche foto.
-e sarebbe?.- chiesi io mentre sfogliavo con noia le pagine del libro di latino che mi chiamavano allo studio.
-si chiama Francesco,viene nella tua scuola,lo conosci?.- mi sdraiai buttando giù la testa sul cuscino mettendo una mano sulla fronte sbuffando.
-ma che ne so? In quella scuola hanno quasi tutti quel nome,non saprei dirti chi è.-  le risposi per poi sentire il cellulare vibrare e inarcai le sopracciglia leggendo quel messaggio strano,ma Sara mi distrasse e lanciai il telefono sul comodino.
-sai almeno se è figo? Che ne so,mi riempie a notifiche e mi ha anche scritto in chat.- ed eccola qui con i suoi discorsi molto interessanti.
-cristo non lo so! Vieni domani da me e cercalo per i corridoi! Non sono il tuo detective personale che cerca i ragazzi fighi che ti scrivono in chat! Se la mia scuola è piena di bei ragazzi vienici e basta.- si forse sarò stata cattiva e sarò esplosa troppo in fretta ma ne avevo bisogno.
-calmati! Non ti ho detto niente vedi eh!.-
-ok ciao.-  chiusi il telefono lanciandolo sul cuscino per poi aprire il libro di latino fingendo di leggere mentre nella mia mente cercavo qualcosa di più intelligente che avrei potuto risponderle cercando di convincermi che ero io che avevo  ragione,con difficoltà.
Il giorno dopo mi svegliai senza voglia,infilai una tuta veloce e mi diressi verso scuola,non avevo assolutamente voglia di fare algebra alla prima ora e nella mia mente cercavo un modo per farmi buttare fuori dalla classe.
arrivai fuori in cortile e mi guardai intorno notando sempre lo stesso schifo di ogni giorno,me ne entrai al suono della campana e quando entrai in aula di algebra mi scappò un sospiro che non poteva essere descritto come un sospiro di sollievo.
C’erano Michael il giocatore di calcio professionista,Andrea il rubacuori con i suoi capelli biondi e occhi azzurri faceva cadere ai suoi piedi qualunque tipo di ragazza e Carmelo l’intelligente e il romantico,e tutti e tre crearono un bel po’ di disordine la dentro e notai che in mezzo a tutti i tipi e le tipe che li circondavano c’era anche il moretto di ieri.
immaginate quanto ero felice. No,non ero felice.
mi sedetti ad uno degli ultimi banchi e vidi Francesco avvicinarsi e piegarsi sul banco a braccia conserte mentre io prendevo i libri.
-quindi saremo anche compagni di matematica.- mi chiese lui toccandosi la sua barbetta con le sue unghie un po’ ingiallite,lo guardai attentamente sorridere.
non aveva un sorriso perfetto,aveva qualche dente più accavallato sopra qualche altro e i segni di nicotina si notavano ma era ovvio ed evidente fosse un tipo pulito e che tenesse abbastanza al suo aspetto esteriore.
-non hai idea di quanto questo mi faccia piacere.- dissi io ironica lanciando il libro di algebra sul tavolo creando un tonfo per il quale lui si alzò e si allontanò sbuffando continuando a guardarmi con la coda dell’occhio.
quel ragazzo era strano. Si forse ero io che gli rispondevo male e lo allontanavo ma lo vedevo come uno fi quei fighetti che essendo nuovi cercavano di accalappiare di più,ma boh,si sbagliava con me se mi vedeva come le altre.
verso il pomeriggio ricevetti un messaggio,era il mio caro amico Leonardo,uno scemo patentato con una laurea per farmi sorridere. Ci incontrammo al parco per stare un po’ insieme,lui era più grande di me di un anno,non andava più a scuola ma era un ragazzo impegnato e tendevamo a sentirci sempre per messaggi.
-novità quindi?.- mi chiese mentre avevo la sua testa sulle gambe e gli accarezzavo i capelli.
-di che tipo?.- gli risposi freddamente guardando il vuoto.
-che ne so io,nuovi amori?.- mi toccò la mano notando che io non fossi più sul pianeta terra.
-emh … boh,c’è un tipo carino a scuola ma, è uno di quei santarellini che si sentono fighi e che cercano solo un buco.- dissi io sorridendo per la mia ultima affermazione,anche se non la pensavo proprio così su di lui.
-le tue teorie sui ragazzi mi hanno sempre interessato tantissimo.- mi rispose lui con un sorriso in faccia come divertito per la mia battuta.
-ho la stessa teoria per tutti!.- scoppiai a ridere pure io sentendo il cellulare vibrare prendendolo nelle mani.
-ma a te piace?.- mi disse quella frase e io ci pensai solo un attimo per poi leggere il messaggio al cellulare,numero sconosciuto. Aprì il messaggio ‘ciao bella’ era il contenuto,lo eliminai e ritornai a concentrarmi sulle parole di Leo.
-a me? Ma che dici! A me non piacciono i tipi così,non sono il buco di nessuno io!.- dissi alzandomi da terra mentre c’era lui che rimase a terra a ridere. Che c’era di divertente?
-sei un coglione quando ridi! Perché ridi?.- gli chiesi arrabbiata nera.
-tu cadrai nelle braccia di quel tizio prima di quanto immagini.- lo mandai a quel paese mentalmente,quella frase mi aveva fatto saltare i nervi così tanto che lo lasciai solo al parco tornandomene a casa.
ma come fa a dire che io cadrò nelle braccia di quel morto di figa? Ma non mi conosce bene come credevo? Dio,come fa a pensare un cosa simile? Mi da della troia?
decisi di non ascoltare più il mio cervello,almeno,non adesso.

-è tua.- gridavano nella palestra ad ora di scienze motorie,si giocava a pallavolo.
si sentiva l’eco delle voci delle mie compagne nella palestra,mentre io le guardavo annoiata dalle panchine ascoltando le battute stupide dei miei compagni,si erano ridicole.
mi scocciai e mi alzai per andare in bagno tenendo ben saldo nelle mani il mio amato pacchetto di sigarette.
entrai nei bagni scolastici mettendo in bocca una sigaretta sedendomi sul marmo dei lavabi,accesi al sigaretta e feci il primo tiro,sistemai i capelli alzandomi le maniche per far prendere aria alle mie ferite.
ma,perché lo feci?
in quel preciso istante dalla porta,troppo velocemente,entrarono,Jenny,Miriam e Marzia,le tre ochette della scuola.
-ma guarda chi ce qui! La strega!.- mi disse Miriam venendomi a toccare i capelli tirandomeli di poco,feci forza con il gomito levandomela di dosso aggiustandomi di nuovo i capelli gettando la cenere della sigaretta nel lavabo dietro di me.
-guarda qua!.- Marzia mi prese le braccia scoperte e le fece vedere a Jenny che scoppiò in una risata malvagia e mi guardò tirandomi un pugno in pieno volto facendomi sbattere la testa contro lo specchio del bagno rompendolo.
-la strega si taglia! Ecco perché gira sempre in felpe. Visto che ti diverte,vediamo se così godi!.- prese uno dei pezzi di vetro finiti a terra,Marzia mi prese la testa bloccandomela mettendomi una mano sulla bocca,Miriam mi blocco le gambe tirandomi giù i pantaloni facendo vedere gli altri tagli ovunque sulle gambe e sulla pancia,Jenny sorrise alla vista,mi prese il braccio facendomelo tendere tirando lunghe e forti linee sulla mia pelle creando voragini da cui continuava ad uscire sangue a fiotti,continuò e continuò sulle braccia,sulle gambe,sulla pancia,sul seno.
mi presero il pacco delle sigarette le accesero spegnendomele sulle ferite. Urlavo ma non mi sentiva nessuno,il dolore mi accecava,le lacrime mi appannavano la vista,in quel momento eliminai la presenza di Dio più di quanto non ci credessi già,chiesi con tutto il cuore che quella sofferenza smettesse,che morissi così da non sentire tutto quel dolore,ma loro continuarono ancora,ancora,ancora finchè non persi i sensi per il troppo sangue che era uscito,le sentì urlare e scappare,io rimasi a terra agonizzante.



note autrice: tutto quello che avete letto non è preso dalla mia fervida immaginazione,quello che è successo mi è veramente accaduto,tranne il nome del professore,è tutto reale.
  
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