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Autore: Slytherin Nikla    21/06/2007    7 recensioni
Dopo mesi di lontananza dal mondo magico, ho pensato di ritornare con una ficcyna sul mio personaggio preferito (Minerva, nemmeno a dirlo!) e il suo eterno amore (ovvero, secondo me, il sommo Albus)
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Albus Silente, Minerva McGranitt
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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La prima volta che lo vidi, quasi non credevo ai miei occhi.

Lo conoscevo di fama, tutti quanti lo conoscevamo ed eravamo al corrente delle sue imprese, ma quando inaspettatamente me lo trovai di fronte in quel corridoio del quarto piano il mio cuore perse un battito. Ricordo di avere pensato, in maniera davvero stupida, che allora esisteva davvero, o qualcosa di simile e ad ogni modo molto lesivo del mio proverbiale buonsenso.

Certo lo sapevo, che esisteva, ma nel trovare a pochi passi da me, in carne ed ossa, il grande Albus Silente, il mio romantico cuore di ragazzina ebbe la sensazione di impazzire: nella mia famiglia il suo nome era sempre stato pronunciato con rispetto, con totale ammirazione, e ora – del tutto irrazionalmente – reagivo di conseguenza.

Ricordo con estrema precisione la prima lezione che tenne alla nostra classe: qualcuno – il Preside, forse, o il nostro vecchio insegnante – doveva essersi premurato di fargli conoscere la mia situazione, e me ne resi conto con terrore dal modo in cui mi guardò pronunciando il mio nome durante l’appello… Lo sguardo di chi ti valuta per metterti alla prova.

« Signorina McGranitt… » Mi indicò un piccolo falco, immobile e serio sul trespolo « Ci mostri cosa sa fare… Mi offra un buon tè ».

La mia schiena si coprì di brividi e sudore. Un intero servizio da tè?

« Ma… professore… Credo sia più avanti del livello del quinto anno… » Lui mi sorrise, gli occhi azzurri brillavano. Senza capire perché, mi sentii subito più tranquilla.

« A quel che ho saputo, cara Minerva, anche lei è ben più avanti di quel livello ».

Afferrai la bacchetta con una nuova sicurezza. "Cara Minerva"? Uno strano caldo colorava le mie guance ma la fiducia che Albus Silente mi dimostrava sembrava avermi resa invincibile. Disegnai un complicato intreccio a mezz’aria, e il mio cuore esplose di soddisfazione. Sulla cattedra era appena atterrata una tazza di porcellana bordata d’oro, subito raggiunta da una zuccheriera e una teiera dalla quale emanava un inconfondibile vapore. Come l’intera classe, ero rimasta impietrita e senza parole: solo il placido, soddisfatto ed inaspettato applauso di Silente mi riportò in me stessa.

« Cosa le avevo detto, signorina McGranitt? », commentò entusiasta, intingendo la piuma nell’inchiostro verde che negli anni avrei imparato a riconoscere tra mille. « Una bella E non guasta certo, vero? Bene. Adesso fuori tutte le bacchette: si comincia! »

Ero sempre stata un’allieva studiosa, e – devo ammetterlo – i miei risultati erano invidiabili; ma da quando era arrivato il professor Silente non pensai più ad altro che ad ottenere il massimo in ogni disciplina, compresa l’Astronomia durante la quale, di solito, poco onorevolmente crollavo per il sonno.

In realtà desideravo una cosa sola, ma la desideravo con tutta me stessa… Volevo che fosse fiero di me. Non mi interessava nient’altro: Albus Silente divenne, quasi senza che me ne rendessi conto, il centro e il punto di riferimento di ogni mia azione.

Finì che, senza una ragione apparente e sotto gli occhi increduli delle mie amiche più intime, il giovane professore di Trasfigurazione – nonché il mago che aveva liberato il mondo magico dalla più grave minaccia che mai avesse conosciuto – divenne per me ben più di un insegnante. Era diventato un amico, un sincero e fedele confidente, una compagnia frequente e gradita… Mi sarei considerata fortunata anche soltanto per quello, anche soltanto se fosse stato un rapporto a senso unico. Ma la cosa davvero sorprendente era come lo stesso valesse per lui nei miei confronti.

« Dovresti dirglielo, Minerva. Ha il diritto di sapere quel che provi ».

Guardai Augusta come se fosse completamente pazza. E in effetti, in quel momento pensai proprio che lo fosse.

« Di cosa diavolo parli? »

« Si vede lontano un miglio che sei innamorata di lui ». Il tono neutro e sbrigativo – assai caratteristico di lei – con cui la mia amica aveva fatto quell’inopportuno commento mi sembrò orribile.

« Non sono innamorata di lui! » Augusta si strinse nelle spalle.

« Come vuoi ».

In realtà mi stava provocando, ma sentendomi ingiustamente accusata non me ne resi conto. E caddi nel suo tranello come una perfetta sciocca.

« È solo un amico, Augusta, lo sai! E poi… e poi è un insegnante! » Avevo esclamato, come se fosse la cosa più incresciosa dell’universo. Con la grazia di un troll, la mia compagna di stanza proseguì per la sua strada del tutto incurante delle mie proteste, anzi servendosi di esse contro di me.

« E tu tra meno di un mese non sarai più una studentessa. Non vedo il problema, scusami tanto ».

Impiegai davvero molto tempo a rendermi conto che Augusta aveva avuto ragione. Mi diplomai – nemmeno a dirlo – con il massimo dei voti, fui assunta come insegnante di Trasfigurazione quando Silente ottenne la Presidenza, lavorai al suo fianco per anni… E ancora credevo si trattasse di amicizia: profondissima, fuori dal comune, di proporzioni epiche… Ma nient’altro che amicizia.

Forse perché inconsciamente ero persuasa che lui – che non ho mai smesso di considerare il grande Albus Silente – non potesse provare per me nient’altro; forse era un inconsapevole meccanismo di difesa; fatto sta che ho rubato ad entrambi tanto tempo, che al solo pensiero mi sento morire. E fu solo grazie alla comparsa dell’essere che si faceva chiamare Lord Voldemort, se ho compreso – abbiamo compreso – che ciò che ci legava andava al di là dell’amicizia pura e semplice che pensavamo.

Era una notte molto fredda, come da tempo non se ne verificavano; fuori delle mura di Hogwarts infuriava il vento, e nel mondo magico i seguaci di Voldemort agivano impuniti come fossero intoccabili. Nello studio di Silente c’era una gran folla, oltre naturalmente a noi due: James e Lily Potter, Sirius Black, Peter Minus, Remus Lupin… il figlio di Augusta, Frank, e sua moglie Alice… Alastor Moody, Emmeline Vance e diversi altri maghi e streghe.

« Vi ho riuniti qui perché la situazione ormai è insostenibile, e sono persuaso della necessità che qualcuno – che noi tentiamo di porvi rimedio ».

Alle parole di Albus era calato un silenzio più gelido della notte che avvolgeva Hogwarts. I più giovani si guardavano con un’espressione strana, come se non fossero certi di quale fosse la strada da percorrere, mentre noi…adulti eravamo forse ancora troppo stupiti da quella proposta così brusca ed inaspettata per aprire bocca. Silente ci scrutava da dietro le lenti a mezzaluna, gli occhi azzurri incredibilmente scuri come la notte più profonda; ricordo ancora con quale frequenza il suo sguardo indugiasse su di me, cercando il mio che implacabilmente vi si sottraeva. Quel mio atteggiamento sfuggente a dire il vero infastidiva anche me; ma il discorso di Silente mi aveva colta alla sprovvista. Può sembrare strano, visto quanto lui sin dai primi tempi della nostra conoscenza si consultasse con me praticamente su tutto: ma, purtroppo, sulle decisioni che avrebbero riguardato anche la mia vita ha sempre fatto tutto da solo… E il mio imbarazzato silenzio era il risultato di quella scelta.

A tirarci fuori dall’impasse fu nemmeno a dirlo Malocchio Moody, che percosse la scrivania di Silente come avrebbe fatto con il peggiore dei criminali e sbottò con la sua solita malagrazia.

« Si può sapere cosa state aspettando? Be’, fate quel che volete: quando ci sono dei cattivi da prendere a calci io certo non mi tiro indietro. Conta su di me, Silente ». Le parole sbrigative e ruvide di Moody scossero la gran parte di noi; finalmente, quando gli occhi di Albus tornarono ad incontrare i miei io non mi tirai indietro. Al contrario sorrisi, il petto che mi bruciava e la decisione più importante della mia vita ormai presa.

« Moody ha ragione; hai il mio appoggio incondizionato ». Colsi qualcosa di strano nel suo sguardo, ma a tutta prima non vi attribuii importanza. Credetti che fosse entusiasmo, quello stesso che ora ardeva in tutti noi lì riuniti e che ci avrebbe resi capaci in poco tempo di opporre a Lord Voldemort una resistenza che mai si sarebbe aspettato. In realtà Albus Silente aveva pensato ad altro, in quell’istante, aveva preso una decisione che ben poco aveva a che fare con la lotta imminente cui ci aveva convocati…Ma io me ne resi conto tardi, tradendo – come sempre mi è accaduto, con lui di mezzo – la mia proverbiale lucidità di ragionamento.

La riunione si era sciolta poco prima dell’alba, dopo una notte di progetti, strategie e sonno perduto. Lo studio di Silente si svuotò a poco a poco, fino a che – cosa che accadeva sempre, a dire il vero – non rimanemmo soltanto noi due. Non mi andava di tornare nelle mie stanze, ormai che la notte era passata, e mi sedetti in poltrona – non mi ero accorta, fino ad allora, di considerarla già da tempo la mia poltrona – di fronte al camino, posando la scacchiera sul piccolo tavolo davanti a me. Silente mi raggiunse ed iniziammo a giocare in silenzio; lo osservavo senza capire, senza riuscire a spiegarmi per quale motivo sembrasse chiuso in un mondo lontano ed impenetrabile dal quale ero lontana anni luce.

« Scacco », commentai, atona, mentre i pezzi bianchi – ho sempre usato i neri, per scaramanzia – si voltavano irritati verso di lui protestando sonoramente. Silente sembrò non notare quel misero tentativo rivoltoso; a quel punto, decisamente preoccupata, mi protesi verso di lui. Le mie dita accarezzarono il dorso della sua mano con timore quasi reverenziale, come se fossi ritornata la sciocca e timida ragazzina di un tempo. « Che cosa sta succedendo, Albus? »

Lui non mi guardò.

« Ho sbagliato tutto, Minerva, perdonami. Non avrei dovuto coinvolgerti nell’Ordine della Fenice ».

Delusa. Abbandonata.

Tradita.

Provai questo, di fronte a quelle parole crudeli. Ebbi la sensazione che il mio cuore, fino a quel momento traboccante di determinazione e del desiderio di salvare il mondo magico, si fosse frantumato. Rimasi, poco onorevolmente temo, a bocca aperta, mentre la voglia di urlare di frustrazione si faceva ogni istante più forte, accresciuta dal sorriso innocente che Silente aveva ora dipinto in viso. Come poteva prendersi gioco di me a tal punto?

« Non fare quell’espressione, ti prego… Non è come pensi »

« Ah, no? », riuscii ad articolare, con uno sforzo che mi costò non poco in termini di autocontrollo. Di nuovo lui sorrise, in quel modo così irritante.

« No. Tu pensi che lo abbia detto perché non ti ritengo all’altezza; invece l’ho fatto perché conosco troppo il tuo coraggio, la tua prontezza a metterti in gioco in prima persona… E non voglio rischiare di perderti ».

Impiegai qualche istante a comprendere le sue parole; ma quando esse si fecero strada attraverso la rabbia, ed ebbero raggiunto la parte razionale del mio cervello, il mio stupore crebbe ancor di più. Iniziai a temere di essere impazzita: non poteva aver pronunciato quelle parole… E risposi interpretandole nel modo peggiore.

« Quindi il problema è questo. Secondo te non sarei in grado di difendermi. Non sarei abbastanza all’altezza da non farmi ammazzare come una stupida ». Mi ero allontanata da lui, ma Silente assecondò il mio movimento e impedì alle nostre mani di interrompere il contatto. Al contrario, afferrò gentilmente la mia e lasciò che le sue dita mi accarezzassero garbatamente.

« Non ho mai detto questo; ma ti domando scusa per non essere stato più esplicito… Non è questione delle tue capacità, si tratta di me. Io non posso pensare di metterti in pericolo, è questo il problema. Ho paura di perderti più di quanto tu possa immaginare »

« Quindi vedi che… », esordii, sempre più infastidita da quel tergiversare. Solo la mia mano che, indipendente dalla mia volontà, continuava a lasciarsi stuzzicare dalla sua, sembrava aver compreso la natura di quel discorso. Il viso di Silente si contrasse, e prima che potessi rendermi conto di quel che stava facendo lui si era alzato in piedi, ergendosi in tutta la propria statura, e mi aveva attirato a sé. Un attimo dopo, mentre la luce dell’alba iniziava a filtrare nella stanza riflettendosi in mille raggi sugli strumenti argentati, mi trovai stretta tra le sue braccia, aggrappata al suo collo, contraccambiando un bacio che per anni e anni avevo desiderato senza neppure saperlo.

« Sono stato abbastanza chiaro, adesso? », disse lui, non appena ci separammo, riempiendo con quelle parole i pochi centimetri di spazio tra i nostri volti. Sì, finalmente avevo capito.

« Starò attenta, te lo prometto… Ma solo se tu farai altrettanto »

« Devo dedurre che non mi odi più? » Mi alzai in punta di piedi, e sfiorai le sue labbra per un attimo.

« Molto più di prima, invece… Ora dovrò ammettere con Augusta che aveva ragione lei ».

  
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