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Autore: freddyemo    21/06/2007    1 recensioni
"Ma come.. finisce così?" vi chiederete voi; "sì, finisce così" vi risponderò io; solo pochi conosceranno il seguito, e la fine non è ancora disponibile.. e voi? Che dite, riuscirete a trovare quei pochi che possiederanno il finale? Ammesso che già lo conoscano.. e se vi facessi uno scherzetto? Magari la fine non la conoscerà nessuno se non solo io.. non è poi così male, vero? *ride*.
Genere: Dark, Drammatico, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CIELO DISTORTO

Il cielo era rannuvolato e di un bianco pallido che richiamava in mente un volto malato; erano le cinque del pomeriggio, il vento portava con se una gelida brezza invernale, ben capace di trapassare ogni minima fessura negli abiti per regalare a piccoli, ignari uomini sussulti e brividi di freddo.
Il solito odore di fiori appassiti aleggiava nella strada che incrociava il viale alberato dell'ospedale del St. Raphael, quasi come un invito a passeggiarvi, distogliendo la mente da ogni problema.
Scott osservava dal finestrino quei giardini paradisiaci, troppo colorati e accesi da abbinarsi a quella spettrale atmosfera invernale; con una calma innaturale aspettava che scoccasse il semaforo verde, battendo più volte le dita sul volante della sua piccola auto color ciliegia vecchio stile.
Ora che ci pensava, anche la sua vettura era troppo colorata per quel paesaggio così spento... eppure gli capitava di non riuscire a percepire quella differenza di colori, quasi come se anche il giallo più acceso fosse una tonalità scura e opaca.
Forse perchè anche la sua vita era ingrigita da tanti problemi.
Quasi automaticamente tirò fuori dalla tasca della giacca nera un pacchetto di sigarette, ne prese una e se l'accese. Un po' di cenere cadde sulla sciarpa grigio sasso ben avvolta intorno al suo collo bianco, mentre scosse dagli spifferi provenienti da fuori il finestrino abbassato, ciocche di capelli biondi gli frustavano il viso pizzicandoglielo e lasciandogli dei lievi segnetti rossi.
Finalmente si accese il semaforo verde, e Scott svoltò l'angolo, avvicinandosi sempre di più verso quell'edificio bianco puro che era il St. Raphael.
L'area del St. Raphael era enorme, proprio quanto la vastità dei reparti di cui i suoi medici si occupavano; c'era bisogno di molto spazio per così tanti pazienti, e tutti gli altri ospedali della città a confronto parevano delle semplici cliniche di poco conto.
Bisognava essere molto ricchi per poter far ricoverare qualcuno in quell'ospedale.. oppure bastava una qualche semplice scintilla di fortuna, rarissima almeno quanto utililissima.
Il parcheggio poi era il doppio dell'edificio stesso, e occupato da un gran numero di auto tant'è che Scott dovette fare cinque volte il giro prima che un posto si liberasse. Ne trovò uno non molto distante dall'ingresso principale e si catapultò fuori dall'auto contenendo ogni emozione e impazienza con una certa maestria.. non per le persone che lo osservassero, ma per se stesso, perchè non voleva piangere o tirarsi indietro.
Varcò le porte automatiche, e in pochi attimi fu investito da un'atmosfera di calore, di frenesia, di caos: medici che correvano da tutte le parti, addetti alle pulizie, parenti dei ricoverati, e quelle luci forti e bianche che dall'alto del soffitto recavano un fastidio non indifferente ai suoi occhi grigio spento.
Il banco informazioni sembrava distare chilometri dall'entrata, Scott si avviò evitando per poco una barella in corsa.. in realtà c'era un'infermiera dietro che la spingeva, ma andava a una tale velocità che tutto ciò che vide fu una lettiga che sfrecciava da sola nel corridoio, come fosse telecomandata.
L'idea lo fece quasi sorridere.
Una donna molto bella sedeva dietro il bancone, sgranocchiando uno snack di poche calorie; i corti capelli neri che le incorniciavano il volto abbronzato e gli spessi occhiali rettangolari le davano un'aria professionale; si vedeva lontano un miglio che aveva un fisico sportivo e muscoloso, da corridore.
Quando vide i spettinati capelli biondi di Scott fare capolino dal banco, si alzò in piedi, ingoiando in tutta fretta l'ultimo pezzo di snack, e non appena fu pronta, con una voce molto calda e accogliente ma educata e ferma, chiese: -Posso fare qualcosa per lei?-
-Può dirmi in che camera si trova Randall Hoe, per favore?-.
La donna annuì sorridendo e digitò il nome.
-Può dirmi in che reparto è ricoverato?-
-Psichiatria.-.
La donna smise di sorridere; un po' malinconicamente completò la sua ricerca e rispose: -Camera 914, ottavo piano, scala F.. -.
-La ringrazio infinitamente.. da che parte è la scala F?-
-Prenda tranquillamente l'ascensore, in fondo al corridoio a destra; faccia presto, stanno per chiudere le porte.-.
Scott fece un lieve inchino ringraziando nuovamente la signora del banco informazioni e poi prese la rincorsa verso il corridoio a destra; prese l'ascensore per un soffio, era abbastanza affollato ma abbastanza grande per contenere dodici o tredici persone.
Le persone fluirono man mano che l'ascensore si fermava da un piano all'altro finchè non rimasero solo lui e l'addetto ai pulsanti, che lo portò fino all'ottavo, il più illuminato ma più desolato degli altri.
Arrivato a destinazione, fece quattro passi fuori dall'ascensore e quando senti quest'ultimo richiudersi dietro di lui per poi poter salire di almeno altri sei o sette piani, le sue gambe cominciarono a tremare contro il suo volere.
Non sapeva in che stato avrebbe trovato Randall, era da tre anni che non lo vedeva.. l'aveva abbandonato lì in quell'ospedale quasi per declinare ogni responsabilità nei suoi confronti.
Scott aveva recentemente ricevuto una telefonata dal medico personale di suo fratello, che lo aveva pregato di venire a riprenderselo, anche se non era completamente ristabilito; dopo l'incendio, Randall aveva riscontrato problemi fisici e psichici gravi, era impazzito completamente e Scott Hoe, l'irrensponsabile menefreghista Scott Hoe, aveva sfruttato l'antica amicizia di famiglia col dottor Stoughton, direttore del St. Raphael, per rinchiudere con uno sconto del novanta per cento in una gabbia di malati quel suo caro fratellino minore, di cui a nessun costo voleva prendersi cura.
Avanzava per il corridoio debolmente; fino a qualche minuto prima credeva che non si sarebbe innervosito così tanto, ma più si avvicinava al portone intero contraddistinto con l''intestazione in maiuscolo del reparto Psichiatria, più sentiva le gambe ribellarsi e lottare per tornare indietro. Eppure si imponeva di andare avanti, sorpassando anche il portone, avanzando per le mattonelle color carne, esplorando di sfuggita con gli occhi le camere bianche del reparto, chiedendosi se fra i pazienti avesse mai riconosciuto suo fratello minore.
Eppure nel reparto c'erano solo donne, coppie, uomini molto grandi.
Rimaneva solo una stanza, l'ultima e la più bianca.
Scott deglutì.
Si trascinava sempre di più a fatica, nel corridoio a volte in penombra a volte illuminato; voleva piangere, ma non sapeva perchè, si sentiva un bambino costretto di forza a guardare un film horror, voleva scappare ma qualcosa lo attirava sempre di più verso quella camera.
Quella sua incertezza era quasi come l'alternarsi di quelle lampade forti e accese, e quelle spente e nere, ben fissate sul soffitto; cerco di tramutare quel suo inspiegabile terrore in una leva in più per camminare.
Non voleva che fosse un attimo interminabile.
Era troppo per lui.
Prese la rincorsa, come un auto in galleria, quando le luci e il buio si alternano rapide senza lasciarti fiato, quasi come un cielo distorto.
"Se per me deve esistere un buio di incertezza e una luce di forza, correrò talmente veloce che mi sembrerà che l'aurea delle altre lampade illumini le sezioni di buio oscuro, cancellandole; e quindi tutto per me sarà splendente e bianco come un'unica LUCE..".
La luce della camera gli invase gli occhi, mentre il cuore gli batteva sempre più furiosamente, bussandogli nella gola. "Un'unica luce, e ogni attimo di buio sparirà..".
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FINE?
  
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