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Autore: Gulminar    04/12/2012    6 recensioni
“Sei una guerriera?”
Rivolse uno sguardo privo di emozioni in direzione della voce, una ragazzina sui dodici anni la osservava incuriosita dalla sedia accanto. Aveva lunghi capelli neri e occhi verde scuro, con una sfumatura di giallo. Una bellezza strana, selvatica.
“Sono un medico ninja.” Rispose.
“Non ho mai visto un medico ninja con la spada.” Osservò divertita la ragazzina.
“Era di una persona a cui volevo molto bene.”
“Il tuo ragazzo? È morto in battaglia?”
Alla sua età, Sakura non si sarebbe mai sognata di porre una domanda del genere con tanta leggerezza. Fu tentata di tirare un ceffone a quella ragazzina impertinente.
“Sì.” Rispose, riportando l’attenzione al proprio bicchiere.

Sono passati anni dalla fine della quarta grande guerra ninja, la pace regna ma non per Sakura. Nonostante le promesse fatte agli amici e gli impegni presi con se stessa, c'è qualcuno che non può dimenticare. Quando la speranza si riaccende, seppur flebile e quasi assurda, non può fare a meno di partire per una misteriosa destinazione.
Personalissima interpretazione del mondo di Naruto.
Genere: Avventura, Azione, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo Personaggio, Sakura Haruno, Sasuke Uchiha, Un po' tutti | Coppie: Sasuke/Sakura
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Dopo la serie
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Scelte dolorose

 

Il sole non era ancora sorto. La nottata era stata pessima e la giornata non prometteva di essere migliore. Gettò i guanti lordi di sangue rappreso in un cestino e si passò un asciugamano sul viso, aveva cambiato città ma le sue mansioni erano rimaste le stesse. Se non altro, a Konoha i feriti appartenevano a un conflitto con radici più antiche di Sakura Haruno, a Oinomori la guerra era arrivata con lei, si combatteva per lei. Ancora nessuno glielo aveva fatto pesare, ma era solo questione di tempo. Sentì altre lacrime premere da dietro le palpebre, nel corso della notte le aveva ricacciate risolutamente indietro. Ora il Sommo Danjyo l’aveva mandata a chiamare e forse poteva concedersi un breve momento per sé.

Qualcuno bussò alla porta del piccolo spogliatoio. No, decisamente non poteva concedersi pause. Probabilmente era giusto così. Senza aspettare il suo assenso, lo stesso Hiki Danjyo mise dentro la testa. Indossava un abito grigio macchiato di sangue, anche lui doveva aver prestato soccorso ai feriti. Con quella particolare espressione, in qualche modo, gli ricordò Jiraya, anche se Hiki Danjyo era l’opposto del ninja eremita. Poteva essere per via dei segni di preoccupazione e stanchezza più marcati del solito, oppure perché sembrava aver pianto.

“Vieni con me.” Si limitò a dire il vecchio, sparendo nuovamente nel corridoio.

L’ospedale di Oinomori, uno dei quattro almeno, era un antico palazzo riconvertito in struttura sanitaria, davvero poco funzionale. Un velo di vecchio e trasandato si addensava in tutti gli ambienti, per quanto il personale fosse qualificato al punto giusto. Sakura camminò un passo indietro rispetto al vecchio, intimorita dalla sua aria austera. Tutta l’amichevole cortesia, che fino ad allora l’aveva contraddistinto, era svanita.

“L’abbiamo trovato poco fa, ai piedi della Porta sud.”

Lo disse mentre la faceva entrare in una stanza con un solo letto, sul quale Sasuke dormiva profondamente. Sakura gli tolse un braccio da sotto il lenzuolo e valutò il battito dal polso, un gesto istintivo, carico di preoccupazione.

“Sta bene.” La rassicurò subito il Sommo Danjyo. “Ma dorme come un sasso. Deve aver esagerato a usare il Sommo Ookami e ha consumato troppa energia. Ha distrutto buona parte della foresta intorno alla città, non sappiamo ancora con quali danni per il nemico.” Il Sommo Danjyo si posizionò sul lato opposto del letto rispetto a Sakura, che non riusciva a distogliere lo sguardo dal volto del giovane addormentato. “Ma c’è qualcosa di strano.”

A tale precisazione, la ragazza alzò gli occhi a incontrare quelli del vecchio.

“Non si è trascinato esausto fino alle mura, era disteso come lo vedi adesso.”

“Il ché significa…”

“Che qualcuno lo ha trovato e ce lo ha riportato, altrimenti ora sarebbe in mano al nemico. Sfinito come doveva essere, non sarebbe stato una preda difficile. Qualcuno ha voluto darci una mano, giusto per rendere le cose ancora più confuse.”

“Forse Konoha è venuta in nostro aiuto.” Le parole di Sakura furono così piene di speranza, che al vecchio dispiacque doverle deludere.

“Per quanto ne sappiamo, Konoha è ancora all’oscuro di tutto.” Si sedette con aria sconfitta. “Ho sbagliato Sakura, ho sbagliato tutto. Ho pensato che aspettare la prima mossa del nemico fosse la cosa migliore da fare, per la sicurezza di tutti, mi ritrovo con una montagna di morti.” Scosse la testa. “Sasuke mi ha detto tante volte che siamo rimasti per troppo tempo senza combattere, che dobbiamo imparare di nuovo a farlo. L’ho invitato ad avere pazienza, avrei dovuto ascoltarlo.”

Sakura non si aspettava un simile esame di coscienza da parte del vecchio, non davanti a lei.

“No, la colpa è mia. Avreste dovuto consegnarmi.”

Forse non aveva avuto l’intenzione di dirlo, le uscì istintivo. Se lei aveva effettivamente delle colpe, non sapeva quali potessero essere. In fondo, era solo andata a Oinomori a cercare Sasuke. Per quel semplice gesto, la città dei lupi era piombata nel caos, ricordandole dolorosamente i giorni di allarme e confusione a Konoha.

“Non dire sciocchezze, Sasuke non lo avrebbe permesso e nemmeno io.” Disse subito il vecchio. “Non ti ritengo responsabile, magari ci sarà gente che lo farà, ma sono convinto che il nemico non sia qui per te. Credo che stiano usando la tua presenza qui come pretesto.”

Stava facendo il possibile per rassicurarla, ma forse nemmeno Sasuke ci sarebbe riuscito.

“Io un pretesto? Perché?

“Non lo so, ho questa sensazione.”

Sakura evitò di fargli notare che, fino a quel punto, le sue sensazioni non avevano avuto risultati invidiabili, spostò l’attenzione su qualcosa che le premeva dire da qualche tempo.

“Sommo Danjyo, Konoha deve essere avvertita! Verranno in nostro aiuto appena sapranno!”

“Forse hai ragione.” Concesse il vecchio. “Anche se temo che Konoha non sia estranea a quanto sta accadendo. Non è il momento né il posto per parlarne, faremo consiglio di guerra appena Sasuke si riprende, voglio che partecipi anche tu. Rimani con lui per adesso, avrà bisogno di te quando si sveglia, molto bisogno.”

Nell’ultima precisazione, la voce del vecchio parve incrinarsi, Sakura fu consapevole di qualcosa che, fino ad allora, aveva soltanto subodorato.

“C’è qualcosa che dovrei sapere?” Chiese.

Il vecchio stava già aprendo la porta, rimase per un istante immobile in quella posizione.

“Rai è stato ucciso.”

Sakura sentì come se qualcuno le avesse afferrato il cuore e stesse stringendo.

“Soma era fuori di sé quando è tornata con il corpo, abbiamo dovuto sedarla. Ci è parso di capire che è morto fra le braccia di Sasuke.”

 

“Il Sommo Ookami di Oinomori è dunque temibile come dicono.”

La caverna era stata scavata sotto un albero secolare, le radici emergevano dalle pareti e scendevano dal soffitto. Non era stata creata per quella guerra, esisteva da molto tempo ed era ottima come quartier generale, una vera fortuna averla trovata disabitata.

“In più si tratta di Sasuke Uchiha! Sì, non potevamo chiedere di meglio.” Disse l’uomo che si aggirava senza meta fra le radici e i massi.

“Perché tanto entusiasmo?” Gli fece eco qualcuno seduto in un angolo, volutamente in disparte. “In una sola notte ha spazzato via le nostre prime linee, a cominciare da Gempachi.”

“Gempachi ha voluto prendere la cosa alla leggera, ha avuto ciò che meritava.” Liquidò la questione l’altro. “Entro sera avremo ricostituito le prime linee.”

“Il Sommo Ookami è abbastanza potente da spazzarci via tutti senza l’aiuto di nessuno. Fino ad ora abbiamo colto i lupi di sorpresa, bene, non sfidiamo oltre la sorte, facciamo ciò per cui siamo venuti e andiamocene.”

“È troppo presto, dobbiamo spremerli ancora, una morte eccellente non basta.”

“Tu sei pazzo.”

“Può darsi.” Concesse. “Ma chi mi ha reso pazzo pagherà.”

“Non hanno già pagato abbastanza?”

“No! Sasuke Uchiha deve soffrire più di così, deve pagarle tutte. E dopo di lui, toccherà a quelli che si ostinano a proteggerlo.”

L’uomo nell’angolo si alzò a fronteggiare il compagno.

“Tu sei più folle di tutti i Sasuke Uchiha del mondo.” Disse, prima di lasciare la sala.

 

La sensazione di stretta al cuore si ripresentò in modo spietato, quando superarono il crinale della collina e poterono contemplare le pire funerarie dei caduti.

Un solo giorno e già tanti morti.

Sakura sentì le gambe molli come alla dichiarazione di guerra, ma si impose di non vacillare. Consolare Sasuke al risveglio era stata una cosa, affrontare quella vista era un’altra. Il Sommo Ookami camminava al suo fianco, Sakura era consapevole che la sua aria stoica era una messinscena. Esteriormente era d’acciaio, nemmeno l’accenno di una lacrima, interiormente si erano aperte ferite inimmaginabili. Lo aveva aiutato a riprendersi usando il chakra, subito lui si era messo a chiedere di Rai.

Rimasero un istante in vetta alla collina, lei cercò la mano di lui, le dita si intrecciarono. Altre persone stavano arrivando da tutte le direzioni, il cordoglio si traduceva in lamenti che arrivavano nonostante il vento contrario.

Fu Sasuke ad azzardare il primo passo, lei lo seguì ma senza volontà di farlo.

Sapevano più o meno dove era stato composto il corpo di Rai. Molte pire erano ancora da completare, diversi corpi ancora da estrarre dalle macerie. I fuochi sarebbero stati accesi solo nelle ore più buie della notte, tutti insieme, come da tradizione.

Aso Shuzen sedeva per terra con aria instupidita, sembrava molto più vecchio e si guardava attorno con l’atteggiamento di chi non riesce a comprendere appieno, di chi non si spiega. Makiko e Reira piangevano sulle spalle di un gruppo di parenti, Soma lo faceva in silenzio, seduta in disparte su un lato della pira. Quando giunsero in vista di tutto questo, il giovane Keiji corse loro incontro. Sasuke l’aveva mandato a chiamare, maestro e allievo si scambiarono un abbraccio breve, uno sguardo che bastò a dire ogni cosa. Keiji afferrò la mano libera di Sakura, il gruppo di parenti si aprì per lasciarli passare. Reira balzò al collo di Sasuke singhiozzando più forte.

“Makiko, io…” Tentò di dire Sakura, ma al solo suono della sua voce la donna parve dover esplodere, da come le si rivoltò contro.

“Tu! Che altro vuoi da noi? Sei tu che l’hai ammazzato! Se tu non fossi venuta qui non sarebbe successo!”

Fece il movimento di scagliarsi su Sakura, ma non ne aveva le forze e cadde nella polvere. Alcuni parenti la aiutarono subito a rialzarsi, la poveretta urlava frasi sconnesse condite di follia, la trascinarono lentamente verso casa. Senza capire come, Sakura era stata portata via da Sasuke.

Si sedettero nella polvere in un punto da cui potevano osservare la pira di Rai, lontani da ciò che restava del gruppo dei parenti. Sasuke non la guardò in viso, non tentò di consolarla, lasciò che piangesse contro il suo torace per il tutto il tempo necessario.

Rimasero in quella posizione per il resto del pomeriggio. In un paio di occasioni, Sasuke parve sul punto di dire qualcosa ma dovette ripensarci. Sakura desiderò a lungo di potersi addormentare fra le sue braccia per non doversi più svegliare.

Magari qualcuno ti riterrà responsabile.

Se avesse potuto prendere il posto di Rai sulla pira, non avrebbe esitato. Le piaceva Oinomori, le piacevano gli abitanti e i modi, le piaceva com’era stata accolta in casa Shuzen, le piaceva perché c’era Sasuke. Bel modo di ripagare l’affetto che tutti le avevano dimostrato.

La sera calò pigramente. Più di una volta, ninja in uniforme vennero a cercare Sasuke. La guerra continuava, infischiandosene dei morti e del dolore, i guerrieri avevano bisogno del loro comandante. Sasuke non la lasciò, rimase al suo posto, impartì ordini che lei non si preoccupò di decifrare. Lentamente, come acque d’inondazione che abbandonino terreni alluvionali, la folla di parenti svanì dai camminamenti fra le pire, torce furono accese in ogni dove, come occhi aperti sulla notte imminente. La gente andava a casa a consumare una cena silenziosa, per tornare alle pire solo nelle ore più buie, come convenuto.

Sasuke la fece alzare con delicatezza, Sakura si asciugò gli occhi in una manica e si azzardò a dare un’occhiata a ciò che la circondava. Della folla del pomeriggio era rimasta solo Soma, addormentata sul fianco della pira di Rai.

“Svegliati, Soma, andiamo a casa.” La voce di Sasuke si perse nel soffio della brezza, la donna rimase immobile nella sua posizione.

“Su, vieni, dobbiamo andare.” Insistette Sasuke, chinandosi su di lei per aiutarla ad alzarsi. Il corpo di Soma gli si afflosciò contro, Sakura vide le mani di Sasuke macchiarsi di sangue.

“Soma! No!”

Si dice che ai guerrieri piaccia scegliere in che modo lasciare questo mondo. Soma aveva fatto la scelta più dolorosa. Nel corso del pomeriggio, in disparte, sola con il suo dolore, doveva aver deciso che non era disposta a vivere in un mondo senza Rai.

   
 
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