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Autore: frodina178    06/07/2004    3 recensioni
Ampiamente ispirato al libro e al film "I Diari della Motocicletta"di Che Guevara.Due amici,un continente,una motocicletta e tanto tempo per pensare.
Genere: Avventura, Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Dominic Monaghan, Elijah Wood, Orlando Bloom
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Nota: anche se forse non lo saprà mai, volevo chiedere scusa ad Orlando Bloom, per la brutta figura che gli farò fare in questo capitolo. Credo, e spero, che non sia la persona che ho descritto, e che nemmeno abbia mai detto certe cose. Questo è il penultimo capitolo.

Zaire - Kamina - day 27

Ormai era primo pomeriggio quando Orlando aprì gli occhi, massaggiandosi la fronte, sbadigliando.
-Dormito bene?- gli sorrise Dominic, seduto poco lontano, mangiando un panino.
-Ho fatto sogni migliori…- biascicò, smettendo per un attimo di recitare la sua, ormai patetica, commedia. Si alzò, non senza fatica, lo stomaco gli doleva ancora, dirigendosi verso una borsa. Vi frugò all'interno, estraendo uno specchietto e si osservò con occhio critico.
-Non hai perso il tuo charme, amico mio, stai tranquillo, è ancora tutto al suo posto!- rise il tedesco, addentando avido un pezzo di tramezzino al formaggio. Orlando sembrò non badare alla battuta, cercò il cellulare, lo accese e se lo portò all'orecchio.
-Chi chiami?- domandò Dominic, aprendo una lattina d'aranciata.
-Kate…- mormorò facendogli segno, con un dito, di tacere.
-Non risponde!- sbuffò dopo aver tentato di contattarla varie volte.
Quello che successivamente i due amici si dissero, non è degno d'essere riportato su queste pagine, non contenendo alcun tipo d'utilità. Il discorso, volutamente, evitava di cadere su quello che era successo la notte appena trascorsa, o sui fatti precedenti, vertendo unicamente intorno a banalità e frasi di circostanza. Dominic si sentì un po' in colpa per questo, perché aveva inizialmente avuto l'intenzione di fare una conversazione seria con l'amico, per mettere in chiaro determinate questioni e delucidarne altre. Purtroppo non riuscì nell'intento, così i suoi pensieri rimasero solo ed unicamente dentro di lui.
Il tedesco guardò di sfuggita l'orologio, doveva ancora passare un'intera giornata prima dell'arrivo di Samantha. Attendeva quel momento con crescente agitazione, sapendo che da quello dipendevano molte cose.
Orlando si rimise nel letto, chiudendo gli occhi nel tentativo di riaddormentarsi. Dominic decise di lasciarlo solo, per permettergli di riposarsi in pace. Uscì così, prendendo le chiavi di Sandrina e montandoci in sella. Probabilmente sarebbe stata l'ultima volta che avrebbe potuto sentire le sue vibrazioni sulle cosce, e questo lo rattristava molto, perché, a discapito delle sue perplessità iniziali, si era rivelata un'eccezionale compagna di viaggio. Fece qualche giro in centro, ma l'affluenza di persone era troppa per permettere al motore di ruggire liberamente, si diresse allora verso la periferia, che consisteva in distese di campi coltivati. Mentre guidava lasciava vagare i suoi pensieri liberamente, purtroppo questa non si rivelò una buona idea, perché non si accorse d'essere su una strada a doppio senso. Sentì appena in tempo il suono prolungato di un clacson, si risvegliò dalle sue meditazioni e sterzò di colpo. Lui cadde di culo a terra, mentre la moto, accesa, scivolo per vari metri. Il conducente del camioncino scese immediatamente, correndo in suo soccorso.
-Tutto bene?- lo aiutò ad alzarsi. Dominic, tralasciando l'enorme spavento appena ricevuto, stava in salute, si era solamente sbucciato un gomito e strappato i pantaloni. Corse da Sandrina, le cui ruote stavano ancora girando a vuoto, nell'aria. Spense il motore, tentando di sollevarla, aiutato dall'uomo. La facciata sinistra era interamente rigata e raschiata, ma nel complesso non sembravano esserci danni apparenti. Salutato il gentile conducente, compì qualche giro di prova, constatando che funzionava ancora a meraviglia. Sospirò, felice d'essersela cavata a buon mercato, ma preoccupato per la reazione d'Orlando. L'amico era molto legato a Sandrina, aveva passato ore intere a raccontargli le sue avventure con lei, da adolescente, le ragazze che riusciva a rimorchiare e le multe che aveva preso grazie alla sua guida poco professionale. Sarebbe stato un duro colpo riportargliela in quelle condizioni, e per farla tornare come nuova avrebbe dovuto spendere un bel po' di milioni. Dominic decise di pagare lui le riparazioni, era un gesto simbolico, dato che entrambi non avevano particolari problemi finanziari, ma era il minimo che potesse fare per scusarsi della sua enorme idiozia.
Tornato alla locanda, trovò Orlando sveglio, che tentava di pulirsi il volto con delle salviettine rinfrescanti alla camomilla. Lo salutò con un gesto della testa, prendendo il cellulare, uscendo nuovamente e chiudendosi nel bagno. Riprovò a contattare Samantha, inutilmente.
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Barcellona

William le porse un cartoccio di caffè freddo, che lei afferrò, ringraziandolo distrattamente.
-Agitata?- le domandò scrollando la mano che si era appena scottato con la sigaretta.
-Non più del dovuto…- ostentò indifferenza lei, ma l'espressione tirata sul volto e un tic nervoso all'occhio la tradivano. Il ragazzo decise che era meglio darle corda, così le si accomodò vicino, soffiandosi il naso.
-Non sarebbe meglio che lo avverti del tuo arrivo?- s'informò però dopo un poco, alludendo al fatto che la giovane avesse preso quella decisione troppo avventatamente.
-Lo conosco -sospirò- Sarebbe capace di non farsi trovare. -.
-Ma c'è quel suo amico con lui, no?-.
-Tu non hai idea delle capacità di persuasione d'Orlando quando vuole ottenere qualche cosa…- sorrise al pensiero.
-Almeno potresti accendere il cellulare! Sei sparita così in fretta, senza avvertire, che qualcuno potrebbe preoccuparsi… -.
-Sopravviveranno…- mormorò piegandosi in avanti, perdendo lo sguardo nel vuoto, con le dita intrecciate tra loro.
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Zaire - Kamina - day 27

-Pensi che possiamo ripartire domani mattina? Preferirei non viaggiare più di notte, per un po' di tempo almeno…- domandò l'inglese appena l'amico fu rientrato. Dominic non riuscì a credere alle sue orecchie, si era raggiunto veramente il limite della follia.
-Dimmi, Orlando, cosa cazzo ti è successo per fonderti il cervello fino a questo punto?- basta, si era veramente giunti al limite. O poneva fine a questa pazzia oppure sarebbe andato fuori di testa lui. L'inglese lo squadrò leggermente confuso, in fondo non aveva detto niente di male, semplicemente un suo pensiero.
-Io credo che il cervello te lo sia fuso tu, invece, porca troia!- la rabbia gli montò dentro, ora si stava veramente esagerando- Dimmi, quando mai imparerai a farti i cazzi tuoi? E' da quando siamo partiti che ti impicci delle mie faccende, ma non capisci che invece che aiutarmi mi stai solo rompendo i coglioni?-.
Se Orlando avesse preso un coltello e lo avesse rigirato nello stomaco dell'amico, probabilmente, gli avrebbe procurato meno male. Dominic rimase immobile, con le braccia abbandonate lungo i fianchi e lo sguardo perso. Il compagno era sconvolto, triste, depresso, purtroppo, però, non riuscì a trovare una valida giustificazione per quello che aveva appena detto. Se la sua intenzione era quella di rompere la loro amicizia, c'era riuscito perfettamente, perché il tedesco non riuscì ad immaginare un futuro tra loro due, dopo quelle parole.
Silenziosamente afferrò le sue valige, mentre Orlando lo osservava, senza fare niente per scusarsi o fermarlo; ma in fondo sapeva che non c'era proprio niente da fare.
-Hai ragione- gli disse infine serio, poggiandogli una mano sulla spalla- Sono stato uno stupido, a credere certe cose. Non ti romperò più i coglioni o, per meglio dire, non me li stresserò più io, visto che grazie alle tue stronzate non ho fatto altro negli ultimi tempi. Ti auguro tutto il bene, amico!- detto questo uscì, trascinandosi le sacche a fatica dietro. Arrivato sulla strada, lanciò un'occhiata a Sandrina, sorridendo e sospirando, come in un estremo saluto. Alzò lo sguardo verso il sole, socchiudendo gli occhi. Forse era giusto così, tanto alla fine faceva del male solo a se stesso, Orlando se la sarebbe cavata, ma, in fondo, non che gliene importasse più molto. Per la prima volta gli sembrava di avere tutto chiaro nella testa. Meno di un mese di viaggio e aveva pensato come mai aveva fatto in tutta la sua vita; certo era che i suoi risultati gli aveva ottenuti. In quel caso non c'entrava l'impotenza, solo la disconoscenza e la stupidità, il vedere cose dove non esistono. Fa male, tremendamente male, ma si sopravvive. Orlando non era la vittima, solamente in quel momento riusciva a capirlo chiaramente, si stava comportando in una maniera inqualificabile, nonostante tutti stessero cercando di aiutarlo, senza che lui desse segno di voler afferrare una di quelle mani.
Sorrise ripensando a quanto era stato idiota a ritenere di poterlo aiutare, o, più precisamente, di volerlo aiutare. Quella era la fine, la fine della loro amicizia, ma il proseguimento della sua vita. Soffrire bisogna, basta prendere le cose con filosofia, doveva riuscire a considerarlo un semplice puntino sulla mappa della sua vita, forse una macchia di olio, che lo aveva ingannato, camuffandosi come un'oasi di ristoro.
Il fatto, in realtà, che più lo disturbava era il dover abbandonare quell'idea così meravigliosa, che lo aveva eccitato dal primo momento in cui gli era balenata in testa. Scrollò le spalle, incamminandosi.



-Ora basta!- William si voltò di scatto, fulminando con lo sguardo la donna seduta dietro di lui. Questa, da quando erano partiti, non aveva fatto altro che lamentarsi col marito, ad alta voce, su quanto si fossero alzati i prezzi delle cravatte, e su quanto avessero speso. La signora rimase interdetta da questa reazione poi,mestamente, abbassò gli occhi, prendendo un giornale e sfogliandolo. Il ragazzo sospirò sollevato, rimettendosi a sedere. Samntha, accanto, rideva sotto i baffi.
-Almeno sono riuscito a farti ridere!- sbuffò allargando sconsolato le braccia. La giovane si addormentò poco dopo, cosa che fece molto piacere a William, era la prima volta che chiudeva gli occhi ormai da giorni. Dormì per quasi tutta la durata del viaggio, svegliandosi solamente ogni tanto, per andare ai servizi. Era stata estreamente contenta che il suo ragazzo fosse riuscito ad accaparrarsi il posto accanto al suo, conducendo un elegante baratto. Lo aveva abbracciato, affondando il viso nella sua pancia che, da quando vivevano praticamente insieme, era cresciuta a dismisura, formando così due deliziose maniglie dell'amore.
-Samy…Samy tesoro apri gli occhi siamo quasi arrivati…- le sussurrò dolcemente in un orecchio, massaggiandole delicatamente la schiena. Lei si stiracchiò, da una parte irritata per aver dovuto interrompere quel sonno che la stava decisamente ritemprando. Mentre l'aereo scivolava sulla pista accese il cellulare, attendendo pazientemente che le arrivassero gli avvisi di chiamata. Probabilmente Dominic la stava già aspettando, non avrebbe avuto difficoltà a riconoscerlo, sebbene l'avesse visto dal vivo solamente pochissime volte. Mentre scendevano le scalette bianche, i due giovani si guardavano attorno, cercando di scorgere il ragazzo, anche se, presumibilmente, li stava attendendo all'interno dell'aeroporto. Ma nemmeno al chiuso riuscirono a riconoscerlo, così si sedettero al bar, decidendo di aspettare ancora qualche istante prima di chiamarlo, forse si era perso, o era semplicemente in ritardo. Finalmente, dopo quasi un'ora, videro un ragazzo dal volto noto che si guardava intorno spaesato, pieno di borse e con due grossi occhiali da sole calati dul naso. Samantha si alzò, andandogli incontro sventolando un braccio, fino a quando lui la notò, sorridendo.
-Ciao!- le disse cercando di mostrarsi tranquillo, stampandole due sonori baci sulle guance.
-Lui è William…- glielo presentò, e i due si strinsero la mano amichevolmente. Ora cosa avrebbe dovuto fare? Il suo programma, inizialmente, comprendeva l'accompagnarla da Orlando, lasciarli da soli tutto il tempo che necessitavano, quindi ritornare insieme. Se fosse stato necessario si sarebbe fermato qualche giorno a Canterbury, oppure sarebbe volato direttamente negli Stati Uniti. Purtroppo le cose avevano preso una piega diversa, csoì si ritrovò costretto ad improvvisare, perché l'ultima cosa che voleva era rivedere quella persona che, per tanti anni, forse troppi, aveva considerato un amico.
-Questo è l'indirizzo dell'albergo…- porse alla ragazza un biglietto da visita stropicciato- Se hai bisogno di qualche cosa hai il mio numero di cellulare, anche se penso proprio che lo terrò spento per un po'…-.
-Ma come? Non vieni con noi?- lo guardò un po' stralunata, senza riuscire a capire. Dominic sorrise scuotendo la testa, come per mostrare come il suo comportamento fosse perfettamente normale.
-Non credo abbia bisogno di me, adesso- si giustificò- E' meglio se ci vai tu da sola. Salutamelo tanto e dagli questo!- le porse un assegno abbastanza cospicuo- E' per coprire i danni che ho fatto alla sua moto, non glielo ho ancora detto, ma credo sia lo stesso se lo fai tu!-.
Samantha, anche se non sapeva il reale motivo di questa cosa, ne era abbastanza dispiaciuta. Avere Dominic accanto avrebbe significato non essere da sola; anche se con lei c'era William non era la stessa cosa, perché il tedesco era un grande amico del fratello, quindi avrebbe potuto essere d'aiuto. Ma, alla fine, non poté fare altro che rassegnarsi, salutandolo nuovamente, prima di dirigersi verso il luogo di sosta dei taxi.
Il ragazzo fece un biglietto per Barcellona, volo che sarebbe partito non troppo presto. Prese un paio di caffè d'asporto e si sedette sui gradini all'esterno dell'aeroporto, fumandosi una sigaretta dietro l'altra. L'aria era stagnante, ma probabilmente era lui che la sentiva così. Nonostante tutto, abbandonare quel posto lo faceva stare male, soprattutto perché significa dimostrare il proprio torto: non importava con quale giustificazione sarebbe tornato, rimaneva la questione che lo avrebbe fatto, venendo così meno al suo proposito, verso il quale si era mostrato così sicuro ed entusiasta. La colpa non era di Orlando anche se, sinceramente, una gran parte ce l'aveva pure lui. Ma nonera questo il problema. Dominic era una persona, poteva farcela anche da solo, oppure no?
Giocherellò qualche minuto con il cartoccio, ormai vuoto, del caffè, tormentandosi nei pensieri e nelle indecisioni. Lanciò un'occhiata dietro di se, verso l'entrata dell'aeroscalo, quindi davanti. Sorrise, dicendosi che forse era un enorme stupido, avventato, impulsivo e irriflessivo, ma, in fondo, perché no? Si alzò. Gettando l'involucro e dirigendosi a grandi passi in direzione opposta a quella che, fino a pochi istanti, prima, era la sua meta.



  
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