Come ogni giorno ero uscito col mio
padrone, Igor, per una
breve passeggiatina nel parco. Mi piaceva quel luogo. Il verde prato
dove
rotolarsi, gli imponenti alberi dove segnare il territorio e il vento
che
accarezzava le foglie e mi arruffava il pelo.
Spesso io e Igor giocavamo a quella cosa che lui chiamava calcio,
vicino ad un
piccolo lago che si trovava proprio nel bel mezzo dei giardini
pubblici.
Era il mio mito. A volte cercavo di copiarlo. Provavo a lanciare il
pallone
come faceva lui, ma non sempre i miei tiri andavano dove volevo. Non
saprei
contare le volte in cui la palla è finita in acqua. Un
giorno ho colpito un
bambino che poi si è messo a piangere. Mi sono avvicinato
con cura e gli ho
leccato la ferita, in segno di scuse. Ma lui, per tutta risposta, ha
iniziato a
strillare sempre più forte. Certe volte gli umani non li
capisco.
Ritornando al racconto… Di
ritorno dal parco abbiamo attraversato Via Maestra
che in quel periodo brulicava di turisti e abbiamo svoltato a destra,
per
Vicolo Leopardi, dove il mio padroncino doveva comprare qualche pezzo
di pane.
Quella stradina non mi è mai piaciuta: era stretta e lunga,
buia, tetra e
frequentata da tipi poco raccomandabili. Lì,
però, la merce costava poco e dato
la nostra condizione di precarietà facevamo spese da quelle
parti. Per fortuna
quel giorno la strada era deserta.
Dlin, dlin! Il campanello della porta d’ingresso
suonò e mi distolse dai miei
pensieri. Le pareti del negozio erano scrostate e sporche e dal retro
usciva un
insopportabile odore di fumo. Il commesso ci servì
ciò che desideravamo e
uscimmo.
Camminavo come sempre davanti a lui,
libero da ogni guinzaglio, per quel
viottolo lugubre.
Mi accorsi di andare troppo veloce per l’andatura del mio
padrone, così mi
fermai per attenderlo. Quando mi voltai notai che era sparito. Il
vicolo era
deserto. Solo alcuni topi di fogna apparivano qua e là.
Retrocedetti, per assicurarmi che non fosse rimasto nel negozio. Vagai
in lungo
e in largo, guardai all’interno delle botteghe, urlai: -
Igor, Igor! -, ma
nessuno pareva capirmi.
Poi il buio, il rumore di un motore, una gabbia stretta.
ANGOLO AUTRICE
Ok...lo so fa schifo...:(