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Autore: madeforharold    04/12/2012    1 recensioni
«Ma non ti biasimo, Harry, in fondo, nessuno vorrebbe mai stare con una persona malata, tanto meno tu. Solo un pazzo e sadico lo farebbe.»
Harry si impietrì, era completamente paralizzato da quelle parole. Tuttavia decise di farsi coraggio, non voleva darsi per vinto, lo aveva fatto troppe volte. Fu allora che prese un respiro profondo, guardò Aveline negli occhi e le sussurrò: «Pazzo? Sadico?! Aveline, ehi, guardami» le disse con tono sicuro accarezzandole il viso «io mi sono innamorato di te prima di sapere della malattia. Io mi sono innamorato della Aveline che guarda speranzosa il cielo, che ha paura del rumore del temporale e che sussurra nel sonno. Io amo il suono della tua risata, il profumo dei tuoi capelli, il modo in cui ti inumidisci le labbra prima di parlare. La malattia è solo una piccola parte di te e, in quanto tale, non basterà ad annullare il sentimento che provo per te. Non avevo mai provato questo prima d'ora: io ero solo, perso, sull'orlo di sprofondare e poi...» Aveline era in lacrime e ad Harry luccicavano gli occhi. «...e poi ho trovato te»
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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And then I've found you


Capitolo I


«Sono 24 euro e 50, grazie» disse il tassista guardando Aveline dallo specchietto retrovisore, la quale si tolse frettolosamente le cuffie dalle orecchie, prese il portafoglio e pagò. Scese dall’auto, era il momento. «Eccoci, Aveline, ci siamo.» sospirò tra sé e sé. Era sola, davanti all’ingresso dell’aeroporto di Milano Malpensa. Faceva un freddo tremendo, Natale era appena passato e il gelo cominciava a farsi davvero sentire…  Percepiva il vento sul viso, era lieve, ma questo bastava a darle l’impressione che le stesse tagliando la faccia. Nonostante fossero già le otto di sera l’aeroporto traboccava di gente, o, forse, era solo una sua impressione: aveva viaggiato in aereo solo una volta ed era molto piccola, questa sarebbe stata la prima volta che avrebbe preso l’aereo da sola.

Sua madre stava traslocando dal suo nuovo compagno e, per non averla tra i piedi, l’aveva spedita a Londra da una ex collega di suo padre, che si era trasferita lì due anni prima. Il padre di Aveline era morto tre anni prima per un tumore ai polmoni, probabilmente provocato dal fumo e, adesso, sentirne anche solo l’odore la irritava. I genitori di Aveline erano separati da anni e, quando lei trascorreva i weekend da suo padre, si era molto affezionata a Gwen. 
Gwen era una di quelle persone sempre allegre, solari, con un sorriso capace di contagiare chiunque, e, forse, era proprio per questo che Aveline la stimava tanto. Inoltre, era una grande amica di suo padre ed averla accanto, in qualche modo, le avrebbe potuto dare la possibilità di sentirlo più vicino…

Varcato l’ingresso, Aveline fu travolta da un’onda di persone. C’era caos ovunque, ognuno si dirigeva in una direzione diversa e lei ebbe per un attimo l’impressione di svenire.
C’erano decorazioni natalizie appese ovunque, e, questo, in qualche modo, le dava sicurezza: amava il Natale, ma, da quando era morto suo padre gli ultimi quattro Natali erano diventati insignificanti, insipidi. Lui la portava sempre a pattinare sul ghiaccio, a visitare mercatini e a bere cioccolata, ma il momento più magico del periodo era la vigilia: era tradizione che lei passasse la vigilia di Natale con suo padre e il giorno seguente con la madre, e, per questo, era particolarmente legata al 24 dicembre: non era solo la vigilia di Natale,  ma era la loro giornata.
Suo padre era solito svegliarla puntualmente e prepararle la sua colazione preferita: i pancakes alla marmellata di mirtilli. In seguito, andavano insieme a fare la spesa per la cena; compravano davvero di tutto nonostante fossero solo in due, ma, appunto per questo, tutto doveva essere speciale.
 La sera, la portava a pattinare e, una volta rientrati, Aveline e suo padre attaccavano il puntale all’albero, esprimendo un desiderio.
Tutto questo le mancava terribilmente. D’altronde, da quando il tumore lo aveva portato via, non aveva senso festeggiare la vigilia di Natale…  non senza di lui, il suo papà, il suo magnifico papà.

La prima preoccupazione di Aveline era quella di dover imbarcare le valige, poi avrebbe fatto il check-in e forse avrebbe anche avuto il tempo di mangiare qualcosa.
Si diresse verso il suo sportello, che riconobbe dall’icona arancione ‘Easy Jet’, perché era la stessa che aveva sul biglietto. Fece imbarcare le valige e, una volta finito, si diresse subito verso il metal detector: non vedeva l’ora di imbarcarsi sull’aereo, aveva solo voglia di scappare, di cambiare aria. Prima avrebbe lasciato Milano, prima sarebbe stata meglio.
Passò anche il metal detector, e allora decise di andare a bere un cappuccino al bar. Stranamente non aveva fame e, nonostante non avesse toccato cibo dalla mattina, il suo stomaco era chiuso.
Comprò una rivista e si accorse che era ora di imbarcarsi, finalmente.
Salita sull’aereo, raggiunse la sua fila e si sedette al posto che le era stato assegnato, accanto al finestrino.
Aveline era agitata, insomma, andare a Londra, da sola… aveva paura di sentirsi smarrita e sola, ma il pensiero di Gwen che la aspettava all’aeroporto la tranquillizzò.
Adesso aveva solo voglia di riposarsi, chiudere gli occhi e ascoltare musica. L’aereo cominciò a muoversi e Aveline, senza badare alle istruzioni della hostess sulle solite procedure da prendere in caso di complicazioni, tirò fuori le cuffie dalla borsa, le infilò e chiuse gli occhi.
Quando capì che l’aereo era decollato, aprì gli occhi, tirò un sospiro di sollievo e guardò fuori dal finestrino. Finalmente era partita. Finalmente stava salutando per un po’ la sua Milano.
 
 

Aveline fu svegliata dal signore seduto di fianco a lei, che le sfiorò delicatamente il braccio. Lei trasalì, fece appena in tempo a togliersi le cuffie che lui le sussurrò: «Signorina, stiamo per atterrare»
Aveline gli accennò un mezzo sorriso. «Di già?» pensò tra sé. Aveva dormito per quasi due ore, il tempo era davvero volato, ed ora era il momento di incontrare Gwen.
Scesa dall’aereo, Aveline si diresse, quasi di corsa, a ritirare la sua valigia. Era davvero impaziente di rivedere Gwen. Non la vedeva da due anni, e, da allora, ne erano cambiate di cose…
Aveva solo voglia di gettarsi tra le sue braccia e raccontarle tutto; aveva una grande confidenza con lei, era una delle poche persone che la avevano fatta davvero sentire amata e protetta.

Una volta uscita dal gate di arrivo, Aveline si trovò di fronte un enorme ammasso di persone: chi esponeva un cartello con scritto il nome di chi aspettava, chi si guardava intorno, chi salutava con le braccia alzate, chi la fissava nella speranza di riconoscere nel suo il viso della persona attesa.
Aveline aveva l’impressione di avere una crisi di panico da un momento all’altro: c’era un chiasso assordante, gente ovunque e, cosa più importante, non riusciva a trovare Gwen.
«Aveline? Aveline, tesoro! »  sentì urlare alle sue spalle. «…Gwen!» sussurò Aveline con aria di sollievo alla vista della donna, che si dirigeva correndo verso di lei. Sul viso di Aveline esplose un sorriso a trentadue denti, quasi avesse visto un angelo volare verso di lei, il che era praticamente la stessa cosa.
«Oh tesoro, come stai? Com’è andato il viaggio? Hai perso qualcosa?» disse Gwen stringendola stretta a sé.  «B-bene, tutto bene» sussurrò timidamente Aveline: si era dimenticata di quanto Gwen fosse una donna ansiosa e premurosa, il che la rassicurò: si era preoccupata per lei, ed era una cosa che, ultimamente, le era capitato di rado.
«Sarai esausta dal viaggio, gioia. Adesso andiamo subito a casa. Vuoi mangiare qualcosa, prima?»
«No, grazie, sono a posto così..»
Nonostante avesse dormito per due buone ore, Aveline aveva solo voglia di andare a letto. Sebbene andare per la prima volta a casa di Gwen la rendesse particolarmente nervosa, adesso voleva solo infilarsi sotto le coperte, farsi una bella dormita, svegliarsi e realizzare che quello non era un sogno.
Era lontana da casa, in una città nuova tutta da scoprire, gente nuova, aria nuova, amici nuovi... Era davvero così? La vita le stava dando davvero la possibilità di ricominciare da capo?


 

 
  
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