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Autore: Artemisia17    05/12/2012    4 recensioni
Noi siamo il soffio di Horus
Rovente come il vento del deserto
Noi siamo mietitori di uomini …
A Kratas, l'ultimo di questa allegra banda, che non si meritava una fine simile. Perchè lo scritta? Perchè odio Naja e Trock. E perchè Taita non può solamente averlo pianto. A tutti questi magnifici personaggi, sulle note dei ricordi.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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La sabbia scorreva lenta, senza alcun apparente scopo se non una perfetta armonia con l’universo stesso.
Il vecchio immerse cupamente le dita secche e lunghe come rami d’ulivo, il calore della terra e del sole che s’irradiava in lui.
Taita sapeva molte cose. Non era mai stato umile. Poteva dire con assoluta sicurezza di aver salvato la vita a numerosi uomini, alleviato molti più dolori e studiato tra gli scafali delle più grandi biblioteche al mondo. Eppure mai come di fronte alla morte delle persone care, si sentiva così impotente. Aveva sempre cercato delle scusanti.
Tanus non avrebbe mai superato la notte. Non con un polmone bucato. Tuttavia avrebbe potuto provare a cucirlo, ma dopo si sarebbe sentito responsabile.
Il male di Lostris era incurabile, inviato dal dio Seth in persona.
Per la sua inettitudine c’erano sempre scusanti, vie impraticabili, dolori senza fine. Ma non questa volta.
Taita pose delicatamente sulla spada l’elmo con la lunga piuma di struzzo ad adornarla. Quell’elmo aveva visto il vecchio Egitto morire, soffocato dalle sue stessa ceneri, aveva visto nascere il nuovo. L’armatura di pelle di coccodrillo era stata frutto d’ore di veglia e ingegneria, lui stesso l’aveva fabbricata. Il coccodrillo era una bestia immonda eppure la sua pelle, squamosa, irta, era ideale per il calore del deserto e dei combattimenti, leggera da portare e, grazie al suo carapace, arma d’offesa per gli avversari. Un lungo mantello di lino azzurro completava il corredo funebre, Taita lo vedeva ancora quel mantello mentre i soldati morivano e il Faraone delirava, solo quel piccolo barlume di speranza gli aveva dato il coraggio per scappare, sotto le note del Soffio di Horus:

Noi siamo il soffio di Horus
Rovente come il vento del deserto
Noi siamo mietitori di uomini …   

Quante giovani voci cantavano, i petti che vibravano della stessa corda di vitalità e forza. Riusciva ancora a sentire la voce squillante di Astes, da qualche parte dietro di lui, perfettamente intonata al coro, accanto agli ululati stonati di Remrem, che senza alcun pudore cantava felice, sotto le burla amichevoli dei compagni. Tanus sorrideva paterno, le mani che battevano il ritmo, quasi come un direttore d’orchestra che non si accontenta di guidare, gli occhi brillanti che seguivano perfettamente la voce più sorda, modulata e flemmatica quasi come i tamburi di pelle di leone. Solo Taita sembrava avere una qualche nozione sul ritmo, le note, le battute o almeno sulla musica stessa e più volte si era fintamente disperato a sentire tanta gradevole inesperienza e ingenuità. Così ogni volta che il gruppo di soldati incontrava un centro abitato, un fanciullo avrebbe potuto sentire, oltre a quel coro di suoni e parole, il trillo di un canarino che a tratti assume l’affilatezza di un falco. E tra quel coro di braverie ed energia, spiccava Kratas. Non era per la sua altezza né per il sorriso felino che tagliava da parte a parte la faccia abbronzata, tanto che i denti bianchi potevano abbagliarti.
No. Qualcosa, nel battere la spada contro lo scudo di pelle, o forse nell’armonia cadenzata dei piedi, che sembravano ballare sotto la sabbia ardente.
No. La sua voce, né profonda come quella di Tanus né tanto meno flessuosa di Taita, sembrava esplodere nel campo di battaglia, come una sferzata di gioia e vitalità, senza alcun riguardo per gli dei.
Per lo scroto fetido di Seth!
Noi siamo il soffio di Horus
Rovente come il vento del deserto
Noi siamo mietitori di uomini …   

 Sì, Tata lo sentiva. Sospirò, il petto scossò dai ricordi di una vita ormai passata. Erano rimasti solo più loro due.
Tanus, morto in un sudicio letto, un sorriso appena accennato sulle labbra.
Lostris, i capelli neri intrecciati sul cuscino, la pelle bianca e fredda, le labbra che non si sarebbero più mosse nel vano tentativo di consolarlo.
Astes, tranciato via da un carro in corsa.
Remrem, morto tra le acque del Nilo nascente nel vano tentativo di salvare il suo unico figlioletto.
Tamose, frutto di un amore mai notato se non da questa piccola combriccola, che gli aveva fatto da padre quando quello vero non poteva.
E ora lui. L’unico rimasto.
Il suo complice di mille malefatte, l’unico di cui veramente si era mai fidato. Kratas aveva rimosso insieme con lui le bende del faraone, per garantire un avvenire più degno al loro comandante. Il vecchio soldato che aveva combattuto senza un’ombra di paura la battaglia di Tebe, lì, dove i morti erano accatastati come legna da ardere, lì, dove il combattimento infuriava, lì, dove si aveva bisogno di lui.
Taita non ne era sicuro, ma forse aveva capito. Il migliore tra i Diecimila aveva combattuto con Tanus da quando avevano vent’anni fino alla sua morte, aveva servito Lostris per i rimanenti e  visto quotidianamente il futuro erede al trono.
Sì, aveva capito. Chissà quanto. Abbastanza per non fare domande, lui, il più sboccato in osteria.
Abbastanza da dare una pacca sulle spalle all’amico ogni qual volta era triste, lui, il terrore dei nemici, il soldato più esperto nell’esercito del Faraone.
Lui. Kratas. L’ultimo rimasto. Assediato dall’intero corpo scelto del Faraone aveva resistito, lottando, con la furia di un vecchio leone che sa di essere al suo ultimo scontro, il più glorioso.
Naja non era stato abbastanza uomo da guardarlo negli occhi mentre lo uccideva.
Mentre ordinava di tagliare il suo corpo e buttarlo in acqua per non conferirgli la pace che meritava.

Naja era stupido. Credeva forse che un soldato così amato e conosciuto sarebbe rimasto in acqua per molti giorni? Ore? Minuti?
Naja era ignorante. Perché Taita era il più vecchio e abile mummificatore ancora presente sul suolo egizio.
Naja sarebbe morto. Perché Taita era l’ultimo. Non c’era più nessuno con cui scherzare o parlare. Semplicemente guardare negli occhi, sapendo di essere con un vero amico. Non aveva più molto da perdere. Voleva bene a Nefer. Ma era un suo dovere. Sapeva anche che doveva essere lui a ucciderlo, ma quel momento era ancora lontano. Naja sarebbe morto.
Taita baciò la sabbia dorata, le labbra secche che agognavano solo acqua. La piccola palma sembrò rispondergli, un rado colpo di vento friniva tra le foglie. Lo aveva sepolto lì, su una piccola duna, nel cuore più profondo del deserto.
A Kratas sarebbe piaciuto, anche se avrebbe commentato sulla scarsità di donne.
Taita sospirò. Tanus. Lostris. Astes. Remrem. Tamose. Ora anche Kratas.
Naja e Trock avevano commesso un errore fatale. Non avevano calcolato che avevano minacciato il frutto della fatica, dell’amore, della vita di tutti loro. Taita non lo avrebbe permesso. Neanche loro, dall’altra parte.
Si schiarì la gola, dolorosamente, le pareti di carne che sfregavano l’una contro l'altra. Non cantava da decenni, quasi.
O almeno così gli sembrava.
Questo è per voi, amici miei. Per sempre. Quando le labbra si aprirono per far sgorgare, come l’acqua da un torrente, quelle parole, il vecchio sentì distintamente il suono di un flauto, la sabbia del deserto che vorticava loro attorno e delle voci, appena sospese nell’aria eppure gioiose, forti, piene di vita.

Noi siamo il soffio di Horus
Rovente come il vento del deserto
Noi siamo mietitori di uomini
 

Beh, che dire, spero di aver reso degna giustizia a un personaggio che mi ha sempre affascinata. Non so come sono morti Astes e Remrem, ma dato durante la battaglia di Tebe, Tata afferma che Kratas era l'unico tornato in città, presumo che siano morti. O, naturalemente perchè ho odiato Naja dal primo momento che l'ho visto ( letto), sarà che mi ha ucciso due personaggi preferiti. é il mio secondo racconto in quest sezione è spero vivamente che susciterà l'interesse di qualcuno, per cui vi chiederei gentilmente di recensire, per favore. Buona lettura a tutti! 

  
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