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Autore: ss55    05/12/2012    5 recensioni
Cosa accade quando un artista geniale ma instabile cerca di descrivere la passione?
Entrate nel delirio morale di chi crede di essere superiore al bene e al male.
P.S. mi sarebbe utile un'opinione, è la mia prima storia!
Genere: Dark, Horror, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Colori; magnifici, esaltanti, inebrianti colori. Vi SUPPLICO, concedetemi di assaporare l'odore della tempera fresca per l'ultima volta.
Già, l'ultima volta; perchè è proprio per il pigmento che adoperavo nella mia arte che domani mi estirperete dal mondo, voi, miei carcerieri infami e crudeli.
Vi lascio questa lettera, voi , obbrobri dell'umanità, insensibili alle vere bellezze, perchè qualcuno si ricordi del grande artista che ero e provi, nella profondità del suo cuore, almeno un po' di compassione per la mia infelice persona.
L'arte mi è sempre scorsa nelle vene, fin da bambino, quando le fantastiche visioni che creavo sui fogli della scuola materna già stupefacevano le mie care insegnanti.
La fama guadagnatami in quel periodo mi valse la reputazione di bambino prodigio anche dopo il passaggio alle elementari, mentre ancora la mia abilità aumentava ed io continuavo a concepire e realizzare fantastici capolavori, crogiolandomi nell'ammirazione degli adulti e nella mia evidente superiorità.
Fu allora però che capii che c'era qualcosa che non mi soddisfaceva, nelle mie opere, e cominciai a guardarle in modo diverso, erano spente, rozze, orribili.
I colori, che agli occhi degli esseri inferiori sembravano così vividi e strabilianti, ai miei non erano altro che opache copie di quella magnifica febbre che mi prendeva durante il mio lavoro.
Così iniziai a ricarcare il colore perfetto, la sfumatura assoluta, che mi avrebbe permesso di liberare la mia capacità dalle catene del materiale.
Ma tutto ciò fu invano, finii le elementari ancora nella ricerca del mio obbiettivo e vissi tutte le medie in preda ad una dolorosa angoscia; strappavo le tele orripilanti che erano mie creazioni, urlando di frustrazione e disgusto per me stesso.
Fu allora che lo trovai.
Nel mio delirio trovai la luce, la salvezza che mi conservò il senno e adempì alle mie preghiere.
Scoprii che tutto quello che cercavo già mi permeava e scorreva in tutto il mio essere, come ritrarre la passione se non con il rosso più puro, come ritrarre ciò che è proprio dell'uomo se non con qualcosa che lo costituisce fisicamente?
Iniziai così a operare con il vermiglio umore del mio corpo, producendo opere davati alla maetosità delle quali perdevo la parola.
Ma la mia sete di arte era insaziabile per il mio solo corpo, che male c'era a fare delle altre, inferiori, persone, dipinti di così grande maestria?
Tutti avrebbero desiderato, se solo fossero stati acuti e affini alla bellezza suprema quanto me, diventare parte del mio mirabile lavoro.
Così vi dico che agii per il bene quando mi procurai con la violenza il pigmento che mi abbisognava, agii come una madre affettuosa che conosce ciò che è meglio per il proprio figlio e mai provocai più dolore di un dolce abbandonarsi al sonno.
Fui lievissimo a far scorrere il coltello sulla pallida gola della piccola Rosie; lei diventò un magnifico pony che giocava sull'erba vermiglia.
Dolcissimo anche a riempirmi le mani del sangue del caro Rich, in un impeto di amore che mi portò a lordarmi tutto il volto di quel magnifico colore, mentre lo ricercavo sotto tutta la sua pelle.
E voi, profani, osate dire che io abbia colpa ad aver eseguito la SUPREMA ESPRESSIONE della natura umana e dell'arte?
Così sia, la vostra cecità vi impedisce di riconoscere il vostro torto, non mi aspetto che voi, esseri infimi, possiate comprendere le magnificenze che ho concepito nella mia superiorità.
Non mi resta che congedarmi da questo mondo nell'attesa che il genere umano cresca in intelletto e sapienza, conscio di non essere di questo tempo.
   
 
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