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Autore: avelin    05/12/2012    1 recensioni
Insomma quella ragazza voleva solo perdere qualche chilo, esce di casa per fare una corsetta ed ecco che arriva lui. Dopo essersene liberata sale le scale per rientrare in casa quando prima di aprire, da sotto la porta... sangue. Non riesce ad entrare così corre dalla polizia. Due poliziotti scassinano la porta e... lei non crede a ciò che vede. Si butta a terra disperata. Chi cazzo è stato? Perchè? La mente di Alice è confusa, piena di sospetti.
Genere: Generale, Mistero, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Era spaurita. Non sapeva cosa fare.  Alice entrò in panico. Fece finta di dimenticare tutto e riprovò a citofonare. Non poteva essere vero, era un altro sogno ad occhi aperti, non poteva star succedendo davvero. Riprovò ancora e ancora a citofonare senza risultato. Ormai sicura che non se lo stava immaginando si bloccò. Era allibita. Non aveva la minima idea di cosa fare. Guardò un punto fisso che allo stesso tempo era il vuoto. Era paralizzata. Cominciò ad avere uno dei sui attacchi. Cominciò a respirare in modo pesante e forzato ma continuava a non riuscire a muoversi. Dopo almeno sette minuti di questo stato di totale panico si lasciò cadere a terra in un pianto disperato. Non sapeva cosa c’era dietro quella porta. Ma certo non si aspettava il meglio. Di solito il gatto miagolava sempre quando sentiva la presenza di qualcuno, specialmente se non lo vedeva, anche se questo, essendo fuori dal portone, non aveva ancora suonato il campanello. Il gatto di Alice non miagolava. E questo la angosciava ancora di più. D’improvviso si sfogò in un esplosione di lacrime. Si raggomitolò in un angolo a dondolarsi chiedendosi cosa doveva fare. Non aveva mai affrontato una situazione simile. Era sola. Suo padre non c’era. Dopo un intero quarto d’ora disperazione ebbe un’idea abbastanza razionale considerato il suo stato di shock. Si rialzò, si asciugò le lacrime e si fiondò giù dalle scale. Aveva toppa energia nelle vene per prendere l’ascensore. Uscita dal palazzo corse il più in fretta che potesse. Corse e corse. Non sapendo bene dove andare. Abitava solo da tre anni in quella città e anche se possono non sembrare così pochi, a lei non erano bastati per conoscere bene il posto. Cercava una stazione di polizia. Correva. Non si fermò a chiedere indicazioni sul dove si trovasse la più vicina. Non era neanche sicura che sarebbe riuscita tranquillamente a parlare con il poliziotto tra i singhiozzi e i blocchi. Correva. Di sicuro quella corsa sarebbe significata parecchio per la sua dieta. Ma questo ora era l’ultimo dei suoi pensieri. Correva. Vide una “P” come insegna di locale o un negozio, ma solo dopo si accorse che era una “T” di un tabacchino. doveva mettere gli occhiali. Solo da poco era andata dall’oculista e scoperto che avrebbe dovuti metterli. Ma non li aveva. Continuò a correre sinché vide una sfocata scritta blu piuttosto luminosa. Era una stazione di polizia.
Entrando vide come prima cosa un bambino su una sedia. Aspettava. Probabilmente neanche lui sapeva esattamente cosa stesse aspettando. Come entrò il bambino la guardò e lei notò una lacrima piccola che gli rigava il viso. La sua espressione invece era impassibile, senza emozioni. Ma i suoi occhi esprimevano, pur considerando la tenera età, tanta sofferenza. Alice si fermò un istante a guardarlo, commossa da questa sofferenza che vedeva in lui. Ma lei aveva delle priorità. La stanza dove stava il bambino, quella in cui si entrava una volta varcata la soglia dell’edificio, dava l’impressione di una sala d’aspetto. C’erano tante sedie tutte intorno, e al centro un tavolino con sopra solo un pacchetto di sigari e un posacenere decisamente pieno, ma non c’era assolutamente puzza di fumo. C’erano luci al neon. Rendevano tutti i colori finti e verdastri.  Alice stette lì ferma qualche minuto, per ragionare e fare il punto della situazione. Dall’unica porta che non fosse quella di entrata uscì improvvisamente un omone evidentemente amante della palestra non tanto quanto del cibo. Aveva la divisa da poliziotto. Alice si illuminò. Lui stava per addentare un enorme ciambella, e così facendo si sarebbe probabilmente anche sporcato gli adorabili baffetti. Vide Alice e allontanò quella delizia dalla sua bocca. Poi guardò il bambino.
«Fred, Steve ti ha dato notizie?»
«Chi è Steve?» chiese il bambino con voce quasi assente.
«E’ quell’altro poliziotto. Quello magro, alto, con due enormi basette!»
«Aaah si, ora ricordo. No, non è tornato e sono qui da un sacco di tempo ad aspettare»
«Quel coglione… come minimo dorme! Ma ora lo vado a svegliare io. Tranquillo Fred, troveremo i tuoi genitori. Non ti preoccupare. Sono sicuro che sono molto preoccupati per te e ti stanno cercando. Tu stai qui e continua ad aspettare. Abbi pazienza.» disse il poliziotto ciccione, e fece per uscire dalla stanza per tornare in quella da cui era venuto.
Ma prontamente Alice gli si avvicinò.
«Scusi, ho bisogno di aiuto al più presto»
«Sveglio Steve e sono subito da te»
Così uscì dalla stanza potendo finalmente addentare la sua bella ciambella. Dalla sala d’aspetto si sentivano solo urla e qualche imprecazione qua e là. Dopo poco il poliziotto ciccione tornò portandosi dietro Steve, esattamente identico alla descrizione di poco prima.
Steve cominciò a parlare col bambino dell’improvviso smarrimento, fece delle telefonate, e ogni tanto l’altro poliziotto, attento alla conversazione, interveniva.
Alice non ce la fece più ad aspettare ed assistere a quella scena che sembrava essere infinita, quindi gridò:
«Sono uscita di casa, non portandomi dietro le chiavi, e al mio ritorno da sotto il portone di casa c’era del sangue e nessuno mi apriva la porta. Ho bisogno di aiuto. Ora.»
Al poliziotto ciccione cadde la ciambella dalla bocca, che rimase aperta, all’altro si drizzarono i peli delle basette e inarcò un sopracciglio in segno di stupore. Il bambino cambiò finalmente espressione con una che sembrava semplicemente dire “oh cazzo”.
I due poliziotti poi si guardarono, si scambiarono qualche parola, poi Steve prese il bambino e lo portò nell’altra stanza, mentre quello ciccione si avvicinò ad Alice.
  
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