O-Overjoyed
Hisui aveva scoperto la
felicità.
Aveva sempre pensato di essere felice, ma sapeva di non esserlo stato per davvero. Era strano, ora che le cose erano cambiate, ora che era sulla strada della perdizione, aveva capito quanto fosse magnifico il mondo, quanto fosse enorme il potere di Dio e quanto fosse importante il libero arbitrio. Ma, soprattutto, ora sapeva quanto fosse vitale la felicità. L'amore.
«Ti aspetterò qui».
S'erano incontrati all'improvviso, lì, vicino a quel ponte.
Gli piaceva pensare di essere stato lui il primo a poggiare lo sguardo
su di lui, ma sapeva, in cuor suo, che erano stati gli occhi neri di
Kokuyo a sfiorare le sue forme per primi.
Kokuyo s'era avvicinato a
lui, in silenzio, gli occhi neri neri, fissi nei suoi. Hisui l'aveva salutato
con un sorriso e il demone, gli aveva agguantato la mano
e gli aveva sussurrato che l'avrebbe aspettato.
I suoi occhi, strano a dirsi di un
demone, sembravano sinceri, assolutamente sinceri. Sembravano il fondo del mare,
scuri com'erano, eppure, sapeva già di desiderarli.
«Non sei spaventato?».
Non era spaventato, non lo era mai stato di lui, pur non
conoscendo ancora il suo nome, pur sapendo che si trattava di un demone. Non era
mai stato spaventato perché sapeva, in cuor suo, che quello era il luogo dove doveva essere.
Che doveva andare a incontrarlo ogni volta che si presentava l'occasione. Anche se in effetti
c'era sempre un incontro a cui doveva partecipare...
Il figlio di Satana, coi suoi occhi neri
come il fondo di un pozzo, l'aveva guardato a lungo, l'aveva sempre studiato con
quegli occhi maledetamente espressivi fin dalla prima volta, come a voler
conoscere ogni singolo millimetro di lui. Era impaziente, giovane, bello. E
quell'impazienza a Hisui piaceva, gli piaceva come gli piacevano quegli occhi
color del buio, maledettamente belli com'erano. Il demone, chiedeva in
continuazione quando fosse possibile rivedersi. E Hisui andava sempre da lui,
sorprendendolo ogni volta.
Poi, arrivò quel giorno. Prima di un altro noioso
incontro tra i loro due mondi, se l'era tirato a sé e non l'aveva più
lasciato andare.
«Vuoi essere mio per sempre?».
Non poteva dirgli di no, non avrebbe mai potuto, non ci sarebbe mai riuscito. Anche se
non sapeva cosa gli avrebbe regalato quella creatura che non era di Dio. Anche
se avrebbe lasciato una strada che ormai conosceva bene, non poteva dirgli di
no.
I baci che percorsero il suo collo, dopo quelle parole, gli diedero la
prova che l'amore era palpabile. Esisteva. E non era un semplice gioco di un
demone ammaliatore.
Stare col figlio di Satana, con il demone
che avrebbe investito quella carica un giorno, gli sarebbe costato, e molto, ma
non gli importava. In tutto quel tempo, più lungo dell'esistenza della creatura
che aveva davanti, Hisui non si era mai sentito così. Era quella la felicità.
Così la conobbe. Per puro caso.
«Vieni con me nel Regno degli Uomini?».
Kokuyo gli era parso un attimo titubante, quando aveva
scoperto che lui era un Arcangelo e che il Vento era il suo messaggero. Ma,
risoluto come solo un demone può esserlo, Kokuyo gli aveva chiesto di andare con
lui, di andare in quel mondo che non apparteneva a nessuno dei due, ma che
sarebbe stato di lì a poco la loro casa.
Hisui sapeva che avrebbe perso tutto.
E lo perse, assentendo. Ma non potevano
restare nei loro mondi, perché si sarebbero dovuti lasciare: Kokuyo
non poteva
ascendere, e lui non poteva vivere nell'oscurità degli
Inferi. E di salutarsi non era proprio il caso.
Così decise. Sarebbe stato davvero immenso il suo
sacrificio, era davvero tanto quello a cui avrebbe rinunciato, la sua luce,
la Grazia e l'Amore di Dio, la Pace e l'Onniscenza del Vento. E le perse tutte,
solo per acquistare qualcosa che all'apparenza non era nulla di tanto
grande. Aveva trovato un luogo a cui fare ritorno. Kokuyo. E, così, assentendo piano, tra le sue
braccia aveva deciso, quel giorno, di scendere sulla terra con lui, di non
lasciarlo mai più.
«Verrai con me?».
E restò con lui.
Sì, scesero sulla terra e presero
tutte le punizioni che dovevano prendersi. Anche se Dio non lo punì per davvero,
gli permise di stare col suo demone. Un giorno, forse, sarebbe arrivata la
punizione di Satana.
Era felice, ora. E aveva l'amore ora. Anche se l'aveva
sempre avuto l'amore.
Ecco, Hisui in realtà sapeva che Dio l'amava ancora, come
ama tutti i suoi figli indistintamente, lo sapeva, eppure, tentennava. Anche lui
amava Dio, ma di un amore diverso e non più pienamente incondizionato. Il suo
amore, tutto il suo amore, la sua fedeltà, il suo affetto, tutti i colori del
suo amore erano per Kokuyo. Amava Dio, ma amava Kokuyo in un modo inconoscibile
e immenso, infinito e disarmante. Hisui amava Dio, ma sentiva di non meritare né
quell'amore che Dio gli dimostrava ogni giorno, permettendogli di stare con la
sua persona e di avere quella felicità che prima era un qualcosa di sconosciuto,
né sentiva di poterlo amare, non ne aveva più il diritto.
Che
sogno nostalgico! La voce di Kokuyo gli arrivava alle orecchie come se
stesse sussurrando nella realtà. Si sveglia dolcemente, Hisui, in un
posticino caldo accanto al suo demone e sorride. Accarezza il
lobo dell'orecchio e quel pegno d'amore di quel mondo che lui non ha
mai conosciuto, se non nei racconti del suo
lui.
Sorride ancora nel guardare il compagno di una lunga
esistenza. Kokuyo è ormai talmente abituato a vivere tra gli umani, a godersi
quella normalità del loro amore, che ha anche preso a dormire in posizioni
assurde. Alle volte, si abbraccia il guanciale, chissà cosa sogna. Forse è
un po' scomodo abbracciarlo quando le sue braccia sono incrociate sotto al
cuscino, tra quelle lenzuola ma, tanto, in qualche modo lui capisce e se lo
tira tra le braccia ugualmente.
I ragionamenti che hanno accompagnato quel
sogno, carico di ricordi e nostalgia di quel luogo che aveva visto per primo il
loro amore, l'hanno fatto svegliare in anticipo, contento e al contempo un po'
rattristato.
La normalità è bella, la felicità è bella.
La tranquillità e l'intimità di una stanza e di quell'umanità che hanno
acquisito come costume ormai si cuce addosso a loro due alla perfezione. E
quello è il suo posto, nel letto accanto a un demone.
Kokuyo sbuffa
appena, arricciando le labbra. La luce del sole che entra di taglio dalla
finestra dà fastidio al suo occhio. Hisui gli copre il volto con la mano in una
lieve carezza e sorride. Non può mica pensare al passato, non adesso che
lui si sta svegliando.
«Sdraiati, su.» sussurra il demone, piano piano,
rivolgendogli uno di quei sorrisi da lupo dei suoi e allargando un braccio
perché lui possa tornare al suo posto, stretto in quel porto sicuro che è il suo
petto.
«Vuoi essere mio per sempre?» gli
risponde.
Il demone sbadiglia, fiaccamente e sprofonda il viso
nell'incavo del collo del compagno. «Mh, non sono già tuo?».
Hisui sorride e gli accarezza piano piano i capelli.
«Controllavo».
«Dormi ancora un po', oggi
tocca all'umano preparare la colazione per tutti.» mormora stringendo
di più l'abbraccio.
Sorride di nuovo, Hisui.
Sì, è proprio quello il suo
posto.
Attendevo con ansia l'apertura di questa sezione e boh, questa storia è capitata qui a casaccio xD è sperimentale, io non scrivo cose allegre, di norma. E, boh? Spero sia interessante xD