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Autore: Akane Tendo    07/07/2004    2 recensioni
Più che altro, a stupirla, era stata la naturalezza con cui lo aveva fatto. Mentre saliva di sopra ci pensava e pensava a come sarebbe stata la sua vita, in futuro, da quel momento in poi, diversa, migliore o peggiore, forse… ma senz’altro diversa.... Questo è un racconto che ho utilizzato in un concorso di gialli a livello nazionale, ma nn avendo superato la semifinale, con le dovutte correzioni, e modifiche, cioè introducendo il personaggio di hanamichi al posto del vero personaggio iniziale, l'ho trasformata in fan fic, spero vi piaccia
Genere: Mistero, Suspence, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Hanamichi Sakuragi
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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Nel ricordo dell’assassino

Nel ricordo dell’assassino

Di Akane Tendo

 

 

Elisabeth si svegliò di soprassalto, ansante e sudata. Erano oramai già tre notti di seguito che faceva lo stesso sogno, a pensarci bene, da quando era tornata in Scozia, nel vecchio castello di famiglia, per assistere all’ennesimo matrimonio della madre, e per l’occasione si era fatta accompagnare dal suo ragazzo Hanamichi, che in quel momento dormiva placidamente accanto a lei ignaro di tutto. Ogni sera, non appena chiudeva gli occhi, veniva catapultata in una realtà molto lontana. Era sicura, che il luogo in cui si svolgeva  la scena fosse una stanza di quel castello, ricordava di averla già vista da bambina, ma non ricordava esattamente dove e quando. Era una sensazione molto difficile da spiegare, come se le cose che vedeva nel sogno, fossero già accadute e tutto ciò che poteva fare, era di riviverle.

 

Il sogno di quella sera iniziò nello stesso modo di sempre, lei che percorreva un lungo corridoio camminando molto lentamente. Dagli abiti che indossava, poteva dedurre che quelli potessero essere gli anni ottanta, ma non ne era sicura. Le cose invece di cui era sicura, erano le sensazioni da cui era assalita: rancore, rabbia, frustrazione, odio, dolore…   In quel momento stava vivendo uno stralcio di vita di qualcun’altro, qualcuno che stava soffrendo molto. Ecco, si era fermata, proprio davanti a quella porta che sembrava attirarla come una calamita. La aprì e lì nella stanza ad aspettarla c’era un uomo; un uomo alto, robusto, con capelli nero corvino… era suo padre!

“Sei arrivata finalmente, è già da un po’ che ti aspettavo, ho bisogno di chiarire delle cose con te”

“Sono tutta orecchie”. Le parole le erano uscite di bocca senza che lo avesse voluto, come se non potesse controllare   i propri movimenti… era uno spettatore privilegiato che poteva assistere alla scena direttamente dalla visuale di uno dei protagonisti.

“Credo che tu già sappia quello che devo dirti”

“Sospetto qualcosa, ma voglio che me lo dica tu!”

“La nostra relazione deve finire… Karen è incinta”

“E allora?”

“Allora cosa? Non voglio che il mio sbaglio comprometta il matrimonio, proprio adesso che la famiglia cresce, proprio adesso che mi sono reso conto di amare mia moglie più di  ogni altra cosa al mondo”

Elisabeth sentiva il suo animo diviso; da un lato provava una forte gioia per il fatto che suo padre, aveva amato lei  e sua madre, dall’altro sentiva una rabbia crescente invaderle tutto il corpo, una sensazione che non apparteneva a lei, ma alla proprietaria di quella specie di ricordo. Sentiva di amare quell’uomo, e lui le stava dicendo che tutto quello che c’era stato tra loro due era solo uno sbaglio…

Si alzò e si diresse verso la scrivania dove lui era seduto

“Con questo vuoi dire che non mi hai mai amato?”

“Ho creduto di amarti, ero rimasto ammaliato dal tuo essere così vitale, così esuberante…hai una forza d’animo che supera l’immaginabile, ma non è questo che stavo cercando, mi spiace non averlo capito prima, avrei risparmiato ad entrambi tutto questo”

“Non puoi farla finire così, io mi sono innamorata di te!”

“Tu credi solo di amarmi, ma col tempo rinsavirai e ti renderai conto che sono solo un uomo come tanti… Dimenticami!”

La vista le si stava offuscando dalla rabbia. Sentiva il metallo freddo del tagliacarte sotto il palmo della sua mano e senza nemmeno pensarci, lo impugnò e lo conficcò nel petto dell’uomo. Se lei non poteva averlo, non lo avrebbe avuto nessun’altra, tanto meno Karen. Le lacrime sgorgavano dai suoi occhi copiose, mentre il corpo dell’amato si accasciava a terra morto… aveva colpito al cuore!

“Non avresti dovuto sottovalutare una donna innamorata, Sam”

Restò a guardarlo ancora un po’ finchè non si rese effettivamente conto di quello che aveva fatto. Non poteva lasciare tutto così, avrebbero potuto scoprire cos’era accaduto, e nessuno avrebbe capito le motivazioni del suo gesto, nessuno l’avrebbe assolta. Per prima cosa avvolse il corpo e il tagliacarte nel tappeto sul quale era caduto Sam, poi si alzò  e si diresse verso la biblioteca. Guardò con cura i titoli dei libri, finchè non ne trovò uno in particolare: <  principe>> di Machiavelli. Lo tirò leggermente fuori dalla fila di libri, aprendo così un passaggio segreto nel muro. Era un passaggio che conduceva ad una stanzina, nella quale da bambina le piaceva rifugiarsi per pensare o piangere in santa  pace… gliel’aveva mostrata suo padre prima di morire  e nessuno sapeva quindi della sua esistenza…un posto perfetto

per nascondere un cadavere!

La sua freddezza in quella situazione era impressionante.  Con un po’ di sforzo, spinse il tappeto con il suo ‘ripieno’ giù dalle scale del passaggio. Scese anche lei per assicurarsi che il corpo non fosse rotolato fuori e per spostarlo nel posto più lontano dalle scale. Più che altro, a stupirla, era stata la naturalezza con cui lo aveva fatto. Mentre saliva di sopra ci pensava e pensava a come sarebbe stata la sua vita, in futuro, da quel momento in poi, diversa, migliore o peggiore, forse… ma senz’altro diversa.

 

Il sogno finiva sempre così. Elisabeth non ce la faceva più, doveva mettere chiarezza nella sua testolina o sarebbe diventata matta. Si alzò dal letto e si diresse dalla parte opposta della camera, dove sulla parete era appeso un enorme specchio. Si guardò. Vide una ragazza di 23 anni, con folti capelli corvini, occhi blu, fisico atletico… ad uno sguardo superficiale si sarebbe detta anche felice, e adesso dopo tanto tempo lo era, da quando aveva lasciato quel castello e aveva conosciuto il suo attuale ragazzo; quella testa rossa le faceva dimenticare ogni cosa triste. La prima volta che lo vide fu a New York poco dopo aver trovato lavoro in quella agenzia di moda. Era uno degli assistenti e subito pensò che i suoi capelli rossi erano troppo appariscenti, credeva addirittura che fossero tinti, in realtà erano proprio naturali, e adesso erano la cosa che più amava in lui. Lo vide aprire i suoi dolci occhi nocciola e cercarla con lo sguardo.

“Che fai laggiù tutta sola, bella brunetta?”

“Penso”

“Senza di me?”

“Credo che non ci riuscirei mai con te, innanzitutto perché sei troppo casinista e poi… perché tu non sei nato per pensare”

“Hey, potrei offendermi! Dai vieni qui e dimmi cosa ti turba.

Almeno ad ascoltare devi ammettere che sono bravo”

Elisabeth sorrise e annuì con la testa, andandosi a posizionare nel letto tra le braccia dell’amato.

“Ho fatto un sogno, in realtà lo faccio tutte le sere da quando siamo arrivati. All’inizio credevo fosse solo per il settimo matrimonio della mamma, ma adesso non ne sono più tanto sicura. Credo che mio padre mi stia avvertendo di qualcosa… o qualcuno!”

“Di che sogno si tratta?”

“Vedo l’omicidio di mio padre. E sono sicura che sia davvero così che si siano svolti i fatti”

“Ma non mi avevi detto che tuo padre vi aveva abbandonate prima della tua nascita?”

“Così mi era stato detto, ma adesso ho seri dubbi, e voglio scoprire la verità” e così dicendo si alzò dal letto e cominciò a vestirsi, avrebbe parlato con sua madre.

 

La trovò nella sua stanza, mentre provava il vestito da sposa con l’aiuto delle sue sorelle Kitty e Mary. Zia Mary era la sorella più grande e non si era mai sposata;  mentre Kitty era la più giovane delle tre. Lei aveva avuto molte storie nella sua vita, si era persino sposata una volta, ma aveva divorziato dopo solo 6 mesi, perché si era stancata della vita matrimoniale.

“Dovresti fare un po’ di dieta in questi giorni, il vestito di scenderebbe meglio” consigliò zia Kitty

“Forse hai ragione, ultimamente sto ingrassando un po’” rispose Karen.

“Ciao mamma, non darle retta, sei bellissima”

“Tu sei mia figlia, devi per forza vedermi bella…altrimenti niente eredità” rispose ironicamente

“Sai mamma, potresti risparmiare molto se conservassi il vestito tutte le volte”

“C’è qualcosa di sottointeso mia cara?…sei sempre la solita, non cambierai mai”

“Neanche tu”

“Dimmi che sei venuta a chiedermi Beth, quella è la faccia  di chi vuole qualcosa”

“In effetti avrei bisogno di parlare con te in privato”

“Sempre qui a chiedere soldi questi figli, per questo motivo non mi sono mai sposata!” intervenne zia Mary

“Sei solo invidiosa sorellina, e adesso per favore andate, vi chiamerò più tardi”

Quando le due zie furono uscite dalla stanza Elisabeth si sedette sul letto.

“Mamma, voglio che mi parli di papà. Voglio sapere cos’è successo il giorno che tu ritieni se ne sia andato”

Il viso di Karen si tese. “Perché vuoi parlare di lui? Se   n’è andato abbandonandoci, dovrebbe bastarti”

“Tu sei sicura che se ne sia andato?”

“Che intendi dire?”

“Io penso che sia stato ucciso e il cadavere sia stato nascosto nel castello”

“Elisabeth! Non sai nemmeno di cosa stai parlando, non hai mai conosciuto tuo padre! Smettila di fantasticare!”

“Io non sto fantasticando, sono sicura di quello che ho detto… l’ ho sognato, e più di una volta”

“Bambina mia, non so che dirti. So che il non aver conosciuto tuo padre, possa averti fatto mancare qualcosa nella tua vita, ma non puoi inventare o credere nei sogni”

“Sei tu che non credi più nei sogni! Papà non ti ha abbandonato e io te lo proverò, con o senza il tuo aiuto” e così dicendo Elisabeth uscì sbattendo la porta.

Nel frattempo qualcuno da dietro un passaggio segreto aveva ascoltato tutto, e non poteva permettere che ciò accadesse!

 

Dopo la discussione con la madre, Beth si recò in biblioteca con Hanamichi, per mettere appunto la situazione. Non aveva ancora raccontato al suo ragazzo i dettagli del sogno e per questo motivo, non potendo essere di aiuto, vagava per la biblioteca in cerca di qualcosa da fare. In quel momento entrò nella stanza l’immancabile maggiordomo.

“Signorina è desiderata al telefono. È il suo capo”

“Dille che la chiamerò più tardi, adesso sono impegnata”

Nel frattempo Hanamichi era rimasto fermo al centro dello stanzone e guardava l’uomo con sospetto

“Qualcosa non va signore?”

“Dica la verità è stato lei!”

“A fare cosa signore, se non sono indiscreto?”

“È stato lei ad uccidere Sam Grisman! In questi casi il colpevole è sempre il maggiordomo”

Elisabeth si portò una mano alla fronte. A volte non capiva  se scherzasse o era davvero così idiota…

“Non so di che stia parlando, il signor Grisman se n’è andato via tanti anni fa”

“Mi dica dov’era il 7 ottobre del 1981?”

“Non lo ricordo signore, ma credo qui al castello”

“Ah ah! Quindi lo ammette che era qui e non ha un alibi!”

In quel momento Elisabeth ebbe un epifania. Era vero! Il maggiordomo era già lì quando c’era suo padre.

“Richard?!”

“Si signorina?”

“Non dar retta a questo idiota… comunque ricordi dove passava le giornate mio padre?”. Hanamichi mise il muso.

“Beh, signorina, a quanto ricordo, quando non era in ufficio passava le giornate chiuso nel vecchio studio di suo nonno”

“Il vecchio ufficio del nonno?”

“Si, si trova nell’ala est del castello, ma dopo il vostro incidente fu chiusa per sicurezza”

“Incidente?” chiese preoccupato Hanamichi

“Quando avevo tre anni alcuni mattoni, mi caddero addosso, fortunatamente non mi feci nulla, ma mia madre chiuse l’intera ala perché pericolante”

“Sicura che non ti sei fatta nulla? Se adesso stai con me, qualche piccola botta in testa devi averla presa”

“Molto divertente, ma adesso muoviti che dobbiamo andare!”

 

L’ala est era stata lasciata com’era, l’unica differenza era lo stato di polvere e ragnatele che copriva ogni cosa

“Fa quasi paura” disse Hanamichi

“Non dirmi, che un ragazzo grande e grosso come te, ha paura di un vecchio castello!”

“Non ho paura, ho detto che fa quasi paura. Il mitico Hanamichi non ha paura di nulla, mi preoccupavo per te!”

Elisabeth lo guardò sott’occhi. Era sempre il solito orgoglioso, non avrebbe mai mostrato una sua debolezza.

“Dov’era di preciso che ti è venuto addosso il muro?”

“Erano solo alcuni mattoni, comunque non ricordo molto bene”

“Peccato, se te lo fossi ricordato avremmo potuto evitare quel corridoio”

“E invece no è proprio quello che sto cercando. Guardati intorno vedi qualcosa di pericolante o mattoni per terra?”

“No, ma questo che c’entra?”

“Non ti sembra strano? Quest’ala è stata chiusa perché pericolante. Comincio a credere che il mio non sia stato un  ‘incidente’, mi stavo avvicinando troppo a qualcosa!”

“Tu credi? Non stai esagerando un po’?”

Ma Elisabeth non rispose. Il suo sguardo era fermo e spaventato e era rivolto a qualcosa alle sue spalle. Si girò anch’egli. Vide un corridoio con tre mattoni per terra, doveva essere quello.

Elisabeth sentì un vuoto allo stomaco e il freddo penetrarle nelle ossa. Una sensazione di paura la invase.  Paura di scoprire la verità. Paura di scoprire che tutto quello che aveva sognato era solo un illusione creata dalla sua mente. Con questi pensieri che le frullavano in testa cominciò a percorrere il corridoio fino alla fatidica porta. Mentre camminava stringeva la mano del suo fidanzato. Lo guardò.   Per la prima volta si rese conto che qualunque cosa facesse  o dicesse, Hanamichi era sempre accanto a lei, non l’avrebbe  mai abbandonata. Quando si trovò di fronte alla porta di legno fece un profondo sospiro e l’aprì velocemente. La stanza era proprio come l’aveva vista in sogno. Le carte sparse sulla scrivania, alcuni libri poggiati sulle poltrone, tutto coperto da uno strato di polvere formatosi negli anni. Si avvicinò alla libreria e cominciò a leggere i titoli. Quando trovò <> trasse un profondo sospiro e si rivolse al suo ragazzo che nel frattempo era rimasto a guardare

“Sei pronto?”

“A far cosa?”

“A conoscere mio padre” e così dicendo tirò il libro, permettendo al passaggio segreto di riaprirsi dopo tanti anni. Scesero molto lentamente e una volta giù si trovarono in una piccola botola. Era completamente buia e l’unica luce era quella che proveniva dalla stanza superiore. Elisabeth si guardò attorno e lì, nell’angolo più buio, vide il tappeto nel quale dovevano trovarsi i resti di suo padre.

“È lì dentro, aiutami a portarlo su, poi chiameremo la polizia. Sono sicura che sul tagliacarte ci siano ancora le impronte digitali dell’assassina”

“Io non credo proprio che lo farete”

Beth e Hanamichi si girarono spaventati in direzione della voce

“Zia Mary!… Cosa?… Come?… Tu! Credevo fosse stata zia…”

“Credevi che ad ucciderlo fosse stata zia Kitty? Povera stupida, quella non è capace a tenersi un uomo, figuriamoci a far innamorare tuo padre! Sei una stupida, proprio come tua madre!”

“Lascia stare mia madre! Le hai rovinato la vita”

“Zitta mocciosetta! Che ne vuoi sapere tu, sei stata tu e tua madre che mi avete rovinato la vita, Sam mi amava, ma per colpa tua mi ha lasciata!”

“Mio padre non ti amava e tu lo sai. Devi pagare per quello che hai fatto!”

“Io non credo proprio, tu e il tuo bellimbusto resterete qui a fare compagnia al tuo caro paparino”

“Adesso basta brutta strega” urlò Hanamichi “facci passare o te ne pentirai amaramente”

“Sei tu che te ne pentirai moccioso” e così dicendo tirò fuori dalla tasca una Colt Piton “non trovi che mi sia evoluta negli anni Elisabeth?”

“Tu sei pazza” rispose la ragazza “ti prenderanno, mia madre scoprirà cos’è successo e tu non la faresti ugualmente franca”

“Non vi troveranno mai qui giù, e senza cadaveri, non c’è omicidio!” disse Mary ridendo fragorosamente.

“Prova a torcerle un solo capello e non avrai neanche il tempo di chiedere scusa!”

“Oddio che paura, mi sto quasi commovendo” rispose ironicamente “ Sei innamorato? Sei uno stupido! Ti tradirà proprio come Sam mi tradì al suo tempo, è lo stesso sangue”

“Ti sbagli vecchia megera, il padre di Beth non ti amava, lei invece si, e comunque anche se tu avessi ragione non mi interesserebbe, io la amo e questo è tutto. Non sarai certo tu a portarmela via!”

“Come sei ingenuo! Ok mi hai convinta… ucciderò prima te, così non sarai costretto a veder morire la tua amata” e così dicendo dalla pistola partì un colpo che si andò a conficcare nella spalla sinistra di Hanamichi.

“ODDIO ZIA MARY CHE DIAMINE HAI FATTO!!!”

“Credevi che scherzassi piccola Elisabeth? Il prossimo andrà a segno”

“Tu non farai proprio nulla” disse Karen, apparendo improvvisamente alle sue spalle e colpendola con un mattone.

“Mamma” disse la ragazza correndole incontro “non sono mai stata così felice di vederti”

“Mi fa piacere”

“Come facevi a sapere che eravamo qui giù?”

“Non sei l’unica detective della famiglia, mi è bastato parlare con Richard!”

“Hai visto mamma, papà non ti aveva abbandonata, ti amava!”

“Tu hai sempre ragione piccola mia, dovevo darti ascolto, ma adesso prendi la pistola dalle mani della zia e aiuta il tuo ragazzo”

“Oddio Hana, mi ero completamente dimenticata”

“Sono felice di essere sempre al primo posto nei tuoi pensieri” disse cercando di nascondere inutilmente una smorfia di dolore.

“Adesso ti aiuto a salire e chiamiamo l’ambulanza e la polizia, non preoccuparti”

“Elisabeth?!”

“Dimmi amore”

“La prossima volta che devi andare ad un matrimonio sarei felice di restare a casa”

 

Fine

 

 

 

  
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