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Autore: MimiRyuugu    07/12/2012    5 recensioni
Ecco qua, dopo Ultimi Ricordi, la continuazione della saga dei Tre Uragani. Riuscirà la nostra Giulia Wyspet ad avvicinarsi di più al burbero Severus Piton?
"You are the life, to my soul, you are my purpose, you are everything."
Genere: Avventura, Commedia, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Severus Piton, Un po' tutti
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'I Tre Uragani Saga'
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Buonsalve *-* anzi, buon giorno xD sisi ho appena aggiornato ma non ho resistito. Anche perchè volevo rinnovare gli auguri alla cara Skelanimal <3 so che aspettava un altro aggiornamento e avverrà anche quello, ma intanto ti dedico anche questo *^* qui troviamo She's Always a Woman to Me di Billy Joel, Boulevard of Broken Dreams e Are We The Waiting dei Green Day (essendoci Giulia di mezzo era ovvio xD),

Avvertenze: OCCtudine a manettaaa proprio.

Spero che vi piaccia <3
Buona lettura :3



9° Capitolo

Strinsi una mano e sentii qualcosa di morbido contro le mie dita. All’inizio pensai fosse un sogno, e mi rifiutai di aprire gli occhi. Poi però, mi arresi. Davanti a me c’era il viso di Severus, solo a qualche centimetro dal mio. Dapprima non reagii, ma quando mi resi veramente conto della poca distanza che ci separava, aprii gli occhi di scatto. Era sdraiato su un fianco verso di me. Il viso sul cucino. La mia mano cadeva leggera tra i suoi capelli e ne stringeva dolcemente una ciocca. Sentivo il suo respiro. Il mio cuore aveva preso a battere forte dall’emozione. Anche una sua mano teneva una ciocca dei miei capelli. L’altro braccio era appoggiato sul mio fianco, lasciando la mano a penzoloni. Magari Piton si era sdraiato un minuto e poi si era addormentato. E nel sonno si era mosso. Cercai di districarmi da quella posizione. Liberai i miei capelli e spostai piano il braccio. Vidi l’orologio appeso alla parete e sobbalzai. Erano le tre passate. Era tardi. Tardissimo. Non me la sentivo di vagare da sola per i corridoi a quell’ora, così, mi ributtai sul letto. Faceva freddo. La coperta era caduta per metà sul pavimento. Si vede che tutti e due c’eravamo mossi molto. Ripercorsi con la mente quella frase ed arrossii. Poi picchiai la fronte con una mano. Tirai piano la coperta e coprii Severus, poi mi allontanai e mi misi sul fianco destro, in modo da dargli la schiena. Sospirai e chiusi gli occhi. La coperta si mosse e sentii il materasso muoversi. Fu un attimo e mi sentii tirare all’indietro, per poi essere chiusa in un abbraccio. Divampai così tanto da voler liberarmi dalla coperta. Severus mi circondava i fianchi con le braccia, la mia schiena contro il suo torace. Sentii un rumore. Il mio mp3 era caduto per terra. Mi spostai piano, lo raccolsi e lo misi sul comodino. Nemmeno il tempo di ritrarre il braccio che Piton mi trascinò a se. Sorrisi. Mi guardai in giro alla ricerca di qualche peluche e ridacchiai fra me e me. Posai le mie mani sulle sue. Sentivo il suo respiro sul mio collo. Era una cosa piacevole. Anzi, era un sogno. Era questo che provava Anna quando dormiva con Draco? Se era così, valeva davvero la pena rischiare una punizione della Umbridge. L’ennesimo respiro mi provocò dei brividi lungo la schiena. Mi lasciai scappare un gemito, poi arrossii ancora. Calma, dovevo stare calma. La mia temperatura corporea non era normale. Sembrava avessi la febbre! Però c’era un problema. Non sarei riuscita a dormire in quelle condizioni. Chiusi gli occhi e cercai di vedere tutto dal lato dolce. Severus mi stava abbracciando. Voleva dire che stava sognando qualcuno a cui voleva bene. Aprii di scatto gli occhi. Un pensiero si librò nella mia mente. No, non lei. Lily. Non poteva sognare Lily e abbracciare me. Scacciai questo pensiero. Non potevo e non dovevo essere gelosa di una donna, che, oltre che essere morta, era stata anche sposata. Mi rattristai di aver pensato che, essendo appunto non più in vita, non potesse rubarmi Piton. Dopotutto, l’amore vive anche dopo che quel qualcuno non c’è più. Sentii Severus mormorare qualcosa. Aguzzai le orecchie. “Giulia…” lo sentii sussurrare. I miei occhi si illuminarono. Aveva pronunciato il mio nome. Aveva proprio invocato il mio nome nel sonno! Ora si che potevo dormire in pace. Mi girai piano, avvolta nel suo abbraccio dal profumo suadente, ed appoggiai la mia fronte alle sue labbra socchiuse. Tenni stretta la sua camicia tra le mie mani e lui mi strinse ancor di più a se. Chiusi ancora gli occhi, stavolta sorridente. E allora, sentendo il rumore del suo respiro, mi addormentai.
Fu un sonno tranquillo, vellutato. Aprii gli occhi piano, impaurita di aver soltanto sognato gli ultimi istanti prima di dormire. Per mia gioia, trovai Severus ancora davanti a me, nella stessa posizione di quando avevo chiusi gli occhi l’ultima volta. Chissà che ora era. Non si intravedeva nemmeno un filo di luce. Sospirai ed allungai una mano per accarezzare i morbidi capelli corvini del professore. Alzai di poco la testa per riuscire a guardarlo in viso. Aveva uno sguardo sollevato. Sorrideva. D’istinto anche io sorrisi. Mi sembrava di essere tornata all’anno prima, quando immaginavo come sarebbe stata la nostra vita dopo il settimo anno. Il matrimonio. Dormire ogni sera con lui. Arrossii. Sentii Piton muoversi. Tornai ad abbassare lo sguardo mentre scorrevo le dita tra i capelli. Sentii le sue mani, che fino a quel momento erano incrociate dietro la mia schiena, sciogliersi. Fermai la mia mano. Sentii Piton sussultare, poi un calore sulla mia guancia. Aprii gli occhi e vidi la sua mano. Alzai lo sguardo e sorrisi. Severus ritrasse la mano, imbarazzato. “Buongiorno professore…” sussurrai. Lui si allontanò e si sedette sul bordo del letto. Mi stiracchiai e sbadigliai. “Non so come sia potuto succedere…” commentò, imbarazzato. Io scossi la testa. Lo raggiunsi sedendomi accanto a lui con le gambe ancora sul letto. Gli diedi un bacio sulla guancia e lui si girò e mi guardò dubbioso. “Anche stanotte niente incubi…la ringrazio…” sorrisi. Piton si alzò e andò in bagno. Mi ributtai sul letto di peso a gambe e braccia distese. Mi stiracchiai ancora, poi saltai giù dal letto. Le lenzuola erano tutte scombinate. Tolsi tutto ed iniziai a rifare il letto. Prima il copriletto verde scuro. Nemmeno una piega. Intanto iniziai a canticchiare She’s Always A Woman, di Billy Joel. Ogni volta che mio padre trova mia madre a fare il loro letto, le canta sempre questa canzone. Lei usa sempre la magia per tutto, tranne per rifare i letti. Dice che vengono meglio alla maniera Babbana. She can kill with a smile. Una volta papà l’ha cantata anche a me. Mamma ha detto che non vuole che io cresca, per questo non me la canta mai. She can wound with her eyes. La prima coperta sistemata. She can ruin your faith with her casual lies. Sentii la porta del bagno aprirsi di poco. Con la coda dell’occhio, senza smettere di cantare, guardai. Severus era affacciato di poco verso la stanza e mi osservava. Mi girai e lo salutai, però lui richiuse subito la porta. And she only reveals what she wants you to see. Il lenzuolo era apposto. Mi mancava solo il copriletto, sempre di un verde scuro.. She hides like a child. Prima sprimacciai i cuscini, poi li coprii con il copriletto. Mi allontanai per vedere bene il mio lavoro. But she's always a woman to me. Smisi di cantare e sorrisi compiaciuta battendo le mani. Presi il mio mp3 dal comodino, poi trotterellai fino al bagno. Bussai. “Professore?” lo chiamai. “Cosa c’è?” rispose lui. “Potrebbe uscire? Devo farle vedere una cosa…” sorrisi, fiera di me stessa. Lo sentii sbuffare. “La prego!” insistetti. Vidi la porta aprirsi e Piton uscire. “Ebbene?” chiese, guardandomi. Indicai il letto. Lui alzò un sopracciglio. “Tutto qui? Eppure dovrebbe sapere che con un semplice colpo di bacchetta si sarebbe sistemato da solo in pochi minuti…” sbottò, acido. Io lo guardai un po’ delusa. “Però…alla maniera Babbana viene meglio…” mi giustificai. “Se lo dice lei…” commentò seccato. Io annuii e lui tornò in bagno richiudendo la porta. Mi trascinai fino al letto e mi sedetti arrabbiata. Il mio voleva essere in gesto gentile. Ci avevo messo l’amore. Oppure mi volevo semplicemente divertire a fare la casalinga. Piton uscì veloce dal bagno e mi raggiunse. “Dunque? Non aveva appena rifatto il letto?” chiese. Io alzai le spalle. “Tanto con un colpo di bacchetta si rimette apposto…” sbottai. Lui sorrise divertito. “Si offende solo perché le ho detto come stavano le cose?” disse, incredulo. Io sbuffai. “Volevo solo farle un favore…” rimbeccai. Severus sorrise e mi accarezzò la testa. “Ho apprezzato il suo gesto signorina Wyspet…” spiegò. Io sorrisi. “Davvero?” chiesi. Lui annuì. Mi alzai e sistemai le pieghe che avevo creato. “Sono le undici passate…è meglio se torna in dormitorio…” commentò, avvicinandosi alla cassettiera alla parte destra del letto. “Prima vado un attimo in bagno…posso?” chiesi. “Vada…però si sbrighi!” mi ordinò. Corsi in bagno. Mi tolsi il fermaglio. Vidi un pettine poggiato vicino al lavandino e lo usai, poi intrappolai una ciocca della frangia nel oggettino che si chiuse con un clic. Sbadigliai e tornai nella camera. Piton mi passò la bacchetta e mi accompagnò alla porta nel suo ufficio. “Si ricordi che voglio vedere il suo Patronus eh…” sorrisi. Piton tossì poco convinto. “Per stanotte signorina Wyspet…” iniziò a dire, chiaramente imbarazzato. Il scossi la testa. “Sono felice…di aver dormito con lei…” mi lasciai sfuggire, per poi arrossire. Lui tossì ancora. Lo salutai con una mano, poi corsi via. Per i corridoi non c’era quasi nessuno, a parte i soliti studenti mattinieri. Arrivai alla torre e salutai la Signora Grassa, che mi squadrò. Passai in Sala Comune, ancora vuota, ed arrivai al dormitorio. Entrai nella stanza. Hermione era sul suo letto a girare pagine di un libro, mentre Anna stava cercando di distrarla. “Buongiorno!” esclamai, prendendo in braccio Billy. Le due alzarono la testa ed Hermione si alluminò. “Dove cavolo sei finita?! Pensavamo che Piton ti avesse ucciso!” disse Anna, sorridendo. L’altra lasciò il libro e venne ad abbracciarmi, mentre il mio povero gatto cercava di liberarsi. Mi sedetti sul mio letto, lasciando Billy. Saltò giù con la coda all’insù offeso, ed andò a rotolarsi in un angolo della stanza. “Allora?” chiese Anna, guardandomi curiosa. Io sorrisi. “Se hai gli stessi vestiti di ieri deduco che non sei tornata in dormitorio stanotte…” ghignò ancora. Scossi la testa. “Gli ho fatto vedere il mio Patronus…” dissi. “E questo che c’entra? Voglio i particolari scottanti!” rimbeccò. Hermione si portò le mani alla bocca. “Giulia! Non dovevi!” esclamò preoccupata. “Tranquilla…non gli ho detto nulla dell’ES…” spiegai. La ragazza tirò un sospiro di sollievo. “E poi? Come mai sei rimasta li tutta la notte?” chiese con tono malizioso Anna. Io arrossii. Lei si alluminò. “Avete dormito assieme? Com’è stato?” disse ancora. Hermione rimase a bocca aperta. “Non era programmato…però…ecco…è stato…dolce…” raccontai. Anna battè le mani. “E ti ha fatto male? Allora vi siete messi assieme?” continuò. Guardai la ragazza dubbiosa. Hermione intanto stava per svenire per un eccesso di bile. “Anna…stiamo parlando della stessa cosa?” le chiesi. “Certo! Della tua notte di fuoco con Piton!” disse subito. Per poco caddi dal letto. “Ma come ti viene in mente?! Abbiamo solo dormito! Ci siamo addormentati nel suo letto!” commentai, con le guance rosso vivo. Hermione tirò un sospiro di sollievo. “Solo? Ma che delusione…” esclamò delusa l’altra. Io ridacchiai. “Tra poco comunque è ora di pranzo…scendiamo?” chiese Herm. Io ed Anna annuimmo. Incontrammo Ginny e Mary Kate in Sala Comune e ci dirigemmo verso la Sala Grande. Ci sedemmo al nostro tavolo. Vedemmo un gruppetto di ragazzi con l’uniforme verde argento passarci vicino. Draco mandò un bacio ad Anna, mentre Blaise fece l’occhiolino a Mary Kate. Millicent e Pansy non c’erano tra loro. Il biondo prese l’amico per il braccio e lo trascinò al nostro tavolo. Anna, seduta vicino a me, fece spazio per il suo amato, che si sedette tra noi due. “Hey Malfoy urti il mio spazio vitale!” rimbeccai, dopo l’ennesima spinta per sporgersi verso Anna. “Non è colpa mia se sei così grossa che il tuo spazio vitale occupa metà tavola…” rimbeccò lui. Gli tirai una gomitata nelle costole. “No! Pietà, terrore!” mi prese in giro. “Sei patetico…” sbuffai. “Aiuto! Ora la Wyspet mi picchierà! Salvatemi!” continuò, facendo la voce finta spaventata. Hermione scosse la testa spazientita. “Draco?” lo chiamò Anna. “Si amore?” rispose lui. “Piantala per favore…” lo pregò lei, esasperata. “Va bene amore…” disse subito il biondo, per poi farmi una linguaccia. Io gli diedi la panoramica del mio dito medio. “Comunque siete state forti ieri sera! Vi vedevo già spiaccicate sotto Pansy e Millicent…” commentò. “Modestamente…” rispondemmo in coro io ed Anna. Ripensai al mio povero mp3. “Comunque ho un contro in sospeso con la Bulstrode…” precisai. Hermione e la coppietta mi guardarono dubbiosi. “Il mio amato oggettino ha un’insieme di crepe al posto del vetrino…lo devo vendicare…” spiegai. Anna mi guardò a bocca aperta. “Ma…funziona ancora?” mi chiese. Io annuii e lei fece un sospiro di sollievo. “A proposito dei due pachidermi, le hai viste oggi?” chiese ancora curiosa a Draco. “Ieri sera in Sala Comune…si tenevano entrambe la mano destra…venti frasi ciascuna…” spiegò ghignando. “Non è giusto! A me ed Anna ne aveva date trenta quando avevamo fatto rissa!” rimbeccai. Draco si girò verso il tavolo insegnanti, poi si alzò. “Blaise!” lo chiamò. Il ragazzo lasciò Mary Kate e lo raggiunse. “Andiamo va…che Piton ci sta guardando male…” spiegò in sintesi. L’amico salutò me, Anna ed Hermione, poi seguì il biondo al suo tavolo. “Che bel sedere…mamma mia…” sentimmo dire a Mary Kate. “A chi lo dici…” concordò la sorella. Hermione scosse la testa. Le pietanze apparvero, e, prima di iniziare a gustarci il pranzo, io ed Anna ci guardammo intorno. Verificata l’assenza di elefanti famigliari, attaccammo i rispettivi cibi. “Che fate dopo?” ci chiese Ginny. “Draco…mi aiuta a fare i compiti…” sorrise Anna. “Io idem…” disse Mary Kate. Io ed Hermione evitammo di rispondere. Appena finito il cibo sgattaiolai da Piton. “Ma lei non ha qualcosa di diverso da fare che venire ad infastidirmi pomeriggio, sera e mattina?!” rimbeccò, vedendomi entrare nel suo ufficio. Io scossi la testa. “Professore?” lo chiamai. Severus mi guardò. “Le va di uscire stasera?” gli chiesi. Lui alzò un sopracciglio. “Stiamo sempre rinchiusi nel suo ufficio…è da tanto che non andiamo dal nostro albero…” spiegai. Piton mi guardò scettico. “Forse perché siamo ancora in inverno?” disse, sarcastico. “La prego!” lo pregai. Lui non rispose. “Prometto che sarò così brava nell’interrogazione che mi metterà il massimo! Sarò preparatissima!” proposi. “Studiare è un dovere signorina Wyspet…” sbottò. Lo guardai con occhi dolci. “È lunedì domani…c’è lezione…” disse ancora. “Se accetta me ne vado e mi vedrà solo stasera…la lascio in pace per questo pomeriggio…” proposi. Piton ci pensò su. “Alle 20.30 davanti all’albero…intesi?” accettò. Io battei le mani felice. “Ora, evapori!” mi ordinò. Io annuii e corsia via. Andai in dormitorio, e presi il libro che avevo preso in prestito dal professore una settimana prima. Mi misi davanti sulla sedia vicino al camino con le gambe incrociate, e iniziai a sfogliare le pagine. Era un libro sugli assassini, per lo più Babbani. “Che palle oggi!” esclamò una voce. “Già, non c’è nulla da fare…” rispose l’altra. Alzai la testa giusto in tempo per vedere due fulmini rossi venire a sedersi vicino a me. “Salve Giulia!” mi salutò Fred. Io gli feci un cenno con una mano. “Cosa fa qui da sola, madmoiselle?” mi chiese George. “Leggo…non c’è nulla da fare oggi…” spiegai. I due si guardarono. “È strano…di solito esci sempre…non stai mai in Sala Comune…” disse sospettoso Fred. Io alzai le spalle. “Se esco ed incontro la Bulstrode non credo che mi tratterrò dallo spedirla in infermeria…” sospirai. “Non gliene hai date abbastanza ieri sera?” ghignò George. Io scossi la testa. “Mi ha rotto il vetrino dell’mp3…me la deve pagare…” raccontai, scrocchiando le dita. I gemelli annuirono. “Non ti dispiace se ti facciamo compagnia vero?” chiese Fred. Io sorrisi. “Fate pure…” risposi. Tornai alla lettura, mentre i due iniziarono a giocare agli scacchi dei maghi. Qualche volta alzavo lo sguardo per vedere chi stava vincendo. Verso le cinque la Sala Comune iniziò a riempirsi, producendo così molto chiasso. Per fortuna che Hermione era in biblioteca! Passai le ore prima della cena a leggere, con le cuffie nelle orecchie per attutire il rumore. La cena fu tranquilla, senza interventi spiacevoli o risse. Parlai tranquillamente con Anna ed Herm, poi, le accompagnai in dormitorio. La prima aveva l’ennesimo appuntamento con l’amato, da cui sarebbe rimasta a dormire. La seconda, sarebbe rimasta in dormitorio. Mi cambiai e buttai tra i panni sporchi per gli elfi i miei vestiti. Presi un’altra gonna, calze pesanti, solite Converse e tirai fuori il mio cappotto lungo fino alle ginocchia. Lo mettevo quando andavamo in gita ad Hogsmerade. Presi la mia morbida sciarpa viola (regalo di Natale della cara nonna Clotilde) e misi in tasca l’mp3, con le cuffie nelle orecchie. Salutai le ragazze e sgattaiolai fuori. Non dovevo farmi vedere con il cappotto, e nemmeno mentre uscivo. Percorsi trotterellando la strada fino all’albero. Mi appoggiai sul tronco. Iniziai a dondolare la testa a ritmo della canzone. Senza Parole, di un noto cantante italiano, Vasco Rossi. Era Mary Kate che mi passava le canzoni straniere. La piccola Haliwell, oltre che conosciuta come sorella di Anna, era anche la pusher di canzoni. Prestava una ventina di cd al mese, scrivendo la data di prestito e quella di ritorno su un foglio. Un porta cd ambulante insomma. Metà delle canzoni me le passava lei, oppure, usufruendo del fatto di avere una mamma modernizzata, me le facevo scaricare, lei le metteva su cd e me le spediva via gufo. D’un tratto vidi un cespuglio muoversi. Con la calma di un bradipo feci scivolare la mano nella tasca interna del giubbotto, dove tenevo la bacchetta. Vidi qualcosa uscire dai cespugli, ma appena vidi i primi ciuffi biondi apparire tra il verde, tolsi la mano. Luna Lovegood si guardò in giro con aria ebete, poi si girò e mi vide. “Ciao Luna!” le sorrisi. “Oh…Giulia…salve…” mi rispose, sorpresa. Si avvicinò a me, con la bacchetta dietro l’orecchio come suo solito. Indossava una sciarpa a pois rossi su sfondo verde, ed un cappotto leggero azzurro a rombi. “Cosa fai qui?” le chiesi. “Una passeggiata…” disse, guardandosi ancora in giro. “Ma non hai paura che la Umbridge ti scopra?” continuai. “Sono invisibile…” rispose convinta. Le sorrisi divertita. “Ma Luna…io ti vedo…” precisai. La ragazza mi guardò stupita. “Oh…questo è un bel problema…” disse, ancora con voce tranquilla. Mi faceva troppa tenerezza. “Forse faresti meglio a tornare al castello prima che ti trovino…” le suggerii. “Forse…saranno stati i Nargilli…” continuò, guardandosi in giro con aria persa. Io la guardai curiosa. “Mi hanno rubato il mantello…” spiegò. “Possibile…prova a cercare verso il lago...” proposi. Infondo anche io credevo all’esistenza di quelle creaturine pestifere. “Penso che torneranno qui domani sera…” rispose pacata Luna. “Se vuoi posso aiutarti a cercare il tuo mantello domani…” sorrisi. Lei ricambiò. “Non ti preoccupare…grazie lo stesso Giulia…” rifiutò, ancora con quel tono sereno. Io annuii. “Ora è meglio che vada al castello…i Nargilli potrebbero prendermi di nuovo le scarpe se non torno subito…” spiegò. “Quanti paia di scarpe ti hanno rubato fino ad ora?” chiesi. Lei alzò le spalle. “Sempre quel paio…” sorrise poi. Io annuii e sistemai una cuffia. “Allora…ciao…sono contenta che tu e il professor Piton siate felici…” disse, alzando una mano in segno di saluto. Io trasalii. “Cosa? Chi tel’ha…” iniziai a dire, stupita e rossa in viso. Luna si limitò a sorridermi. “Allora ciao…attenta ai Nargilli…” la salutai. Non m’importava che lei lo sapesse. Quella ragazza era un po’ svampita, però era affezionata alle amicizie. Lei mi rispose ancora al saluto, inciampando e cadendo a terra. “Tutto bene Luna?” le urlai. “Si! Ho trovato il mantello!” mi rispose. Poi si tirò su e si avviò correndo verso il castello. Sorrisi e tornai alle canzoni. Guardai l’orologio. Mancavano cinque minuti alla mezza. Sentii ancora dei rumori verso il limitare della foresta. “Saranno dei Nargilli…” sussurrai tra me e me divertita. Vidi una luce avvicinarsi, sempre dagli alberi. Misi mano alla bacchetta pronta a tirarla fuori. Rimasi stupita nel vedere una creatura argentea uscire dalla Foresta Proibita e venire da me. Tolsi la mano dalla bacchetta e guardai esterrefatta la cerva. Eppure io non avevo evocato il mio Patronus. L’animale di luce si avvicinò e fece un giro intorno a me. Allungai una mano e lei non si ritrasse, né sparì. Passai la mia mano vicino a quella creatura argentea, stupita. “Hey…da dove vieni?” le chiesi, incantata. La cerva indicò un punto impreciso della foresta con un cenno della testa. Cercai di scorgere oltre il verde, ma non vidi nulla. L’animale trotterellò ancora intorno a me, poi, d’improvviso, sparì. Sentii altri rumori e vidi una figura apparire dal buio. “Signorina Wyspet…cosa sta facendo?” mi chiese Piton. Mi accorsi di avere la mano sospesa nel vuoto. La ritrassi e spensi l’mp3. “Ha…ha per caso visto qualcuno?” gli chiesi, ancora stupita. Lui scosse la testa. “Prima…c’era…un Patronus…” sussurrai, incredula. “Si stava esercitando?” chiese Severus. “No…non era il mio...però era una cerva…” spiegai. Lui scosse la testa divertito. “Sarà stata un’allucinazione…” suggerì. “L’ho…accarezzata…io…giuro che c’era!” dissi, convinta. “Ho visto la signorina Lovegood…” precisò Piton. Io scossi la testa. “Il suo Patronus è una lepre…” risposi. Guardai Severus, poi sorrisi e mi avvicinai. Alzai gli occhi al cielo. “Ha visto che ne è valsa la pena di uscire?” dissi, indicando il cielo stellato. Lui mi guardò alzando un sopracciglio. Il lago era oramai una distesa nera, su cui si rifletteva la luna. Qualcosa mi cadde sul naso. Era minuscolo, e gelato. Mi portai una mano sul naso, ma il fiocco di sciolse. Pian piano, dei fiocchi di neve avevano iniziato a scendere. Battei le mani entusiasta. “Magnifico…anche la neve ora…” sbottò seccato Piton. “Andiamo professore!” lo rimproverai, iniziando a saltare di gioia e a piroettare sotto i fiocchi. Lui si spostò al riparo sotto l’albero. “Adoro la neve!” esclamai, cercando di prendere dei fiocchi prima che cadessero a terra. Sentii Piton ridere. “Sembra una bambina…” commentò. Io gli feci la linguaccia e continuai a piroettare sotto la neve, finché non mi stancai. Raggiunsi il professore sotto l’albero, le cui foglie oramai non riparavano più. Scossi i capelli per far andare via qualche fiocco, poi mi sedetti accanto a lui. Piton si slegò il laccio del mantello, se lo tolse e lo allargò sulle nostre teste per evitare di venir coperti di neve. Mi avvicinai. Eravamo braccio contro braccio. “Ora dovremmo stare qui finché non smette di nevicare…” osservai, sorridendo. “Non so cosa sia peggio…lei, o la neve…” sbuffò Piton. Io risi e presi la bacchetta. Iniziai a disegnare figure colorate nell’aria. La neve intanto aveva iniziato a cadere fitta, ed ad attaccarsi al terreno. Se continuava così, l’indomani, ci saremmo trovati con neve da sprofondarci fino al ginocchio. “Professore?” lo chiamai. Severus si girò. Teneva un braccio sopra la mia testa, in modo che il mantello cadesse giusto. Guardavo i fiocchi che cadevano lenti. Una moltitudine di batuffoli bianchi che cadeva. Non adoravo questo colore in generale, ma la neve era una sorta di tranquillante per me. “Sa...quando ero piccola rimanevo ore a guardare la neve cadere dalla finestra della mia camera…” raccontai, sorridendo. Piton mi guardò. “Mia madre diceva sempre di aspettare che smettesse di nevicare per uscire, così mi sistemavo sul piccolo davanzale interno della mia finestra e, con la schiena contro il muro e una scorta di Cioccorane, rimanevo ore ad osservare i fiocchi cadere…” continuai, alzando lo sguardo. “Molto istruttivo…” sbottò lui, ma senza il tono acido. Risi. “Quest’estate i miei non volevano andare in vacanza…credevano che avessi subito uno shock psicologico tale da non permettermi di muovermi di casa…” spiegai. “Dati gli ultimi fatti pare che sia così…” commentò Piton. Io alzai le spalle. “Non capisco perché queste cose capitino solo alle ragazze…” riflettei. “Saranno le gonne delle divise troppo corte…i maschi in fase adolescenziale sono un agglomerato di ormoni…” sbottò Severus. Io sorrisi. “Scommetto che alla mia età lei era un ragazzo studioso e responsabile…” dissi. Non avevo avuto occasione di conoscere molto bene il Severus giovane, quando ero stata nel pensatoio. “Se ce ne fossero di più di maschi come lei al mondo…” sospirai. Lui scosse la testa divertito. Alzai un braccio e gli presi il polso con dolcezza. “Così non si stanca…lei tiene il mantello, e io tengo lei…” sorrisi. Rimanemmo così per una buona mezzora. Stufa di aspettare che smettesse di nevicare, mi alzai. Rimasi qualche minuto a guardare il cielo a naso insù, poi mi stiracchiai. Il cappotto mi teneva caldo. La neve si era attaccata bene al terreno, c’era già uno strato. Le mie povere Converse di tela non avrebbero resistito senza bagnarsi per tutta la sera, però rimasi lo stesso in piedi, davanti a Piton, che mi guardava curioso. Nella mia testa una musica iniziò a suonare. I miei adorati Green Day. “I walk a lonely road, the only one that I have ever known…” iniziai a cantare. Feci qualche passo saltellando. “Don't know where it goes, but it's home to me and I walk alone…” continuai. Chiusi gli occhi e feci un respiro profondo. L’odore della neve. Non che la neve avesse un odore preciso. Ho sempre pensato che dipendesse dal nostro stato d’animo. “Signorina Wyspet, si prenderà un raffreddore!” mi richiamò Piton. Aprii gli occhi e corsi da lui. Scivolai e gli caddi letteralmente ai piedi. Alzai la faccia e sorrisi imbarazzata. Severus sorrideva. “Si è fatta male?” mi chiese, cercando di non ridere. “No…” risposi. Mi avvicinai. “Venga anche lei sotto la neve!” lo incitai. Lui mi guardò alzando un sopracciglio. Gli presi una mano e cercai di alzarlo di peso. Ottenni solo di scivolare di nuovo, stavolta atterrandogli addosso. Mi tirai su rossa in viso. “Mi…mi scusi…” sussurrai. Piton questa volta non riuscì a trattenersi e rise. Sembrava un sogno. Oppure era la magia della neve che tirava fuori il bene da ogni persona. “Ora si alzi!” esclamai, alzandomi e tirandolo per la mano. Lui tornò serio e scosse la testa. Tirai ancora più forte e, a sorpresa, il professore si alzò di sua volontà, facendomi perdere l’equilibrio. Scivolai all’indietro, ma Severus mi tenne stretta la mano e mi tirò verso di lui. Finii ancora tra le sue braccia. “Signorina Wyspet, lei è un disastro…” sospirò seccato. Io sorrisi e mi staccai. Eravamo ancora mano nella mano. La mia era gelida, e pian piano risucchiava il calore della sua. Accortosi della situazione, Piton mi lasciò, con un rossore sulle guance. Lo guardai. Era davvero un uomo sensibile. Alzai le braccia al cielo e piroettai. “Se cade io non la raccolgo…” mi avvertii. “Su professore! Si liberi!” risposi, euforica. “Starry nights city lights coming down over me…” ricominciai a cantare.Severus mi guardò scettico. Mi avvicinai, stando attenta a dove mettevo i piedi. “Skyscrapers and stargazers in my head…” canticchiai, iniziando a piroettargli intorno. Lui mi seguiva curioso con lo sguardo. “Are we we are, are we we are the waiting unknown…” continuai, alzandomi in punta di piedi e appoggiando la testa sulla sua spalla da dietro. “Mi sta facendo venire mal di testa…” rimbeccò Piton divertito. Mi staccai e ricominciai il giro. “This dirty town was burning down in my dreams…” continuai, fino ad arrivargli davanti. Lo guardai e sorrisi. “Lost and found city bound in my dreams…” dissi, avvicinandomi. Gli presi la mano tra le mie. E sorrisi ancora. Sorrisi perché mi piaceva il suo calore. I ricordi di quella notte non si fecero attendere. Nitidi come marchiati a fuoco. Dei bei ricordi. Vidi gli occhi del professore scrutarmi. Poi soffermarsi sui miei. Con un gesto del braccio Severus mi tirò più vicino a lui. Feci un ulteriore passo. Volevo farlo. Speravo che lui leggesse nei miei occhi quel mio piccolo capriccio. Un fiocco gli si posò sul naso e lui tentò di mandarlo via. Risi e lo liberai dal batuffolo gelato. Rimasi qualche minuto ferma in punta di piedi. Senza accorgermene le mie dita si intersecarono alle sue. Fu un attimo. Lo guardai e mi sporsi in avanti. Ero all’altezza giusta. Severus però non si ritrasse. Chiusi gli occhi, mentre le nostre labbra si univano. Il mio cuore batteva a mille. Non ci potevo credere. Non avevo mai baciato Piton. O almeno, non al nostro tempo. Però era esattamente come lo ricordavo. Un bacio passionale e dolce, di quelli che fanno tremare le gambe. Ci staccammo che avevo ancora gli occhi chiusi. Li riaprii piano. Sentii le guance bollenti. Guardai il professore, poi un sorriso prese forma sul mio volto. Severus mi guardava sperduto. Ci fu un breve silenzio. La neve cadeva ancora, lenta. Tutto tranquillo intorno a noi. Le mani ancora unite dalle dita intersecate. Portai piano la sua mano alla mia guancia. “Signorina Wyspet…non avrei dovuto…” disse piano. Io scossi la testa. “La ringrazio…” sussurrai. Lui mi guardò stupito. “Mi ha ridato quello che Josh mi aveva tolto…” spiegai. Severus sorrise. “Le voglio un mondo di bene…lei è la mia luce in mezzo al buio…” continuai. Il sorriso sulle sue labbra non accennava a sparire. “La ringrazio di esistere professore…perché senza di lei…io come farei?” conclusi. La sua mano sulla mia guancia mi fece una carezza, poi si staccò. Ci guardammo negli occhi per qualche minuto, poi si avvicinò e alzò il mantello sulle nostre teste. “Ora andiamo…sta venendo freddo…e domani ha lezione…” mi ricordò. Io annuii, ed insieme, stretti uno accanto all’altra sotto al mantello, ci dirigemmo verso il castello. Rischiai di scivolare parecchie volte, ma Piton mi prese in tempo. Arrivammo all’entrata dei sotterranei. Il mantello era fradicio, e le mie mani arrossate dal freddo. Volevo seguirlo. Dormire abbracciata ancora a lui. “Bene…è sicura di riuscire ad arrivare fino in dormitorio senza combinare danni?” mi chiese. Io annuii. “Allora…buonanotte…” disse. Gli diedi il solito bacio sulla guancia. “Notte…” risposi, poi corsi via. Arrivai in dormitorio sana e salva. Hermione riposava già, rannicchiata nel suo letto. Anna non c’era. Mi ricordai che stava a dormire da Draco. Mi avvicinai alla finestra. Il giardino era immerso nel bianco. Sorrisi e sentii muovere la ragazza. “Giulia…ma…che ore sono?” mi chiese. “Non lo so…però è tardi…” risposi. La vidi stropicciarsi gli occhi e guardare stupita fuori. “Ma…nevica?” chiese ancora. Io annuii. Lei sorrise e tornò a sprofondare nel cuscino. Mi cambiai e mi infilai sotto le coperte. Billy Joe mi raggiunse con le sue fusa. Anche se ero da sola nel letto, quella sera, sentivo ancora la sua mano, sulla mia guancia. Le sue labbra, sulle mie. Il suo cuore, al ritmo del mio, in un unico battito. E fu con nella testa quel battito, che mi addormentai, sorridendo.
  
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