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Autore: Some Mad Person    07/12/2012    1 recensioni
Certi giorni, persino un Turk ha paura di vivere.
Prequel di A Divorce, scritto però tre anni dopo. Ulteriore prova del perché Reno e Yuffie formano molto probabilmente la coppia più disfunzionale di sempre.
Genere: Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Reno, Yuffie Kisaragi
Note: Traduzione | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza | Contesto: FFVII
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Nota della traduttrice: Ed ecco il prequel di A Divorce, scritto tre anni dopo xD Due storie distinte che si completano a vicenda, senza che una sia davvero necessaria all’altra.
Il titolo stavolta si deve una canzone di Wilco, e l’autrice mi diceva che in particolare il gioco di parole tra “a jar” (una giara, un vaso) e l’aggettivo “ajar” (socchiuso). “Apparentemente spalancata, emozioni messe a nudo, ma allo stesso tempo una tempesta repressa che aspetta il momento giusto per scoppiare.”
Detto questo, ma voi come lo chiamate quel difetto di pronuncia della esse? Quello di Jovanotti, Vendola, Sir Biss? D: Dalle mie parti si dice “zeppola,” ma è talmente regionale che immagino nessuno avrebbe capito.
… SONO PROBLEMI SERI QUESTI.





SHE’S A JAR

by some mad person.


Dedicata a: Pip, Reno [Spiegel] e Clara, per aver tenuto in vita il Reffie.





Giovedì mattina.


Erano passati due giorni dal suo rapimento e gli bruciava la gola. Ciò era dovuto molto probabilmente alla ragazza seduta a gambe accavallate di fronte a lui. E al fatto che aveva passato le ultime quattro ore a urlarle contro, nei momenti in cui non era stato privato di sensi dalle troppe mazzate recapitate da un immacolato posacenere d’acciaio targato Shinra.

« Non sei molto bello, quando ti accigli » disse lei finalmente.

« Non me ne frega un cazzo se mi trovi bello o no » sbraitò a denti stretti, mentre lei andava in cucina, col suo passo felpato, a versarsi un bicchiere d’acqua.

« Naturale che non te ne freghi. » La sua voce era stranamente serena. « In fondo, siamo sposati. »

« Non per molto. »

« Dici delle cose così stupide, Reno. » Adesso ridacchiava, ma la sua risata era falsa. « So che hai sete, ma sei stato tanto cattivo con me. Non so se lasciarti bere o no. »

« Come ti pare. » Reno era incazzato. Le avrebbe volentieri procurato delle lesioni fisiche gravi, se solo non fosse stato legato al frigorifero. Col filo spinato. Certo che aveva classe, con gli ostaggi, pensò cupamente. La camicia gli si era strappata nei punti in cui aveva provato a muoversi, ed era picchiettata di rosso in quelli in cui ci era effettivamente riuscito.

« Sai, non potrai tenermi qui per sempre senza darmi da mangiare. Potrei, per dire, morire o che so io. »

« Oh, lo so. » Sorrise. « E non posso permetterti di lasciarci tanto facilmente. Dobbiamo ancora pensare a un nome per lei. »

« A un cosa? » Lui sollevò la testa di scatto. « Yuffie, hai appena detto che non è mia. Non darò un nome a una qualche – cosa che hai avuto con dio solo sa chi, che cazzo. »

In un lampo, Yuffie si fece molto vicina al suo viso. Probabilmente troppo, perché la canna della sua 9 mm gli si stava spingendo contro la base del mento.

« Vaffanculo, Reno. Non puoi dirmi cosa fare. Nemmeno mi ami. » Abbassò gli occhi, e lui riuscì a discernere il vaghissimo accenno di un sorriso. O almeno di qualcosa che somigliava a un sorriso. Le si vedevano i denti, ma si era spostato solo il labbro superiore. « Non fa niente! » Fece spallucce. « Neanche io ti amo. Mi fai sesso e basta. Beh, forse prima. »

Reno grugnì. « Sei sempre stata bravissima a raccontare bugie, scricciolo. »

Purtroppo per lui, riuscì a stento a finire la frase prima che una forza bruta gli schiacciasse la testa sulla destra, riempiendogli le narici di un odore ramato. Aprì la bocca per imprecare, ma la lingua gli si era ammollata come cotone bagnato, e una serie ininterrotta di gorgoglii gli rimbombava nel cervello. Ebbe bisogno di qualche secondo per capire che era lui a fare quei rumori, ma scoprì anche di non potersi fermare.

Okay. E così gli aveva dislocato la mandibola. Frantumandogli probabilmente uno zigomo, già che c’era. Ma Elena che cazzo le dava da mangiare? Nessuna diciottenne poteva menare così forte. D’altronde, questa diciottenne in particolare era incinta. Doveva esserci qualcosa di comico in tutto ciò, da qualche parte, ma gli venne concesso poco tempo per riflettere prima che il colpo successivo gli tagliasse la tempia, sporcandogli la vista di sangue.

« Oh, cazzo, piccola. » Sputò quello che sembrava tanto una scheggia di dente. « Non ti si segue a quest’ora del mattino. Perché non mi sleghi, così ti posso adeguatamente ripagare il favore? Ti ci metto dentro pure un aborto gratis, vista la grande generosità che mi hai ispirato. »

« Sta’ zitto. Stai zitto! » Yuffie balzò in avanti e gli afferrò una manciata di capelli. Normalmente gli avrebbe fatto male, ma la sua testa aveva cominciato a perdere sensibilità dall’ultimo impatto. Senza contare che la pressione della pelle contro il filo catalizzava gran parte della sua attenzione.

« Credi di essere tanto furbo. Credi di sapere tutto. Tu non sai niente di me! Tu nemmeno immagini ciò di cui sono capace! Chiudi… chiudi quella fogna! »

« Piccola, io ti conosco meglio di quanto tu conosca te stessa. » Stava diventando difficile guardarla con aria scaltra quando i suoi occhi erano socchiusi dal gonfiore, ma lui era Reno, e poteva essere figo anche con le esse sibilanti per colpa di una mandibola allentata. « E poco ma sicuro non immagino ciò di cui sei capace, ma chiaramente non è il sesso sicuro. »

Rimpianse quella frecciata quasi nell’istante in cui gli lasciò le labbra, ma era troppo tardi, e tre secondi dopo sfoggiava una massa deforme e sanguinolenta di pelle al centro della faccia. Era probabilmente il suo naso, o ciò che ne restava. Se avesse continuato così, presto avrebbe assomigliato al soggetto di un qualche ritratto cubista. Doveva pensare in fretta.

« Okay, okay, Yuf. Piccola. Ti chiedo scusa. » Lei inarcò un sopracciglio, le nocche viscose per il suo sangue.

« Voglio dire, è più forte di te. Semplicemente hai dei problemi con il tuo papà, e a volte il modo migliore per risolverli è andare a letto con qualcuno che ne ha di più grandi dei tuoi. Come uno che pensa ancora alla fidanzata morta. Sono sicuro che abbia fatto meraviglie per la tua auto-stima, dal momento che hai passato i momenti cruciali della tua adolescenza attorno a donne che avevano delle tette vere a dimostrarlo- »

I suoi pugni reagirono una frazione di secondo prima che si rendesse conto di essere stata imbrogliata un’altra volta. Anche da svenuto, lo stronzo riusciva a mostrarsi compiaciuto.

« … Codardo. » Gli sputò addosso e corse in camera da letto. Stava di nuovo scalciando quando affondò nel materasso sporco che un tempo condividevano, e mentre fissava con sguardo assente il soffitto fu percorsa da un moto di repulsione, nelle orecchie il minuscolo battito cardiaco che pompava con insolenza nel tepore del suo ventre.




Martedì sera.


Due giorni prima, Reno era fuori a comprare la cena (una bottiglia di Jack Daniels e due pacchetti di sigarette), quando qualcuno lo accostò all’angolo tra l’Honey Bee e il Masume’s Sushi.

« Ehi, amico, hai da accendere? »

La voce di quel ragazzo aveva un che di familiare, ma non si fece troppe domande. I quattro shottini di tequila che si era scolato per aperitivo gli avevano portato un lieve ronzio ai timpani, e aveva fretta di tornare al motel perché ora come ora quella strafiga che aveva incontrato alla tavola calda si stava probabilmente spogliando per lui sotto le lenzuola. O ancora meglio, stava invitando un’amica.

« Sì, certo. »

Quando Reno fece per prendere il manganello, però, una mano scattò in fuori ad afferrargli l’arma per l’estremità dell’interruttore. Riuscì a malapena a sbattere le ciglia una volta prima che delle dita svelte smantellassero i suoi slot per le materia e quelle sfere luccicanti ricadessero in un sacco appeso a una vita ossuta. Fu allora che quegli agili movimenti azionarono in lui un riconoscimento, ma ormai il suo assalitore gli si era insinuato alle spalle, la lama del Conformer spiacevolmente vicina alla sua giugulare.

Fu Reno a parlare per primo. « Hm, niente male davvero. Pensavo sul serio che fossi un ragazzo. Sarà stato per l’atroce taglio di capelli. E altre cose. »

« Ancora parli. Vivere ti pesa troppo, eh? » gli sibilò Yuffie all’orecchio.

« Tesoro, odio rovinare il tuo momento di gloria, ma sappiamo entrambi che sono tutto fuorché in una posizione compromettente. Cioè, magari per te non significa niente, ma io ero un Turk. In circa due minuti potresti ritrovarti a tappeto, cotta al sangue. »

Il braccio saldato attorno al suo collo non alleggerì la morsa. « Me ne rendo conto. » Si concesse un sorriso tirato. « Ma proprio tu dovresti sapere che Yuffie Kisaragi non intraprende guerre perse in partenza. »

Il ronzio nelle sue orecchie crebbe, all’improvviso il suo stomaco sembrava in procinto di esplodere. Adesso si spiegava quel sapore strano della tequila. Stava per complimentarsi con lei per aver scassinato il suo armadietto dei liquori, ma ebbe la sensazione che le gambe gli si stessero dissolvendo nella strada – oppure, in alternativa, quella pozzanghera stava raggiungendo l’altezza del suo viso a una velocità allarmante.

Yuffie ghignò fra sé e sé quando sentì suo marito afflosciarsi tra le sue braccia. « Voi Turk non siete gli unici a giocare sporco, sai. »




Due ore dopo.


Reno sapeva di essere nella merda fino al collo. Primo, la sua moglie ficcanaso aveva appena dimostrato che il suo armadietto dei liquori era tutt’altro che a prova di ladro. Secondo, una cameriera strafiga (forse insieme alla sua amica altrettanto strafiga) veniva lasciata in attesa del suo arrivo mentre lui faticava a riprendersi da un’infida miscela di tequila e veleno per topi. Oh, e tra le altre cose era legato a un frigorifero.

« Fossi in te non mi preoccuperei della ragazza. » Proveniente dall’altra parte della stanza, la voce di Yuffie tranciò i suoi pensieri. Pareva stesse trattenendo uno sbadiglio.

« Sei solo invidiosa perché a letto fai schifo. » La risatina di Reno, tuttavia, si spense quando lei gli gettò sulle ginocchia una specie di frutto secco. In realtà, adesso che lo vedeva più da vicino, sembrava proprio un orecchio umano. Un attimo-

« Ma Dio buono e onnipotente, Yuf. Tu sei una stronza malata. »

« Ho imparato tutto da te, caro. » Si alzò in piedi e gli si avvicinò ad ampie falcate. « Comunque andavo di fretta, ci avrei messo troppo tempo a segarle la testa. »

Il ronzio che sentiva gli impedì di ribattere. Stava peggiorando, anzi, e a quanto pare gli aveva raggiunto l’inguine. Di più, sembrava che l’inguine gli stesse ronzando più forte della testa. Cazzo. Cazzo. CAZ-

In un’unica, fluida mossa, Yuffie gli infilò la mano nella tasca dei pantaloni e tirò fuori il suo PHS, che vibrava con vigore.

« Pron-to. »

« Yuffie? C’è Reno? » Elena aveva un tono scocciato. La immaginò che si soffiava via la frangia dagli occhi.

« Aspetta che controllo. » Premendosi il telefono contro il fianco, Yuffie agguantò l’oggetto duro più vicino (un posacenere) e assestò un rapido colpo alla nuca di Reno, gli occhi incredibilmente impassibili mentre lui emetteva un secco colpo di tosse e si accasciava su un lato, privo di sensi.

« No, qua non c’è. Sarà uscito a farsi una passeggiata. Che succede? »

« Oh, niente di che. Sto andando in ufficio, in realtà. Reno si era prenotato per questo lavoro, ma ancora non l’ha accettato, ed è stato irraggiungibile negli ultimi giorni. Così ho detto a Rufus che me la sbrigavo io. Spero non gli dispiaccia. Insomma, lo sa che sono un po’ a corto ultimamente. »

« Non preoccuparti, Reno ha avuto… altro da fare. Anzi, ti sarebbe grato se ti assumessi i suoi incarichi per le prossime settimane. »

« Oh! Fantastico, insomma. Allora siamo a posto. »

« Già. »

Ci fu una pausa, seguita dal risucchio di aria tra labbra esitanti. « … Ehi, hm, Yuffie. Voi due, cioè… tutto bene, giusto? »

« Hmm. Sì, dai. »

« Ecco, fammi uno squillo se, capito- »

« Sì, grazie, Lena. Lo so. »

« Ehi, so che Reno può essere un vero pezzo di merda e che l’ultimo periodo è stato pesante per te, ma non fare nulla di avventato, intese? »

Yuffie stirò le labbra. « Tranquilla. Non sono mai stata più calma in vita mia. »




Giovedì mattina, di nuovo.


« Ehi. »

Nessuna risposta.

« Ehi, piccola. Gambe. Moglie ninja. Ehi. Ma porca puttana troia, EHI! »

Se non avesse risposto presto, la sua gola avrebbe ceduto.

« Ehi. Yuffie. Lo so che non stai dormendo, va bene? Cazzo, che stai facendo di là? Spero che tu non ti stia tagliando di nuovo, perché poco ma sicuro non ho modo di salvarti nella mia attuale condizione- »

« Non ho bisogno di essere salvata, stronzo. » La sua voce gli arrivava smorzata. Forse stava piangendo.

« Oh, si degna di parlare! Allora, piccola, lungi da me fare il bambino viziato, ma c’è un punto dietro la spalla sinistra che mi prude un po’, per cui se non ti dispiace… » Le parole gli morirono sulle labbra quando una figura minuta lo adombrò.

« Tanto non mi hai mai salvata. »

Reno strinse gli occhi, guardando la donna che una volta era stato abbastanza sbronzo da sposare. « … Cosa? »

« Non mi hai mai salvata. Non ci sei mai stato per me. Il bello è che ci ho messo un po’ a capire che era quello che volevo. Era l’unica cosa che volevo, davvero. Ma tu devi per forza rendere le cose tanto fottutamente difficili. »

« Yuffie, io- »

« Vaffanculo, Reno. Chiudi quella cazzo di bocca per un secondo, okay? Non fai altro che sparare balle. E credi di fare tutti fessi con quei tuoi modi arroganti, ma sei soltanto spaventato quanto me. So che tra noi due c’è qualcosa di più di… di una grande alchimia, okay? Per qualche motivo io so che ci intendiamo a un altro livello. Insomma, tu sarai un killer con un passato di merda, ma neanch’io ho avuto 'sta grandissima infanzia. So che tu pensi a tua madre come io penso alla mia. E io ti ho tradito solo perché – perché tu mi hai tradito per primo. Diamine, Reno, credi che sia tutto così facile, dal salvare il Pianeta al rinvigorire una nazione paralizzata. Non sai a che cosa ho dovuto rinunciare per te, non sai quanto odio questa cosa di merda che cresce dentro di me. Non lo sai. Non lo sai e basta. »

Il respiro di Yuffie era diventato affannoso, e chinando il capo si accorse di avergli artigliato il colletto della camicia con le mani. Lentamente, alzò gli occhi e incrociò quelli di lui. Non sembrava arrabbiato, e aveva un’espressione che la turbò enormemente.

Reno la stava guardando con pietà.

« Yuffie. Tesoro. » Il suo viso si tagliò in un sorriso senza allegria. « Non potresti essere più lontana dalla verità. Ti ho sposato solo perché non ho una grande opinione del matrimonio, ed era un po’ che non mi facevo una vergine. Mia madre era una puttana, e me la ricordo poco e niente, né mi interessa ricordarla. Poi me ne sbatto di chi ti scopi alle mie spalle, e tanto per la cronaca, eri tu quella che pensava fosse “romantico” rinunciare al trono per stare con me, nonostante io ti ricordassi costantemente che era quasi sicuramente la cosa più stupida che tu potessi mai fare. E infine, non so cos’è questa cosa che secondo te mi farebbe tanta paura. » Adesso stava scoprendo i denti. « Non ho mai avuto paura della morte dal momento in cui ho accettato quest’uniforme. »

Si fermò a guardarla. Era crollata in ginocchio davanti a lui, il capo talmente basso che i capelli le schermavano gran parte della faccia.

« Hai ragione, Reno. » Sospirò. La sua voce non sembrava più la sua. « Non hai mai avuto paura della morte. Hai avuto paura solo di vivere. » Sollevò la testa e lui vide che nei suoi occhi c’era qualcosa di strano – sfinitezza, determinazione e furia erano solo alcune delle emozioni che riuscì a identificare, e si rese conto che era lo stesso identico sguardo di quando l’aveva tradita per la prima volta, di quando suo padre l’aveva ripudiata, e di quando l’aveva trovata per la prima volta nella vasca, immersa in acque di un rosso furente.

Yuffie si tirò in piedi, e lui notò che non aveva versato neanche una lacrima.

« Anche io sono spaventata, Reno. Questa cosa mi sta distruggendo. »

« Yuffie, che stai- »

Non dovette aspettare risposta. Yuffie rigirò con un dito disinvolto il suo kunai – e quello da dove cazzo era spuntato fuori – e se lo conficcò di colpo nella pancia, squarciandola da parte a parte a disegnare quel sorriso che aveva perso il giorno in cui lui le aveva detto di amarla.

Anche se il sangue che lo cosparse quando lei si accasciò a terra era tutto suo, Reno si sentì come se a morire fosse stato lui.




Sabato.


« … Le resterà una brutta cicatrice. »

« Capirai. Le cicatrici danno carattere. »

Rude si bloccò sui suoi passi e lanciò un’occhiata in tralice al suo partner. « Reno, pare che ti abbiano avvolto nei festoni di Natale. »

Lui ricambiò con uno sguardo funereo l’uomo che considerava il suo migliore amico, a volte. Questa non era una di quelle. « Te l’ho detto che era una sciroccata del cazzo. Cioè, filo spinato, cazzo. »

« Come sta adesso? »

« Che? Lei? Non lo so. Sai che mi frega. »

Rude emise un piccolo sospiro. « Lo sai che- »

« … Sì. Lo sapevo. »

« Lo sapevi? »

« Certo che lo sapevo. Merda, Rude, l’ho saputo dal momento in cui l’ha uccisa. Perché… cazzo. So che quello che sto per dire sarà disgustosamente melenso, ma sentivo qualcosa. Non so nemmeno come, ma lo sentivo e basta. Voglio dire, è ovvio che lo stava facendo solo per rancore, ma è sempre stata una pessima bugiarda. »

« Reno- »

« Non ne voglio più. »

« Cosa? »

« La bambina. L’ha uccisa, e probabilmente non la perdonerò mai per questo. Non voglio neanche più figli, cazzo. Merda, Rude. Quella stronza è completamente pazza. Non so come ho fatto a sopportarla. Se adesso non stesse da Rutledge io l’avrei- io l’avrei- »

« Lascia perdere, Reno. Non hai neanche ringraziato Elena per avervi trovato in tempo. »

« Elena può attaccarsi al cazzo. Non riesco a credere che stia dalla parte di Yuffie. »

« Beh, non è che stai esattamente riscuotendo premi per il miglior marito in circolazione. » Rude si aggiustò le lenti, gesto dovuto più all’abitudine che alla necessità. « Diamoci una mossa. Sei stato fuori servizio più che a sufficienza. »

« Sì, hai ragione. » Reno si frugò le tasche in cerca di una sigaretta, imprecando quando le trovò vuote. « Di’ un po’, Rude. »

« Ora che c’è? »

« Hai mai avuto paura di vivere? »

Rude era un paio di passi avanti, ma quando parlò, gli parve stesse sorridendo. « Neanche la metà di te, Rosso. »

I due Turk proseguirono verso il quartier generale Shinra, ma per qualche ragione, Reno non trovò nulla che lo entusiasmasse.

A un oceano di distanza, una ragazza si fissa le etichette ospedaliere ai polsi, e pensa a nomi da bambina, e si chiede perché poi lei sia sopravvissuta.



FIN

With a heavy lid

My pop quiz kid

A sleepy kisser

A pretty war

With feelings hid

You know she begs me not to miss her.
  
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