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Autore: ilGhiro    07/12/2012    10 recensioni
[JackxOlderJamie]
Finalmente, dopo tre giorni di dubbi, finali incerti e ragionevoli perplessità, mi decido a pubblicare questa fic. Siate clementi: probabilmente sono stata troppo sdolcinata, ma questa coppia dà gli effetti collaterali.
- Tu sei ciò che ho sempre desiderato. Tu sei la persona che mi ha visto crescere. Tu sei i miei sogni dell’infanzia, i timori dell’adolescenza, le certezze dei miei diciotto anni. Tu sarai la mia libertà, se accetterai i misi sentimenti… E il mio più grande limite, se invece mi abbandoni. Come potrei non amarti? – Jamie avvicinò a sé il volto del Guardiano e lo baciò delicatamente. Poi si allontanò di un soffio e sussurrò, contro le sue labbra: - Jack, tu sei il mio centro. –
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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[Una precisazione: leggete la storia immaginando che i fatti del film siano accaduti nel 2002. Non volevo scrivere un racconto ambientato nel futuro… Questa era l’unica soluzione per far quadrare i conti.]
 
Buona lettura!
 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Jamie Sullivan respira a pieni polmoni l’aria fredda di dicembre, contemplando immobile un lago ghiacciato immerso nella quiete del bosco.
Ha addosso soltanto una felpa leggera, ma non prova freddo; è tranquillo.
Gli alberi carichi di neve, ogni tanto, scaricano il loro candido fardello a terra ricordandogli il rischio che sta per correre, ma al ragazzo non importa.
Ormai ha fatto la sua scelta.
Jamie, adesso, vive da solo; frequenta l’università e ha degli ottimi voti; ma non si è mai scordato di lui, e non ha mai smesso, per un solo istante, di sperare nel suo ritorno.
E’ passato del tempo, ma sorride, guardando la superficie scintillante del lago.
Ricorda l’ultima volta in cui l’ha visto come se fosse stato ieri e non ha paura di provare, ancora una volta, un sentimento che gli scalda il petto fino a bruciarlo, nonostante il freddo abbia intrappolato il bosco in una morsa invincibile.
 
 
 
 
 
 
 
Jamestown, America,
21 dicembre 2009
 
 
 
In una piccola villetta a schiera situata nell’altrettanto piccola cittadina americana di Jamestown, una sveglia iniziò a suonare con un trillo acuto e insistente, svegliando un ragazzo addormentato nel letto vicino ad essa.
Una mano emerse dal morbido piumone blu, cercando, a tentoni, il congegno sul comodino; quando finalmente lo spense, nella stanza tornò un placido silenzio e il ragazzo si avvolse nuovamente nelle coperte, sospirando.
- Jamie, alzati o farai tardi! –
Una voce dolce, ma non per questo meno severa, si levò dal piano inferiore della casa e il ragazzo, sua malgrado, dovette ubbidirle.
Si alzò stancamente, rabbrividendo per il freddo; anche quella notte aveva lasciato la finestra aperta. Invano.
Sbuffò, scostando le tende e lasciando entrare un po’ di sole nella stanza. In lontananza si muoveva qualche nuvola, ma di fronte a lui il cielo era terso e cristallino.
Imprecò sottovoce, agguantando dall’armadio un paio di jeans, una t-shirt blu e un maglione a motivi geometrici. Starnutì violentemente e sua madre, Naomi, si affacciò alla porta con le mani sui fianchi.
- Hai lasciato di nuovo la finestra aperta? Si può sapere perché continui a farlo? Prima o poi si intrufolerà nella stanza Jack Frost in persona… -
Jamie sobbalzò, guardandola con aria colpevole.
- Che c’è, ho detto qualcosa di strano? – chiese la donna.
Naomi assunse un’espressione preoccupata e vagamente perplessa, mentre il ragazzo tentava di giustificarsi per la strana reazione.
- No, io, ecco... –
- Mamma, non trovo i cornflakes! –
La sorellina di Jamie, Sophie, fece il suo ingresso nella stanza mentre il fratello starnutiva un’altra volta; sorrise malignamente ed esclamò divertita: - Hai lasciato di nuovo la finestra aperta? Stuuuupido! –
Jamie la fulminò con uno sguardo, brandendo un cuscino e avanzando minacciosamente verso di lei.
- Sophie, i cornflakes sono nel secondo scaffale a destra, come al solito. Adesso fai colazione, o perderai il pullmann. – disse Naomi, accarezzando i capelli biondi e setosi della ragazzina. La figlia alzò verso di lei uno sguardo di gratitudine e poi, dopo aver fatto una linguaccia al fratello, lasciò la stanza.
Rimasto solo con la madre, Jamie abbassò gli occhi per non incrociare quelli ansiosi della madre.
- Jamie, cosa ti succede? E’ da più di una settimana che ti comporti così. Sei scontroso persino con tua sorella. –
Il ragazzo non rispose; la donna alzò il mento del figlio e sorrise affettuosamente.
- Tesoro, quella finestra aperta… Per caso aspetti qualcuno? –
Jamie aprì la bocca, colto nel segno; per un attimo pensò di confidarsi con sua madre, ma la paura di non essere compreso lo vinse per l’ennesima volta.
- Mamma, è solo un periodo. Non ti preoccupare. – mormorò infine, tentando di sembrare convincente.
Uscì dalla stanza senza avere il coraggio di alzare gli occhi verso di lei e si recò in bagno, assorto nei suoi pensieri.
Dopo essersi lavato e vestito, si guardò allo specchio.
Aveva diciotto anni, ormai, e stava per finire il liceo. Era cresciuto bene, dicevano i parenti, i vicini e un po’ tutta la città; persino lui, che spesso avrebbe voluto essere invisibile allo sguardo della gente, non poteva negare di essere piuttosto attraente.
Faceva football da ormai quasi dieci anni e il suo fisico asciutto e slanciato ne era la prova. I capelli, castani e lucidi, incorniciavano un volto ormai quasi adulto, dai lineamenti armonici e decisi.
Solo gli occhi erano ancora quelli di un bambino: grandi, di un morbida sfumatura di marrone talmente chiara da sfumare nell’oro. Sotto di essi, notò le occhiaie scure a cui ormai si stava abituando, ma non vi badò più di tanto.
Da anni non ricordava un giorno in cui qualche compagna di scuola non lo avesse additato ridacchiando alle sue amiche. A Jamie non piaceva far soffrire le ragazze, tutt’altro, ma la verità era una sola: non gli importava niente di loro.
No, specialmente in quel periodo dell’anno Jamie era troppo preso ad aspettare l’arrivo della neve per badare a uno stuolo di ragazze adoranti, perché sapeva che, con essa, sarebbe tornato anche il Guardiano dell’Inverno: Jack Frost.
 
Il ragazzo di cui era innamorato.
 
 
 
 
 

Il mio centro

 
 
 
 
 
Quella mattina, Jamie arrivò a scuola in ritardo.
- Sullivan, è la terza volta in pochi giorni! Di questo passo sarò costretta ad avvisare sua madre! – sbottò l’insegnante di Storia, mentre il ragazzo prendeva posto nel consueto banco accanto alla finestra.
- Scusi, prof, non succederà più. – si limitò a dire, cercando di ignorare i risolini e i commenti eccitati delle sue compagne di classe quando levò uno sguardo mortificato verso la donna; l’insegnante cambiò immediatamente espressione.
- Oh, caro, non ti preoccupare. Riprendiamo la lezione. –
Qualche volta, nonostante tutto, il suo aspetto si rivelava davvero utile.
La sua compagna di banco nonché migliore amica d’infanzia, Katherine, lo salutò con un buffetto sulla spalla e riprese a scrivere, sapendo che in quel periodo dell’anno Jamie era particolarmente taciturno.
Il ragazzo non tentò neanche di seguire la lezione; dopo aver tirato fuori dallo zaino il block notes e l’astuccio, scarabocchiò una miriade di minuscoli fiocchi di neve sulla pagina.
Dopo qualche minuto era in procinto di addormentarsi e la testa gli cadde pesantemente sul banco, attirando l’attenzione della professoressa.
- Prof, Sullivan non si sente bene! – si affrettò a dire Katherine, rifilandogli un calcio negli stinchi mentre Jamie alzava la testa e cercava di assumere un’aria sveglia.
Le sue occhiaie dovevano essere ormai giunte a un aspetto preoccupante, perché la donna gli ordinò di andare immediatamente in infermeria e lui non ebbe la forza di protestare.
Una volta uscito dall’aula, però, decise di fare un salto nel bagno in fondo al corridoio; durante le lezioni era quasi sempre deserto e sperava di trovarvi un po’ di pace.
Si sciacquò il viso e bevve un po’ d’acqua fresca, ma quando, prima di recarsi nell’infermeria, diede per puro caso un’occhiata alla finestra della stanza, vide formarsi su di essa una sottilissima patina ghiacciata. Poco dopo, un dito invisibile tracciò una frase sul vetro congelato.
Dovresti seguire la lezione, Jamie.
Il ragazzo rimase imbambolato a guardarla per qualche secondo, prima di appannare il vetro, che all’interno era rimasto privo di ghiaccio, e scrivervi sopra a sua volta.
Dove diavolo eri finito, Jack Frost?!
Subito dopo aprì la finestra e agitò le mani in aria, cercando di agguantare il nulla.
A quel punto una folata di vento gelido gli scompigliò i capelli e una presenza invisibile e fredda, alle sue spalle, lanciò una risata fin troppo familiare.  Un paio di braccia sottili gli avvolsero la schiena e anche se non riusciva a vederle Jamie seppe con certezza che erano quelle del Guardiano.
- Ma guarda, sei così arrabbiato con me da non riuscire neanche più a credere nella mia esistenza… - sussurrò una voce bassa e melodiosa al suo orecchio.
- Sei in ritardo di dieci giorni. – commentò Jamie. Avrebbe voluto usare un tono di voce più duro, ma la sua risposta sembrò, più che altro, il lamento di un bambino.
Sentì il corpo di Jack premere sulla schiena e le sue braccia stringerlo spasmodicamente; evidentemente, non era l’unico ad aver sofferto la mancanza dell’altro nei lunghi mesi estivi. Chiuse gli occhi assaporando quel contatto inaspettato e freddo, che tuttavia non riuscì ad attenuare la sua rabbia.
Poi, le braccia che lo avevano avvolto in quell’abbraccio gelido e disperato si staccarono bruscamente da lui. Il vento tornò da dov’era venuto e la finestra si richiuse dietro di esso.
Sul vetro della finestra apparve un’ultima scritta.
Stasera alle nove, da te. Cerca di farti passare ogni dubbio sulla mia esistenza. Non mi va di giocare all’uomo invisibile.
Un attimo dopo, un ragazzo più piccolo entrò nel bagno e rabbrividì, sfregandosi le braccia.
- Ma come mai fa così freddo, qui? – chiese perplesso.
- Chissà, forse è passato Jack Frost… - replicò Jamie, senza riuscire a trattenere un sorriso.
 
 
- Jamie, dove vai? –
Alle otto e quarantacinque il ragazzo si alzò dal tavolo, mise il suo piatto nel lavandino e si lanciò per le scale senza riuscire ad attendere oltre.
Si lavò i denti e si pettinò; una volta giunto in camera, si tolse la felpa che portava solitamente in casa e indossò una t-shirt pulita.
Spalancò la finestra con trepidazione; fuori nevicava, e il freddo che entrò dalla finestra lo fece starnutire per l’ennesima volta in quel giorno.
Si sedette sul letto di fonte ad essa e attese, anche se la stanchezza e la tensione accumulate in quei lunghi giorni passati ad aspettare il Guardiano iniziavano a farsi sentire. Dopo qualche minuto si sdraiò, ripromettendosi di alzarsi appena fossero state le nove, ma presto scivolò nel sonno.
Si svegliò di soprassalto.
- Jack! – esclamò, mettendosi a sedere e guardandosi ansiosamente intorno.
- Sono qui. –
Davanti a lui, seduto davanti alla finestra aperta, c’era il Guardiano.
- Scusa, io… - Jamie guardò l’ora sulla sveglia: erano le dieci e mezza. – Quando sei arrivato? – gli chiese, maledicendosi per essersi addormentato proprio quando finalmente avrebbe avuto l’occasione di vederlo dopo tanti mesi trascorsi in sua attesa.
Jack sorrise.
- Alle nove, come ti avevo detto. –
- Perché non mi hai svegliato? Cos’hai fatto in tutto questo tempo? –
Il Guardiano tornò serio e rispose, semplicemente: - Ti ho guardato. –
Jamie arrossì, suo malgrado.
- Entra, che fa freddo. – borbottò mentre si alzava per chiudere la finestra. Nel frattempo, Jack si sdraiò sul letto appoggiando la schiena sul cuscino con l’aria soddisfatta di chi non si riposava da parecchio tempo. Jamie si sedette ai suoi piedi.
Non c’era niente da fare: Jack non aveva nessun difetto, era bello come sempre e i suoi occhi azzurri lo trafiggevano con la consueta intensità, facendogli provare brividi che non avevano nulla a che fare con il freddo.
Jack si sporse verso di lui, dopo un breve attimo di silenzio, e gli sfiorò una guancia.
- Sei cresciuto, eh… -
Per Jamie fu troppo.
Si avventò sulle labbra dell’altro, abbracciandolo; il Guardiano rispose con la stessa irruenza, ma dopo qualche istante, a malincuore, lo allontanò da sé.
- Jamie, te l’ho già detto, noi non… -
- Non mi importa che tu sia un Guardiano e io un semplice umano… Non mi importa che tu vivrai per l’eternità e io no, non me ne frega niente… Io non ce la faccio più, Jack, lo sai. – la voce del ragazzo, mentre finalmente sfogava la sua angoscia, si spezzò più volte.
Il Guardiano scosse la testa, amareggiato.
- Jamie, sai bene quanto me che questa storia è impossibile. –
- E allora perché l’anno scorso mi hai baciato?! Per poi andartene nel bel mezzo dell’inverno. A febbraio sembrava che fossimo già in piena estate. –
Il Guardiano abbassò gli occhi, imbarazzato.
- Era un bacio d’affetto… -
- Jack… – Jamie gli prese il volto tra le mani e lo avvicinò a sé con rinnovata decisione. - I baci d’affetto non si danno con la lingua. –
Le labbra del Guardiano erano fredde e immobili come il ghiaccio, ma Jamie non voleva demordere e Jack smise di opporsi ben prima di quanto avrebbe voluto, lasciandosi docilmente spingere sul materasso.
Jamie si alzò bruscamente e il Guardiano lo osservò mentre si sfilava la maglietta; il fisico del ragazzo, nell’ultimo anno, si era irrobustito ulteriormente. Jamie fu nuovamente sopra di lui, e dopo avergli sfilato la felpa li avvolse entrambi sotto alla soffice coltre del piumone.
Il respiro di Jack si fece affannoso, mentre i sensi di colpa iniziavano inevitabilmente a divorarlo.
Si era ripromesso di non toccare Jamie neanche con un dito, di comportarsi normalmente, di passare soltanto a fare un saluto, e come era andata a finire? Si maledisse per il scarso autocontrollo mentre il ragazzo lo baciava ovunque, sul collo, sul petto, sui polsi sottili, senza che lui fosse in grado di fare nient’altro a parte pregare che non smettesse.
- Ja… Jamie! – protestò debolmente, trattenendo il fiato, quando le mani del ragazzo gli slacciarono i pantaloni e oltrepassarono l’elastico dei boxer.
- Lascia fare a me. – sussurrò Jamie al suo orecchio, prima di impegnarlo nell’ennesimo bacio.
Le mani del ragazzo erano decise, quasi rabbiose; Jack soffocò i gemiti nella bocca dell’altro, sentendosi, allo stesso tempo, in paradiso e all’inferno, preso al petto da un senso di colpa invincibile e da un desiderio di ignorarlo talmente intenso da fargli male.
Si liberò nell’orgasmo poco dopo mentre Jamie, ancora, baciava delicatamente le sue labbra come per calmarlo.
Quell’attimo di tregua durò per poco.
Il Guardiano si alzò bruscamente, malfermo sui piedi; si riallacciò i pantaloni e infilò con rabbia la felpa che era caduta a terra, sotto lo sguardo mortificato dell’altro.
- Dove vai? – chiese Jamie, con l’aria di chi non doveva aver contemplato una simile reazione.
- Affari miei. – sibilò Jack, prima di spalancare la finestra e lanciarsi fuori, scomparendo nell’aria fredda della notte.
Jamie si alzò e si affacciò alla finestra, rosso in volto.
- Bacio d’affetto, eh? E allora questo cos’era, uno scambio di confidenze?! – tuonò, con voce roca, nel silenzio ovattato della nevicata. - Te lo dico io qual è il tuo problema… - continuò, ignorando la vicina della villa di fianco che, dalla finestra, lo guardava attonita. - Hai paura! – richiuse la finestra con rabbia e si gettò sul letto, cercando di ricacciare indietro le lacrime.
Dopo qualche istante la porta della sua stanza si aprì e dei passi leggeri si fermarono accanto al letto.
- Jamie, cosa succede? – mormorò Sophie con voce preoccupata.
- Niente, torna a dormire. – borbottò il ragazzo, senza alzare la testa dal cuscino.
- Hai sentito tuo fratello? Torna a letto, tesoro. –
Mentre la sorellina si allontanava sbuffando, la voce di Naomi costrinse Jamie a sollevare il viso verso di essa.
- Jamie Sullivan, è ora che mi spieghi cosa diavolo ti sta accadendo. – disse la donna, con tono perentorio, mentre si sedeva sul letto ostentando una sicurezza che non possedeva.
Naomi sapeva perfettamente che c’era la possibilità che anche quella volta il figlio si defilasse in qualche modo; forse fu proprio per il fatto che la sua angoscia fosse così evidente che Jamie decise di non mentirle più.
Sua madre sapeva benissimo che era bisessuale; superato quello scoglio, forse convincerla che i Guardiani esistevano non sarebbe stata un’impresa altrettanto difficile, o almeno così sperava.
 
 
- Mi stai dicendo che Jack Frost esiste? –
- Mamma, me lo hai già chiesto tre volte… . – sospirò Jamie, esasperato.
- E tu sei innamorato di lui? –
- Beh, ecco… Sì. Decisamente. - Jamie abbassò gli occhi, imbarazzato, mentre la madre lo guardava con aria interrogativa.
- E che problema c’è? – disse la donna, dopo una breve pausa, facendo ulteriormente incupire il ragazzo.
- C’è che lui si sente in colpa. Crede che io mi sia innamorato di lui perché mi è stato troppo vicino, nonostante ciò non facesse parte del suo dovere di Guardiano, ma io… - il ragazzo alzò gli occhi, sopraffatto  e quasi stupito dai suoi stessi sentimenti – Io lo amo dalla prima volta in cui l’ho visto, anche se ero solo un bambino. Il tempo che mi ha dedicato per me è stato un dono, e non avrebbe mai potuto cambiare i miei sentimenti, visto che iniziai a provarli di mia iniziativa… Non riesco a credere che lui non l’abbia ancora capito. Non mi importa niente della differenza che c’è tra di noi. –
Naomi sorrise, scompigliandogli affettuosamente i capelli.
- Tesoro, per risolvere questa situazione dovresti semplicemente dirgli tutto quello che hai appena detto a me. – disse.
Jamie sbuffò, frustrato.
- Pensi che lui non lo sappia? –
- Tu, Jamie, come tutti i ragazzi della tua età, sottovaluti il valore delle parole. Spiegagli ciò che senti e non potrà più mentire a se stesso. –
Il ragazzo riflettè un istante sulle parole della madre e poi, lentamente, annuì.
 
 
Il giorno seguente iniziarono le vacanze di Natale, e Jack sembrava essere scomparso.
Jamie non era affatto stupito, visto il carattere orgoglioso dell’altro, ma quando, nel pomeriggio, andò a fare una passeggiata nel bosco che circondava la cittadina insieme ai suoi amici, decise in ogni caso di ingaggiare una battaglia a palle di neve con gli altri ragazzi per tentare di portarlo allo scoperto senza doversi aggirare di qua e di là per tutto il giorno.
Compattò una grossa manciata di neve e si guardò intorno per decidere da chi avrebbe iniziato.
- Jamie, io e gli altri pensavamo che potremmo andare a pattinare, tu cosa ne… NON. OSARE. PROVARCI. – scandì la sua migliore amica, Katherine, notando che il ragazzo aveva le mani dietro alla schiena e un’aria per niente raccomandabile. Era già troppo tardi: dopo un istante già si toglieva dal viso la neve fredda e morbida senza riuscire a non ridere, divertita esattamente quanto lui.
A breve anche gli altri ragazzi iniziarono a giocare come bambini. Jamie, dopo qualche minuto, venne colpito alla schiena da una palla di neve talmente gelida e perfetta da rotolare a terra intatta dopo l’urto. Sorrise, poiché dietro di lui non c’era nessuno dei ragazzi presenti e l’artefice, perciò, poteva essere uno solo; ma quando stava per voltarsi e restituire il colpo gli si avvicinò rapidamente Elizabeth, una ragazza più piccola che faceva parte del gruppo da poche settimane.
“Ehi, che succede? – disse Jamie, perplesso, notando l’imbarazzo sul volto della ragazza.
Si accorse solo in quel momento che i suoi amici, perlopiù ridacchiando, si erano avviati verso il sentiero che li avrebbe condotti nuovamente a Jamestown, lasciandoli soli.
- Io… Ti dovrei dire una cosa, Jamie. – sussurrò subito Elizabeth, guardandosi le scarpe.
A quanto si diceva in giro quella ragazza era dolcissima, ma soprattutto molto, troppo schietta.
“Oh, no, ti prego, non davanti a Jack, non davanti a Jack…”  fece in tempo a pensare Jamie, prima che Elisabeth alzasse gli occhi su di lui e urlasse, stringendo i pugni:
- Jamie Sullivan, tu mi piaci una cifra! –
E nell’attimo successivo - non riuscì a capire come – la ragazza gli aveva già messo le braccia al collo e lo stava baciando con foga, nonostante fosse molto più bassa di lui.
- Dannazione! – urlò Jamie, allontanandola bruscamente da sé.
Poi, vedendo Elizabeth in procinto di piangere, cercò di rimediare.
- Scusa, non è che tu non mi piaccia, è solo che… - riuscì a dire, prima che la ragazza gli voltasse le spalle e corresse via.
Generalmente Jamie era un ragazzo gentile e disponibile, ma in quel momento non seppe fare altro che rimandare le scuse a più tardi e a iniziare a correre in direzione opposta rispetto a lei, dirigendosi verso il folto del bosco, alla ricerca disperata di Jack.
Il sentiero sotto gli alberi che andavano infittendosi era ricoperto di neve, ma Jamie corse a perdifiato, maledicendosi per non aver avuto la prontezza necessaria ad evitare le avances di una ragazzina fin troppo disinvolta.
Chiamò il Guardiano a lungo, mentre setacciava quel luogo placido e silenzioso.
Non ricordava di aver mai visitato quella parte del bosco, ma improvvisamente, quando gli alberi si diradarono aprendosi in una piccola radura intorno ad un lago, Jamie capì: quello era il luogo dove dieci anni prima, dopo la sconfitta di Pitch, i Guardiani lo avevano congedato.
Da allora non aveva mai più visitato quel posto; nell’inverno successivo a quello, Jack gli aveva detto che quel lago ghiacciato lo intristiva, perché era lì che era avvenuta la sua trasformazione in Guardiano.
E forse, proprio per il fatto che quella radura invasa dal livido sole di dicembre racchiudeva così bene il suo dolore, Jack, dopo aver visto Elizabeth saltare addosso a Jamie, si era recato lì.
Il Guardiano era steso al centro del piccolo lago, con gli occhi puntati al cielo e un’espressione vuota e indifferente che spaventò Jamie; il ragazzo si avvicinò, titubante, alla superficie ghiacciata dello specchio d’acqua.
- Jack… Mi dispiace. – disse, posando un piede sul lago.
Il Guardiano continuò ostinatamente a fissare il cielo sopra di lui.
Jamie mosse un altro passo e il ghiaccio sotto di lui si incrinò lievemente.
- Va’ via. – mormorò Jack con un filo di voce, immobile e angelico sul ghiaccio azzurro del lago.
- No. – ribattè l’altro, con più decisione, mentre si avvicinava ulteriormente al Guardiano, e le crepe sotto ai suoi piedi si allargavano scricchiolando; Jack si voltò, finalmente, verso di lui, con un’espressione addolorata in volto che non gli aveva mai visto prima.
- Jamie, io sono un Guardiano, perché ti ostini a non capirlo? Perché non ti trovi una ragazza normale, come quella Elizabeth? Perché non mi lasci in pace? –
- Perché ti amo. –
Jack si alzò a sedere gettandogli, nel frattempo, un’occhiata a metà tra il lusingato e l’incerto.
- E’ solo una cotta. Ti passerà, prima o poi. – ribattè poco dopo ritrovando la calma, mentre Jamie si avvicinava, passo dopo passo, a lui. Le crepe sulla superficie del lago aumentarono vistosamente e il Guardiano abbassò gli occhi verso di esse, preoccupato per il ragazzo.
- Le cotte non durano dieci anni, scemo. – rispose Jamie, calcando volontariamente il passo successivo.
Sentì la scarpa affondare nel ghiaccio ormai infranto e le crepe che fino ad allora sembravano soltanto un complesso ricamo fiorito sul ghiaccio si allargarono improvvisamente, intrappolando l’altro piede in una morsa.
Il ghiaccio stava per cedere definitivamente quando Jack afferrò il suo bastone e lo battè, con forza, sul lago.
Jamie cessò subito di affondare, mentre il lago tornava ad essere talmente liscio da sembrare uno specchio; un attimo dopo, il Guardiano aveva nascosto il volto nel suo petto e lo stringeva con foga.
Il ragazzo sperò che quel momento potesse durare per sempre: non desiderava nient’altro, soltanto Jack tra le sue braccia e la neve, intorno, a nasconderli dagli occhi degli altri.
- Jamie, perché non capisci? – sussurrò Jack, nell’incavo della sua spalla. Il Guardiano alzò gli occhi su di lui e continuò, con gli occhi azzurri e lucidi socchiusi nello sforzo di trattenere il pianto.
- Vuoi davvero che ti guardi crescere, invecchiare e morire? Vuoi davvero innamorarti di qualcuno che potrai vedere soltanto una volta all’anno per tutta la vita? Come, come puoi amarmi, Jamie? –
L’altro gli passò un indice sulle guance, asciugando le lacrime che aveva versato nel confessare, finalmente, tutte le sue paure.
- Tu sei ciò che ho sempre desiderato. Tu sei la persona che mi ha visto crescere. Tu sei i miei sogni dell’infanzia, i timori dell’adolescenza, le certezze dei miei diciotto anni. Tu sarai la mia libertà, se accetterai i misi sentimenti… E il mio più grande limite, se invece mi abbandoni. Come potrei non amarti? – Jamie avvicinò a sé il volto del Guardiano e lo baciò delicatamente. Poi si allontanò di un soffio e sussurrò, contro le sue labbra: - Jack, tu sei il mio centro. –
Il Guardiano sorrise, ma fu un sorriso triste, la pace prima della tempesta.
- Jamie, grazie. Non mi dimenticherò mai di te. –
Una folata di vento improvviso ferì gli occhi del ragazzo, costringendolo a chiuderli; attorno a lui turbinò una bufera improvvisa e annaspò nel caos per alcuni interminabili, disperati secondi, gridando il nome del Guardiano.
Quando il vento innaturale si interruppe, Jack era scomparso.
L’inverno, anche quell’anno, lasciò Jamestown molto prima del previsto.
 
 
 
 
 
 
 
Jamestown, America,
21 dicembre 2012
 
 
 
Le ultime parole del Guardiano riecheggiano, con una nitidezza quasi incredibile, nella mente di Jamie, mentre il ragazzo avanza sulla superficie liscia del lago ignorando le crepe che si allargano minacciosamente sotto di lui.
 
Jack, nel frattempo, lo sta cercando nelle vie della città.
Ha deciso di celare la sua esistenza al ragazzo, ma nonostante questo non è mai deciso ad abbandonarlo davvero: si è detto che, dopotutto, tenerlo d’occhio ogni qualvolta in cui decide di portare la neve a Jamestown non è strano, soltanto dolorosamente necessario. Non è del tutto convinto di ciò che si ripete nella testa, ma non ha altre idee per lenire il dolore.
E’ arrivato nella cittadina al tramonto e si è stupito nel trovare la finestra di Jamie chiusa e tutte  le luci spente.
E’ notte fonda e le strade sono desolate – fa troppo freddo per uscire, stasera, e Jack, anche se non può sentire il freddo, guardandosi intorno lo può facilmente immaginare.
D’un tratto, mentre ripensa ai momenti trascorsi insieme al ragazzo, gli viene in mente proprio l’ultimo: e si lancia verso il bosco mentre la paura gli artiglia il petto e lo trascina nell’ansia.
Sorvola gli alberi appesantiti dalla neve che lui stesso ha fatto scendere poche ore prima; adesso la bufera si è fermata, ma la città ne è già ricoperta.
Quando arriva in vista del lago le nuvole si squarciano all’improvviso, rivelando un plenilunio abbacinante e grandioso. La luna, al massimo del suo splendore, si riflette sul lago.
E al centro di esso, c’è Jamie.
 
Il ragazzo ha raggiunto il centro del lago proprio mentre il candido satellite, non più coperto dalle nuvole, può finalmente mostrarsi; ha il cuore gonfio di speranza e di paura mentre alza gli occhi verso di essa e mormora, con tutto il coraggio di cui è capace:
- Uomo nella Luna, io sono pronto. –
Il riflesso candido si infrange sotto di lui, trascinandolo nell’acqua gelida.
 
Jack si lancia verso di lui, ululando il suo nome: ma improvvisamente le forze gli vengono a mancare e può soltanto atterrare malamente sul lago, abbandonando il bastone ormai inutile a terra.
La superficie ghiacciata si sta già riformando, ma il Guardiano riesce comunque a immergersi nel lago e ad annaspare verso il fondo, dimenandosi quanto può e stupendosi quando il freddo, dopo trecento anni, si impadronisce nuovamente di lui, rendendolo ancora più debole.
D’un tratto stringe qualcosa; la felpa di Jamie! Afferra il ragazzo sotto le ascelle e risale lentamente verso l’alto, guidato dalla luce della luna, maestosa e terribile nella sua apparente indifferenza.
Quando finalmente raggiunge la superficie del lago deve sbattervi contro violentemente, prima che si infranga un’altra volta; con le ultime forze trascina Jamie a riva e si accascia accanto a lui ansimando per lo sforzo e battendo i denti per il freddo – lui, lui che è il Guardiano stesso dell’inverno! – si dice tra sé e sé, perplesso e indignato.
Ma adesso ha altro a cui pensare.
Jamie riapre gli occhi, sfinito; ha le labbra livide, ma gli sorride.
- Finalmente ti fai rivedere… Jack… - mormora, incespicando su ogni parola.
- Perché l’hai fatto? – esclama il Guardiano, scostandogli i capelli fradici dal volto e accarezzandogli le guance, disperato.
- Perché tu… - Jamie non ha più la forza di parlare, ma la volontà sì. – Tu sei il mio centro. Lo sai. –
Il ragazzo perde conoscenza, e questa volta lo stesso pallore della neve intrappola il suo volto.
Jack lo stringe a sé.
- Jamie! –
La luna, in alto, sembra schernirlo.
Piange.
Non può fare nient’altro se non questo.
Il freddo lo attanaglia in una morsa crudele che aveva dimenticato, e le sue lacrime cadono, grevi, sul volto di Jamie.
 
D’un tratto, una luce gialla balena in lontananza, seguita da un vociare concitato.
Non si sposta dal corpo del ragazzo; sa che è invisibile, non corre rischi,e vuole stare accanto a Jamie finchè è possibile, anche se ormai lui non è più lì.
Dagli alberi sbuca un gruppo di ragazzi e adulti; davanti a loro, un poliziotto robusto apre la fila, urlando di fare silenzio.
- L’ho trovato! – grida poco dopo, puntando la torcia verso di loro.
Jack porta una mano agli occhi, abbagliato; Naomi Sullivan si lancia verso Jamie e anziché abbracciarlo, come qualsiasi madre normale farebbe, gli sente il polso.
- E’ vivo! – esclama, zittendo tutti gli altri, mentre si toglie il cappotto e lo getta sopra al ragazzo cercando di scaldarlo.
Il Guardiano si volta esterrefatto verso di lei; fino a un momento prima era certo che Jamie avesse smesso di respirare. Quando il resto del gruppo si avvicina per fornire i primi soccorsi si alza e cerca di prendere il volo, ma dopo qualche tentativo, capisce che i suoi poteri non sono ancora tornati. Sta per rassegnarsi semplicemente a correre quando il poliziotto lo afferra per le spalle e lo scuote furiosamente, ricoprendolo di insulti.
- Razza di idioti, volevate fare un bagno sotto le stelle il 21 dicembre?! Tra un po’ il tuo amico ci lasciava le penne, lo sai?! Io vi arresto tutti e due! –
Jack è incredulo.
- Lei può vedermi? –
Il poliziotto rimane in silenzio per un attimo e poi riprende a scuoterlo ancora più violentemente.
- Droga, eh?! Gioventù bruciata! Ah, ma non la passerai liscia, questo è sicuro! –
La madre di Jamie posa una mano gentile ma ferma sulla spalla dell’uomo, placando immediatamente la sua furia.
- Lei, qui, è il più forte. Si carichi Jamie in spalla e lo porti all’ospedale, a lui ci penso io. –
- Ma… -
- Thomas, mio figlio sta morendo assiderato.  –
Dopo qualche farfugliamento, il poliziotto lascia la presa e si allontana, sconfitto.
Il gruppo parte poco dopo, lasciando Naomi e Jack da soli.
La donna punta la sua torcia sul ragazzo, che socchiude gli occhi infastidito dalla luce improvvisa.
- Tu devi essere Jack. – gli dice, con un’espressione severa sul volto segnato dagli anni, ma ancora luminoso e dolce.
- Sì, signora. –
- Jamie mi aveva detto che hai i capelli bianchi. Cos’è quella zazzera rossiccia? –
Il Guardiano apre la bocca, sconvolto.
- Cosa… -
E poi, improvvisamente, comprende.
Comprende che Jamie non si è lasciato trascinare in fondo all’acqua gelida per suicidarsi: il ragazzo ha semplicemente espresso un desiderio, e il suo desiderio è stato avverato.
- Non sono più un Guardiano. – sussurra, più a se stesso che a Naomi.
Vorrebbe essere dispiaciuto, ma non ci riesce fino in fondo… Forse non potrà più far scendere la neve, ma finalmente potrà vivere come un ragazzo qualunque.
La notte, davanti ai suoi occhi, si fa ancora più buia, mentre cade a terra, vinto dal freddo e dalle troppe emozioni che ha provato in una sola notte.
Quando si sveglia è mattina.
Si guarda intorno, attonito; capisce, dopo qualche esitazione, di trovarsi in una stanza d’ospedale.
Voltandosi verso il letto che gli sta accanto, vede Jamie.
Jamie sveglio, Jamie vivo, Jamie in tutta la sua meravigliosa dolcezza che lo guarda sorridendo.
Allunga una mano verso di lui e l’altro fa lo stesso; le loro dita sono calde, vive.
- Ti ho fregato, Jack Frost. – sussurra Jamie, anche se la sua voce è rauca e stenta a farsi sentire.
Il Guardiano sorride a sua volta.
- Sì, Jamie. Questa volta non me ne vado più. –
 
E si guardano per un lungo, interminabile istante, comunicando con gli occhi ciò che a parole non potrà mai suonare del tutto chiaro.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Ringrazio Black_Oleander per aver letto e betato la storia e avermi a buon diritto insultato per la punteggiatura e per la melassa invisibile che questo racconto trasuda… Beh, vi ho già spiegato sopra come la penso sulla JackxJamie.
Un appunto sul finale: non ne sono convinta io stessa e vorrei sapere cosa ne pensate voi. Mi rendo conto che non è affatto verosimile, ma quello che avevo ideato inizialmente era davvero troppo cupo e a dicembre non mi sembrava il momento di chiudere una mia storia in modo così tragico… Insomma, capitemi: a Natale si è tutti più buoni, soprattutto con i personaggi! (?)
Ribadisco che sarei davvero felicissima di avere qualche parere da parte vostra, anche perché fino a poco tempo fa avevo pubblicato su questo sito soltanto storie originali e muovere personaggi che non ho creato io in alcuni momenti mi è sembrato davvero impossibile, spero di non essere finita nell’OOC più becero!
Grazie per avermi letto. :3
 
P:S: per gli utenti che seguono la ma long fiction “Heaven”: il capitolo che conclude la prima parte arriverà a giorni, ne ho già steso la parte più significativa. Perdonatemi per il ritardo. ^^

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
   
 
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