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Autore: Black Ice    07/12/2012    2 recensioni
Rispettava le opinioni altrui, certo, ma Jimmy aveva sempre avuto quel bruttissimo vizio di passare alle mani troppo spesso ed io, schiava della sua amicizia, ero costretta ad ascoltare le sue "imprese" mentre gli disinfettavo un labbro spaccato o passavo in rassegna dei lividi che aveva disseminati per tutto il corpo quando dormiva, tacendogli quanto avessi paura che prima o poi sarebbe potuto accadergli qualcosa di veramente brutto.
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio, The Rev
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Disclaimer: non conosco gli Avenged Sevenfold né tantomeno conoscevo Jimmy Sullivan, di conseguenza questa storia e la vicenda narrata sono inventate e scritte esclusivamente per sfizio personale.

 
Jimmy jumped into life and never touched bottom.

Origin

Io e Jimmy siamo sempre state due persone incompatibili. Non perchè ci odiassimo o non ci sopportassimo, ma proprio perchè eravamo troppo simili per risultare qualcosa di sano sia per noi stessi che per le persone che ci stavano attorno. Avevamo troppe zone d'ombra, ma ciò non ci impedì certo di diventare migliori amici e, tempo dopo, anche fidanzati - chiaro esempio di masochismo. Siamo sempre stati contro natura, ed era una caratteristica di Jimmy che mi è sempre piaciuta, quella di andare contro i principi e le regole inviolabili a cui si trovava di fronte.
"Bisogna rischiare nella vita, altrimenti che senso ha?", ripeteva lui come un motto, con il sorriso sulle labbra.
A lui piaceva fare di testa sua e dire ciò che pensava senza curarsi né della forma e ancor meno della reazione della gente: lui faceva ciò che voleva, e non c'era alcuna morale altrui che sarebbe riuscita a tenergli testa. Lui, molto semplicemente, se ne fotteva di tutto e tutti.
Jimmy nella vita voleva soltanto divertirsi: può sembrare un comportamento stupido e infantile, ma la verità è che la maggior parte delle persone si dimentica che l'infanzia è il periodo in cui non si hanno problemi, condizione ideale per sopravvivere al meglio. Rispettava le opinioni altrui, certo, ma Jimmy aveva sempre avuto quel bruttissimo vizio di passare alle mani troppo spesso ed io, schiava della sua amicizia, ero costretta ad ascoltare le sue "imprese" mentre gli disinfettavo un labbro spaccato o passavo in rassegna dei lividi che aveva disseminati per tutto il corpo quando dormiva, tacendogli quanto avessi paura che prima o poi sarebbe potuto accadergli qualcosa di veramente brutto.
La nostra amicizia finì una sera dei miei 17 anni, quando entrambi ci rendemmo conto che volevamo qualcosa di più. Da quel momento iniziò una relazione fatta di amore, certo, ma anche di dubbi e sofferenza da parte mia e tradimenti da parte sua.
Io ero troppo innamorata per protestare, e mi convincevo a credere a quello che Jimmy mi ripeteva: quando il cuore mi si lacerava nel vederlo in giro con altre ragazze, quando notavo i segni evidenti di un'altra relazione, lui mi abbracciava, mi accarezzava e dichiarava che io, per lui, ero l'unica. Poi si scusava, e ogni volta pensavo che quelle erano le occasioni in cui avrei dovuto lasciarlo, ma rimandavo sempre alla volta successiva sperando non ce ne fosse alcuna. Ero un'illusa che cercava di aggrapparsi a qualcosa di inesistente, e mi ritrovavo costantemente a cacciare indietro le lacrime e permettergli di amarmi come se non fosse successo nulla, perchè nelle sue parole volevo crederci veramente.
"Ti amo.", mi sussurrò un giorno abbracciandomi. La mia migliore amica mi ripeteva spesso che quello non era amore, che se davvero era innamorato di me doveva rispettarmi e farmi felice. Io allora non l'ascoltavo, pensando dentro di me che non capiva nulla, che noi due eravamo speciali. Ingenua com'ero, sperai che Jimmy mi amasse nello stesso modo in cui io amavo lui.
Sin dall'inizio avevo capito che sarei sempre stata messa in secondo piano. Il primo posto sul podio di Jimmy era occupato da una presenza constante nella sua vita e che mai se ne sarebbe andata: la musica era tutto per lui, me lo ripeteva spesso, e io mi beavo di quegli occhi azzurri che si illuminavano ogni volta che ne si accennava.
Fu lei a portarmelo via: lo trascinò lontano da me così impercettibilmente che mi accorsi solo alla fine di avere in pugno un mucchio di sabbia. Nello specifico, Jimmy si gettò anima e cuore in quella sua band che aveva fondato con i suoi amici

Growth

- gli Avenged Sevenfold -, da non avere, dentro nel petto, abbastanza posto per me. Io ascoltavo sempre incantata ciò che Jimmy prevedeva riguardo la band: era convinto che quello fosse il gruppo giusto, che avrebbero sfondato nel mondo della musica come pochi altri. Non si può dire che non fosse ambizioso, ma lui preferiva sostenere che per realizzare una cosa bastava crederci. Nella loro musica che consideravo prettamente rumore e nelle sue fantasie campate in aria ci credevo ben poco, ma non glielo dissi mai.
Non ci furono piagnistei inutili né crisi di rabbia quando ci lasciammo. Anche se dentro di me non riuscivo ad accettare il fatto che ancora una volta fossi stata declassata al secondo posto, trovai nella tipica convinzione che "così era meglio per entrambi" un'ancora perfetta per tentare di tirarmi fuori dalla depressione che mi aveva da sempre caratterizzato.
Da un giorno all'altro il garage di Matt si svuotò completamente, e restarono solo i deprimenti segni della permanenza di qualcuno che se n'era oramai andato. Di conseguenza, il mio migliore amico partì alla volta dell'America lasciandomi completamente da sola. Quando decidemmo di smettere di frequentarci ci promisimo, tra abbracci e lacrime trattenute, di non dimenticarci l'uno dell'altra, di restare in contatto, di rimanere quello che eravamo. Contro ogni previsione che ci vedeva su due strade totalmente differenti, mantenemmo a cuore quel filo che ci univa da sempre e continuammo a volerci bene per molto tempo, anche se entrambi eravamo a conoscenza del fatto che fossimo ancora innamorati l'uno dell'altro. Ho sempre pensato che per noi non ci fosse altro che un "e vissero per sempre felici e contenti", volevo che il nostro destino prevedesse nient'altro che quello, ma dimenticavo spesso che la vita non è una favola.
Gli Avenged Sevenfold si erano oramai affermati sul panorama musicale ed io, finiti gli studi, mi trasferii a New York per intraprendere la carriera giornalistica. Entrambi presi dalle nostre faccende, relegammo in un angolo i ricordi del nostro passatto e smettemmo di sentirci. Ero troppo intenta a realizzare il mio sogno e così lui, da non accorgermi che mancava la colonna portante della mia esistenza.
Non ho idea di come fece a sapere dove lavoravo, ma un giorno di parecchi anni dopo la mia segretaria mi annunciò che c'era una persona poco raccomandabile - testuali parole - che non aveva nessuna intenzione di smuoversi dall'edificio se prima non mi avesse incontrato; entrò lui, alto come non mai, le braccia scoperte ancor più tatuate e quel suo solito sorriso sulle labbra.
Esordì con un "Ehy" e finimmo a fare l'amore dentro casa mia, più e più volte. Quella notte non dormimmo, non ci era concesso: avevamo perso troppo tempo insieme per passare quello che avevamo ora a disposizione lontani l'uno dall'altra. Mi raccontò di come stessero andando bene le cose con la band, e che il giorno dopo avrebbero fatto un concerto in città al quale ovviamente io ero invitata. Mi confidò che era felice, che faceva ciò che aveva sempre desiderato fare, che aveva finalmente realizzato il suo sogno. Mi disse che era fidanzato con Leana, aggiungendo poi, come se fosse una barzelletta, che era una pornostar. Ignorando il mio cuore in frantumi e realizzando in quel momento quanto fosse felice senza di me, esplosi in una grossa risata, dicendogli che da lui non mi sarei aspettato niente di meno.
Per Jimmy le relazioni avevano regole tutte speciali, e il fatto che fosse venuto da me nonostante avesse la ragazza con la chiara prospettiva di avermi ancora una volta ne era la prova. A me questo suo comportamento non aveva mai interessato; forse perchè avevo paura che facendoglielo notare lui mi abbandonasse, o forse soltanto perchè mi convincevo che averlo tra le mie braccia fosse la più grande di tutte le fortune e mi ripagasse di ogni torto subìto.
Mi accorsi in quel momento che una parte di me non aveva mai smesso di amare Jimmy e, molto probabilmente, mai l'avrebbe fatto. Mi arresi a quell'evidenza pensando che forse doveva andare così dall'inizio, che forse non avevo il potere di cambiare i fatti già programmati.
Dopo quel giorno Jimmy uscì ancora una volta dalla mia vita. Avevamo entrambi una vita lontani l'uno dall'altro e non eravamo disposti a fare cambiamenti drastici in memoria dei vecchi tempi e veder andare in fumo, così, i sacrifici che ci avevano portato ad essere quelli che eravamo. Non è vero che diventando grandi si acquisisce una maggiore maturità; si perde soltanto la capacità e la voglia di distinguere il bene altrui dal proprio.
Credetti, in un primo momento, che il pensiero che lui fosse felice anche lontano da me mi avrebbe distrutto psicologicamente, invece mi spronò a fare la stessa cosa, a regalarmi, finalmente, la felicità che mi spettava. A poco a poco riuscii a sbiadire il suo ricordo, fino al giorno in cui, un paio di anni dopo, mi chiamò sul cellulare

Death

raccontandomi con voce atona che aveva bisogno di me, che non era più capace di trovare il gusto delle cose. Lo consolai con il cuore in gola, dandomi della stupida più volte per averlo abbandonato a se stesso, per non aver capito che non era così forte come voleva far sembrare.
Lo confortai e gli consigliai di parlarne con i ragazzi.
"Non servirebbe a niente", mi rispose. Rivolgiti ad uno psicologo, allora.
"Non ho bisogno di uno strizzacervelli. Io ho bisogno di te.", sussurrò nell'apparecchio.
Ero terrorizzata ma in quel momento pensai che non si meritava niente di tutto quello che stava accadendo dentro la sua testa, non lui.
"Arrivo, Jimmy.", gli dissi quindi, prima di prenotare il volo più rapido possibile che, dopo tanti anni, mi avrebbe riportato ad Huntington Beach. Per lui sacrificai i festeggiamenti del Natale, ma in quel momento non me ne era mai importato di meno, di quella fesitività.
Atterrai in aereoporto poco prima dell'una di notte del 29 Dicembre.
Molte persone sostengono che riescono ad annusare aria di cattive notizie neanche fossero cani da tartufo, ma io, forse a causa del mio naso tappato, non ero pronta a sostenere quello che mi riservavano le ore imminenti.
Bussai alla casa dei genitori di Jimmy per ottenere informazioni su dove si fosse trasferito e per un momento mi dimenticai che fosse notte fonda. Con mio grande stupore e a discapito dell'ora, osservai con orrore sempre più crescente i due coniugi aprirmi la porta con gli occhi gonfi di lacrime. Appena mi riconobbero mi stritolarono in un abbraccio che sapeva di dolore e faceva venire la nausea, dal quale mi liberai in tutta fretta.
"Dove abita Jimmy?", chiesi, fregandomene delle loro lacrime.
"Oh, bambina!" soffocò contro il petto del marito la padrona di casa con una mano sulla bocca. Continuavano a mormorare parole sconnesse ed io, che non ero mai stata una persona paziente, continuai ad insistere, chiedendogli dove diavolo fosse l'abitazione di Jimmy. Era evidente che non capivo la situazione - o forse l'avevo già capita abbastanza - perchè iniziai a gridare, inveendo contro di loro con rabbia sempre più crescente.
Riuscii a sapere l'indirizzo e quando mi trovai di fronte casa sua, osservai con apatia le strisce gialle che mi imponevano di non continuare oltre. Trovai la porta aperta ed entrai comunque, muovendomi come uno zombie e chiamandolo più volte.
Controllai in ogni stanza, in ogni angolo, quasi sperassi di vederlo sbucare fuori dal mobiletto del bagno. Ma lui non c'era.
Capii che era tutto finito e mi rannicchiai con la schiena contro il divano del salotto e stetti lì, con gli occhi spalancati nel buio e il mondo di Jimmy che mi circondava.
"È sotto shock." disse l'agente che mi trovò l'indomani mattina accompagnato dai signori Sullivan. Non riuscivo a pensare ed, egoisticamente, lasciai che i genitori di Jimmy si prendessero cura di me, come se non avessero già la morte di un figlio da sopportare. Muta come un pesce, recepivo poco e niente di quello che mi stavano dicendo riguardo la sua scomparsa.
Chiamarono i ragazzi della band, perchè giustamente non sapevano che a me, di loro, non era mai fregato un cazzo.
"Non dovresti essere qui, non ne hai il diritto.", mi sputò in faccia Brian una volta che i coniugi Sullivan ci lasciarono soli. Mirava per colpire e, possibilmente, per affondare; lui aveva perso il suo migliore amico e il compagno di cazzate, io avevo detto addio anche all'uomo che amavo.
"Non hai neanche notato che stava male, Haner.", sibilai, puntando, in modo meschino, ai sensi di colpa. Aveva molta voglia di menarmi, questo si capiva. Lo fermavano solo le grosse braccia di Matt.
"Sei stata solo la sua puttana, non sai niente di lui."
Mi rifiuai di rispondere perchè sapevo che c'era una parte di Jimmy che lui stesso aveva sempre tenuta nascosta ai suoi amici. Non avevo bisogno di dare spiegazioni inutili a quelle persone che mi erano state sempre sulle palle solo perchè avevamo perso tutti una persona importante. Volevo tenere per me quella piccola parte della vita di Jimmy nostra soltanto.
Nella mia testa, ora, c'era solo il pensiero fisso di non aver fatto abbastanza in fretta, di non essere stata presente quando lui ne aveva più bisogno.
Haner e gli altri erano solo dei coglioni che credevano di conoscere Jimmy sotto ogni punto di vista e sguazzavano nella disperazione di non aver saputo capire fino in fondo che persona speciale fosse.

Rebirth

Non andai al suo funerale. Sapevo di non essere in grado di reggere una situazione come quella, e mi consolavo col fatto che a Jimmy non sarebbe importanto nulla se io ci fossi stata o meno.
Quando pronunciai a bassa voce che l'avrei potuto salvare ero perfettamente in grado di intendere e volere, non ero affatto in una qualche tipo di depressione traumatica come si potrebbe pensare. Ero sicura che se fossi stata al suo fianco niente di tutto quello sarebbe successo.
Iniziai quindi ad incolparmi e caddi nella stessa depressione che aveva sconvolto l'esistenza di Jimmy. Non c'era nessuno a confortarmi e, a dirla tutta, nemmeno volevo esserlo. A fatica ammettevo anche con me stessa che in quella condizione mi sentivo più vicina a lui.
Restai qualche tempo ad Huntington Beach e conobbi Leana, una ragazzina bassa con un sorriso enorme. Mi disse che lei e Jimmy erano stati insieme per alcuni anni e che se ne stava andando lontano dalla California. Non potevo biasimarla, ma mi diede l'impressione di voler ritornare a vivere una vita normale il più presto possibile.
Della condizione degli altri non ne sapevo niente né mi interessava: ero troppo occupata a combattere mostri interiori grandi anche per me e trovare qualcosa che mi spingesse ad andare avanti per curarmi della situazione di persone che a mala pena conoscevo. Continuavo a dirmi di non aver più dirittto di lui di vivere e pensai molte volte di ingerire qualche dose di troppo di anti-depressivi, giusto per sfidare la sorte.
Da addossarmi la colpa ribaltai la situazione e passai a darla a Jimmy, al fatto che non mi avesse aspettato come ci eravamo promessi, al fatto che io non fossi una ragione abbastanza valida per restare.
Cominciai a chiedermi perchè non mi avesse chiamato prima se era così disperato e tutte queste domande senza risposta mi portarono al punto di odiarlo. Quando me ne resi conto mi diedi della stupida e ritornai in me, uscendo dalla depressione dopo circa due anni.
Come potevo odiare la persona che avevo più amato in tutta la mia vita? Mi promisi di restare fedele a quella parte di me di cui Jimmy solo era a conoscenza esclusivamente in sua memoria.
Sono sempre stata convinta, e ora ne ho la certezza, che le persone come James sono estremamente rare e che a noi non resta altro che amarle e cercarle di capire, anche se avranno sempre un universo intorno a loro al quale è impossibile accedervi.
Ci sono giorni in cui è più difficile reggere il peso dei ricordi, quindi mi rifugio sotto le coperte del mio letto e mi lascio andare in pianti che molto spesso durano tutta la notte. Non credo riuscirò mai a sopportare la sua scomparsa, perchè ogni volta che ci penso qualche piccola parte di me smette di esistere, memore della convinzione che risiedeva nel mio cuore secondo la quale io, senza di lui, non ero niente. Ogni persona sulla faccia della terra ha una persona come Jimmy accanto a sè, e io, che non avevo capito abbastanza in fretta quanto fossi fortunata ad averlo al mio fianco, l'ho lasciato svanire come si fa con le persone inutili.
Nel corso della mia vita ho fatto molti sbagli, ma Jimmy era sempre stato una certezza, un porto sicuro dove sapevo che mi aspettava nient'altro che conforto. Perderlo è stata la cosa peggiore che mi potesse capitare e con la consapevolezza che lui mi ha abbandonato non sono sicura di riuscire a tirare avanti.
Non per molto, almeno.

  
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