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Autore: Sherazad_93    07/12/2012    1 recensioni
"Non hai che da chiedere..Avanza la tua richiesta! Otterrai il tuo desiderio..IN CAMBIO DEL MIO!!!"
I sibili del Dio delle Tenebre si interruppero quando il giovane si risvegliò da quell'incubo che lo tormentava ormai da dieci anni....La visione di quella ragazza dagli occhi verde mare a lui sconosciuta che gli implorava aiuto..Cosa significava? Perchè proprio lui? Quella ragazza..Chi era? E perchè si sentiva così legato a lei?..
Seguitemi nella mia prima fic..spero che la mia introduzione vi abbia incuriosito..:-) A presto..:-)
Sherazad_93
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 6: Visioni

Passò qualche ora e Dastan si risvegliò. Si alzò e guardò alla sua destra e alla sua sinistra con le tempie che pulsavano paurosamente.

Si portò le mani alla testa e le passò tra i capelli portandoseli dietro e allisciandoli.

Poi accasciò violentemente le mani al suolo e sbuffò. I vestiti ancora umidi.

Ripensò all’accaduto e pensò fosse stato tutto un sogno strano; tutto frutto della sua mente.

Stava cercando qualcosa che potesse dargli le prove di ciò che ara avvenuto, qualcosa di tangibile che gli potesse accertare quanto era successo.

E tutt’ora non riusciva a capire e voleva darsi delle risposte.

Si riportò le mani alla fronte, incapace di pensare davvero a fondo e di concentrarsi.

Era ancora stremato. Poi però ricordò. Ricordò di quando aveva bruciato i tagli nei polsi a Sherazad e aveva eliminato il veleno.

 

-Se lei ha le cicatrici, ciò che penso sia avvenuto sarà certificato..-, pensò mirando dritto dinanzi a se.

 

Si riportò le mani alla testa dolorante, poi si voltò verso Sherazad, col volto scoperto, i capelli ancora coperti dal velo nero.

Strisciante, le si avvicinò per vederla meglio, per ammirare quella bellezza mozzafiato ancora più grande della Concubina.

Aveva il viso piuttosto allungato con le mascelle marcate. Il labbro superiore era più fine di quello inferiore, più carnoso.

Il naso era minuto. La pelle terrea e bronzea, le labbra appena più chiare. La pelle di sua madre.

Le accarezzò il viso.

Da quanto era bella sembrava fosse stata fatta su misura, fosse stata creata da qualcuno.

Respirava lentamente, però era rilassata.

Al suo tocco Dastan percepì la sua energia crescere; lentamente si stava riprendendo.

Poi le toccò il petto nel punto in cui poteva chiaramente sentire il cuore battere; sapeva che era immortale fino a che possedeva i poteri però volle comunque assicurarsi che stesse bene. Gli venne spontaneo, come gesto naturale, come se lei fosse una persona qualunque e non la Prescelta di Ormazd, l’immortale.

Poi le prese il capo e la sollevò fino ad avere il suo busto tra le braccia e decise di toglierle anche il mantello fradicio d’acqua.

Senza tutto il velo, lo spettacolo era mozzafiato.

Le lunghe trecce le attraversavano la schiena, e di tanto in tanto si poteva osservare qualche riflesso biondo alla luce.

Erano zuppe e tutte tirate indietro. Le accarezzò. Era davvero bellissima.

La ragazza più bella che avesse mai visto. Ed era lei. La donna che ogni notte lo tormentava nei sogni.

Finalmente lo sapeva. Continuò ad ammirarla con un misto di incanto e paura; sapeva che lei non avrebbe preso bene la sua indecisione di fronte alla Concubina e il fatto che le aveva scoperto viso e capelli.

Si preparò al peggio. Alla furia cieca della ragazza, ma la sua bellezza cancellò ogni cattivo pensiero.

La sua pelle era liscia senza alcuna imperfezione. Se la immaginò sveglia, con gli occhi aperti, con quel verde che sarebbe spiccato in mezzo a quella pelle bronzea.

Se la immaginò vestita da Regina, quale era, e gli vennero i brividi.

A quel pensiero, la fronte si corrugò.

 

-Ma cosa sto facendo..-,pensò.

 

La distese di nuovo sulla sabbia senza pensare a ricoprirla, anzi, le tolse totalmente tutto il mantello. E lo lasciò al sole.

Le trecce castane distese sull’oro della sabbia.

La riguardò un istante appena e sorrise.

Poi si guardò attorno.

Davanti a loro, un laghetto dalle rive poco profonde; verso il centro si inabissava e diveniva di un blu cupissimo.

Non era molto disteso; all’incirca poteva essere mezzo miglio e , alla sua sinistra, sorgeva un promontorio di roccia.

Si innalzava potente e pareva un pericoloso gigante pronto ad attaccarli.

La roccia di cui era composto, aveva un colorito marrone chiaro ed esso, alto almeno cento braccia, se non di più, finiva con una punta non troppo spigolosa.

Era come se fosse un immenso trampolino su quello specchio d’acqua dagli abissi indefiniti e sconosciuti.

Non aveva mai sentito parlare ne visto tale luogo in nessuna cartina geografica.

Pensò di essere morto. Pensò davvero di essere nel regno oltremondano e di non avere speranza di ritorno.

Chiuse gli occhi, si diede un pizzicotto sul braccio abbastanza forte e urlò di dolore.

Era vivo. E già questo era un passo avanti.

Riprese a fissare incantato il promontorio. Al di sopra di esso, proprio vicino alla sua punta, sorgeva un agglomerato di casette piuttosto minute. Da un paio di esse usciva del fumo.

 

-Come è possibile che questo terreno sia rimasto intaccato e in pace…? Come è possibile che sia abitato…? Sono fuggiti tutti. Nessuno si trova più nel Regno di Persia ormai.. saranno tutti scappati a rifugiarsi in qualche luogo sicuro..qui no..perché?-, pensò.

 

Aveva davvero troppe domande che gli ronzavano per la testa adesso e percepiva chiaramente che, quest’ultime, non avevano intenzione di dargli pace.

Continuava ad osservare a bocca aperta quello spettacolo così misterioso e ingannevole.

Gli sembrò talmente impossibile una tale situazione che temette fosse frutto di qualche brutale scherzo di Ahriman o dei suoi Alleati..Magari di uno dei quattro Corrotti; o fosse solo un’allucinazione dovuta allo svenimento.

Poi guardò verso l’alto, esasperato da tutte quelle domande che lo assalivano.

Si rese conto che erano in una grotta. Il soffitto era ricco di stalattiti che si confondevano con la roccia scavata.

Era la caverna più grande che avesse mai visto. Avrebbe potuto contenere la più grande città di tutta la Persia. La città dove era situato il Palazzo Reale.

Tale scavatura nella roccia, non poteva essere stata certo opera dell’uomo.

Era qualcosa di troppo grande, troppo potente e maestosa per essere stata elaborata da menti e braccia mortali.

Era sicuramente opera della Natura, invincibile e incontrastata, con “menti” e “braccia” più potenti di quelle dell’uomo. Infinitamente più potenti.

L’uomo non avrebbe mai potuto superare la devastante e meravigliosa mente della Natura.

Era uno spettacolo terribile e mozzafiato allo stesso tempo.

Chissà quale calamità aveva creato un tale Divino spettacolo.

Chissà quale caos aveva scaturito una simile crepa nella roccia più interna, così meraviglioso e possente, e aveva lasciato in piedi solo quel promontorio che pareva potesse crollare da un momento all’altro. Quello magari si era semplicemente creato con il tempo, però il tutto aveva un fascino misterioso tangibile.

Sorrise, e pensò a quanto fosse piccolo a confronto con quello sconfinato Universo.

A quanto fosse debole di fronte anche a solo un soffio di vento.

Il cuore gli batteva forte e si sentiva come unito a quel posto.

Come se al posto dei piedi avesse delle radici conficcate sino nel più profondo antro di quella terra e sentisse pulsare il suo cuore.

Come se sentisse pulsare il Cuore della Natura.

Poi un soffio di vento lo risvegliò.

Percepì nuovamente le vesti fradice.

Si tolse la casacca e rimase a petto nudo. Aveva il fisico scolpito come quello di un vero guerriero e i muscoli erano ben visibili. In tutti quegli anni in cui era rimasto orfano doveva essersi addestrato per la sua vendetta; ed effettivamente era accaduto proprio questo.

La gettò sulla sabbia distratto. Il polso destro era circondato da una cinghia di cuoio.

Si lascò i pantaloni e gli stivali per evitare scene imbarazzanti al risveglio di Sherazad e si avvicinò alle rive del lago.

Temeva potesse trattarsi di acqua infetta o acida, che quindi avrebbe potuto consumargli le membra in un solo piccolo istante.

Ma sentiva davvero il bisogno di lavarsi, di ripulirsi da tutto quello che aveva affrontato, di lavarsi via tutte quelle domande che lo tormentavano e concedersi qualche istante di riposo.

Si accucciò piegando le ginocchia e l’istinto prevalse.

Portò la mano all’acqua e la sensazione che nacque fu strabiliante.

Era troppo tempo che non vedeva un’acqua così pura, perfetta.

Era fresca al punto giusto ed era proprio quello che desiderava.

Portò la mano bagnata ai capelli e li lavò un po’.

Si bagnò il petto, il collo e l’addome.

Era un ragazzo bellissimo. Si sciacquò anche il viso e con quei capelli tirati indietro era davvero affascinante.

Non fece in tempo a rilassarsi.

 

“TU!!!”, un urlo alle sue spalle.

Il cuore gli si fermò. La sua voce irata era inconfondibile. L’avrebbe riconosciuta fra mille. Ma se lo aspettava.

Si voltò con gli occhi sgranati e la pelle improvvisamente lattea e il fiatone per la paura.

 

“Sherazad io..”, provò.

 

“TU MALEDETTO!!!! AVEVI PROMESSO!!! AVEVI PROMESSO DANNAZIONE!! INVECE STAVI PER ABBANDONARMI!!! TU MI HAI TOLTO LA MASCHERA!! MI HAI TOLTO IL VELO!! IO NON VOLEVO TU MI VEDESSI!! IO NON VOLEVO ESSERE VISTA MAI DA NESSUNO!!”.

 

Gli si avvicinò, la voce rotta dal pianto nervoso e le lacrime che le rigavano il volto.

Caricò il corpo e proprio mentre la mano toccò il viso di Dastan fu percorsa da un dolore tale che le parve gli organi le si spaccassero uno ad uno.

Urlò. Un urlo straziante che rimbombò nella caverna. La testa chinata in avanti inginocchiata a terra per il dolore, Dastan che le teneva la mano che stava per sferrare il colpo.

“SHERAZAD!”, provò a farla rinvenire.

Poi lei voltò la testa verso l’alto e i suoi occhi divennero luminosi come quelli della Concubina.

Anche Dastan si indebolì e cadde in ginocchio.

Poi, un’altra dimensione prese possesso di loro.

 

 

“Siamo deboli ormai mia Cara..dobbiamo allearci e fare in modo che quella maledetta di sua figlia muoia prima ancora di battere uno solo di noi..dobbiamo escogitare qualcosa..”.

 

Un uomo di spalle dal mantello rosso e un copricapo dello stesso colore.

Le immagini era sfuocate. Sulla schiena, le ossa uscivano come armi affilate e letali.

 

“Hai ragione Arabok. Dobbiamo trovare assolutamente un modo spietato per eliminare la fanciullina. L’ho vista tramite la mia magia. E’ in compagnia di un bel giovane.”, la sua voce era accattivante.

 

Arabok, l’Alchimista stava muovendo confusamente le braccia ossee e coperte di Corruzione. Ogni tanto qualche spiffero di fumo colorato lo attraversava e qualche tintinnio pervadeva l’aria.

Poi,  si fermò.

 

“Dobbiamo trovare un modo per eliminare lui…Una volta tolto di mezzo il suo aiuto lei sarà una facile preda.”.

 

La Concubina rise.

 

“Scommetto che ti è già balenato qualcosa in quella mente malvagia..”, rise Arabok.

 

“Hai colto nel segno, caro Arabok. Tu, che sei un maestro nelle pozioni, potresti creare un fluido che mi renda bella come un tempo..come prima che mi alleassi con il più Potente. Così potrei attirarlo meglio nella trappola. Bellezza più immortalità. Il potere ha sempre occupato il sogno di ogni essere umano. Non rifiuterà.”.

 

“Sei davvero meschina Desdemona. Ti faccio i miei complimenti. Abbiamo fatto una cosa giusta a riunirci noi che abbiamo poteri magici. Stiamo arrivando a risultati inaspettati. Quella bestia di Darrot non ragionerà neanche più. Non arriverà nemmeno a compromessi con il Guerriero, Thymiar. Lui se ne sta sempre rinchiuso nella torre a pensare al suo maledetto popolo.”

 

“Pensiamo a noi Arabok. Adesso dobbiamo pensare a noi due.”

 

L’Alchimista si voltò. La sua immagine era offuscata e non era visibile. Quella della Concubina lo era chiaramente.

L’unica cosa visibile di Arabok era un’ampolla che aveva tra le mani, contenente un fluido giallo pulcino.

 

“Tieni, oh bellissima. Che il potere della mia pozione ti doni la bellezza.”.

 

Così lei bevve, avida.

Un turbine nero l’avvolse e ciò che ne venne fuori fu una donna da far venire i brividi.

Quella donna che proprio loro avevano visto.

L’Alchimista le si avvicinò. Rise.

Lo fece anche lei.

 

“Grazie, Arabok. Non te ne pentirai e il favore ti ritornerà.”

 

“Ah, Desdemona..un’ultima cosa..”

 

Lei si voltò, bella e sensuale.

 

“Tieni, applica anche questo filtro alla tua pianta divoratrice..l’ho trovato proprio mentre rovistavo tra le mie ampolle.”

 

Lei sorrise, maligna.

 

“Sei grande Arabok, non sai nemmeno quanto.”.

 

Così si voltò e sparì in una nebbia offuscata.

Due occhi blu e famelici si chiudevano in due fessure fatali e una risata maschile pervase l’ambiente.

 

 

-Pensa se davvero mi concedessi all’eternità; potrei vendicarmi di Ahriman e diventare suo nemico interno e consumarlo dalle viscere..fingendo di allearmi, stando con la Concubina, potrei vendicare la morte dei miei genitori. Potrei fare qualsiasi cosa e porre fine a tutto e torturare coloro che mi hanno tolto la mia vita, la mia infanzia e la mia felicità.- le parole dei pensieri di Dastan risuonavano nel vuoto. Poi un lampo gli balenò alla mente

-Guardala Dastan, la pianta le sta lentamente risucchiando l’energia e presto morirà, le hai promesso. Non importa la vendetta. Non serve a niente non cancellerà mai il vuoto che ti ha lasciato la loro morte. Lei è stata l’unica che è riuscita a farlo e le hai promesso il tuo aiuto nella missione. No, non l’abbandonerò, ne ora ne MAI. Qualsiasi cosa mi possa promettere questa maledetta, pur essendo bellissima, Sherazad è più importante.-.

 

 

Entrarmi tornarono nel reale e caddero, Sherazad sopra Dastan.

Piangeva, piangeva disperata. Non sapeva il motivo per il quale il ragazzo aveva tanto atteso. Pensava fosse la solita sete di potere che, famelica, prende l’animo degli uomini e li fa impazzire. Quella sete che fa perdere il lume della ragione e fa compiere azioni che non dovrebbero essere compiute o che non avresti mai pensato di fare.

Non pensava fosse per la sua famiglia, che violentemente gli avevano strappato, togliendogli ogni sorta di felicità.

Era pentita adesso per quello schiaffo.

Lui era rimasto sconvolto dalle visioni avute e sentiva i suoi singhiozzi e la voce rotta dal pianto.

La strinse forte.

 

“Scusa Dastan! Io non lo sapevo giuro! Mi dispiace!! Perdonami…Lo avrei fatto anche io..Ti dovrei solo ringraziare..”.

 

“Non preoccuparti..comprendo a pieno la tua reazione. Era naturale. Sherazad, non sei sola. Io non ti abbandonerò mai. Te l’ho promesso e ho esitato solo perché si trattava della mia famiglia. A me non importa di lei, ne delle ricchezze, ne dell’eternità anche se sinceramente un po’ ci ho pensato ma sono umano anche io. A me importa che tu possa trovare pace..e che lo possa fare anche io.”.

 

Lei alzò lo sguardo e lo fissò dritto negli occhi.

-Eccoli, finalmente..-,pensò Dastm.

Era contento di vedere quegli occhi. Trasmettevano le stesse cose che lui aveva dentro e lei provava la stessa sensazione. Non si vergognava di essere senza velo, anzi si sentiva come a casa. Sentiva come se si era tolta un peso. Si accorse di essere sopra il corpo metà nudo di Dastan e arrossì, anche se con la sua pelle bronzea non si notò nemmeno.

Si distaccò e si sedette accanto a lui sulla spiaggia. Le trecce sciolte di mossero e lui rimase incantato.

Lei lo notò e lo fissò. Si fissarono intensamente.

Lei lo guardò, tutto. Quel corpo così bello e muscoloso, i capelli bagnati e tirati indietro. Le sue labbra fine e quegli occhi castani. La pelle poco abbronzata.

Era bello, bello davvero.

Lui pensò la stessa cosa. Avrebbe voluto vederla in altri panni, che lasciassero trasparire anche il suo corpo oltre che il viso.

Per lui, Sherazad era come un luogo da esplorare. Avverso all’inizio, ma se riuscivi a capire come comminarvi ti sentivi a casa.

E così stava succedendo.

 

“Perché mi guardi?”, gli chiese lei.

 

“Sono così brutta senza velo..?”, rise. Abbassò lo sguardo verso la sabbia e si guardò i piedi.

 

Lo fece anche lui e rise. La riguardò.

 

“Io faccio un tuffo, ne ho davvero bisogno.”, le disse dolce e imbarazzato.

 

Lei lo vide alzarsi e muoversi agile. Si tolse gli stivali, ma non i pantaloni.

Lei si sentiva i panni zuppi.

 

“Aspetta.”, disse.

 

Lui si voltò, un’espressione interrogativa.

 

“Vuoi fare un tuffo?”, gli disse con sorriso sghembo.

 

Lui sorrise. Lei si alzò, gli prese la mano.

 

“Vieni con me..”, gli disse.

 

Così correndo per la frenesia lo portò in quel punto dove dalla sabbia sorgeva il promontorio.

Lo fece faticare. Scalarono tutta la roccia a piedi nudi ma Sherazad era talmente euforica che non sentiva nemmeno il dolore della pietra.

Entrarono nella cittadina; non c’era una strada precisa che vi portasse ma solo roccia.

Le casupole erano basse e gli abitanti, vestiti semplicemente, li guardarono un po’ sconcerti e con arie interrogative.

Sherazad rise di tutto ciò, e continuò a correre.

Passarono attraverso fumi, odori e parole. Un odore di pane e dolci pervadeva la cittadella composta di almeno una ventina di casupole e i bambini si ricorrevano assieme ai loro animaletti.

Sherazad un po’ li invidiò. Invidiò la loro infanzia. Ma si soffermò poco anche su questo.

Passarono attraverso lo stupore e lo sgomento della gente.

Giunsero al picco, al trampolino sull’abisso.

 

“Ti tuffi?”, gli chiese ridendo come una bambina. Sembrava avesse ritrovato la sua infanzia.

 

Lui la guardò con gli occhi sgranati.

 

“Sherazad sei impazzita!? Non vedi quando è alto!? Ci ammazziamo!!”.

 

“No, Dastan. Non se sarai con me. Finchè siamo insieme nessuno dei due può morire.”, gli disse rassicurante.

 

Lui le si avvicinò. Si fissarono. Poi lei guardò il soffitto della grotta. Chiuse gli occhi e aprì le braccia. Si lasciò cadere dal dirupo.

A Dastan si fermò il cuore. E adesso!? Se moriva!?

 

“SHERAZAD!!!!!”, urlò.

 

Un tonfo sordo pervase la grotta. Un rumore d’acqua.

 

“DANNAZIONE!”, urlò di rabbia. Poi si tuffò.

 

Mentre si tuffava si sentiva libero e provò una leggera eccitazione nell’essere consapevole che da un momento all’altro lui e Sherazad sarebbero stati soli sotto l’acqua, senza che nessuno li potesse vedere.

Non se lo spiegava, ma ne rise. Ne rise follemente. Aveva le braccia aperte e poco prima di cadere le chiuse per completare il tuffo di testa.

Sott’acqua se la trovò davanti, con i panni larghi che ondeggiavano e le trecce che sembravano tentacoli. Si guardarono.

Poi lei prese a nuotare.

Lui la seguì, matto.

C’erano tantissimi pesci colorati e le alghe verdi ondeggiavano come le trecce di Sherazad.

Nuotava come una sirena. Una sirena bellissima ,pensò Dastan.

Il fondo non si vedeva.

Riuscì a prenderle la casacca e la tirò a se. Il fiato che cominciava a mancare.

La strinse forte e lei ricambiò. Si guardarono. Sorrisero. Avvicinarono i volti naso a naso.

Poi, stando fermi, l’acqua li riportò a galla. Respirarono affannati e si separarono.

 

“Andiamo sul bordo della grotta!”, urlò Sherazad.

 

Lui annuì e nuotando giunsero alla spaccatura rotonda che dava origine a quello spettacolo sotterraneo meraviglioso.

Il lago si interruppe e si arrampicarono sul piccolo bordo di roccia, come fosse una piscina.

Lei si mise a sedere per prima e cominciò a guardare ciò che c’era all’esterno.

Lui la raggiunse e fece lo stesso.

Fuori, tutto era risanato. Gli uccelli volteggiavano alla luce del tramonto e il Sole colpiva le loro pelli.

Gli occhi di Sherazad erano diventati quasi come due Smeraldi.

Ansimavano per la nuotata ma lo spettacolo era strabiliante.

Gli alberi sui colli erano rigogliosi e le pareti di roccia, sulle cime, erano ricche di verdi prati.

Le melodie intonate dai colorati volatili erano armoniose e facevano si che i loro animi fossero trasportati altrove, in un mondo migliore, magari.

Improvvisamente, un uccellino che batteva le ali alla velocità della luce, si fermò davanti Sherazad. Aveva il piumaggio dal colorito rosso e qualche piuma delle ali fucsia e il becco arancio.

Cantava davanti Sherazad e lei porse il dito. L’uccellino si posò e le camminò lungo il braccio facendole il solletico.

Dastan rise quando l’uccellino posò il muso sul viso di Sherazad.

 

“Sei così bella e magica che anche la Natura ti apprezza..”,le disse.

 

Lei lo guardò.

 

“Non sono come dici tu, purtroppo.”.

 

“Guarda quello che lei hai fatto.”.

 

E le fece notare che l’aveva risanata, che l’aveva resa di nuovo forte, viva e bella.

Poi un canto. L’uccellino volò via.

Dopo che ebbero osservato quello spettacolo di colori si rituffarono nella acque e giunsero sulla spiaggia.

Tra risa e scherzi la notte giunse, e tutto riposò.


Nota dell'autrice: ecco il nuovo capitolo che è un po', se così si può definire, di transizione, dove faccio conoscere meglio i personaggi tra di loro e li faccio avvicinare dal punto di vista morale. Lo trovo noioso io stessa però ci ho messo impegno e quindi lo pubblico lo stesso sperando che possa piacervi e suscitarvi curiosità ^_^
Ribadisco che accetto commenti positivi a negativi magari per scrivere meglio!! ^_^
Grazie per l'attenzione.
Ringrazio Yondaime90 e Loryblackwolf per avermi fatto i complimenti e avermi consigliato come evolvere la mia storia !! ^_^ Grazie davvero!
Al prossimo capitolo!

Sherazad_93

 

 

 

  
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