22. The laughter of women.
Mikoto Uchiha sorrideva.
Sempre.
Non v’era stato un solo momento in cui Sasuke non l’aveva vista con un sorriso
stampato sulle labbra.
E lui la ricordava così, con gli angoli delle labbra pallide tesi all’insù,
piccole rughe d’espressione attorno a quegli occhi scuri come inchiostro.
Quella donna, quando sorrideva, abbagliava chiunque guardasse quella fila
ordinata di denti bianchi e quegli occhi luminosi.
Ricordava che sua madre sorrideva, mentre gli raccontava
quelle storie inventate appositamente da lei per seguire i suoi gusti da
bambino.
“… le principesse sono noiose, mamma.”
“Ah, si?”
“Davvero
davvero.”
“Allora,
uhm, cosa ci dovremmo mettere?”
“… la
missione per andare a recuperare un favoloso tesoro da un villaggio nemico?”
“… ah, ma
allora che senso ha chiamarle favole, ne, Sas’ke?”
Ricordava che sua madre sorrideva quando lui rompeva
qualcosa, nei suoi giochi troppo movimentati quand’era piccolo.
“Sasuke… hai per caso appena rotto il quadro con il diploma di tuo fratello?”
“Assolutamente no.”
“Oh, che strano. Eppure avrei giurato che qualcuno l’abbia effettivamente rotto. Che ci siano i fantasmi? Forse dovresti dormire con mamma e papà, oggi, Sasuke. Non si sa mai, i fantasmi sono pericolosi.”
“…C-cioè, forse sono stato io.”
“… forse?”
“… è possibile, si.”
“Ah, ma se continui così, mi sa che dovremo comprare un’altra casa, perché veramente non so cosa rimarrà di questa. E poi chi lo sente, papà?”
Ricordava che sua madre sorrideva quando lui si
faceva male, nei suoi tentativi troppo concitati di emulare e raggiungere il
fratello.
“Suvvia, basta piangere. Vieni qui, la disinfetto io. Non devi provare così tanto, sai? Che senso ha, se finisci solo per farti male? Ognuno ha i suoi ritmi, Sasuke. Papà lo sa che ce la stai mettendo tutta, ed è ugualmente fiero di te.”
Ricordava che sua madre sorrideva quando Itachi
tornava dalle missioni, e non era il sorriso fiero di suo padre, bensì il
sorriso di una madre sollevata nel riavere il figlio a casa.
“Sono fiero di te, Itachi.”
“…”
“Bentornato a casa, Itachi-kun.”
Ricordava che sua madre sorrideva nel porgergli il
bento da portare in accademia. Ricordava che sorrideva mentre lo abbracciava,
mentre lo coccolava e persino mentre lo rimproverava. Ricordava che sorrideva
alle repliche burbere di suo marito, e rideva apertamente quando lui cercava di
fare la parte del cattivo. Ricordava che sorrideva ed irradiava entusiasmo ogni
qualvolta Itachi o Sasuke raggiungevano un traguardo. Ricordava che sorrideva
mentre cucinava, mentre preparava il tè e quando, stanca, si concedeva un po’
di riposo per sdraiarsi sul letto.
Ricordava che sorrideva anche quando, in quei momenti, lui sgattaiolava nella
loro stanza per accucciarsi accanto a lei sul letto matrimoniale. Sorrideva
quando, in quei momenti, sorrideva anche lui.
Ricordava che quando era entrato in quella stanza che puzzava dell’odore
metallico del sangue e aveva visto i suoi genitori per terra in quella pozza
rossa e suo padre riverso su sua madre e sua madre che lo guardava con quegli
occhi ancora spalancati nel vuoto e opachi e per niente luminosi, lui ricordava
che …
… sua madre, sorrideva.
Sempre.
Sakura Haruno gli
sorride.
Sempre.
Anche quando sono sorrisi falsi, anche quando è
talmente preoccupata che lui riesce a sentire quasi il suo cuore esplodere per
la velocità in cui i battiti si susseguono, l’uno dopo l’altro, senza sosta…
… Sakura Haruno gli sorride.
Sasuke pensa che, nonostante tutto, abbia un bel
sorriso.
E’ un sorriso familiare, con gli angoli delle labbra
pallide tesi all’insù, impercettibili grinze della pelle attorno a quegli occhi
verdi, come le foglie di Konoha. Quella ragazzina, quando sorride, abbaglia
chiunque guardi quella fila di denti bianchi e quegli occhi luminosi.
Lui detesta quel sorriso – quel sorriso che si
sovrappone ad un sorriso molto più antico e più caro, e minaccia di cancellarlo
con la sua sola presenza [ troppo
rassicurante ].
Sakura sorride quando gli chiede di pranzare insieme
[ e lui rifiuta ].
Sakura sorride quando chiede se può aiutarlo [ e lui rifiuta ].
Sakura sorride quando chiede se ha voglia di uscire con lei [ e lui rifiuta ].
Sakura sorride chiedendogli di sorridere, per lei, in
quell’unica foto [ e lui rifiuta ].
Sakura continua a sorridere anche quando, in realtà, vorrebbe solo piangere. [
E allora piange, e sorride ].
Sakura piange, e sorride quel sorriso troppo simile a quello di sua madre mentre gli chiede di
restare a casa.
“Resta con me, Sasuke-kun. Per favore. Resta con me.”
[ E lui, lui rifiuta. ]
Sakura sul volto ha solo lacrime, quando lui va via,
e neanche la più vaga ombra di sorriso.
E lui pensa che, in fondo, preferisce di gran lunga
vederla piangere.
A/N: Mikoto
2, il Ritorno. E’ un’idea vecchissima, questa, che ho avuto dal momento in cui lessi
i temi delle flavour. Oggi, in una maratona contro il blocco dello scrittore
[che si è risolta anche in un inizio di long-fic su Bleach, che sinceramente ho
postato, ma penso di cancellare entro domani, dato che non mi piace] l’ho
ripresa. E l’ho scritta. Chiedo perdono se è un po’… non saprei dire. Diciamo
che è come la vecchia Snow Falling on Corpses. Se l’avessi scritta più lunga,
penso avrebbe perso di brutto.
Mi son divertita molto a scrivere i momenti mamma/figlio con Mikoto. E questa è
la mia personale interpretazione del perché, alla fine, Sasuke sembri far di
tutto per veder Sakura piangere u_u. Sproloquio finito. Ci si risente ad un
tempo indefinito! *_*