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Autore: Free air    25/06/2007    3 recensioni
"ma è la vita-si disse-che si prende ancora una volta gioco di me" Ron pov.
Genere: Romantico, Triste, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Ron Weasley | Coppie: Ron/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il sole splendeva incontrastato nel cielo, come a farsi beffe di quello che in realtà accadeva sulla terra

 

Storia forse già sentita, l’ultima battaglia, Ron, Hermione,tanta tristezza...vabè, vi lascio leggere, però...lo lasciate un commento??? Kisses

 

Io...io ti...io ti amo

 

Il sole splendeva incontrastato nel cielo, come a farsi beffe di quello che in realtà accadeva sulla terra. Lampi verdi e scarlatti illuminavano a tratti la giornata già lucente, scaturiti da bacchette che, spesso, esalavano il loro ultimo incantesimo.

In quei pochi momenti in cui i nemici gli davano tregua, la cercava con lo sguardo, tra neri mantelli che svolazzavano e urla spezzate. E, ogni volta che superava il corpo di qualcuno, si fermava inorridito a vedere se si trattasse del suo. Si sentiva fortunato, non l’aveva vista ma, stando a quanto poteva capire, non l’aveva ancora persa.

I mangiamorte lo attaccavano da ogni lato, ed era orgoglioso di essere riuscito a farne fuori almeno una decina. La forza che lo guidava a combattere così bene, come non aveva mai combattuto prima, a battersi come qualcuno davvero coraggioso, era la stessa che lo spingeva a cercarla. Sapeva che non sarebbe uscito vivo dalla battaglia. Non riusciva a spiegarselo, ma era la sensazione che aveva avuto quella mattina, appena sveglio. Era stato un attimo: improvvisamente, si era chiesto se mai avrebbe di nuovo riaperto gli occhi. E si era risposto di no. Ma a costo di morire, a costo di dover lasciare per sempre la sua cara vita, doveva trovarla.

Ci aveva riflettuto molto. La sera prima, e gran parte della notte. All’inizio, aveva pensato di non dirle niente. Perché, quasi quanto era sicuro che la sua morte si avvicinava, era certo che lei si sarebbe salvata. Era troppo capace e troppo preziosa per morire. Perciò, gli era venuto in mente che confessandole solo allora i suoi sentimenti, l’avrebbe lasciata in un mare di sconforto e tristezza.

Poi però si era ripromesso che doveva dirglielo, era come una sorta di cosa da fare per morire in pace. E si accorgeva anche della tragicità della situazione, ma questo sembrava dargli solo più forza, aggiungere altra grinta alla tanta che già aveva.

All’improvviso lo vide. Era steso a terra, un corpo minuto, i capelli castani sparsi dappertutto.

Fu come paralizzato, scioccato, perché se fosse stato cosciente si sarebbe subito reso conto che non si trattava del corpo di lei. Si avvicinò, e aveva già le lacrime agli occhi, perché sapeva che sarebbe morto da fallito. Non gli era riuscita l’unica cosa importante, l’unica cosa che contasse, nella sua vita.

La distrazione, però, gli costò cara. In un attimo una luce verde si sprigionò dietro di lui, e orride ferite profonde gli coprirono tutto il torace. Perdeva molto sangue, e cadde a terra.

Chiuse gli occhi per il dolore, ch’egli si stavano già riempiendo di lacrime. Allora cercò di spostarsi, con tutte le poche forze che gli erano rimaste, verso il corpo che giaceva accanto a lui.

Ma stavolta bastò poco, appena prenderle la mano e intravederle il viso, per capire che non si trattava di lei. Non sapeva se sentirsi meglio, o sentirsi già morto. Deciso, provò ad alzarsi. Se lei era ancora viva, doveva solo trovarla... Ma era troppo debole. Ricadde a terra, il viso bagnato dalle lacrime di delusione, perché ancora una volta la vita si prendeva gioco di lui.

-Ron!-

La voce, quella voce, lo fece subito sentire meglio. Era lei.

Hermione cadde a terra, vicino al ragazzo, disperata. Il sangue, che scendeva copioso dalle ferite di lui, aveva già formato una piccola pozza intorno al corpo. La ragazza iniziò a piangere. Lui sorrideva, ma ogni tanto qualche smorfia di dolore trapelava dal suo viso.

-Ti ho... ti ho cercata... tanto.-

-Non preoccuparti, Ron, ti salverò io.-

E, meno convinta di quanto lo fosse lui, prese a trascinarlo in un incavo della roccia, una piccola grotta, che per fortuna nessuno aveva notato. I mangiamorte, impegnati furiosamente nella battaglia, non li videro, né li vide nessun altro. Una volta nella grotta, Hermione fece apparire dell’acqua, e la fece bere al ragazzo. Era disperata, le sue mani tremavano e non era mai stata così spaventata in vita sua. –Io posso curarti, Ron, lo so che posso...Io devo...Ron! Svegliati!-

Lui chiudeva gli occhi a intermittenza, troppo sopraffatto dal dolore per resistere.

Lei fece un incantesimo, che il ragazzo non sentì, e il dolore parve cessare, o meglio diminuire parecchio. Ora riusciva a essere lucido. –Hermione... Mi hai trovato-

-Si, per fortuna, Ron, ti ho trovato.-

Lui sorrise, e cercò di alzare una mano ad asciugare le lacrime della ragazza. Però era troppo debole, e dovette rinunciare.

-Io...io dovevo d-dirti....-

-Ron, io non ce la faccio. Mi sento in colpa, e siamo stati degli stupidi per tutto questo. Non doveva accadere. Abbiamo preso a calci quelli che sarebbero potuti essere anni felici insieme... Ti prego, Ron, non mi lasciare...io non ce la faccio da sola là fuori.-

L’incantesimo sembrava fare effetto, perché pian piano anche la voce tornava quasi normale. Il sangue, però, continuava a riversarsi sul pavimento.

-Certo che... ce la fai! Tu sei... la strega più in gamba che io conosca... Sai... sai più incantesimi del signore oscuro... E io... io invece sono un povero deficiente che.... è stato incapace di trovare il coraggio, in questi anni...-

Lei prese la sua mano e la strinse, più forte che poteva.

-Tu... tu devi solo essere forte... Va la fuori e fregatene... fregatene della morte... combatti perché devi vivere... battili tutti, quegli schifosi... E.. porta con te... portami con te....Hermione io...io ti...io ti amo-

Chiuse gli occhi, mentre lei piangeva sempre più forte. Il coraggio le venne meno, lo baciò, cercando il suo ultimo respiro, e le lacrime continuavano incessantemente a bagnarle il volto, e avevano inondato anche quello del ragazzo. Prese a recitare tutti gli incantesimi guaritori che conosceva, mentre sentiva la sua forza abbandonarla. Il sangue non usciva più, le ferite erano rimarginate. Però qualcuno entrò nella grotta. Lei non lo vide, impegnata com’era a piangere e stringersi a lui. Il rumore di un rametto spezzato la fece voltare. Sconvolta, vide appena la luce verde che correva a rubarle la vita.  

 

Una luce accecante, innaturale, lo svegliò. Non aprì gli occhi. Gli pervenne improvvisamente il ricordo di quello che era successo, e le lacrime tornarono prepotenti, eppure si sentiva troppo bene per essere reduce di una battaglia. La sua mano corse velocemente al torace. Stupito, si accorse di non avere più neanche una ferita. Aprì gli occhi. Era ancora nella grotta, a quanto sembrava, ma la luce puntava sul suo volto, impedendogli di vederci bene.

Si accorse che proveniva da una bacchetta che gli puntava il volto. Era una luce rossa, forse un incantesimo di difesa. Senza alcuna difficoltà, ma solo un po’ stordito, si mise a sedere.

Inorridito, appena comprese cos’era successo, rimase senza fiato. La bacchetta era in realtà spezzata, e forse era accaduto proprio mentre la sua proprietaria stava formulando un incantesimo, cosicché l’incantesimo era rimasto intrappolato tra un estremità e l’altra, e risplendeva come non mai. E la sua proprietaria... lei era morta.

Ron non ebbe bisogno di avvicinarsi e controllare, perché lo capì subito.

Lo capì dai suoi occhi spenti e spaventati, dall’espressione terrorizzata e ferita, dall’immobilità del corpo, e da molte altre cose che pian piano gli gelarono il cuore.

Allora la abbracciò, più forte che poteva, chiuse i suoi occhi, e l’espressione di lei non sembrava più terrificante, anche se gli riusciva impossibile crederlo. Da fuori non veniva più alcun grido. La battaglia doveva essersi conclusa.

Si fece forza, e uscì dalla grotta. Il sole splendeva ancora incontrastato nel cielo.

Non aveva mai vissuto una giornata così calda  e serena.

Non vedeva bene cosa accadeva, solo figure indistinte che sembravano festeggiare, e qualcuno che raccoglieva i feriti. Se avesse saputo che c’era ancora una minima, sola possibilità di salvarla, avrebbe preso il corone di lei e avrebbe corso verso gli altri.

Ma per una volta, la prima da quando era nato, nella sua testa c’era stato un solo pensiero, chiaro e pulito, e aveva capito che non poteva fare più nulla. Si infuriò con se stesso. Avrebbe voluto possederla prima, tutta quella decisione, o quella chiarezza d’idee. Lei avrebbe saputo da molto tempo che l’amava. O forse, chissà, lo sapeva.

“Ma è la vita- si disse- che si prende ancora una volta gioco di me”.

E guardò di nuovo verso il sole, rimpiangendo di non essere morto.

 

 

  
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