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Autore: _Meg    08/12/2012    2 recensioni
Sebastian è talmente preso dalla preparazione dell'assolo per le Regionali che si dimentica di fare gli auguri a Thad, che nel frattempo passerà la giornata con Jeff e Nick.
|Thadastian, warning: vagonata di fluff e tanta demenza.|
Enjoy!
Genere: Comico, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Jeff Sterling, Nick Duval, Sebastian Smythe, Thad Harwood, Warblers/Usignoli | Coppie: Sebastian/Thad
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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An unlikely birthday.

 

A Thad era sempre piaciuto il giorno del suo compleanno, e di motivi ne aveva tanti.
Il primo motivo era sicuramente il fatto che era un anno più grande, e non gli interessava se i suoi amici lo prendevano scherzosamente in giro ribadendo la solfa del “Stai invecchiando”: un anno in più, per Thad, equivaleva a più diritti.
E naturalmente a più doveri, ma ogni cosa a suo tempo. In ogni caso, ogni otto Novembre a partire da quasi quattro anni, Thad si svegliava e sentiva le ormai note voci di Nick e Jeff che intonavano un allegro “Tanti auguri a te” e lo stressavano perché, come ogni anno, organizzavano una sorpresa sempre diversa.
Naturalmente, a condire quell’allegro siparietto mattutino, si aggiungeva Sebastian che combattuto fra la voglia di strozzare i due infiltrati e quella di girarsi dall’altra parte e riprendere a dormire, si alzava mormorando imprecazioni colorite e si chiudeva in bagno per almeno un’ora lasciando il tempo a Thad per farsi raccontare il programma di quella giornata.
E quando quella frizzante domenica mattina Thad fece scivolare lo sguardo sul letto dell’altro prima di focalizzare la propria attenzione sui suoi migliori amici che ridacchiavano elettrizzati, notò che Sebastian mancava. Si limitò a mettersi a sedere e sorridere genuinamente alla vista di quei due che, dopo tutto quel tempo, continuavano a fargli gli auguri come nessun’altro. Si alzò pigramente, ringraziando i due tra qualche sbadiglio, prima di domandare indifferentemente « Avete visto Sebastian? ». Ci fu un breve scambio di sguardi complici fra Nick e Jeff, finché  il biondo non esultò « Si, sta preparando delle cose per le Regionali.. Non preoccuparti, Thad, fatti una doccia, fatti la piastra, fatti una se.. Volevo dire, fai quel che devi fare e poi raggiungici giù, ti dobbiamo far vedere una cosa! »  e detto questo, afferrò Nick per la giacca dandogli il tempo di strillare un « Ciao Thad! » e sfrecciò via, sbattendo la porta e lasciando il festeggiato da solo che, non avendo capito bene i comandi impartitegli dalla testa gialla, fece spallucce e si chiuse in bagno mentre l’orologio segnava le 10.30.

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Alle undici in punto, Sebastian maledì per la quinta volta in quella giornata l’incompetenza dei suoi compagni di coro. Possibile che Trent non riuscisse a tenere il ritmo? E che Flint non riuscisse a concentrarsi abbastanza per staccare lo sguardo dal suo nuovo screensaver adornato a mo’ di libro di Harry Potter? Per non parlare della sfuriata colossale fatta quasi un’ora prima a Cameron perché aveva dimenticato gli spartiti nella caffetteria e, una volta andato a recuperarli, era ritornato con quasi quaranta minuti di ritardo con una scatola di dolcetti e un caffè amaro con il Courvoisier.
Inutile dire che Sebastian aveva dato di matto.
Era diventato rosso di colpo, urlando le peggiori maledizioni che Madre Francia gli avesse insegnato, agitandosi come un pazzo e accanendosi contro il povero Wes che, fino ad allora, era rimasto zitto e in silenzio, accusandolo di essere un nullafacente che era solo d’intralcio alla performance che ormai progettava da mesi e che ancora reputava imperfetta. E quando Richard, con aria fintamente acculturata, gli sbatté in faccia il teorema di Ginsberg dicendogli « Che t’importa? Tanto non puoi vincere, non puoi pareggiare, non puoi nemmeno abbandonare la partita. » Sebastian uscì dalla stanza come un tornado pronto a travolgere chiunque gli si parasse davanti.
Non ce l’avrebbe fatta a preparare il numero per le Regionali , ma era inutile demoralizzarsi. Meglio tornare a concentrarsi su quella massa di colombi sparvieri che ne avevano combinate di tutti i colori quella mattina. Sebastian si passò due dita sugli occhi, ripercorrendo con la mente l’idea di performance che si era prefissato da quel dì che fu. Era davvero così irrealizzabile come gli altri gli avevano detto? A lui non sembrava. Dopo una serie di riflessioni contorte giunse alla franca conclusione che si era infuriato così tanto per le idiozie compiute dagli Warblers che non aveva notato l'assenza di Nick, Jeff e Thad.
Si interrogò mentalmente, chiedendosi dove diamine quei tre potessero essersi cacciati, ma non ci fece tanto caso perché una mano che gli toccava la spalla e la voce preoccupata di Trent lo fecero rinvenire dai propri pensieri. « Che vuoi ora? » gli ringhiò Sebastian, facendolo indietreggiare spaventato « E che diavolo ci fai con quella roba in testa? » continuò, alludendo alla padella probabilmente presa dalla mensa, che Trent aveva preventivamente preso e messo in testa. « Precauzione, non si sa mai cosa potresti fare. » gli rispose l’altro, cercando di non far trasparire la paura e mormorando qualcosa come « Iti..ffè. », che Sebastian sentì ma non capì.
« Che dici? » domandò nervoso Sebastian, fissandolo attentamente.
« Artiti aff.» bisbigliò Trent, sempre più rosso in viso e sempre più angosciato, e dopo una serie di parole che sembravano spasimi angustiati, il più alto quasi strillò « Ti decidi a parlare decentemente?»
« SPARTITI E CAFFE’. » urlò in risposta Trent prima di togliersi la padella dalla testa e impugnarla saldamente. Un lungo sospiro irato sfuggì dalle labbra di Sebastian, mentre quest’ultimo socchiudeva gli occhi con la collera che ormai gli offuscava lo sguardo. « Trent, se è successo ciò che penso io vai dagli altri e falli uscire entro dieci minuti. » soffiò minaccioso, stringendo i pugni. « Ma come.. » iniziò Trent, ma venne bloccato dallo sguardo assassino che il viso dell’altro gli lanciò mentre sgranava gli occhi verdi e urlava « VAI SUBITO.»
E Sebastian non lo guardò neanche, mentre Nixon si lanciava in una frenetica corsa lontano dall’Anticristo, perché lanciò uno sguardo al display del telefono, sul quale troneggiava la scritta 11.45.
Avrebbe dovuto correre più veloce.
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All’ennesimo « Ho fatto doppio! » di Nick coi dadi, Jeff decise che quella sarebbe stata l’ultima volta che avrebbero giocato con lui a Monopoli.
« Non è possibile. » disse Thad schiaffandosi una mano sulla fronte « E’ la terza volta consecutiva che ti esce doppio. ».
A quell’affermazione Nick lo guardò sbigottito, con le sopracciglia aggrottate per il fastidio e la bocca distorta in un’espressione di indignazione. « Si dia il caso che, avendo due fratelli e una sorella, abbia coltivato sin da piccolo la passione per il Monopoli! » « Infatti si vede come sei cresciuto. » rise Jeff, venendo seguito da Thad.
« Siete la vergogna. » mormorò scuotendo la testa Nick e passando i dadi al biondo, che aveva preso a rimuginare senza motivo apparente.
« Si, però Nick.. Non vale. Dopo tre doppi vai in prigione. » proclamò Thad, improvvisamente serio.
« Assolutamente no. »
«Si invece! »
« Chi te lo dice? »
« Lo dico io!»
« Non è giusto!»
«ORA BASTA! » strillò Jeff, stufo di quella litigata infondata « Adesso inventiamoci le regole, così non rompete. Stiamo giocando da quasi un’ora, è normale che uno si scocci.» e detto ciò, buttò i dadi e uscì sette.
« Pesca un cartellino dagli imprevisti. » suggerì Nick, ma la parola gli venne subito tolta da Thad che sogghignò e disse: « “Avete vinto una cisterna di acido muriatico. Siete fuori dal gioco assieme al giocatore che vi ha dato il suggerimento” » Jeff rimase spiazzato, ma non ribatté.
Si limitò a fissare le sue proprietà, i suoi soldi, e quasi gli venne da ridere quando vide che Nick che sembrava essere sull’orlo del mettersi a piangere mentre Thad rideva di gusto.
« Cos’hai? » gli intimò il biondo « È solo un gioco. »
  « Non sto piangendo, demente. È che Thad ha vinto. »
« Buon compleanno a me! » esultò il messicano, sorridendo felice. « Vi ho infinocchiati tutti.»
« Che pezzenteria. » buttò lì Nick, sprezzante « Non è onesto da parte tua. », ma ciò non parve interessare a Thad che mormorò un leggero « Ops ».
« Nick, non mettere malumore. » lo rimbeccò Jeff, scoccandogli un’occhiataccia. « Adesso c’è la Grande Gara. », e solo a quelle parole Nick sembrò rinsavire, soffocando una risata e annuendo allegro, mentre l’espressione di Thad andava diventando un grande punto interrogativo. « Grande-Cosa? » chiese con voce dimezzata dalla curiosità e dall’inquietudine. « Niente di particolare. Abbiamo  visto una tipa che ingoiava delle praline colorate in venti secondi su Youtube, quindi adesso facciamo a gara a chi ne mangia di più! » spiegò pazientemente Jeff, alzandosi e portando tre ciotole piene di praline rosse, blu, gialle, verdi e di tanti altri colori. « Ma anche no. » sbottò Thad, con l’aria di chi è intenzionato a non far assolutamente niente. «Andiamo Thad, non fare la casalinga depressa! È divertente, guarda.. Ogni volta che ti metti una pralina in bocca devi dire “Ammaccabanane”, fino a quando non sei pieno fino a scoppiare! » continuò Nick, spostando il Monopoli e spingendo davanti a Thad una ciotola azzurra.
«Ma Nick, è quasi ora di pranzo! » protestò il messicano, ma a nulla servì, dato che Jeff iniziò a cronometrare non appena Nick si portò davanti una ciotola verde colma di praline.
«E.. via!»
« Ammaccabanane! »
« Dannazione. »

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Sebastian avrebbe rischiato il collasso, se lo sentiva.

Dopo aver fatto una corsa per tutta la scuola cercando disperatamente una fotocopiatrice per poter stampare nuovamente gli spartiti, aveva trovato una stampante dentro l’ufficio del Preside; aveva quindi ri-stampato tutto il necessario per preparare il numero, ma la giornata ormai aveva preso una piega piuttosto storta, poiché la figura trafelata di Jeff gli venne incontro con aria preoccupata.

« Che hai, Sterling? Hai finito gli assorbenti? » ghignò Sebastian,mentre riordinava le scartoffie che aveva frettolosamente afferrato dalla stampante.

« In..had..anno »soffiò piegandosi in due il biondo, stremato per la mancanza di ossigeno.

L’altro si impuntò, riducendo gli occhi a fessure e sbottando acido « Ma che avete tutti? Dislessia momentanea? Non ho capito niente! »

A quelle parole Jeff alzò lo sguardo e scandì « Compleanno di Thad. »

Sebastian sgranò gli occhi sorpreso a quelle parole: se n’era davvero dimenticato?

« Non puoi dir davvero. » ovviò Smythe, scuotendo la testa « Oggi non è l’otto. »

« Invece si. » ribatté Jeff alzandosi in piedi dopo aver recuperato fiato « L’ho saputo adesso, che te n’eri scordato. Avrei dovuto pensarci prima. »

L’altro si rammaricò un po’, e quasi si pentì di non essere andato a cercare quei tre per rintracciare Thad e fargli gli auguri.  « Dov’è adesso? Non che mi interessi. » chiarì subito, non appena vide che Jeff aveva sorridere furbescamente, un sorriso breve e inudibile se non per chi, come Sebastian, lo fissava attendendo una risposta.

« Con Nick, nella caffetteria. Ma lascialo dov’è.. hai tempo per fargli gli auguri, fatti perdonare. » sorrise Jeff, e detto questo gli voltò le spalle e corse via, lasciando Sebastian a rimuginare qualcosa sul fatto che non poteva davvero essersene dimenticato. Inizialmente pensò che non era il caso di farglieli in ritardo, considerando che si erano fatte le 13.30.

Ma poi, seguendo quella sorta di imperativo morale che gli obbligava di essere gentile per una volta, ascoltò quella bizzarra idea che gli balenò in testa.

Sebastian si voltò, lanciando un’occhiata agli spartiti per cui tanto aveva penato, e con uno sbuffo si arrese.

Cambio di programma.

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Quando Jeff ritornò nella caffetteria della scuola, vide uno spettacolo a cui mai avrebbe sognato di assistere. Thad, che inizialmente aveva opposto resistenza a quella specie di gara usata per improvvisare qualcosa di innovativo per il compleanno da lui tanto atteso, aveva completamente finito le praline che aveva messo dentro la ciotola mentre Nick, davanti a lui, lamentava forti dolori allo stomaco e invocava un buscofan.

Il biondo si avvicinò, divertito nel notare che Nick, sicuro di aver avuto la vittoria in pugno, aveva mangiato neanche la metà delle praline che Thad aveva ingurgitato.

« Vedo che avete già pranzato. » alluse Jeff sedendosi con loro e prendendo uno dei dolcetti rimasti nella ciotola verde. Tutto ciò che ottenette in risposta fu un catatonico « Uh. » da parte di Nick, mentre Thad dal canto suo aveva mormorato soddisfatto qualcosa come « Ho vinto di nuovo. ».

Duval, improvvisamente, si svegliò dal suo stato vegetativo e, sentendosi ferito nell’orgoglio, quasi urlo un « Scordatelo. » e con rapidità bevette tutto il contenuto del bicchiere contenente un digestivo, storcendo la bocca in un’espressione nauseata.

« Non mi sembra il caso di frignare per una gara di intrattenimento. » fece notare Jeff mentre spostava le ciotole. Thad annuì e domandò « Ha ragione. Ho vinto, arrenditi all’idea che ho uno stomaco migliore del tuo.  Jeff, dov’eri? »

« Ho dovuto fare una cosa. » butto lì il biondo, fissando distrattamente il tavolo e ignorando l’occhiata di Nick che non si capacitava di quelle parole.

« Cosa? » insistette il messicano  « Dai dimmelo, è il mio compleanno! »

« Appunto, è il tuo compleanno. » masticò serio Jeff « Quindi non lo saprai. »

Thad emise uno sbuffo irritato e prese il cellulare, aprendo i messaggi a cui non aveva risposto per via della gara che gli era stata imposta. Il primo era di Trent, che come al solito aveva infarcito il messaggio di faccine felici. Il secondo di Wes che invece aveva optato per un sobrio “Auguri amico mio.” che fece sorridere Thad: serio e composto anche negli auguri.

Il terzo messaggio era di Kurt e Blaine che, da quando stavano assieme, gli mandavano i messaggi insieme. E la cosa lo avrebbe spaventato, se non ci fossero state le loro più sincere condoglianze per una giornata da passare con gli Warblers.

Il quarto era di Richard, ed evidentemente aveva problemi con il correttore automatico, dato che gli comparve un “Ativip vicenda, atomo completamento!”, ma ciò che gli fece quasi perdere un colpo fu il messaggio successivo, da parte di Sebastian.

“Vieni in sala prove alle 16.30.”

E non badando al battibecco di Nick e Jeff, dove uno sosteneva di aver truccato la gara, rispose con un dubbioso “Perché?”.
In effetti, la domanda era quella. Perché Sebastian quella mattina non c’era? Perché gli aveva dato appuntamento se non sapeva neppure del suo compleanno?

La risposta gli arrivò dopo cinque minuti, durante i quali i suoi amici avevano ripreso la partita a Monopoli. “Perché si. Sii puntuale, almeno tu.”, e Thad non gli rispose. Preferì guardare l’orario per togliersi ogni dubbio: 14.15.

Sorrise, riprendendo la sua pedina e rimettendola al punto di partenza. Sperò solo che, in quello strano comando impartitogli dal compagno di stanza, non ci fosse una cattiveria di fondo.

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« Ragazzi, fuori. » ordinò severo Sebastian, non appena entrò nella sala prove dove, quasi due ore prima, aveva liquidato gli altri in preda ad una crisi di nervi.

« Ma.. » iniziò Trent, ma le parole gli morirono in gola non appena lo sguardo assassino del leader degli Warblers tornò a fissarlo con aria di chi ha in mente solo una lunga serie di omicidi premeditati.

« Fuori. Devo fare una cosa. Prendetevi una pausa, bevetevi un caffè.. » e detto questo lanciò un’occhiataccia anche a Cameron « Ma uscite da qui. Per favore. » aggiunse alla fine Sebastian. Gli altri uscirono con aria spaesata dalla stanza, lasciando Sebastian a compiacersi del fatto che era riuscito ad incutere abbastanza paura dopo il cazziatone avvenuto qualche ora prima. E col senno di poi avrebbe potuto fare anche di peggio.

Sistemò gli spartiti sul tavolo del Consiglio, lanciando una breve occhiata a quella che sarebbe dovuta essere la canzone che avrebbero portato alle Regionali qualche settimana dopo.

Naturalmente, senza la pratica necessaria, le vecchiette il giorno dell’esibizione avrebbero lanciato sul palco qualche oggetto, convinte che quello potesse essere un eventuale inno all’Anticristo, convenne Sebastian rileggendo il testo un’ultima volta.

Anche quell’anno aveva ricevuto il ruolo da solista, che nonostante le numerose lamentele, era riuscito ad accaparrarsi prima del tempo, iniziando da subito a stressare gli altri membri con una serie di prove, in cerca della coreografia perfetta e della canzone ideale.

E alla fine l’aveva trovata, ma con tutto il trambusto che in quella giornata c’era stato, non era neanche riuscito a farla sentire agli Warblers. Aveva sentito la canzone alla radio, e dopo averla cercata su Youtube l’aveva ritenuta perfetta. La band era poco conosciuta, ma molto brava, quindi le New Directions non avrebbero avuto alcuna probabilità di rubare loro l’idea.

E anche se ci avessero provato, la gentilezza non era una prerogativa di Sebastian, quindi avrebbe trovato un modo per riprendersi ciò che di diritto gli apparteneva.

Dulcis in fundo, era riuscito addirittura a trovare uno stereo in quella scuola che, se si fosse messo a contare, avrebbe avuto l’età di Mosè e che utilizzava ancora registratori antichi.

Sicuro di aver tutto il necessario per l'esibizione, sorrise con quel ghignetto che avrebbe ingannato anche il diavolo.

Era intenzionato a eseguire quella canzone alla perfezione, così bene da riuscire a convincere anche Thad che le parole che gli avrebbe cantato erano vere. Non era una persona sentimentale, va bene, ma da un po’ le cose erano cambiate e desiderava capire se il gioco valeva la candela oppure no, ma cosa più importante di tutte: voleva farsi perdonare quegli auguri ricordati in ritardo che, ne era sicuro, gli sarebbero stati da rimorso per tutta la giornata.

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« Dio Jeff, cosa stai facendo? » domandò scioccato Nick non appena vide l’altro maneggiare con il telecomando della wii che avevano in camera.

« Raduno una mandria di buoi per dirigermi a El Paso. Secondo te? »

« Pensavo dovessi fare qualcos’altro per Thad, dopo l’indigestione di praline. » rispose acido « E comunque, avrei vinto io. »

« Si.. si. » mormorò distratto il biondo, aprendo la porta per far entrare Thad. « Ciao! Sei pronto? » esultò Jeff, alludendo alla partita di Just Dance che progettava da mesi.

« Per cosa? » chiese il nuovo arrivato, salutando Nick con un cenno del capo. « Per lavarti i denti con l’arsenico. Eviti le carie da dolcetti. » ribatté sarcastico Duval, sdraiandosi sul letto e coprendosi gli occhi con l’avambraccio. A quelle parole Thad non poté fare a meno di ridere. Conosceva Nick, e col tempo aveva capito che non era una persona sportiva che accetta di perdere. Anzi, una volta era arrivato addirittura al tenergli il broncio per due mesi perché aveva perso a scacchi.

« Semini sconforto, Nick. » rispose Jeff, cambiando le impostazioni del gioco.

 « E mangiati il fegato. » sbottò l’interessato, voltandosi dall’altra parte con aria offesa.

Thad scosse la testa nel vedere che il biondo si era girato più stizzito che mai e aveva ribattuto con aria contrariata « Nick Duval, se non ti alzi da quel letto giuro che non ci sarà niente che ti rimanderà da dove io ti manderò. » e accompagnò queste parole con uno spintone col quale Nick cadde a terra. « Ahia, cretino! Ti sei ossigenato i neuroni? » urlò Nick da terra, portandosi teatralmente una mano alla spalla sinistra. « No, ma oggi mi stai ossigenando i co.. » Jeff non finì la frase perché gli arrivò un cuscino nella schiena che lo fece girare nuovamente. « Non voglio sapere chi è stato di voi due, ma sappiate che siete morti. » e detto questo si voltò, sistemando gli ultimi comandi e non vedendo il sorriso divertito e colpevole di Thad mentre Nick, da terra, cercava di raccattare un po’ di forza e dignità.

« Sono vicino alla fine dell’impostazione del gioco. » proclamò il biondo orgoglioso di se stesso. « Sai cos’altro è vicino? L’ufficio di collocamento. » ridacchiò Duval sedendosi sul letto e provocando la risata di Thad. « Ah-ah, Nick. Divertente. Tieni. » sillabò Jeff lanciandogli il telecomando e dando l’altro a Thad.

« Che gli Hunger Games abbiano inizio. »

« Aspetta. » disse Thad mettendo in pausa il gioco già partito « Che ore sono? »

« Le 16.25, perché? » si allarmò Nick, bramoso di battere per una volta l’amico, ma sicuro che quella domanda aveva un secondo fine.

« Cazzo. Devo andare, ciao ragazzi, a dopo! » strillò sfilandosi il telecomando e lanciandolo in tempo record sul letto di Jeff, mentre i due fissavano storditi e con aria allampanata il festeggiato che sfrecciava via.

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Smythe aveva provato ininterrottamente per quasi un’ora, perché non voleva fare cilecca. Si era esercitato con e senza base, con e senza arpeggi vocali, con e senza testo davanti e si sentiva come quando si va ad un’interrogazione sicuri di ricordarsi tutto.

Il problema era uno: ce l’avrebbe fatta a cantare davanti e per Thad? Il panico all’ultimo minuto sarebbe stato imperdonabile, specie da una persona ambiziosa come lui che aspirava continuamente alla perfezione. Ed era abbastanza sicuro che, in qualche modo, quel suo atto di bontà gli sarebbe valso qualcosa. Anche solo un grazie gli sarebbe bastato.
Non era abituato a cantare qualcosa a qualcuno. Di solito si esibiva solamente su qualche palco o, in casi rari, sotto la doccia, quando un nuovo motivetto gli entrava in testa.

Ma sicuramente non gli era mai capitato di dover dedicare una canzone raccattata alla radio ad un compagno di stanza. Si diede quasi dello stupido quando vide la testa scura di Thad fare capolino dalla porta, e neanche si accorse dei dieci di minuti di ritardo che gli erano passati davanti. « Scusa il ritardo, ero dall’altra parte della scuola e Nick e Jeff.. »

« Non giustificarti. » lo interruppe Sebastian, con i nervi a fior di pelle e l’ansia che trasudava da tutte le parti « Non voglio sapere le motivazioni, sono io quello che deve scusarsi. ».

Harwood accennò un sorriso in sua direzione ed entrò definitivamente nella stanza « Scusarti per cosa? »

« Thad, è il tuo compleanno, non fingere che io non lo sappia. » fece roteare gli occhi Sebastian. « Oh.. In ogni caso gr- » iniziò, ma Smythe gli tolse nuovamente la parola, avvicinandosi con aria quasi dispiaciuta. Era strano vederlo così.

« Aspetta, fammi finire. Sapevo che era il tuo compleanno, ma mi sono scordato di farti gli auguri per via delle prove delle Regionali. Sono dovuto uscire in fretta e furia stamattina per evitare di perdere tempo con le prove. » spiegò pazientemente il più alto, mentre nella mente di Thad le domande trovavano risposte. « Ma probabilmente non ci hai pensato. » sorrise amaro Sebastian, mettendosi le mani in tasca.
“Invece si.” pensò il messicano, ma preferì tacere e vedere dove l’altro voleva andare a parare. « Perché mi hai chiesto di venire qui? » domandò vago Thad, sedendosi su uno dei divani.

« Per farti gli auguri. » ovviò Sebastian « E per cantarti una canzone, e anche se non mi va di sembrare sentimentale, ci tenevo a farlo. »

E Thad riprese a sorridere, perché non poteva fare altro. Non si sarebbe mai aspettato una giornata come quella. « Beh, non dovevi disturbarti. In fondo, a tutti capita di dimenticarsi qualcosa. »

« Ma io non dovevo farlo!» sbottò improvvisamente Sebastian  « E te lo volevo dimostrare. », e Thad fece per ribadire quando Sebastian premette un pulsante dello stereo che aveva alle spalle e iniziò a cantare.

I got so sick of being on my own, now the devil wont leave me alone. It’s almost like I found a friend who’s in it for the bitter end.”

Thad era sicuro di non aver mai sentito quella canzone prima d’ora, né alla radio né al computer, ma non aveva importanza al momento. Era troppo concentrato nell’ascoltare la voce di Sebastian che, per quanto poco ne sapesse delle band contemporanee e essendo uno fissato con la musica d’epoca, non sbagliava neanche una nota.

“Our consciences are always so much heavier than our egos, I set my expectations high so nothing ever comes out right. So shoot a star on the boulevard tonight, I think I’ll figure it out with a little more time, but who needs time?”

E dal canto suo Sebastian sapeva che quel testo era così adatto alla situazione che si era venuta a creare. E poco gli importava se con quella canzone aveva messo in gioco la reputazione che si era costruito da quando conosceva Thad: l’espressione che l’altro aveva dipinta in viso gli bastava per continuare a cantare.

 

“Turn off the lights, turn off the lights, turn on the charm for me tonight. I’ve got my heavy heart to hold me down, once it falls apart, my head’s in the clouds. So I’m taking every chance I got like the man I know I’m not.”

 

E se fosse stato per Thad, l’avrebbe bloccato subito perché era sicuro che non avrebbe retto oltre. Il testo, la canzone, gli ammiccamenti che gli lanciava, la sua voce. Era tutto un insieme che lo spingeva ad arrossire come una dodicenne alle prese con la sua prima cotta.
E non andava bene.

 

So sick of wasting all my time. How in Gods name did I survive? I need a little sympathy
Disarm my insecurities. Our consciences are always so much heavier than our egos, I set my expectations high so nothing ever comes out right.”

 

Sebastian notò il viso leggermente arrossato di Thad e trattenne l’ennesimo sorriso di quella giornata. Stava sorridendo troppo, notò. Che fine avevano fatto i suoi ghigni strafottenti e altezzosi?

 

“So shoot a star on the boulevard tonight, I think I’ll figure it out with a little more time, but who needs time? Turn off the lights, turn off the lights, turn on the charm for me tonight. I’ve got my heavy heart to hold me down, once it falls apart, my head’s in the clouds. So I’m taking every chance I got like the man I know I’m not.”

 

Thad constatò che la voce di Sebastian si era fatta più acuta durante la ripetizione del ritornello. Si chiese anche se nella canzone originale quella parte ci fosse o se lui l’aveva cambiata, perché sapeva che a Sebastian piaceva rompere le righe alla ricerca dell’abbinamento ideale.

E quando anche l’ultima strofa terminò, la voce di Smythe non si era incrinata neanche una volta. Era riuscito a cantare la canzone come aveva stabilito, alla fine.

Rimanendo attinente alla versione originale, se non per alcune piccole varianti apportate durante il corso della faticosa ora di prove a cui si era sottoposto.

Thad non aveva parole per descrivere quella sorpresa che mai si sarebbe aspettato. Provò ad aprir bocca per parlare, ma non riuscì ad emettere nessun suono, era veramente stordito. Solo quando Sebastian gli domandò « Allora? », il festeggiato piegò le labbra in un’espressione a metà fra il sorpreso e il compiaciuto ed esclamò, forse un po’ troppo trasportato dall’enfasi « È stato fantastico! ».

Smythe parve notare quell’esaltazione, ma non lo fece notare per educazione e per imbarazzo. « Ci speravo. » rispose solamente, perché le parole le aveva esaurite con il testo della canzone. Gli aveva detto tutto quello che aveva da dire, e sperava veramente che l’altro avesse capito.

« Almeno adesso ti sei tolto un peso. » concordò Thad, e mandando alle ortiche i suoi propositi per il contegno si alzò e abbracciò Sebastian che, benché fosse scioccato per quella presa inaspettata, lo strinse a sua volta.

Era una situazione così strana e surreale, che Harwood quasi temette di non poterla vivere più.

 Ripensò alla canzone, alla giornata che aveva passato con i suoi amici, e gli nacque un sorriso spontaneo nel rivedersi tra le braccia della persona che pensava avesse dimenticato il suo compleanno.

« Spero tu abbia capito. » disse Sebastian, sciogliendosi un poco quando sentì le mani dell’altro ancorargli saldamente la schiena.

« Non lo so, non sei stato abbastanza chiaro. » mentì Thad ridacchiando, e facendo ridere Sebastian a sua volta. Era bello restare così, stretti l’uno all’altro, a ridere col cuore più leggero.
« Tu dici? Pensavo che la canzone avesse parlato al posto mio. » sussurrò Smythe, posando un bacio sulla testa di Thad, che se ne accorse e perse un battito.

« Si, sei stato limpido. »

« Meglio così. »

« Potevi dirmelo prima. »

« Nah, è stato più divertente così. »

« Stavi morendo d’ansia, non è vero? »

« Esatto. » fece il più alto serio, provocando una risata da parte di Thad.

« Comunque sei stato bravissimo. » convenne il messicano, mentre l’altro alzava le spalle e lo stringeva un po’ di più « L’avrei dovuta cantare alle Regionali, ma ora che l’hai sentita tu la dovrò cambiare. Di nuovo. »

« Almeno ne hai scelta una veramente bella. » annuì Harwood.

Per un po’ il silenzio regnò, fino a quando Sebastian non alzò lo sguardo e  vide la porta aperta con Jeff che sorrideva, alzando i pollici e sparendo di colpo.

« Auguri, Thad. »

« Grazie mille, Seb. »

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*Note dell’autrice*

Buona sera a chiunque abbia avuto la sfortuna di capitare in questa storia che, personalmente, reputo un altro “parto a vuoto”.

Nel senso che questa shot era nata come un regalo di compleanno  molto-in-ritardo.
Ho messo il compleanno di Thad l’otto Novembre perché è il giorno del compleanno di una persona molto speciale per me. E esattamente un mese fa, io mi sono ricordata di sera del suo compleanno e non sapevo cosa fare per farmi perdonare.

Quindi Bianca, tanti auguri a te, ‘cause you deserve the best. #IlFluffMiStaUccidendo , e ti scrivo solo questo ché altrimenti non arrivo alla fine delle NdA. Sai già quanto bene ti voglio e bla bla bla. *feeling stupid*

 Come avrete notato, ho suddiviso la storia in parti perché altrimenti sarebbe risultata troppo pesante da leggere, essendo quasi undici pagine di word. Nell’ultima parte della storia c’è una parte cantata da Sebastian, e la canzone è “Turn off the lights” dei Panic At The Disco, che sono fra le mie band preferite.
Se non li conoscete, ascoltateli ed amateli perché meritano un sacco.

Ultima nota: ringrazio infinitamente quell’anima pia della mia beta Grace Lyde che, poverina, pur di far qualcosa di diverso dal sorbirsi un matrimonio si è messa a betare questa specie di cosa.

E spero di riuscire a scrivere di più (lo dico sempre e non lo faccio mai, chissà), finché qualcuna di voi non mi tarperà le ali mettendo fine ai miei voli pindarici colmi di fantasia.

That’s all. Grazie a chi è arrivato fin qui, e a chi lascerà un commento perché il vostro parere è sempre importante e influisce tantissimo su ciò che le fanwriter scrivono.

Un bacio e alla prossima :’D

_Meg

  
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