Grace Kelly
Do I attract you?
Do I repulse you
with my queasy
smile?
Am I too dirty? Am I too flirty?
Do I like what
you like?
No, no, no e poi no. Non è nemmeno
lontanamente carino, con quelle sopracciglia spesse
tre dita che sembrano vermi giallastri striscianti proprio sopra gli occhi! E
vogliamo parlare di quell’espressione incarognita? Senza contare poi il naso
troppo piccolo e i capelli stopposi e le orecchie storte e quelle spallucce
rattrappite… Dio, che orrore!
-Ehi? Terra chiama Francis, Francis
rispondi!-
Francis Bonnefoy,
seduto di sbilenco sulla poltroncina di finta pelle, sobbalza al tal punto che
per poco non ne casca finendo a terra. I suoi amici ridacchiano, divertiti, e
poi dalla sua destra Antonio gli tira una gomitata, una scintilla di malizia
negli occhi verdi.
-Smettila di guardare il barista, amigo, o finirai
per consumarti gli occhi. Che ti prende stasera? C’è di meglio, qui dentro-
sussurra, con quel suo accento spagnolo un po’ strascicato. Francis si
raddrizza, sentendosi colto con le mani nel sacco.
-A tal proposito…- Gilbert, tedesco
importato dalla periferia di Berlino, ha un’espressione molto eloquente,
dall’altra parte del tavolino, mentre il cameriere, almeno due metri di spalle
larghe, capelli biondissimi e sorriso accecante, si avvicina con le loro
ordinazioni, disponendole con attenzione davanti a loro.
-Sono tredici euro- annuncia, la voce
appena nasale che porta un’inclinazione vagamente famigliare. Gilbert è rapido
ad allungargli solerte le banconote, ammiccando appena ai suoi addominali.
-Tieni pure il resto!- trilla,
rischiando di far soffocare Antonio nella sua bevanda per un improvviso accesso
di risate. Il cameriere li squadra, uno per uno, continuando a sorridere
luminoso. S’intasca le banconote, e poi lo sguardo ritorna indagatore su
Francis, che lo intercetta giusto in tempo, visto che il suo inconscio ha
approfittato della distrazione per ritornare alla sua osservazione. Non gli
piace quell’espressione. Sembra uno che la sa lunga. Il cameriere lo fissa, ha
una buffa smorfia come per dire “No, dai, ma davvero?”, fa un cenno del capo al
terzetto ringraziando a mezza voce e si allontana senza dire altro, il vassoio
incuneato sotto il gomito. Gilbert, nota Francis, non lo molla per un attimo.
-Pensa a Roderich-
suggerisce, iniziando a sorseggiare il suo cocktail. Gilbert sobbalza,
rischiando di far tracimare la birra, e poi ride, passandosi una mano sul
volto, ma alla fine distoglie l’attenzione e la riporta a loro, rassegnato.
-Santo cielo, Bonnefoy,
la tua crudeltà è illimitata. Il damerino qui non c’è, e non che abbia mai…
prestato orecchio a quel che avevo da dirgli-
-Beh, non è certo
colpa mia se le tue abilità comunicative sono alquanto discutibili-
ribatte prontamente il francese, giocherellando con la cannuccia –Dovresti…
imparare a limare il tuo caratterino.-
-Parlando di comunicazioni… guarda lì
un secondo- esclama Antonio, dandogli di gomito e
facendo insistentemente cenno verso il bancone. Francis volta rapido il capo,
giusto per assistere a una conversazione tra il cameriere sexy e il barista
musone. Il cameriere, decisamente più alto dell’altro, si piega verso il suo
viso, sussurrando chissà cosa al suo orecchio, e poi fa segno verso il loro
tavolo. Un paio di iridi scure, adombrate dalle luci fioche dal locale e da
ciuffi di capelli, dardeggiano immediatamente
su di lui, analizzandolo da capo a piedi. Dura solo un secondo, non può
nemmeno essere sicuro di essere davvero stato oggetto di interessamento, ma per
quella manciata di secondi Francis si sente messo a nudo e scansionato fino al
midollo da occhi inquisitori. Gli sorge un brivido giù per la schiena, ma un
battito di ciglia dopo il barista è già tornato alle sue mansioni, smozzicando
un paio di frasi al cameriere che annuisce, si avvicina a smanettare con la
cassa, lascia il vassoio e poi esce da dietro il bancone per avviarsi rapido
verso di loro. Francis ha un sussulto, Antonio gli stringe impercettibilmente
la spalla e Gilbert emette un verso strozzato.
-Ecco il vostro resto- il sorriso del
cameriere è sempre caldo e rassicurante, ma nei suoi occhi azzurri riescono a
scorgere un divertimento… scocciato? –Non si accettano mance, qui- i denti
candidi baluginano all’indirizzo di Gilbert, mentre gli allunga un paio di
monete, e poi si volta rapido all’indirizzo del francese.
-Inoltre, non sono accettati nemmeno
atteggiamenti. Il principale chiede gentilmente di smetterla-
-Aspetta, ehi, quali atteggiamenti? Non stiamo
proprio facendo un bel niente!- insorge Antonio, ma le sue parole sono vane.
Gilbert gli ingiunge di calmarsi, ma il cameriere se n’è già andato di gran
carriera, senza prestare attenzione alle reazioni causate dalle sue frasi,
correndo a riprendere il vassoio e passando a un altro tavolo per raccogliere
altre ordinazioni, ignorandoli in toto.
Gilbert emette un basso fischio,
meravigliato.
-Accidenti, in che razza di posto siamo
finiti. Ve l’avevo detto che non avremmo dovuto cambiare locale, il solito
andava benissimo-
Antonio annuisce, borbottando qualcosa
che però Francis ha già smesso di ascoltare, lo sguardo perso nel bicchiere e
le mani impegnate a torturare un’innocente tovagliolino.
Continua a ripetersi le parole appena rivoltegli, e qualcosa di indistinto ma
di rabbioso si fa strada in lui. Atteggiamenti. Atteggiamenti. Atteggiamenti?
Gli farà vedere lui cos’è un atteggiamento. Vuole guerra? Guerra avrà.
-Francis?- Antonio lo riscuote, agitato
probabilmente da una mancanza di risposta, ma Francis
lo ignora. Appallottola il tovagliolo, si alza, scuote la chioma bionda e
dardeggia verso il ragazzo osceno e per nulla desiderabile che sta pulendo una
fila di bicchieri dalle forme più disparate.
-Vogliate scusarmi- sibila con voce
gelida, e scosta la sedia, avvicinandosi al bancone ad ampi passi, ignorando
l’allarme dei suoi amici rimasti indietro. Recupera uno sgabello, lo trascina
il più rumorosamente possibile e si accomoda giusto di fronte all’altro,
piantando i gomiti sul banco di legno appicicaticcio
e consunto.
-Salve-
Il barista appoggia l’ultimo bicchiere
sulla tavola, prima di alzare lo sguardo e puntarlo, penetrante, su di lui. Ora
che può vederlo più da vicino, Francis nota che ha effettivamente delle
sopracciglia orrende, e dei capelli tagliati in modo pessimo. Però gli occhi
non sono scuri, sono chiari, un verde sfumato e delicato che risulta
immediatamente catalizzante. Cerca di non trattenere palesemente il fiato,
perché di occhi così, non ne ha mai visti.
-Desidera qualcosa?- risponde quello,
non dando impressione di aver compreso chi sia l’avventore, ma innalzando
immediatamente un muro d’astio. Francis stringe inavvertitamente i pugni,
innervosito.
-Desideravo una birra- esclama,
cercando di rilassarli subito, riuscendo a sostenere senza difficoltà
l’occhiata penetrante che segue alle sue parole; e poi sorride, il suo sorriso
seducente e accattivante nonché cavallo di battaglia –Ma ho cambiato idea.
Credo mi accontenterò del tuo numero- ed enfatizza proprio sull’ultima parola,
passandosi una mano tra le ciocche di capelli. Il barista continua a fissarlo,
senza nemmeno battere ciglio, ma s’irrigidisce impercettibilmente.
-Esca. Se ne vada. Subito-
Il sorriso di Francis si cristallizza,
trasformandosi in una smorfia. Non sa se essere furioso con quel piccolo
sgorbio che si permette di essere così petulante e frigido, o se essere
terribilmente divertito per la sua evidente offesa alla provocazione e
deliziato dalla sfida intrigante che gli si sta propinando innanzi. Decide per
la seconda, rincarando la dose, e emette una piccola risata.
-Sei crudele. Non so nemmeno come ti
chiami- chioccia, e quando quelle iridi verdi si fanno veramente glaciali,
allora si allunga un po’ in avanti, verso il suo viso. –Te l’ha mai detto
nessuno che hai degli occhi fantastici?-
Il barista non risponde. Scatta
semplicemente di lato, allungandogli una gomitata in viso, e prima ancora che
Francis abbia recepito il dolore dell’impatto lo afferra con forza per il
bavero della camicia, stringendolo e strattonandolo.
-Ascolta bene,
brutto pezzo di idiota. Esci dal mio locale. Ora. E non tornare-
Il dolore comincia a farsi sentire,
pulsando attorno al naso e gli zigomi, e gli scappa un gemito sofferente; ma
Francis non si arrende. C’è qualcosa in quel tipo tanto orrido che distrugge
ogni istinto di sopravvivenza e suscita un bruciante desiderio di istigarlo, di
continuare a stuzzicarlo fino ad ottenere una reazione sconsiderata, fino a
vederlo esplodere, o peggio, frantumarsi. Sorride ancora, malgrado
le fitte rendano la cosa difficoltosa, e strizza un occhio.
-Bastava dirlo, cheri, che ti piace violento-
Gli occhi verdi del barista hanno un
baluginio indistinto, e Francis si prepara all’urto, sperando con tutto il
cuore di non restare sfigurato a vita e pregando che qualcuno venga a
soccorrerlo, ma non accade nulla. La mano sul suo collo allenta gradualmente la
presa, tanto che si ritrova sbilanciato al punto da rischiare di cadere di
nuovo. Sente un paio di colpi assai poco cortesi sulla spalla, e alzando lo
sguardo di riflesso incrocia un altro ragazzo, ben piantato e parecchio alto, i
capelli di un’indistinta sfumatura argento e gli occhi freddi puntati su di
lui.
-Ci sono problemi?-
Con la coda dell’occhio, Francis
rivolge la sua attenzione al suo precedente interlocutore, che però al momento
sta ignorando entrambi, essendosi spostato all’altra estremità del bancone per
raccogliere altre ordinazioni e senza dar alcun segno di essere ancora
interessato agli eventi. Il francese allora sospira, rassegnato, e si alza,
riassestandosi gli abiti e cercando di non mostrarsi minimamente intimidito.
-Oh, no, nessuno. Stavo giusto
andandomene-
Per farsi strada verso il suo tavolo si
ritrova a dover passare fin troppo vicino al tipo minaccioso, ma si costringe a
non alzare lo sguardo e a camminare con passo sicuro. A far le spese del
nervosismo che gli si è accumulato in corpo, è il bicchiere che ruba dalle mani
stupefatte di Gilbert, scolando il suo contenuto d’un fiato e poi abbattendolo
con scarsa grazia sul piano di legno e facendo brutalmente sobbalzare Antonio.
Poi, lanciando un’occhiata di fuoco alla laboriosa figura del barista,
ignorando le domande pressanti dei suoi amici, la sua voce si fa fredda e
tagliente, mentre si china a recuperare sciarpa e cappotto.
-Giuro, su tutto quello che ho più
caro, che non avrò pace finche quello sgorbio schifoso e patetico… finché
quell’essere non sarà nel mio letto a gemere come uno scoiattolo e a implorare
pietà-
Mentre si avvia a passo di marcia
all’uscita, Antonio e Gilbert non possono trattenersi dallo scambiarsi
un’occhiata un po’ sorpresa e un po’ preoccupata. Perché quando Francis Bonnefoy promette una cosa si può star certi che la
mantiene, e qui… qui si prospetta un pasticcio di proporzioni epiche.
Credits: Titolo e strofa da
“Grace Kelly”, by Mika
Mi
pare inutile dirlo… chi azzecca il cameriere e il buttafuori già ha capito come
andrà la faccenda.