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Autore: viktor malfoy    09/12/2012    0 recensioni
I Paciock.
Cosa vissero realmente queste due persone negli ultimi giorni di gloria del potere dell'Oscuro Signore? Sensazioni, dubbi, timori e paure dei due genitori di Neville e su cosa vissero l'ultimo giorno 'limpido' prima del lungo tunnel della 'dimenticanza' provocata dai coniugi Lestrange.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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paciock
The day to forget


La pioggia cadeva instancabilmente da quel grigio, plumbeo cielo.
I lampi illuminavano a ritmi irregolari il naturale paesaggio di quella campagna inglese. La casa dei Paciock, sorgeva sui voluminosi pendii di una collinetta verde, adornata da una variegata flora in cui spiccavano più agli occhi i candori di tante margherite. Era una casetta piccola e fragile all'apparenza, con i tetti rossi: Frank era stato irremovibile sulla scelta del colore per le tegole. Rosso, come i colori che contraddistingueva i Grifondoro e che lui aveva indossato con fierezza per sette magnifici e spensierati anni. C'era anche un piccolo giardinetto sull'ingresso della piccola dimora ma quella volta, ad impuntarsi era stata Augusta, la madre di Frank. Da quando avevano dato l'annuncio della gravidanza, Frank ed Alice erano stati tempestati da richieste esasperanti da parte della donna; richieste tra l'altro dove i 'no' non erano contemplati.
    Solo una volta Frank aveva avuto l'ardire di mettere in dubbio una di tali richieste e anche quella volta, lo sguardo inferocito della madre lo  aveva rilegato al silenzio proprio come quando lui era un bambino. Augusta aveva insistito per mettere su un recinto per il campo di zucche, sul retro della casa. Secondo la strega, erborista per eccellenza, le proprietà curative delle zucche avrebbero lenito i dolori degli ultimi mesi per la gravidanza di Alice e avrebbero reso forte il nascituro. Frank sapeva della passione della madre per il campo dell'Erbologia, così come sapeva della pretesa della donna nei suoi confronti per mantenere vivo tale interesse. Col passare del tempo e con sua somma tristezza però, la donna aveva capito che non avrebbe mai visto premi di riconoscimento per il figlio nel campo erbologico sul camino di quella dimora, magari con un quadro che raffigurasse lo stesso Frank, sorridente e con una pala in mano, in un campo che avrebbe fatto invidia a tutti gli amanti della cultura erboristica.               
     Tuttavia, l'animo ardito della donna non si era dato per vinto, perchè sapeva che il suo Frank era destinato a diventare un grande Mago. E fu la più orgogliosa e fiera delle madri, quando Frank aveva ultimato l'addestramento da Auror, due anni prima. Ed era stato proprio due anni prima, che i due coniugi Paciock avevano fatto il loro ingresso nell'Ordine della Fenice, l'organizzazione fpndata dal più grande Mago del loro tempo. Albus Silente. Quando era stato uno sprovveduto Grifondoro, Frank non lo aveva visto di buon occhio: gli sembrava così presuntuoso e arrogante da sembrare quasi irreale quell'aria paterna che ispirava agli altri. Al contrario, Alice lo aveva sempre venerato come una figura di riferimento, un indolo quasi.
    Da dietro la finestra del salotto, Frank salutava l'uggioso giorno che sorgeva con espressione spenta. Ricordava ancora le parole gravi di Silente, qualche mese prima. Quando l'anziano Mago rivelò ai coniugi Paciock e Potter, pietrificati quanto allibiti, il dramma che portava con sé quella Profezia e il potere che avrebbe avuto colui che era destinato a sconfiggere Lord Voldemort. Quello, era stata l'unica volta in cui Frank poteva confermare che il suo cuore aveva mancato diversi battiti, che le gambe gli si erano ridotte al pari di gelatina e che aveva quasi dimenticato come si respirasse. Aveva avuto paura. Paura per il piccolo Neville, il suo Neville. Si era imposto un certo autocontrollo facciale, solo per non spaventare ulteriormente Alice, che al contrario era apparsa più decisa di prima a sconfiggere Voldemort e i suoi seguaci. Poteva sentire ancora i singhiozzi strozzati di Lily e l'espressione furibonda sul volto di James. Comprendeva i loro timori, condivideva la stessa paura. E non sapeva cosa fare per annullare tale sensazione.
    Era fermamente sicuro di poter affrontare venti, forse trenta, Mangiamorte tutti insieme. Ma non quello. La paura che suo figlio, un innocente, potesse morire gli metteva addosso ansia, paura e dubbi facendo crollare la sua sicurezza di sempre. Quella che lo aveva contraddistinto nei tre anni in cui era stato un formidabile Battitore della squadra di Grifondoro.
    Come? Come poteva un folle psicopatico sanguinario come un Mago Oscuro aver timore di un bambino di pochi mesi? Era forse quello il beffardo gioco del fato? Davvero pretendeva un simile sacrificio e una simile disfatta?
    Lui era disposto a qualsiasi cosa per Neville, per assicurarsi che crescesse in salute e in un mondo incontaminato dalla cupidigia di folli fedeli di una filosofia sbagliata e che lui non avrebbe compreso mai, anche se Purosangue. Era stato anche per quello, per proteggere suo figlio, che Neville adesso si trovava da Augusta: era stata una decisione sofferta per lui e Alice ma entrambi erano consapevoli che per quanto apparisse drastica, era necessaria farla. Per il bene di loro figlio. L'unica cosa che lo preoccupava e che lo rassicurava al tempo stesso era sua madre. Il suo animo ardito non avrebbe permesso che venisse torto un capello a Neville - ma al tempo stesso, sapeva di aver messo a repentaglio la vita di sua madre, che per quanto fiera e abile nei duelli, non avrebbe potuto nulla con Mangiamorte del calibro di Rodolphus Lestrange o Severus Piton. Li conosceva entrambi e  se il secondo gli era sembrato una povera vittima, ai tempi della scuola, adesso non avrebbe avuto alcun rimorso nell'ucciderlo.
    Ma Neville era al sicuro, continuava a ripetersi. Le innumerevoli difese magiche apportate intorno la casa di Augusta, da Silente e Malocchio gli davano conforto in parte. Erano talmente tante che perfino i migliori Mangiamorte avrebbero perso giorni per annullarle tutte. Non potevano metterlo in pericolo costante e dopo la morte di Edgar e Dorcas, due dei membri più forti dell'Ordine, sembrava quasi che anche gli altri membri di quell'organizzazione segreta fossero stati contagiati dalla morsa di terrore seminata dai Mangiamorte, gettandoli nello sconforto più totale.
    Era comese tutti loro vivessero nella paura di morire da un momento all'altro. Perfino Malocchio, alla fine, era stato costretto a giorni di riposo forzato dopo lo scontro con Evan Rosier. Il Mangiamorte era caduto dopo una lotta furiosa nei vicoli di Notturn Alley e Alastor era stato salvato per un pelo, cavandosela anche quella volta con l'ennesima cicatrice sul corpo e il naso rotto. Sicuramente, l'Auror avrebbe ripagato il tempo perduto in quell'anonimo letto d'ospedale rimproverando gli infermieri perchè lo conrollavano troppo spesso o perchè la minestrina era scialba di sapore o sapeva troppo di formaggio, che lui detestava.
    «Buongiorno» disse la familiare voe di Alice, alle sue spalle, destandolo dai suoi cupi pensieri. Pessimi, avrebbe aggiunto lui che ora si era voltato per salutare la moglie. La guardò e non ci fu bisogno di decifrare il suo sorriso appena accennato: soffriva anche lei, ma quella lontananza era necessaria.
   
«Tesoro» rispose Frank, avvicinandosi alla donna e sentendo la temperatura della fronte. «Non dovresti alzarti dal letto. Hai sentito che ha detto il dottor Parker?»
   
«Riposo assoluto?»
   
«Esatto. Ti avrei portato il tè se solo ricordassi come si fa»
    Alice rise, spontaneamente. Amava il lato che tendeva a sdrammatizzare tutto del marito, a volte gli sembrava quasi di aver avuto una fortuna indicibile nell'aver accettato di sposarlo. Altre volte si rimproverava, quando pensava a quella realtà contorta e ingiusta che era il loro oggi. Se forse non avrebbe accettato di sposarsi, avrebbe evitato di avere legami quindi di risultare vulnerabile ai seguaci di Voldemort. Aveva sbagliato e adesso quello sbaglio poteva costare la vita di Frank e del piccolo Neville. Si era ripromessa di non pensare a suo figlio fino alla fine di quella guerra, ma era impensabile per una madre evitare di pensare all'unica cosa bella che avesse fatto fino ad allora. Neville era il suo 'Orsacchiotto' come lo chiamava affettuossmente, per le sue guance rosee e paffutelle. Ma era stato necessario allontanarsi e sebbene non condividesse la scelta sapeva che era la cosa giusta da fare - era stata anche lei a confortare Frank, di fronte a quei pianti disperati e nascosti ad altri. L'unica cosa che la confortava era la presenza del marito, ormai diventato meglio della sua ombra: non c'era luogo in cui lei apparisse senza la presenza di lui e quella loro caratteristica era anche stata presa in giro da Sirius. Era un modo per far sorridere tutti, dimenticando per qualche minuto la tragedia che vivevano ogni giorno.
   
«Ci sono novità?» domandò lei, stringendosi tra le braccia di Frank alla ricerca dell'unico conforto che poteva rassicurarla.
   
«Nessuna. Mia madre ha mandato a dire che Neville sta bene, cresce a vista d'occhio» riuscì a dire lui, rendendosi conto solo dopo di aver detto l'unica cosa che avrebbe fatto stare male la moglie. Quindi si affrettò ad aggiungere qualcosa. «Le ho anche detto di non mandare il Patronus ogni giorno. Potrebbero individuarlo e pedinarlo, fino a scoprire dove nascondiamo Neville.»
    Alice quasi sussultò, ma condivideva la scelta del marito dettata dal timore di essere scoperti.
«E' vero. Hai fatto bene. Stanotte l'ho sognato. Ho creduto di tenerlo ancora tra le braccia e di vederlo ridere perchè tu gli facevi le pernacchie» confessò, con gli occhi lucidi. Trattenere le lacrime era un'impresa difficile per lei, che non era mai stata abituata a nascondere i propri sentimenti a nessuno. A maggior ragione al marito.
   
«Finirà presto. Dobbiamo solo stringere i denti come abbiamo fatto sempre, se non per noi per lui. Merita di crescere in un mondo sereno e tranquillo, lontano dalla corruzione di Voldemort» disse con sicurezza, sebbene nominare il nome di Lord Voldemort procurò un sussulto ad Alice. Quasi tutti i membri dell'Ordine avevano preso a chiamare il nemico con il suo nome, perchè temere un nome era impensabile. Non poteva condizionare la determinazione e fermezza di un individuo - Silente era stato chiaro su quel punto. Ma Alice era una delle poche ad avere ancora qualche tentennamento per quel proposito. Eppure una volta si era ritrovata a combattere proprio Voldemort in persona e ad uscirne vittoriosa, con una determinazione spietata mostrando coraggio che poteva provenire solo da una nobile ex-Grifondoro. Ma quella volta c'erano state Dorcas e la professoressa McGranitt ad aiutarla. Il ricordo, le procurò un brivido lungo tutta la schiena facendola irrigidire.
    Fu il bacio di Frank a riscuoterla, percependo il calore di quel gesto, adesso impresso sulla guancia. Era incredibile come quel gesto, quotidiano, potesse darle conforto e rassicurarla: continuava a darsi della stupida ogni qual volta si ritrovava quel calore sulla guancia ma non poteva fare almeno di pensare che fosse la verità. Ormai Frank aveva un forte ascendente su di lei e per quanto avesse provato a negarlo, era indiscutibilmente legata a lui. E viceversa. Ma il pensiero di essere braccati, spiati nella loro stessa casa, le straziava l'anima.
    Silente stesso aveva consigliato loro quella proposta, macabra e inaccettabile all'inizio ma sia lei che Frank sapevano andasse fatta. Neville, adesso, era diventato la loro priorità. Stavano anteponendo tutto, davanti al loro unico figlio e lei sarebbe stata anche pronta a sacrificare la sua vita per il bambino - uno dei tanti nati mesi prima, su cui gravava la maledizione di quella Profezia. Il pensiero di trovare il corpicino di Neville, nella sua culla, a casa di Augusta le metteva addosso un tremore incontrollabile. Sapeva che se quel pensiero si fosse tramutato in realtà lei sarebbe diventata inarrestabile. Avventata. Spinta ad atti suicida dettati dalla vendetta, misera e frivola. Continuava a ripetersi che andava tutto bene, che Neville era al sicuro. Che le centinaia di protezioni intorno a casa di Augusta erano impenetrabili. Ma allora perchè aveva quel senso di vuoto allo stomaco? Forse perchè lei stessa aveva visto con i suoi occhi fin dove potevano spingersi i Mangiamorte e di cosa fossero capaci, anche con bambini di appena sette anni? E tutto quello, quella guerra, tutte quelle morti, in nome di una filosofia sbagliata e malata: il sangue puro.
    Un sordo boato e il fragore di vetri in frantumi, fecero sussultare entrambi i coniugi Paciock, obbligandoli a sciogliere l'abbraccio. Sia Alice che Frank, non esitarono a prendere in mano le proprie bacchette: tutto quello che avevano scongiurato fino alla notte prima, era infine arrivato. Tre scie di fumo cinereo si insinuarono da diversi punti della casa, fino a prendere le loro sembianze umane. I Mangiamorte apparvero con le loro spettrali ombre, pronti a dar fine alle loro vite - anche se non fosse stato  necessario.  Un lampo smeraldo non tardò a saettare verso di loro ma i riflessi pronti di Frank spinsero di lato la moglie, scaraventandola a terra mentre lui evocava la massima difesa in grado di arrestare una Maledizione.
    Era solo l'inizio. Il peggio sarebbe arrivato a momenti.


****


Un lampo cremisi illuminò per l'ennesima volta la casa dei Paciock. E anche quella volta, l'urlo straziante di Alice impregnò le mura del salotto. Andava avanti in quel modo da un'ora.
Frank era ancora in piedi, legato da quelle funi magicamente evocate e con il respiro mozzato per la durezza con cui esse lo trattenevano. Era costretto a guardare la moglie, torturata da quella che ormai aveva riconosciuto come Bellatrix - la più spietata dei Mangiamorte - e lo stesso era costretta a fare Alice, nei momenti di lucidità con la mente lontana dal Cruciatus della sua torturatrice.  
    «Parla, maledetta!» sibilò la voce di Bellatrix, con una nota di isteria spazientita. «Parla o ti prometto che vedrai tuo marito perire per mano mia. E posso assicurarti che sarà un'agonia lenta e dolorosa.»
    Alice alzò lo sguardo verso la sua interlocutrice. La sua mente era dannatamente pesante e la sentiva caldissima, come se dieci o più pugnali roventi fossero venuti a contatto con essa. Ricordava di aver sentito l'urlo di Frank, pochi minuti prima, il primo sfogo del marito da quando erano stati 'sconfitti' nel duello che avevano ingaggiato con gli assalitori. Era stata una battaglia fatta di colpi mortali e devastanti: i solchi profondi sulle pareti, squarciate adesso, ne erano una testimonianza e la casa non era ormai che un mucchio di macerie; la sua mente iniziava a vacillare, stava anche dimenticando alcune parole che prima ricordava con ordinarietà. Volti scheletrici le apparivano davanti agli occhi, scarni e evanescenti, circondati da un alone oscuro. Gridavano il suo nome 'Alice, Alice, Alice' ma lei non sapeva neanche chi fossero. Nemmeno quando apparve quella ragazza dai lunghi capelli rossi e dal sorriso frizzantino, accanto ad un ragazzo con un ciuffo corvino sbarazzino e con quei due rotondi occhiali sul naso. Qualcosa dentro di lei, però, parve riconoscerli in quei rari momenti in cui Bellatrix le dava riposo. Sembrava che contassero molto per la Alice ancora cosciente. Ma la voce gli moriva dentro la gola, e anche se avesse voluto chiamarli non era nemmeno certa di ricordarne i nomi.
    Stava forse diventando pazza? Cercò di ricordare più volte gli insegnamenti di Moody, su come evitare e lenire i dolori della Maledizione usata per torturare e che i Lestrange erano abituati ad usare con malata maestria.
«CRUCIO!» sibilò una voce metallica. La vista di Alice era ancora appannata ma le sue orecchie percepirono il tonfo sordo di qualcosa di pesante che si accasciava per terra. Fu quando rimise a fuoco ciò che aveva davanti, attimi di incredibile paura mista ad ansia crescente nel suo petto ansimante, che avrebbe preferito volentieri essere già passata oltre quella vita. Quella che negli ultimi giorni, nelle ultime ore la stava sciupando non solo fisicamente ma anche nell'animo. Dov'era quella vita piena di sogni e speranze, quella che aveva sempre progettato di avere fin dai tempi in cui era una timida ed insicura Grifondoro? Perchè il destino si era accanito proprio contro di lei?
    La macabra risata sadica di Bellatrix pervase il salotto.

«NO!» urlò Alice, finalmente cosciente, con la vista che non la tradiva più. Il corpo di Frank, adagiato sul pavimento, sembrava non emanare più un alito di vita. Sembrava che stesse dormendo che non fosse stato per gli occhi sbarrati e persi nel vuoto e Alice ne ebbe la conferma quando sentì quelli che percepì come lamenti sussurrati dalle labbra del marito. Alla fine, Frank aveva ceduto alle braccia della pazzia - forse troppo tentato da quella pace strenuante che non poteva più avere in quella realtà. Le lacrime rigarono il volto pallido di Alice, consapevole che la medesima sorte sarebbe toccata anche a lei di lì a poco se non avrebbe rivelato ai tre Mangiamorte ciò per cui erano venuti. Ma la sua risolutezza era ancora lì, indomita: non sarebbe mai scesa a patti con quella gente. Non lo aveva fatto Frank e non lo avrebbe fatto lei: il suo lato materno, avrebbe avuto la meglio anche in quella circostanza difficile. Neville era tutto.
    «Facciamola finita, non parlerà mai. Finiamola a modo mio»  proferì la voce del giovane Barty, dietro Bellatrix
    «No» sibilò l'altra, ancora vicina ad Alice. Si tolse la maschera, nonostante l'altro uomo dietro di lei l'avesse ammonita per quel che voleva fare, ma lei non vi badò e del resto era sempre stata così tra loro due: Bellatrix e Rodolphus erano solo legati dal vincolo matrimoniale, non c'era mai stato sentimento tra loro. L'ennesimo matrimonio progettato dai genitori e da quella comunità che per lei non significava nulla. Contava solo l'Oscuro, i suoi sogni e l'utopia che volevano realizzare. Lei credeva fortemente nell'Oscuro.
    Ciò che, comunque, vide Alice ad un passo dal volersi lasciare andare  - via da quella vita pregna di dolori fisici - e raggiungere finalmente la pace, fu l'ultima cosa che avrebbe ricordato per il resto della sua vita. Bellatrix aveva una bellezza pari ad una dea: una fluida cascata di corvini capelli che le incorniciava il viso e due perle scure, impossibili da decifrare e una pelle così diafana da fare invidia anche alle ragazze più belle e perfette di Hogwarts. Ma gli occhi di Bellatrix, quel giorno sembravano circondati dalle fiamme della perdizione: sembravano dire una sola cosa. Ho vinto.
    Perchè loro, i Mangiamorte, avevano vinto a priori: avrebbero trovato chi cercavano e solo allora si sarebbero placati. Ma Silente non lo avrebbe mai permesso, Alice lo sapeva bene e sebbene l'idea di rivelare il luogo in cui si nascondesse Neville fosse una tentazione maliziosa, Alice non avrebbe mai tradito suo figlio. Lui era il suo tesoro più prezioso. Infine, si concesse quel coraggio che tanto l'aveva differenziata dalle altre dell'Ordine - neppure quando Bellatrix le proferì le ultime parole, demorse.
   
«Per l'ultima volta, Paciock. Dove nascondi tuo figlio?»
    Alice la guardò con astio, improvvisamente lucida in mezzo a quel caos che ormai stava diventando la sua mente. Sembrava che un raggio di sole avesse spaziato tra le lande oscure della Cruciatus di Bellatrix, donandole barlumi di pace. Ma sapeva che sarebbe durata poco.
«Povera Bellatrix» sussurrò Alice, incrociando lo sguardo scuro della Mangiamorte di fronte a lei. La testa gli pesava come un macigno, ma quel dolore era nullo se paragonato alla perdita di Neville: lo avrebbe protetto anche a costo di morire. «Come dirai al tuo signore... che hai fallito?»
    Quasi rise Alice nel dire quelle parole beffarde alla Mangiamorte. Bellatrix, pietrificata e ferita nel suo sproporzionato orgoglio Purosangue, sembrò volerla ucciderla con lo sguardo. Si rizzò sulle spalle e puntò con innata rapidità la bacchetta contro Alice. 
«CRUCIO!»
    Un fuline scarlatto imperversò per la casa e l'urlo di dolore di Alice si disperse nella casa.
    Due scie di fumo si sollevarono alle spalle di Bellatrix, mandando in frantumi ciò che ancora poteva essere distrutto, mandando in macerie ciò che i Paciock avevano costruito con dedizione, speranza e amore. Bellatrix guardò ancora il corpo agonizzante di Alice che a sua volta guardava fissa il vuoto - persa nei peggiori incubi che la Cruciatus potesse partorire per lei. Un vento di tempesta preannunciò quello che sarebbe stato il temporale di tre giorni consecutivi - il cielo sembrava gridare la sua furia contro ciò che lei, Barty e Rodolphus avevano fatto in nome dell'Oscuro.
    Puntò la bacchetta in alto, il tetto bucato dai numerosi Bombarda di Barty, e pronunciò ciò che avrebbe contraddistinto un normale delitto da un'azione Mangiamorte. Il Marchio Nero, illuminò tutto il cielo e il restante paesaggio naturale che circondava la dimora dei Paciock e lei, Bellatrix, si sentì pervadere da un insolito piacere euforico.


****


Il Marchio Nero illuminava la casa dei Paciock, Lily lo poteva vedere chiaramente.
    James era già corso verso la casa, insieme a Sirius e Emmeline, e poteva già sentire gli schiamazzi e i colpi rotti dei duelli che ne stavano conseguendo. Ma il suo sguardo era ancora fisso su quell'orribile disegno che più volte, da quando era nell'Ordine, aveva visto e preannunciato orribili delitti e che lei adesso stava scongiurando con tutta se stessa.
Forse era stato tutto un terribile incubo quella sensazione di ansia da quando si era svegliata quel mattino. Forse il Patronus di Frank non era mai giunto da loro chiedendo aiuto, forse stava solo sognando. Un terribile incubo che si stava prendendo gioco di lei. Eppure lo vedeva ancora, nonostante i due pizzicotti sul braccio che si era data per riscuotersi, brillare in tutta la sua malvagia forma con quel bruttissimo e orripilante serpente che sembrava sorridersela di quanto stava succedendo sotto di lui. O che era già successo.
    E alla fine si costrinse a volerlo allontanare con il solo metodo che conosceva, un incanto semplice che da solo - comunque - non avrebbe fatto molto ma avrebbe spezzato almeno quel terribile simbolo che lei detestava con tutta se stessa. Era stato anche l'inventore di quel simbolo a portargli via Severus, l'amico che lei aveva sempre protetto e rispettato. Un fascio di luce dorata si sprigionò dalla punta della sua bacchetta, correndo verso il cielo e frammentando il Marchio trapassandogli la fronte.
    Una lacrima solitaria sgusciò dall'occhio di Lily, solcandole la guancia lentigginosa. Era davvero successo, cosa ne sarebbe stato del piccolo Neville? Come sarebbe cresciuto senza la guida e l'amore dei suoi genitori? Ombre e dubbi si accavallarono nella mente di Lily e l'ombra della consapevolezza, infine, giunse anche da lei. E quel giorno, lei lo avrebbe maledetto perchè sarebbe stato il suo terzo scontro con il Signore Oscuro e la Profezzia, infine, sarebbe ricaduta anche sulle spalle del suo piccolo Harry.



Note dell'autore

Salve a tutti! =)
Mi sono spesso immaginato come i Paciock abbiano vissuto i loro ultimi giorni e la mia fantasia ha dovuto partorire questa storia. Perchè proprio i Paciock? Perchè mi piacciono e poi ci sono pochissime storie su di loro in giro per la rete. Tutto cominciò quando lessi di Neville che faceva visita ai genitori nel quinto libro  e poi, nell'ultimo romanzo Neville (diciamolo XD) ha avuto coraggio da vendere eh! Dunque eccoci qui con questa storia, che spero piaccia a qualcuno oltre che a me =P
Ho dovuto arrangiarmi con ciò che la Rowling ci ha fornito sui genitori di Neville (argh, maledetto anche pottermore XD) e spiegare alcune cose con la mia stramba fantasia! Spero di non aver omesso nulla o nessuno ç_ç
Buona lettura!
  
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