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Autore: JunoEFP    09/12/2012    1 recensioni
“Forse, questo è il momento giusto per raccontarti tutte le cose che non ti ho mai detto, le mie esperienze ed emozioni, i miei sogni nel cassetto e tutto il resto che ho provato in questi diciassette anni.
Sai mamma, adesso che ci penso, tu sai così poco di me, eppure così tanto. Insomma, solamente tu conosci tutti i miei difetti e pregi, solo tu sai quanto odio il gelato al cioccolato e di quanto ami le caramelle. Però, ci sono tante cose che non sai nemmeno tu, che non sa nessuno.”

Storia classificatasi 5° a parimerito, al "Una lacrima sul viso - dramatic contest" indetto da syssy5.
Genere: Drammatico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Storia partecipante al "Una lacrima sul viso - dramatic contest", indetto da syssy5.

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JunoEFP
Nick sul forum: JunoEFP
Titolo: L'ultimo respiro, lo dedico a te
Rating: Giallo
Genere: Drammarico, malinconico
Avvertimenti: One-shot
Credits: (in caso di citazioni)
Introduzione: “Forse, questo è il momento giusto per raccontarti tutte le cose che non ti ho mai detto, le mie esperienze ed emozioni, i miei sogni nel cassetto e tutto il resto che ho provato in questi diciassette anni.
Sai mamma, adesso che ci penso, tu sai così poco di me, eppure così tanto. Insomma, solamente tu conosci tutti i miei difetti e pregi, solo tu sai quanto odio il gelato al cioccolato e di quanto ami le caramelle. Però, ci sono tante cose che non sai nemmeno tu, che non sa nessuno.



L’ultimo respiro, lo dedico a te

 
11/05/1993

Cara mamma,
Probabilmente ti stupirai di leggere questa lettera, ma sono certa, che quando avrai finito di leggerla mi capirai. Come hai sempre fatto.
Ti scrivo questa lettera perché sto male, tanto male, e sento il bisogno di dedicare a te queste mie parole, che credo di doverti dire da ormai troppo tempo.
Questa notte non riesco a dormire: mi sento la testa girare, lo stomaco mi fa malissimo e non mi da tregua. Ho cercato di mangiare, ma niente. Mi sono stesa sul letto, ma non mi passa.
Sono sola, e non so più che fare; tu non ci sei e la casa è completamente vuota. Perché dovevi avere questa maledetta cena di lavoro proprio oggi?
Così adesso eccomi qui, che seduta davanti alla scrivania, cerco inutilmente di scriverti questa lettera con un minimo di decenza. Anche la calligrafia è orribile, e di solito non scrivo così male.
Forse, questo è il momento giusto per raccontarti tutte le cose che non ti ho mai detto, le mie esperienze ed emozioni, i miei sogni nel cassetto e tutto il resto che ho provato in questi diciassette anni.
Sai mamma, adesso che ci penso, tu sai così poco di me, eppure così tanto. Insomma, solamente tu conosci tutti i miei difetti e pregi, solo tu sai quanto odio il gelato al cioccolato e di quanto ami le caramelle. Però, ci sono tante cose che non sai nemmeno tu, che non sa nessuno.
Ricordo benissimo i miei primi anni di vita, quando mi portavi al parco ad esempio, ed io pretendevo che tutti i bambini scendessero dallo scivolo, e facessero giocare solo me. Ho perso il conto degli schiaffi che mi prendevo quando facevo i capricci.
O di quando al mare sbraitavo perché non riuscivo a stare in piedi sul materassino, o sulla ciambella. Un’impresa impossibile, ma che volevo assolutamente compiere.
Ripensandoci, mi viene da ridere. Devo ammettere che ero piuttosto prepotente e capricciosa, quando ero più piccola. Mi chiedo se alcuni di questi miei difetti ci siano ancora in una parte di me. Se così fosse, non mi dispiacerebbe affatto. Mi ci vorrebbero proprio dei comportamenti che mi aiutino ad essere un po’ più autoritaria.
Anche il primo giorno di scuola delle elementari, tenevo stretta la tua mano e saltellavo felice, facendo vedere a tutti il mio nuovissimo grembiulino bianco, che molto presto imparai ad odiare con tutta me stessa.
Quando tornai a casa, ero talmente contenta ed eccitata che raccontai tutto con una velocità pazzesca! Adesso non ci riuscirei mai, anche perché non proverei più emozioni simili solo per un giorno di scuola. Anche se mi piacerebbe rifarlo.
Vorrei conservare almeno un po’ di quella spensieratezza che avevo da piccola, mi mancano tanto le risate che ci facevamo io e te… con papà, anche. Chissà se sarebbe lo stesso se lui ci fosse ancora… vorrei rivederlo, proprio come adesso vorrei vedere te.
Parlando di scuola, ti ricordi come mi impegnavo poco alle medie? Andavo malissimo e non prendevo altro che 5 ½ - 6, o voti anche più bassi. Ero proprio una sfaticata! Non mi ricordo nemmeno quante volte sei stata convocata per colpa mia, i professori mi sgridavano in continuazione.
Ero convinta che non mi sarebbe servito a nulla studiare, perché quando ti impegni nessuno fa caso al duro lavoro, ma in realtà non è affatto così. Purtroppo me ne sono accorta troppo tardi. Invece alle elementari ero una tale secchiona! Studiavo tantissimo, non uscivo nemmeno pur di imparare cose nuove.
Tornata dall’esame di terza, mi sentivo pure brava ad essere uscita con quel misero 6, perché nella mia scuola, non studiare equivaleva essere fighi. Che voto squallido, ci credo che ci ho messo così tanto a trovare una scuola che mi prendesse alle superiori.
 Adesso mi faccio schifo da sola per aver anche solo pensato cose simili, in passato. Ero veramente una bambina, troppo infantile per la mia età. Adesso sono cresciuta, non penserei più cose del genere, specie se riguardano la scuola.
In questo momento mi sento un’idiota, sto morendo dalle risate da sola! E’ incredibile come ci si possa divertire ricordando gli eventi del passato. Vorrei averti qui con me adesso, e ridere insieme, come abbiamo sempre fatto. Questa casa così silenziosa non sembra la stessa.
Poi l’anno dopo… ho incontrato lui.
Tu non l’hai mai conosciuto, e non ho la minima intenzione di rivelarti il suo nome, così come non voglio dirti quanti anni avesse. Non era un quarantenne stai tranquilla, ma aveva qualche anno in più di me.
Beh, quando lo vidi, non fu amore a prima vista, come sai, io non credo in queste cose, però sentii una strana sensazione nello stomaco, e quando il suo sguardo incrociò il mio… ho provato un’attrazione incredibile verso di lui.
Da quel giorno credo di aver passato con lui quasi tutti i pomeriggi, quando uscivo da scuola. Parlavamo tantissimo, di tutti gli argomenti possibili. Mi sentivo bene quando stavo con lui, e mi è sempre sembrato che provasse lo stesso. Ma forse mi sbagliavo.
E’ imbarazzante raccontartelo, proprio a te che sei mia madre, la donna con cui mi sono sempre confidata. Non mi sono mai sentita in imbarazzo quando parlavo con te, eppure adesso… non so, forse è il fatto che sono cresciuta, o che ti sto raccontando del mio primo amore.
Perché sì, dopo non so quanti mesi che ci conoscevamo, io mi ero follemente innamorata di lui. E più il tempo passava, più mi convincevo che provare quei sentimenti fosse la cosa giusta. Ed avevo ragione, almeno in parte.
Così, passato si e no un anno, decisi che era finalmente giunto il momento di farmi coraggio e dichiararmi. Quando lo feci, non so bene che emozione provai. Mi ricordo che il cuore mi batteva forte, ed avvertivo uno strano calore su tutto il corpo.
Gli dissi che lo amavo, e lui, senza rispondere mi baciò. Era il mio primo bacio, ed era avvenuto proprio come in una scena di un film. Era stato magico, perfetto. All’inizio non avevo capito cosa fosse successo, poi risposi al bacio come se lo facessi da sempre, è stato magnifico, credo che tutti quelli che ci sono stati dopo non reggerebbero il confronto.
Le sue braccia mi stringevano forte la vita, e le mie mani, finirono dietro il suo collo, stuzzicandogli i capelli morbidi. Anche tu hai provato queste emozioni quando ti sei messa con papà?
Alcuni dicono che il primo bacio sa di limone, altri dicono che non ha un sapore. Ma io so benissimo di cosa sapeva quel bacio. Il mio primo bacio sapeva di lui. E sapeva di amore, tanto amore.
Passammo giornate indimenticabili, dove c’eravamo solo noi, l’uno per l’altro e basta. Quello che mi sorprende, è che lui mi amava. Era spesso lui a cercarmi, ci tenevamo sempre in contatto, e parlavamo in continuazione.
Quando non potevamo vederci, usavamo il cellulare per parlarci, e ci stavamo per ore. Proprio grazie a questo la nostra storia è andata avanti. Se non ci fossimo tenuti così “attaccati” tra di noi, io avrei sicuramente finito per dubitare di lui, e credere in qualche tradimento.
Per fortuna che c’è la tecnologia, fa miracoli, non so come faremo noi esseri umani senza. Menomale che sono esistiti geni che l’hanno inventata! Anche se purtroppo, questa non può tenere intatta una storia d’amore, non come la nostra almeno.
Ero così felice. Peccato che le cose belle siano destinate a finire… sempre.
Quella volta venne da me con il fiatone. Eravamo davanti al cancello della scuola, e quando gli chiesi che cosa fosse successo, lui mi abbracciò forte, stringendomi a se con tutta la forza che aveva in corpo. Mi faceva quasi male, ma quando stavo per staccarmi, sentii qualcosa di bagnato inumidirmi il collo.
Quando mi accorsi che quelle che sentivo erano lacrime, non potei fare altro che stringerlo proprio come stava facendo lui con me.
Stava piangendo, ed era la prima volta che lo faceva. Non ripetei la domanda, avevo troppa paura della risposta per farlo.
Rimanemmo così, abbracciati. Non so esattamente quanto, ma sono sicura che fosse bastato per dargli un minimo di conforto, perché nel momento in cui ci dividemmo, lui sembrava più sereno, anche se le lacrime continuavano a scendere incessantemente sul suo bel volto.
Quando mi rivelò il motivo di quella sua angoscia, capii quanto realmente tenevo a lui, e di quanto lui tenesse a me. Provai troppo dolore in una volta sola, e come lui aveva smesso, fui io a piangere, ma non riuscii a calmarmi e continuai non so per quante ore.
I suoi genitori avevano deciso di trasferirsi in America. Un semplice viaggio di lavoro, ma tanto disastroso per il nostro amore. Sentivo il cuore dividersi in tanti pezzettini, gli occhi mi bruciavano ogni volta che lo incontravo, e quasi tutte le volte finivo per aggrapparmi alla sua maglietta e piangere.
Per i due mesi avvenire, trascurai addirittura la scuola, lottando insieme a lui per salvare la nostra storia, per salvare noi. Ogni giorno andavamo dai suoi, per convincerli a restare, o a far restare solamente lui. Avevo addirittura proposto loro di farlo venire a vivere con noi. Ma tutti i nostri sforzi furono vani, benché dopo poco, lui sparì su un aereo, e l’unica cosa che mi lasciò furono i dolci ricordi che ci univano ed una promessa.
Mi promise che ci saremmo rivisti. Mi disse che quando avrebbe avuto abbastanza soldi per avere una casa sarebbe tornato, e saremmo rimasti insieme per sempre.
Ma purtroppo, io potevo, e posso, solamente far finta di credere a quella promessa, perché le circostanze non ce lo permettono, soprattutto la mia. E poi, non sarebbe mai stato possibile provare gli stessi sentimenti dopo tanto tempo. Scommetto che lui adesso si sta divertendo con un’altra ragazza, e la ama. Tanto.
L’unica cosa che mi consola, è che so che lui è felice, e che nessuna potrà mai amarlo come l’ho amato io. Perché il nostro amore era, anzi, è unico.
Voglio rivelarti un segreto… ti ricordi la mia risposta ogni volta che mi chiedevi cosa avrei fatto da grande? Quando mi facevi quell’odiata domanda che mi faceva sentire una bambina? Ti ho sempre risposto con un “Ancora non lo so” oppure con un “Devo decidere” ma in realtà sapevo benissimo cosa volevo fare, l’ho sempre saputo, e lo so tutt’ora.
Io voglio diventare un medico.
Vorrei occuparmi soprattutto dei bambini, per accertarmi che stiano sempre bene, ma anche di tutte le persone malate che cercano disperatamente di guarire. Vorrei aiutarli tutti, e magari…
Niente da fare, sto provando in tutti i modi a scrivere questo mio dannatissimo desiderio, ma la mia mano si rifiuta categoricamente di fare quello che gli ordino; non ne vuole proprio sapere di obbedirmi e scrivere.
Ti pareva, la testa ha ricominciato a girarmi, e tremende fitte allo stomaco mi annebbiano la vista. Mi tremano le mani, e sento freddo, tanto freddo.
Non ne capisco il motivo, ma il foglio si sta bagnando…
Sento le guance inumidirsi, e qualcosa di liquido e caldo si fa strada fra di esse. Ho capito, sto piangendo. Ci mancavano solo le lacrime adesso, accidenti!
Io vorrei trovare un rimedio… un rimedio per me e per gli altri. Più che un rimedio, io vorrei trovare un futuro. Un futuro lontano da lei. Lontano da questa maledetta malattia che ti spezza l’anima ed il cuore.
So che può sembrare una stupidaggine, ci sono già dei metodi con molte probabilità positive, ma non sono perfetti. Ci sono migliaia di persone che soffrono come me, ed io voglio aiutarle, voglio salvarle.
Perché il cancro ti distrugge, e ti trascina in un baratro di agonia e solitudine senza fine, dal quale non c’è modo di uscire. Nemmeno io sono riuscita ad uscirvi, nonostante tutti gli aiuti che ho ricevuto.
Ogni giorno, si ha la paura che tutto possa finire, che la malattia abbia il sopravvento. Non puoi mai sapere se riuscirai ad arrivare alla fine della giornata, o semplicemente poter riuscire a vedere un’ultima volta la luce del sole.
Io vorrei trovare una soluzione a questo, che garantisca il 100% di riuscita. Qualcosa che faccia stare bene le persone, e che le faccia uscire da quel baratro dove sono caduta anch’io.
E so di potercela fare.
Lo so, ho sempre dato l’impressione di essere felice e tranquilla, di non avere paura della fine, e di credere profondamente in una soluzione, ma non è così. Non lo è mai stato.
Un anno fa, quando mi hanno rivelato che ero malata, e che se non iniziavo subito la terapia, non ce l’avrei fatta, mi è caduto tutto il mondo addosso.
Il peso di questa consapevolezza mi uccide più della malattia stessa. La sensazione che si prova a sapere che non si è più al sicuro, che ogni passo potrebbe essere l’ultimo, mi fa sentire diversa. Non meritevole di vivere, non qui.
Probabilmente è il Signore che mi sta punendo. Sarà che sono sempre andata in chiesa senza credere, senza avere fede. Forse, anche avermi messo al mondo è stato uno sbaglio, forse la mia nascita non era prevista, ed era un errore di calcoli. Infondo lo sono sempre stata, io sono un errore.
Ogni volta che mi sottoponevo alla chemio, speravo che ogni minuto fosse l’ultimo di quella tortura. Speravo davvero di morire li, in quel momento. Avevo paura, quella terapia mi ricordava in continuazione il motivo del perché la facevo, e l’angoscia s’impadroniva del mio corpo, impedendomi di continuarla con il giusto spirito.
L’unica cosa che mi spronava a resistere eri tu, mamma. Speravo di poterti rivedere ancora una volta e sopportavo, aspettando quel momento. Se tu non ci fossi stata, io probabilmente non ci sarei più già da tempo.
Sai, è buffo. Mi hai chiamata Nadine… pochi sanno il significato del mio nome. Significa vita.
Proprio quella che piano, piano mi stanno portando via. Vivere, avrei tanto voluto farlo, eppure, la sto sprecando questa vita, che sembra tanto non volermi. Anzi che godermi i miei ultimi mesi, li sto buttando via chiudendomi in casa. L' ha detto il medico che non ce la potevo fare. Si erano accorti troppo tardi della mia malattia, e ormai so che mi manca poco.
Il mio nome è davvero bellissimo, lo adoro, e ti ringrazio per averlo scelto. Solo io mi chiamo così, non conosco nessuno con il mio stesso nome, e sono felice, vuol dire che io sono unica. Soltanto che, leggendolo ora, il significato mi sembra così vuoto e finto.
La vita non è altro che sofferenza in fondo, no? Eppure, non so perché, ma mentre scrivo queste righe, penso esattamente l’opposto. Penso a te.
Tu mi hai sempre aiutata e sostenuta, non mi hai mai scoraggiata, e mi hai sempre consolata nei momenti difficili. Tu che sei sempre così buona e allegra, che non ti abbatti mai, e che sei così forte. Tu che sei la mia mamma.
Ho sempre ammirato il tuo coraggio, il tuo essere sempre calma, la tua conoscenza, ed il fatto che sapevi sempre quale fosse la cosa giusta da fare.
Ho sempre voluto una vita come la tua, dove non c’è sofferenza, e debolezza. Così diversa dalla mia, così serena e senza paure.
Ma forse mi sbaglio, probabilmente avere una figlia come me è una sofferenza terribile, sapere che l’unico membro della famiglia che ti è rimasto potrebbe lasciarti da un momento all’altro è anche più doloroso di quello che sto passando io. Essere come te richiede di scavalcare la debolezza, e trasformarla in coraggio. Una cosa che io non sarei mai in grado di fare.
Forse, se mi fossi accorta prima di questo, e non mi fossi arresa subito, avrei potuto vivere, come fai tu. Purtroppo, come sempre, non sono riuscita a capirlo in tempo. Devo essere un asso nel non capire le cose.
Ma non importa, non sono affatto pentita di quello che ho fatto, e della mia vita. Anche se sarà breve, io so di averla vissuta al meglio delle mie possibilità, e che non avrei potuto fare di più. Non mi sono lasciata sfuggire nulla, e sono felice.
Non ho nemmeno paura di morire ora che so questo. Deve essere la malattia, che mi sta consumando anche il cervello. Però, quello che vorrei dirti, mamma è… grazie.
Grazie per avermi messa al mondo, per avermi sempre tenuta per mano, per non avermi mai lasciata indietro, e per avermi sempre permesso di esserti a fianco.
E soprattutto, grazie per avermi fatto conoscere la vita. Grazie di tutto, mamma.
La testa mi fa male, lo stomaco mi fa piegare in due dal dolore… il petto. Va in fiamme, sto bruciando. Gli occhi mi pizzicano, e non riesco a fare a meno di scriverlo.
Ho detto che volevo farti conoscere tutte le mie emozioni, ed è quello che farò, anche adesso che sto così male.
Il respiro si fa sempre più pesante, e mi è difficile non accasciarmi a terra. Voglio scrivere, ancora e ancora. Per te, mamma.
Non ho mai fatto nulla per te, a parte volerti sempre bene. E adesso voglio lasciarti qualcosa, che diventi parte di te, e che mi permetta di vivere, con te. Per sempre.
Forse sono arrivata al limite. Sarà questa la fine di tutto? Peccato che non sei qui con me, vorrei rivedere il tuo viso sorridente ancora una volta. Ma forse, è una richiesta impossibile. Come tutte quelle che ho sempre fatto. Non ho mai desiderato qualcosa che si potesse avere davvero. Forse, era uno sbaglio anche questo…
Vorrei solo dirti che ti voglio bene. Perché, cara mamma, io

 
***

 
La donna camminava un’ultima volta tra quei corridoi che non avrebbe più rivisto. Passò davanti alla porta della camera di sua figlia Nadine, e si concesse di entrarvi. Un’ultima volta.
Aprì la porta, ed entrò. Ormai da mesi nessuno aveva più messo piede in quella stanza. Nemmeno lei, che era sempre stata una donna forte, aveva avuto il coraggio di farlo. Aveva paura, paura di ricordare. Di ricordare lei.
Si avvicinò al letto, sfiorando con le dita la soffice coperta invernale. Si sedette, osservando con nostalgia il resto dell’arredamento.
Il suo sguardo finì sulla scrivania di legno scuro, piena di pezzetti di carta, e carte di caramelle consumate dalla ragazza; situata di fronte al letto.
Si avvicinò ad essa, e notò con stupore che c’era un foglio, consumato dalla muffa. Lo prese. Un racconto… no, una lettera.
Una lacrima le rigò il volto stanco, e lesse “Cara mamma…”




Note dell'autrice:
Beh, mi ci è voluto un sacco di tempo per scrivere questa storia, e vederla finalmente completa è il più grande traguardo che potessi raggiungere, perciò se pure arriverà tra le ultime sarei fiera di me ugualmente. Infondo è il mio primo contest, ho ancora moltissimo da imparare, e questo sarà il mio punto di partenza. Sebbene sia la prima volta che mi confronto con autori molto più bravi di me, sono molto ansiosa di conoscere il risultato, e incrociamo le dita! Spero si capisca la fine, ero incerta sul fatto di mettere tutto esplicitamente oppure no. Ho optato per la seconda opzione, e spero di non dovermene pentire.


Emh... bene! Wow, il 5° posto! Certo, non è proprio il massimo, ma sono fiera di me ugualmente. Sinceramente, mesi fa, quando ho scritto questa storia, ero molto meno "brava" di adesso (Brava tra virgolette, perché non lo sono nemmeno ora.) ed aver raggiunto una posizione così alta, è davvero un grande traguardo!
Veramente non saprei proprio cosa dire, quello che pensavo mesi fa in parte non è più quello che penso ora, e non saprei proprio come spiegarvi quello che provo in questo momento... per cui, posso solamente dirvi che a me è piaciuto tanto scrivere questa storia, e spero che sia piaciuto anche a voi leggerla. :)
Grazie a tutti quanti per essere arrivati al termine di questo racconto, ne sono davvero felice!
Un bacione!

Ah, ringrazio di cuore syssy5 per avermi dato l'opportunità di partecipare a questo contest, e di avermi concesso un parere personale davvero molto istuttivo. Grazie davvero, parteciparvi mi è piaciuto molto! :'D





Quinta classificata a parimerito: L'ultimo respiro, lo dedico a te - JunoEFP



Grammatica: 9/10 punti
Ho trovato un solo errore in “guancie” che si scrive senza “i” e diversi usi scorretti di “d” euforica; per il resto una grammatica perfetta.

Stile: 9/10 punti
Lo stile è perfetto, ansiolitico al punto giusto, ho trovato un solo errore: la lettera è datata 1993 ma in seguito parli di cellulare che in realtà si sono diffusi in seguito, almeno tra gli adolescenti. Inoltre la virgola in questa frase “Proprio quella che piano, piano mi stanno portando via.” è superflua, a meno che tu non abbia voluto dare un'intonazione diversa alla frase. Anche in questa frase la virgola è superflua “Ma forse, è una richiesta impossibile.”.

Originalità: 9/10 punti
Storia davvero originale per come la ragazza abbia smesso di lottare contro la malattia.

Caratterizzazione dei personaggi: 9/10 punti
Personaggi ben caratterizzati, della protagonista riusciamo a cogliere perfettamente il suo stato d'animo e i suoi pensieri.

Gradimento personale: 10/10 punti
Una storia davvero straziante, inutile dirti che una volta arrivata alla fine della lettera mi sono chiesta “Perché, cara mamma, io” cosa? Oltre alle lacrime non ho potuto fare a meno di immedesimarmi nella protagonista o meglio, di poter parlare con lei. E qui ci tengo inoltre a dire una cosa in risposta a questa affermazione:
Probabilmente è il Signore che mi sta punendo. Sarà che sono sempre andata in chiesa senza credere, senza avere fede. Forse, anche avermi messo al mondo è stato uno sbaglio, forse la mia nascita non era prevista, ed era un errore di calcoli. Infondo lo sono sempre stata, io sono un errore.
Non voglio scrivere un saggio di religione ma semplicemente condividere un'affermazione che mi è stata data: la malattia non è una punizione del Signore, dopo la venuta di Cristo Dio non è più un Dio severo ma un Dio che perdona; il Signore ci manda la malattia perchè così crede che possiamo fare più del bene piuttosto di quando siamo sani. E qui giustamente c'è chi direbbe "e quelli che muoiono precocemente?", dico la verità, non so rispondere, ma noi non riusciamo a comprendere i piani di Dio fino in fondo, forse in qualche modo anche una morte prematura serve a qualcosa, o come dicono tante mamme vittime di aborti spontanei "il Signore ha rivoluto il suo angelo in cielo". Ti chiedo scusa se ho approfittato del tuo giudizio per condividere questo mio pensiero.
Per quanto riguarda la seconda parte, e qui mi rivolgo in prima persona alla protagonista, non bisogna mai pensare certe cose, ogni vita è sempre ben voluta e non esiste lo sbaglio, nessuno nasce per errore o sarebbe stato meglio se non fosse mai nato, al mondo ci sono persone che ci amano e soffrono a sentire questo (e qui mi immagino la madre mentre legge queste righe che ho citato) e che magari ci hanno desiderato per anni amandoci quando eravamo solo una semplice idea, parlare di "sbaglio" è una bestemmia contro queste persone. Ma non so perchè lo sto scrivendo (e qui si notò infine la somiglianza tra la protagonista e la giudice, con la sola differenza che io il cancro non ce l'ho).

Totale: 46/50 punti

   
 
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