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Autore: Nezu    27/06/2007    6 recensioni
Un ricordo che mi ossessiona fa apparire all'improvviso un ragazzo che non pensavo avrei più rivisto... (Demyx/Zexion, Axel/Roxas, Axel/Marluxia, Saix/Xemnas)
Genere: Romantico, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Organizzazione XIII, Riku
Note: Alternate Universe (AU), OOC | Avvertimenti: nessuno
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È la mia prima storia non one-shot, spero di non essere un disastro. Accetto ogni tipo di commento, anche critiche, basta che siano costruttive.

1.Omoide to deai – Ricordo e incontro

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“Ehi, Demyx! Dai, vieni a giocare!”

Un ragazzino biondo si alza, sbadigliando, e corre verso gli altri. É bravo a calcio, uno dei pochi sport in cui riesce; il gruppo dei suoi amici lo aspetta, una chioma di capelli rossi in testa a tutti, che fa rimbalzare la palla sulle ginocchia.

Axel continua la sua esibizione sotto gli occhi di tutti, rigirando il pallone a suo piacimento, descrivendo figure in aria.

Demyx si ferma di botto: c’è un ragazzino nell’angolo della scuola, la testa bassa, la faccia scura.

Si sta per dirigere verso di lui, ma Axel lo intercetta e lo trascina sul campo.

La partita procede, ma il ragazzino continua a stare in disparte, Demyx non riesce a levargli gli occhi di dosso. É mingherlino, neanche tanto alto e ha la faccia pallida come quella di un cadavere, coperta in buona parte da un ciuffo di capelli disordinati.

Demyx è talmente concentrato a osservarlo che si fa falciare da Larxen, l’unica ragazza che però continua a fare falli a tutti. Demyx viene messo in panchina e si accorge che il ragazzetto si sta dirigendo dietro la scuola, seguito a poca distanza da tre ragazzi più grandi di lui.

Insospettito, il biondo li segue.

A un certo punto non riesce più a muoversi; vede i tre ragazzi afferrare il piccoletto e cominciare a pestarlo a sangue. Vede il sangue uscirgli dalla bocca e dal naso, vede che lo schiacciano a terra, gli premono la testa con il piede, gli sputano addosso. Il piccolo non emette alcun suono e Demyx non riesce a muoversi. Poi i tre teppisti si allontanano, lasciando nella polvere il bambino.

Demyx, non sapendo cosa fare, torna di corsa al campetto da calcio.

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Demyx camminava verso l’aula, chiacchierando con Axel. Erano in prima superiore, esattamente il quarto giorno nella nuova scuola ed erano finiti in classe con Larxen, Marluxia e Saix, tutti e tre loro vecchi compagni delle medie.

< Sai che la scuola ha anche un coro? Potresti entrarci, che ne dici?>

< No, mi basta suonare. Pensi che la prof ci darà rogne per il ritardo?>

< Mica è colpa nostra se l’autobus ha avuto un guasto! Hai visto anche tu come era arrabbiato il guidatore.>

< A dire il vero, stavo dormendo...>

< Oh, e cosa sognavi, caro il mio piccolo Demyx?>

< Una partita di calcio con te in prima media.>

< Ah ah, lo dovevo immaginare che mi stessi sognando! In fin dei conti, chi non mi sognerebbe? Sono così indispensabile per la tua vita!>

< Saix ti sogna spesso, tutte le volte che ha un incubo.>

< Questo è il massimo del sarcasmo che riesci a raggiungere?>

< No, ma è abbastanza per te.>

Entrarono nell’aula al primo piano e incrociarono lo sguardo arrabbiato della prof di francese; si sistemarono in fretta al loro posto, ascoltando l’appello.

< Black Axel?>

< ... presente...>

< Dillo in francese, Black!>

< ... ehm... present?>

< Vabbè, sorvoliamo, eh? Dincht Rigel?>

Axel cominciò ad insultarla a denti stretti, mentre Demyx scorreva l’orario per controllare a che ora avrebbero avuto musica. Quinta ora.

La bidella interruppe le sue riflessioni entrando in classe e chiedendo di lui.

< Ti vogliono giù in segreteria, devi firmare alcuni moduli.>

< Sì, sì, vai pure, Garreth.>

Demyx scese a compilare i moduli al piano terra. Non gli piaceva dover fare tutte quelle scale, il dottore aveva detto di evitare di stimolare... aveva appena firmato le scartoffie, che cadde sulle ginocchia in un attacco d’asma.

< Ehi, Garreth! Garreth!>

La segretaria lo aiutò a riprendersi, ma si sentiva ancora debole. Non sopportava quegli attacchi improvvisi: lo coglievano di sprovvista e, benché durassero pochissimo, lo lasciavano sempre molto fiacco.

< Uhm, non hai una bella cera, Garreth. É meglio se vai in infermeria.>

< Dov’è?>

< Al secondo piano... Ah, Riot, potresti accompagnarlo tu? Tanto ci sei già stato, no?>

< Sì...>

Riot? Demyx alzò gli occhi, cercando di ricordarsi dove avesse già sentito quel nome... e si trovò davanti un ragazzino pallido, dai capelli disordinati e dal ciuffo che copriva un occhio. Rimase esterrefatto a guardare il piccoletto del suo ricordo. Era talmente sconvolto che ci mise una buona manciata di secondi a capire che doveva afferrare la mano che l’altro gli porgeva per alzarsi. Barcollò, non si era ancora ripreso bene. Il suo cervello subì un ulteriore colpo quando Riot gli passò il braccio intorno alla vita per sorreggerlo meglio.

< Rimani in infermeria per qualche minuto, dopo fatti riaccompagnare in classe da Riot, intesi?> lo ammonì la segretaria, ma lui non fece in tempo a rispondere che si trovò a salire le scale con il braccio sul collo del ciuffettoso. Demyx non riusciva a parlare, sentiva il corpo del piccoletto premuto inavvertitamente contro di lui; lo fissò in silenzio. Aveva la pelle molto chiara, quasi spettrale, gli occhi erano blu intenso e aveva le occhiaie. Scosse la testa accorgendosi che gli stava fissando le labbra sottili. Ma che gli prendeva? A lui non erano mai interessati i ragazzi! Forse proprio per questo, è troppo bello per credere che sia davvero un ragazzo. No, che stava dicendo, un ragazzo è un ragazzo, per quanto bello sia... Allora perché gli stava fissando il collo? Sospirò scuotendo un’altra volta la testa. < Tu... come ti chiami?> la sua voce timida e melodiosa lo colpì al cuore.

< Demyx... Demyx Garreth. Tu?>

< Zexion Riot.>

< In che classe sei?>

< 1° A.>

< Ah, sei al mio stesso piano. Io sono in 1° D.>

< Già...>

La conversazione cadde rovinosamente, trasformandosi in uno snervante silenzio. Arrivati finalmente al secondo piano, Demyx si sedette su una sedia in infermeria. L’infermiera gli diede un’occhiata, per poi concludere che ormai poteva stare tranquillo, ma che era meglio se fosse restato per qualche minuto tranquillo lì seduto. Poi li lasciò da soli, essendo stata chiamata in presidenza. Demyx guardò il pavimento: si sentiva assolutamente insicuro di fronte a quel continuo silenzio e a quel ragazzo così strano. Uffa, ma non poteva innamorarsi di una ragazza? Sarebbe stato tutto più facile. Forse era stata Larxen a fargli cambiare sponda, bé, dopo averla conosciuta era la cosa più comprensibile...

< Ti ho già visto da qualche parte...> la frase praticamente sussurrata da Zexion colpì Demyx con incredibile violenza. Si ritrovò a pensare soltanto “Ti prego, fa che non mi abbia visto quella volta dei teppisti”. Allora sopraggiunse il senso di colpa: “Dio, come ho potuto lasciarlo in balia di quelli? Perché non sono intervenuto, perché non ho condiviso con lui almeno una minima parte di quel pestaggio? Forse adesso sarei il suo migliore amico e non un semplice cretino da dover accompagnare in infermeria per un’asma che non si decide a farlo fuori...”. Inghiottì, cercando di essere più naturale possibile.

< Eravamo nella stessa scuole in prima media, anch’io mi ricordo di te. Però dopo il primo anno non ti ho più visto.>

< Ho... cambiato scuola, dopo il primo anno. Abbiamo traslocato lontano dalle medie che frequentavo e così ho cambiato.>

< Capisco. Bé, direi che ora è meglio che vada.>.

Demyx si alzò per dirigersi fuori, ma inciampò e nello slancio finì sopra Zexion, che si era avvicinato per sorreggerlo. Si trovò la faccia schiacciata contro il suo petto che si alzava e si abbassava a ritmo irregolare. Lo guardò e notò che non si muoveva, lo fissava con gli occhi socchiusi e un leggero sorriso sulle labbra. Demyx fece scivolare una mano lungo l’interno della coscia, dal basso verso l’alto, lentamente, mentre Zexion cominciava a gemere di piacere. Demyx avvicinò il volto a quello del compagno, continuando a far salire la mano. Appoggiò la lingua sul collo, leccando lentamente la pelle. Improvvisamente aprì gli occhi e si trovò ancora seduto sulla sedia, con Riot davanti. Scosse leggermente la testa: cavolo, lo aveva incontrato dieci minuti prima, dopo due se ne era innamorato e dopo sette cominciava già con le fantasie erotiche. Quanto era stupido. Si alzò reggendosi alla sedia, ma in poco tempo capì che ormai era definitivamente a posto. Si avviò verso le scale con Zexion che lo seguiva, pronto ad aiutarlo nel caso di un altro mancamento. Arrivati davanti alla classe, a Demyx venne un dubbio ricordandosi di una frase della segretaria.

< Come mai eri già stato in infermeria?>

Il rossore sulle sue guance confermò il suo sospetto, a quanto sembrava, il cambiare scuola non serviva più di tanto. < Sono caduto...> mormorò impacciato.

< Fa niente, non preoccuparti. Ci vediamo in ricreazione, ciao.>

< C-ciao.>

Demyx rientrò in classe e si sedette al posto ignorando lo sguardo insistente della professoressa.

< E-ehm. – fece quest’ultima irritata – Sarei più che onorata di ricevere da te una buona scusa per cui firmare qualche foglio ti abbia portato via un quarto d’ora.>

< Mi scusi prof, mi sono sentito male mentre firmavo.>

Non aprì più bocca per tutta la lezione, osservando Axel che dava fuoco a delle strisce di bianchetto sotto il banco. Quando finalmente suonò la campanella, riuscì a mettere in ordine i suoi pensieri: si era innamorato. Ok, fino a qua era tutto chiaro. Si era innamorato di un ragazzo. Oh, ora arrivava la parte ardua: perché si era innamorato di un ragazzo?

  1. Era un bellissimo ragazzo.
  2. Era molto timido e sensibile.
  3. Sembrava una ragazza.
  4. Si sentiva in colpa per averlo lasciato quella volta senza neanche aiutarlo.

Bene, l’analisi era riuscita. Non aveva concluso assolutamente niente.

Intanto, perché quel ragazzo avrebbe dovuto stare con lui? Magari i ragazzi non gli interessavano. Però si ricordava ancora di lui. Una flebile speranza. Probabilmente la partita era già persa in partenza, l’unica cosa che sapeva di lui, oltre il nome e il cognome, era che veniva pestato dai teppisti. Neanche un indirizzo, un numero niente. Poi si ricordò che lo conosceva solo da mezz’ora, anche se ufficialmente si conoscevano da tre anni.

Sbuffò. Perché aveva sempre più domande che risposte?

< Ah, l’amour.> il finto sospiro di Axel lo sconvolse, non tanto perché aveva detto qualcosa in francese, ma per quello che aveva detto.

< Come fai tu a...?>

< Sei un libro aperto per me, Dem. Allora, chi è la fortunata?>

< Bé, ecco... fortunata è un po’ azzardato, io cambierei la desinenza... anche se non sono sicuro...>

< Frena, frena, fammi capire bene... è un lui?>

< Sì...>

< Caspita, non ti facevo così furbacchione!>

< Ma come, non sei sconvolto?>

< No, perché dovrei? Succede anche nelle migliori famiglie e non lo vedo affatto come un disonore.>

< Beato te che prendi le cose con così tanta naturalezza...>

< Più che altro, sicuro che non ti respingerà? Chi è?>

< Si chiama Zexion Riot, è di 1° A. Ti ricordi quel ragazzino col ciuffo che era a scuola nostra in prima media?>

< Aspetta... quello cadaverico che sembrava un incrocio tra un vampiro e uno zombie?>

< Esatto.>

< Non pensavo che ti piacessero i tenebrosi, sai? Ecco perché hai sempre resistito al mio fascino.>

< Che fascino, scusa?>

< Ah ah, sto morendo dal ridere. Quando pensi di dichiararti?>

Demyx rischiò di inghiottire la matita che teneva tra i denti. Anche mentre era entrato il prof di tecnica avevano continuato a parlare a bassa voce, e così per tutti i primi venti minuti di lezione. Demyx approfittò dell’avvicinamento del docente per non rispondere e seppellire la faccia nel libro.

Quando il professore fu passato, Axel ricominciò col Q&A.

< Non mi dirai che non vuoi dichiararti, spero.>

< Axel... come faccio a dichiararmi? Lo conosco appena!>

< Abbastanza per essertene innamorato.>

< Ok, ma non è detto che mi ricambi.>

< Appunto per questo devi!>

< Ma se è etero? Se non gli interesso per niente?>

< Dem, preferisci dichiararti adesso e nel caso di un rifiuto fare semplicemente retromarcia e dire “Dai, diventiamo amici” o aspettare di conoscerlo così tanto che in caso di rifiuto ti rinchiuderai in camera o cercherai di buttarti giù da un ponte?>

< Il ponte è la cosa più allettante...>

< Sono felice che tu ti interessi ai ponti, Garreth, ma la lezione è sull’alluminio e i ponti non sono in alluminio.> intervenne il professore, alquanto infastidito dal continuo brusio.

Axel e Demyx non poterono parlare per tutta l’ora e quella successiva, perché il prof, che oltre tecnica insegnava anche scienze e, guarda caso, ce l’avevano l’ora dopo, non la smetteva di fissarli per beccarli sul fatto.

Finalmente suonò la campanella.

   
 
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