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Autore: Ella ago 98    09/12/2012    2 recensioni
la storia di una ragazza che va incontro al padre!
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: AU | Avvertimenti: Incompiuta
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Mi sembra strano entrare nella casa che per me significava tutto,l’unico  posto in cui mi sentivo veramente al sicuro e sentirmi persa. Il posto in cui ho vissuto tutta la mia infanzia, in cui dicevo che lì avrei vissuto per l’eternità. Ormai non significa più niente per me, vederla da fuori mi fa star  male ed entrarci poi, non ti dico. Faccio un passo dopo l’altro, varco il portone, e mi rivedo lì, quand’ero una bambina piccola e ingenua, che pensava che il mondo fosse tutto pace e amore; continuo un passo dopo l’altro,andando dritta,perché so che se mi volto vedo il mio amato muretto a cui mi aggrappavo quando mio padre mi voleva insegnare ad andare in bici senza rotelle. Entro nel garage,e mi sento un tuffo al cuore se ripenso a quegli anni passati con mio padre a studiare,smontare oggetti e a ballare in quel posto che mi sembrava ormai grigio. So che mi sto facendo del male, ma continuo a camminare fino ad arrivare alle scale, la stesse da cui sono caduta un’infinità di volte,facendomi male,ma in quel periodo sapevo che avrei avuto un abbraccio caldo e rassicurante da parte di mia madre o di mio padre.
Ogni scalino che salgo,mi sento una mano che mi prende la gola e inizia a stringere più forte, sempre di più. Ormai sono alla porta, sarebbe una presa in giro non entrare. A quel punto stavo per morire: che cosa mi costava girare il pomo della porta? Un gesto così semplice,come poteva diventare tutto così difficile adesso? Ho preso il mio cuore in mano e ho aperto la porta. Il mio cuore stretto in una morsa,pressato fino esplodere in una doccia di sangue. Tutta la mia infanzia cancellata,al suo posto una casa che non conoscevo, del tutto estranea. Muri mancanti,mobili diversi. Solo una cosa era rimasta al suo posto. Mio PADRE.
Invecchiato e consumato dal tempo. I suoi occhi tristi e angosciati mi guardano,distolgo lo sguardo. I suoi capelli ricci,un tempo neri,ora brizzolati erano a me così familiari,ma neanche quelli erano più loro. Anche se lui sorride io so che non sta bene,troppe preoccupazioni. Era solo tre settimane che non venivo ,ma era bastate. Ora ho capito che cosa facevo davvero ogni volta che andavo da lui, e questa volte più di tutte. Questa volta accanto al mio adorato fratello mi ritrovo in una casa sconosciuta a me a fingere che tutto vada bene,per far stare un po’ meglio mio padre. Vado a trovarlo perché gli voglio bene,ma ogni singola volta è una stilettata al cuore per me. Era il pensiero di lui che stava male senza vedermi che mi faceva andare avanti,era il pensiero di lui che non sapeva da che parte stare,se dalla mia o da quella di lei ,che mi faceva trovare la forza di non parlare e di non litigare. Era … già,una volta. Perche mi ostinavo ad andare anche se sapevo che non era più così. Ormai lui aveva scelto. Aveva scelto di stare dalle parte di lei. E’ straordinario come un padre possa scegliere una sconosciuta al posto dei proprio figli. Ormai la casa è di una sconosciuta. Corro in camera,mi sento lontana da quel tempo,vedo le foto di tredici anni fa,avevo solo un anno,avevo quegli occhioni neri ed ingenui. Non riesco a farmi fissare così.
Scappo via!
Con un passo lesto esco dalla stanza accusatrice e mi dirigo verso le scale. Passo davanti a sei occhi. Le tre teste si girano di scatto e rimangono fisse verso di me. Gli occhi tristi e profondi di mio padre sono spalancati,come se un incubo fosse diventato realtà,quelli grigi e verdi di mio fratello pieni di consapevolezza di implorano di non farlo e quelli inquadrati da una fitta rete di rughe della fidanzata di mio padre sono felici,come quelli di un comandante che ha appena vinto una guerra. Mi fermo per un secondo.
-Scusa … - sussurro rivolta a mio padre.
Corro via,scendo le scale,passo il garage e il portone,corro più forte che posso lungo la mia strada chiedendomi se è un  ciao o un addio.
Il suono dei passi di qualcuno che mi insegue interrompe il flusso continuo di pensieri che mi riempie la testa. Chi era? Mi fermo,mi volto. Mi fratello era dietro di me. Un metro e ottanta di muscoli mi si avvicina e mi abbraccia.
-Perché sei scappata? E’ pur sempre tuo padre.
-Lui non merita di essere chiamato padre. Capisci? Un padre non ti  abbandona e non si comporta come ha fatto lui. Un vero padre … - una lacrima mi riga il volto. - … un vero padre non ti fa soffrire in questo modo e un vero padre non sceglie una sconosciuta al posto tuo.
-Lo so,ma devi capire,lui è tuo padre.
-Ma tu da che parte stai? – la mia voce scocciata e stanca continua. – Lui era,è e sarà sempre e solo mio padre biologico. Basta! Non può più essere nient’altro.
-Non fare così. – la voce melodiosa di mio fratello stava venendo meno.
-Cosa ha fatto quando sono andata via?
-Ti ha guardato e poi ha detto che saresti tornata perché tanto è tuo padre.
-Appunto un padre non è così. Alla fine che ricordi ho io di lui? Pochi o niente. Per i primi otto anni di vita lo vedevo si e no tre ore, e di quelle tre ore due le passava nella sua stanza ad aggiustare apparecchi elettronici. Sei stato più padre tu con me che papà.
-Ma … ma … ma … hai ragione. – mi cinge forte a se. Ho capito. Quello era stato un ADDIO. Un addio con la a maiuscola.
 
Ragazzi vi chiedo di scrivermi anche per messaggio nella casella cosa vi trasmette questo racconto (sentimenti,...). Grazie spero vi sia piaciuto! =D
  
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