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Autore: Why_    10/12/2012    1 recensioni
"Nessuno poteva dar loro quello che mancava. Dovevano solo scegliere se andare avanti o cadere nel baratro."
E Yeva sembra prendere una decisione alla fine, senza pensare bene a cosa potrebbe lasciare.
Genere: Angst, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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< Certe volte lo sento, sai? >
< Eh? >
Anja si voltò verso la compagna seduta sul bordo della finestra, guardandola interrogativa.
< Mio fratello. Lo sento qui, accanto a me. Lo sento che mi accarezza la guancia, mi osserva e mi sussurra qualcosa > disse Yeva, avvolta in quell’aria malinconica tipica dei suoi giorni particolarmente riflessivi.
L'altra continuò a guardarla, senza sapere come risponderle e percependo un peso sul cuore che le tolse per un momento il fiato.
"Se io soffro in questo modo" pensò la biondina,ritornando a guardare la strada,"chissà come potrà mai stare lei".
All’improvviso qualcosa richiamò la sua attenzione. Yeva aveva allungato il braccio davanti a sé, verso il vuoto, mentre si guardava la mano aperta. Una lacrima le rigava una guancia.
< Non riesco a raggiungerlo > sussurrò, più a sé stessa che a qualcun altro. Il dolore continuava a riversarsi dagli occhi e Anja giurò di averlo visto uscire anche dal suo cuore.
Entrambe si sentivano inutili, frustrate e impotenti.
Yeva non poteva restituirgli la vita.
Anja non poteva restituirle l’equilibrio.
Nessuno poteva dar loro quello che mancava. Dovevano solo scegliere se andare avanti o cadere nel baratro.
La ragazza alta si sporse ancora di più, rivolgendosi ad un punto non definito del vuoto di fronte a lei. Continuava a piangere silenziosamente, come se la cosa non la riguardasse. Sembrava caduta in una sorta di trance che la escludeva dal mondo circostante e che le impediva di pensare che sotto di lei ci fosse solo aria, tre piani di aria. Più andava avanti,più il baratro si avvicinava.
 
Perché continuare ad andare avanti? Non sarebbe più facile lasciarsi cadere?


Rapidamente, Anja le cinse i fianchi con le braccia, tirandola all’interno. Yeva, risvegliata bruscamente dai suoi pensieri, non riuscì a mantenersi stabile sul davanzale e cadde di schiena sulla biondina. Lei, di riposta, boccheggiò un attimo prima di riacquisire un respiro normale che durò relativamente poco.
Iniziò a singhiozzare, stringendosi contro la maglia della compagna.
< Non lo fare mai più! Non ti azzardare a farlo > gridò, abbassando sempre di più la voce.
< Mai più > bisbigliò infine, tra singulto e l’altro.
A quel punto, Yeva si svegliò completamente, come viene svegliata una persona da una doccia ghiacciata. Le parole della compagna erano scivolate su di lei come gocce di acqua fredda che sentiva ancora scorrere su tutto il suo corpo.
< Non è così che si risolvono i problemi > continuò la bassina, cercando di controllare il pianto, ma riuscì solo ad aumentare la presa sull’altra.
< Sei una vigliacca Yeva! > urlò infine, contro la schiena di quest’ultima.
La frustrazione e il terrore nella voce di Anja provocarono all’altra l’ennesima serie di brividi.
 
Era davvero così sbagliato quello che stava facendo?
 
Avrebbe raggiunto suo fratello, avrebbe tolto il disturbo una volta per tutte, finendo dove sarebbe stata accolta dalle braccia calde e forti di Ian e dal sorriso del padre adottivo.
D’un tratto però, si ricordò di quello che aveva detto tempo addietro alla compagna.
“Non lasciarmi” le aveva biascicato, alternando lettere e singhiozzi.
 
Lei non voleva essere lasciata.


“Non fare agli altri quello che non vuoi sia fatto a te”, l’insegnamento della bassina le rimbombava nella testa.
 
E Anja? Qualcuno ci aveva pensato a lei? Poteva davvero lasciarla?
 
Farla soffrire così, quasi gratuitamente, era solo una crudeltà. Perché lo capiva anche Yeva, lo percepiva ogni giorno. Anja era una di quelle persone che soffrono in silenzio, che tentano di nasconderlo per non gravare sugli altri.
Lei era quella che sosteneva, ma che non voleva essere sostenuta.
Quella che aiutava gli altri a camminare, ma voleva camminare da sola.
E per questo non l’avrebbe lasciata. Si sarebbe fatta assistere all’infinito, pur di renderla felice. Pur di non vederla piangere di nuovo, o sentirla gridare contro la sua schiena.
Con tutta la delicatezza che le era permessa, si liberò dalla stretta dell’altra ed si inginocchiò accanto a lei.
Si ritrovò vicino ad una figura tremolante, che singhiozzava convulsamente, mentre con le mani si copriva il viso arrossato e gli occhi gonfi di pianto.
Yeva soffocò l’impulso di tirarsi un pugno da sola, vedendo come l’aveva ridotta, e le accarezzò i capelli. Poi le scostò i palmi dalla faccia e la guardò attentamente. L’altra rispondeva con occhi che definire arrabbiati era riduttivo, tanto erano accesi di collera.
< Scusami Anja > iniziò, avvicinandosi alla biondina.
< Cerca di perdonare una stupida vigliacca che ti fa soffrire in questo modo > seguitò, distogliendo per un attimo la vista.
< Ho tentato di scappare, non rendendomi conto di quello che potevo lasciare. Mi dispiace > dichiarò infine, tirando sul con il naso.
In quel momento voleva solo nascondersi nella sua spalla e sfogarsi insieme a lei, ma dubitò fortemente che l’altra glielo avrebbe permesso.
Inaspettatamente, Anja le prese la nuca e la spinse fino a farle appoggiare la fronte al suo petto. La botta fu abbastanza forte, ma la bassina sembrò non curarsene.
< Sei proprio un’idiota > disse, con un tono ancora un po’ tremolante.
< Riprovaci di nuovo e verrò a recuperare la tua anima fino all’Inferno per poi rispedircela a suon di calci > seguitò, ironizzando nonostante la voce incerta.
< Mi dispiace > sussurrò ancora Yeva, lasciando che alcune lacrime bagnassero la maglietta della compagna.
< Sei proprio un’idiota > ripeté la biondina, chiudendo gli occhi.
Continuarono a piangere insieme per diverso tempo, fino a calmarsi quasi del tutto. Si trascinarono sul letto, rifugiandosi l’una nelle braccia dell’altra.
La cena passò totalmente in secondo piano quella sera, perché l’agitazione le aveva sfiancate.
Prima di addormentarsi, Yeva affondò la faccia nei capelli di Anja e fece una promessa.
  

“Non ti aiuterò, ma ti camminerò sempre vicino.”  

   
   
   
   
   
   
   
   
   
   

   
   
   
   
   
   
   
   
   
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Questo racconto è stato scritto in un orario a random, in un giorno a random e con un senso a random. Ora che ci penso, è uscito così, senza neanche un motivo particolare.
Ringrazio tutti quelli che hanno almeno aperto ‘sta roba, anche solo per sbaglio.


 
Saluti,
Why_
 
  
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