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Autore: IamShe    10/12/2012    14 recensioni
Tre momenti dolci, appassionati, ed intimi, delle coppie più belle di Detective Conan:
* Kaito & Aoko
* Shinichi & Ran
* Heiji & Kazuha
Tre spin-off della mia serie, dedicati esclusivamente a loro.
A quelli che amano.
Genere: Comico, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Heiji Hattori, Kaito Kuroba/Kaito Kid, Kazuha Toyama, Ran Mori, Shinichi Kudo/Conan Edogawa | Coppie: Heiji Hattori/Kazuha Toyama, Ran Mori/Shinichi Kudo
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Una vita d'emozioni'
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Ce l’ho fatta!!! è____é
*Esulta da sola come un’idiota*
Sì, ce l’ho fatta XD Ehm… xD
Scusate l’immenso ritardo, davvero, scusatemi!
Sono imperdonabile, lo so ç__ç Ma l’uni è iniziata, tempo non ce n’è stato, questa shot mi ha dato alcuni problemi xD... insomma, non sono proprio riuscita ad aggiornare subito.
Va beh, tralasciando ciò, sono riuscita comunque a concludere anche il terzo spin-off.
*Qualcuno qui dovrebbe mantenere una promessa... vero, cavy?* :D
Dicevo XD Ho completato la shot!
Quella completamente dedicato alla coppia che scoppia del Kansai: Kazuha ed Heiji! :D
Bene, la loro shot si rifà al decimo e all’ultimo capitolo della mia long.
Ricordate cosa accadde?
 
Mille e più ringraziamenti ad aoko_90, Il Cavaliere Nero, Delia23, Kaori_, _AlChiaroDiLuna_, HoshiKudo, Nana Kudo, Martins, _Vevi, LunaRebirth_, e shinichi e ran amore e Arya_drottningu per aver commentato la seconda shot!
Grazie anche a Kaori_, Delia23, kilamya, totta1412, Fedethebest99 e R i n _ per aver inserito la raccolta tra le preferite!

E a _Vevi, Arya_drottningu e cicchetta per averla inserita tra le seguite ^^
Siete un amore! <3 <3 <3
 
Spero che anche quest’ultima shot vi piaccia.
Grazie anche a chi ha solo letto le tre storie!
Grazie a tutti!
Bye :*
 
N.B.
Per chi non ha letto la mia fan fiction, questo capitolo può sembrare un po’ strano. Vi spiego un po’ cosa è accaduto, per introdurvi: Ran bacia Heiji in preda alla disperazione, dopo esser stata quasi violentata, e credendo Shinichi morto, lo identifica con il suo migliore amico. Heiji la respinge al momento, ma Shinichi li vede impercettibilmente, arrabbiandosi.
Shinichi ed Heiji fanno pace, ma non tutto sembra andare per il verso giusto...
Le vicende, qui, partono dall’ultimo capitolo, a Niigata. Kazuha scoprirà cos’è successo? E come reagirà?
(Il lasso temporale è precedente alla shot di Shinichi e Ran)

 

Heiji & Kazuha

Spin-off

 

Attraversò velocemente la hall dell’albergo, sprofondando lo sguardo nella bellezza sopraffina del design dell’ambiente. Le luci verso il soffitto, i colori caldi ed accoglienti, l’arredamento moderno: tutto donava un’incredibile atmosfera di quiete, e dolcemente sprigionava nell’aria i ricordi che aveva legati a quel luogo.
Niigata, in fondo, era importante anche per lei; per loro.
Legata alla sua mano, quella più piccola di una bambina di sei anni; Sophie si dondolava con il corpo, seguendo la madre con entusiasmo e felicità: dopo tanti, troppi, giorni, aveva rivisto il suo papà! Non aveva capito né perché né dove fosse andato, ma aveva sperato ogni sera che la mattina dopo potesse ributtarsi tra le sue braccia, scherzando a soffocarlo per poi donargli mille e più baci. E con lei, Kazuha.
La madre raggiunse la reception, poggiando le mani sul bancone in legno dinanzi a lei; ticchettò un po’ le dita, aspettando che l’uomo le rivolgesse l’attenzione necessaria.
Nel frattempo, continuò ad osservare quell’albergo: tutto era identico a sette anni prima.
“Desidera?” Sentì poi una voce richiamarla, costringendola a sobbalzare. Kazuha balbettò qualcosa prima di riuscire a comporre parole sensate con la bocca, ma in poco spiegò all’uomo cosa volesse: tre camere per cinque adulti e due bambini.
D’altronde, aveva suggerito a Ran di passare un po’ di tempo con Shinichi, nella loro Niigata, ma l’idea valeva anche per lei e quell’idiota - così, amava definirlo - di suo marito.
Sorridendo, diede i nominativi all’uomo.
“Eh?!” sbottò la piccola tra le sue dita, spalancando le palpebre. “Perché io non dormo con te e papà?!”
“Sophie!” cercò di zittirla la madre, colorandosi di rosso. Si affrettò ad allontanarsi dall’uomo, che cominciava a mandarle occhiate sinistre, trascinando la piccola verso l’esterno dell’albergo, che strattonava il maglione della sua genitrice, con una forza sorprendente.
“Mamma perché?!”
“Ehm...” balbettò ancora la più grande, guardandola con la coda dell’occhio. Cosa e come inventarsi una scusa? Convincente, poi.
“Tesoro... non c’erano camere per tre, e poi... dormirai con Conan e Yukiko! Vi divertirete!” esclamò entusiasta la Toyama, assumendo un’espressione che cercasse di persuadere sua figlia. Raggiunta l’entrata dell’albergo, le due si scontrarono proprio con i due diretti interessati, seguiti da suo marito, poco più distante. La bambina piagnucolò, e staccandosi dalla mano della madre, si fiondò verso il padre. Heiji sorrise, e divaricò le braccia per trascinarla a sé; ma una volta sollevata, la piccola si aggrappò al collo del poliziotto, nascondendo il volto nell’incavo della spalla.
“Papà!! Mamma non vuole farmi dormire con voi!”
L’uomo aggrottò la pelle della fronte, ed incurvò un sopracciglio, assumendo un’espressione stranita. Accarezzò con debolezza la schiena della piccola Hattori, dedicando un sorrisetto curioso alla moglie, che, intanto, agli sguardi perplessi e indagatori dei Kudo lì presenti, arrossì.
“Ma no tesoro... la mamma vuole...” cercò di inventarsi, domandando col solo sguardo alla consorte cosa avesse in mente. Al che, la donna, esasperata dall’ottusità in campo del marito, sbuffò sonoramente, alzando gli occhi al cielo. Atteggiamento che non sfuggì alla baronessa, che lanciando occhiate qua e là, mascherò una risatina sotto le dita.
“Allora dormo con voi! Nel lettone a tre... come facevamo a casa!” e con entusiasmo fece brillare i suoi occhi, che sembravano sorridere da soli. Heiji, ignorando le intenzioni della moglie, e dimentico di quanto gli fosse mancata in quel trambusto, accennò un lieve movimento del capo, che venne interrotto dalla voce di Yukiko, ridente.
“Sophie... stanotte ci divertiremo tantissimo io tu e Conan! Aspetteremo che sorga l’alba! Che ne dici?” la incitò l’attrice con grande maestria, avvicinandosi a lei, ed invitandola a saltare nelle sue braccia, già aperte per accoglierla. La bimba titubò un po’, anche perché davvero aveva voglia di stare col suo papà, ma l’alba era qualcosa che non aveva mai visto! Si voltò verso la donna più grande, sbattendo le palpebre, indecisa.
“L’alba dite?” cercò conferma, ingrossando le iridi verdi che ben presto divennero sempre più splendenti, brillando alla luce lunare. “E alba sia!”
 
***
 
La luce del mattino penetrò fievolmente oltre le tende arancio della camera d’albergo, rischiarendo l’ambiente caldo e silenzioso, espandendosi sugli arredi, e lentamente, illuminando il profilo del letto matrimoniale. I corpi nudi, nascosti dalle coperte, seguivano un ritmo di respiri regolari e sereni; Kazuha poggiava la testa sul petto del compagno, cingendogli il ventre con le braccia esili ed intrecciando le gambe a quelle del poliziotto. Quando il raggio di Sole si inchiodò sulle sue palpebre, la giovane donna le sgualcì, simulando una smorfia con le labbra. Fu costretta a sbattere gli occhi più volte prima d’aprirli, in modo d’abituarsi alla luce che si propagava velocemente dal buio della stanza e che cominciava a darle un crescente fastidio.
“La prossima volta ricordami di tirare le tende.”
Una voce ovattata ed anche un po’ impastata le giunse vicina, sorprendendola. Alzò il capo verso il marito, e sorrise nel ritrovarlo sveglio, con un braccio a mantenergli la nuca, e l’altro a sorreggere il corpo di lei. Anche lui sorrideva, senza alcun pensiero ad affollargli il cervello: missione compiuta, aveva potuto finalmente ritrovare i ritmi di un tempo, e dedicarsi a quelle cose così piccole ed apparentemente inutili della vita che adesso lo rendevano l’uomo più felice al mondo; mai qualche mese prima avrebbe creduto di poterlo essere di nuovo.
“L’alba” soffiò fuori lei, lanciando lo sguardo oltre la finestra. Il Sole, splendente di una luce acerba e fredda, si issava lentamente nel cielo, illuminando i profili degli edifici, delle case, del mare. Si intraveda già qualcuno nei vicoli, ed alcune macchine sfrecciare sulle strade deserte di una Niigata primaverile.
“Alla fine l’abbiamo vista comunque...” azzardò un sorrisetto lui, che contagiò la moglie, divertita.
“Quindi Sophie poteva benissimo dormire con noi... eh?” lo schernì lei, alzandosi di qualche centimetro per poterlo guardare negli occhi. Il marito guizzò, sorridente. Le attorcigliò un braccio al collo e con forza la spinse verso di lui, facendola ricadere sul suo corpo nudo. Con una leggera pressione riuscì a baciarla, mentre con l’altra mano accarezzò i fianchi della sua donna. Rimasero per qualche minuto così, in silenzio: unici rumori lo scontro tra le loro labbra e lo sfregarsi dei corpi sotto le lenzuola candide.
“Mi sei mancato davvero.”
Suo marito sorrise, sereno. La guardò con occhi riposati e splendenti, che non lasciavano trasparire nessuna paura o alcuna preoccupazione: l’unico suo pensiero era lei, era Sophie, era la sua famiglia.
“Anche tu.” La trascinò di nuovo a sé e prendendole il viso con le mani la baciò ripetutamente, facendo schioccare le loro bocche.
“Mmh...e queste labbra...” Mugugnò lui, sorridente. “Sai, le tue... sono più morbide di quelle di...”
Si fermò all’improvviso, come colto da un fulmine; le iridi verdi strabuzzanti si specchiavano in quelle altrettanto divaricate di sua moglie, il fiato quasi si bloccò: Kazuha aveva assunto un’espressione strana.
“Quelle di…?!” cominciò a domandargli, dalla voce rivestita di calma apparente, di quiete prima della tempesta.
“Eh?”
“Che stavi dicendo Heiji?!”
“Io?” si puntò un dito contro lui, fingendosi ignaro, o quantomeno, innocente.
“Sì, tu!” replicò velocemente la moglie, mentre i toni andavano sempre più surriscaldandosi. Quasi non poteva credere a quello che aveva sentito...
Ma il poliziotto non si azzardava a rispondere, e la pazienza andava diminuendo secondo dopo secondo.
“Hai baciato qualcun’altra, Heiji?!” Prese di nuovo parola lei, issandosi dal letto. Si mise a cavalcioni sul materasso, distante dal corpo del suo uomo, nudo come il suo.
“No” replicò semplicemente lui, sebbene usando un tono che non convinse nessuno dei due. Spiegare la verità a Kazuha era difficile, quasi impossibile: aveva già litigato con Shinichi, e il pensiero di dover ripetere l’esperienza con sua moglie non gli andava giù. Ma la consorte, adirata, aveva deciso di mettersi all’in piedi, tirando con sé le lenzuola, in modo da coprirsi. Quasi le sembrò che così facendo potesse commettere un torto nei suoi confronti.
“Chi è Heiji!?”
L’interessato la imitò sedendosi ai bordi del materasso, cercando di avvicinarsi a lei, comunque mantenendo una certa distanza: Kazuha gelosa era un tantino pericolosa.
Sbuffò, portandosi le mani nei capelli, e tornare a guardarla negli occhi smeraldo: erano già lucidi.
“Kazuha per favore...” la supplicò, intenerito: non voleva soffrisse a causa sua, ma come spiegarle tutto?
“Ti assicuro che non è stato nulla di importante.”
Ma riuscì a trovare le parole meno adatte, per farlo.
“EH?!??!” sbottò, indietreggiando. “SEI ANDATO A LETTO CON UN’ALTRA HEIJI!?!”
“No no!!” si affrettò a rispondere, sventolando le mani. “Non intendevo questo!”
“E COSA INTENDEVI?! SENTIAMO!!” urlò, incredula.
“Che... insomma... cioè... vedi... ” balbettò poi, ma si perse nella sua immagine: sua moglie sembrava stesse piangendo e forse lo stava facendo davvero.
“Kazuha...”
“Mi fai schifo! La missione, eh? Kemerl, eh? E l’organizzazione, e la vendetta di Shinichi! Tutte balle!!”
“Ma che dici! Shinichi per noi era morto per davvero, sia io che Ran volevamo...” provò a spiegarsi, ma la moglie lo interruppe, parandogli una mano di fronte, intimandogli di fermarsi.
“Tu e...” ragionò ad alta voce, rivolgendosi a lui. Poi strabuzzò le palpebre, sconcertata. “Ran!”
Il marito sbiancò.
“Ran!!” ripeté ancora, quasi per convincersene. “E’ lei!”
“Kazuha...” la richiamò ancora il marito, ma la donna aveva già preso un’altra strada: velocemente, si era diretta ai piedi del letto, dove giacevano inermi i vestiti della sera prima. Ed altrettanto repentinamente cominciò ad indossarli, sebbene l’agitazione le facesse inceppare i tessuti con i gomiti o, peggio ancora, con i capelli.
“Kazuha, fermati un secondo! Dove cacchio vai?!” cercò di intimarla afferrandogli un polso, ma la consorte lo scacciò via con altrettanta forza, donandogli un’occhiata truce.
“STAI ZITTO!” lo ammutolì, tornando ad indossare la felpa. “Devi stare zitto!!”
“Kazuha!” provò ancora, ma stavolta la moglie non si limitò a cacciarlo via: lanciando lo sguardo altrove, aguzzò gli occhi su una scarpa, e con violenza l’afferrò, lanciandogliela contro.
“TI SEI SCOPATO LA MIA MIGLIORE AMICA?!?”
Heiji però, intuendo le intenzioni della moglie, la schivò.
“Ma che dici?!?! Lasciami parlare, dannazione!!” provò ancora, dopo essersi rialzato, ma non riuscì nell’intento; si ritrovò i suoi jeans, con tanto di cintura e fibbia di ferro appresso, dritti in faccia.
“Ti donano...” lo sfotté, col tono dispregiativo e pungente. “Magari rimarranno lì più tempo di quanto tu non li abbia indossati...”
“KAZUHA!” la richiamò, ma stavolta non poté fare altro: sua moglie era già fuori dalla camera, e dalla violenza con cui aveva sbattuto la porta, le sue intenzioni non sembravano essere delle migliori.
 
*
 
“NON CI POSSO CREDERE!” urlò tra sé e sé, sebbene riuscissero a sentirla ovunque: nelle stanze, negli ascensori e sui balconi. Il Sole si era alzato al cielo e qualcuno dall’aura malefica ed inquietante si aggirava nei corridoi dell’albergo, alla ricerca di qualcosa, o qualcuno.
“QUELLA STRONZA!!! AH, IO LO DICEVO CHE SOTTO SOTTO CI PROVAVA!!”
I dubbi di un tempo si ripresentarono nella sua testa come chiodi fissi ad un muro; le tornarono in mente le immagini della notte prima, semplicemente magica, ma stavolta distorte.
Al suo viso, la sua mente, sostituiva quello di Ran.
Lei ed Heiji si erano trascinati a tentoni in stanza, senza nemmeno guardare dove fosse il letto, guidati dal semplice istinto e dalla foga della passione. Desiderosi solo di ritrovarsi, di amarsi, di perdersi l’uno nell’altro, si erano liberati dei loro abiti attraverso tremolanti e veloci movimenti delle mani; le loro bocche erano occupate ad adularsi ed i loro ansimi a riempire l’intera camera. Non smisero un momento di cercarsi: Heiji accarezzava il corpo della moglie, esplorandolo e baciandolo, dolcemente, senza mai smettere.
Si ritrovarono e sentirono di non potersi perdere mai più, come se fossero un’unica, sola, anima. Un unico, solo, corpo.
Ma quei ricordi si impressero nella mente di Kazuha così violentemente disturbati dall’immagine di Ran, da non poter più risentire con delicatezza quelle emozioni. E mentre il suo inconscio la beffeggiava, sostituendo al suo viso ansante quello dell’amica karateka, donandole un senso indomabile di nausea e voltastomaco, la donna si ritrovò dritta a destinazione, dove le sue paure presero il sopravvento.
Ran ed Heiji. Heiji e Ran.
“EH NO!”
Di fronte alla camera dei coniugi Kudo, la Hattori non ebbe un dubbio: cominciò a bussare con violenza sulla porta, richiamando la sua amica, o quella che presto sarebbe diventata pasto per cani se non fosse uscita immediatamente dalla stanza.
“RAN!!!”
E alle grida si unirono i pugni, e i calci, e gli spintoni a quella porta che, presto o tardi, non avrebbe più retto.
“RAN!!!”
“Signorina, cosa succede?”
Un uomo sulla trentina, probabilmente uno dei camerieri, si azzardò ad avvicinarsi alla giovane: si tenne comunque distante, un po’ preoccupato per la forza che quella donna mostrava; ma aveva deciso di intervenire, prima che i danni fossero irreparabili, per l’albergo, e per qualcun altro. Kazuha gli lanciò un’occhiata sinistra, che lo fulminò all’istante.
“T-Tutto b-bene?” riprovò, inquieto.
La donna cercò dunque di riprendere un certo contegno, e si rimise in posizione eretta, mandando giù un gran sospiro.
“Mi sa dire dov’è la coppia di questa stanza?” e con l’indice puntò la porta, quasi ammaccata.
“A colazione signorina, giù al piano terra: sala ristorante.”
Stette attento a darle più informazioni possibili, incominciava a provare sempre più paura.
Al che, la giovane, annuì con il capo, dileguandosi per le scale.
Che la rabbia non la facesse ragionare, era certo; ma comunque sperò di non incontrare mai più quell’uomo in tutta la sua vita.
 
*
 
Cornetti, crepes, succhi, latte, spremute e biscottini d’ogni tipo ornavano il buffet mattutino dell’hotel a cinque stelle dove i ragazzi alloggiavano: una vera delizia. Con la faccenda dell’organizzazione, Ran aveva quasi dimenticato cosa significasse far colazione: sedersi a tavola e dimenticare per qualche minuto tutti i pensieri, concedendosi al caldo di una tazza di latte o alla rinfrescante energia di una spremuta, sembrava ormai un’utopia.
Ed accanto a lei Shinichi, più stanco, stressato e seccato del solito, o di quello che avrebbe dovuto essere, s’apprestava a riempire il piatto di ogni cibaria che potesse contenere il suo stomaco.
“Fai prima se porti i piatti interi a tavola, sai?”
Lui la osservò truce, sbuffando.
“Adesso non posso nemmeno mangiare? Con te non posso fare nulla?” le chiese ironico, ma con un sarcasmo che causò un leggero fastidio alla sua consorte...
“Stai forse alludendo a qualcosa?”
“Assolutamente.” Si finse ignaro, continuando a dedicare attenzione al cibo.
“E lascia qualcosa ad Heiji e a Kazuha!” lo rimbeccò, infastidita. “Che avranno fatto anche le ore piccole stanotte...”  aggiunse, maliziosa.
“Beati loro.” Sospirò lui, afflitto.
Ran gli lanciò un’occhiata sinistra, esausta.
“Non ricominciare, per favore!”
E pregandolo quasi, afferrò la spremuta e la poggiò sul piattino, aiutandosi col vassoio a trasportare il tutto a tavola: intanto, aveva pensato anche al suo piccolo, conservandogli un cornetto giusto per lui.
“Io vorrei cominciare.”
“Shinichi? Hai intenzione di assillarmi per tutto il mese?”
“Perché no.” Affermò, deciso. “So essere molto convincente.” Continuò malizioso, cercando di afferrarla per i fianchi e stringerla a sé.
“Non mi convincerai mai!” si spostò lei, velocemente. “Scordatelo!”
“Tutto questo è ingiusto!” Piagnucolò, come aveva imparato a fare bene da Conan. “Io che ho fatto di tutto per proteggervi e non mettervi in pericolo sono costretto a punizioni severe, meschine, e per nulla meritate.”
Un’altra occhiata, stavolta più truce.
“Non è colpa mia se mio marito si finge morto e va in giro travestito da assassino seriale, provando ad uccidere con una pistola me e mio figlio.” Specificò velocemente, quasi sarcastica.
“Heiji è stato magnifico: ha protetto me, Conan, è riuscito ad arrestare Cikage e a mettere fine a tut...”
“AH, HEIJI E’ STATO MAGNIFICO EH?”
Si girarono sia Shinichi che Ran, entrambi con un sopracciglio incurvato e l’aria curiosa. Ruotarono un po’ il busto verso lo schienale della sedia, attratti da quella voce terribilmente familiare e terribilmente seria. Osservarono, spiazzati e sorpresi, una Kazuha all’in piedi, dietro di loro, con degli occhi spaventosamente fitti, il viso tirato, le braccia incrociate al petto. Le palpebre spalancate, le sopracciglia verso l’alto, lo sguardo fisso sulla karateka e le labbra contratte in una smorfia strana, non facevano presagire nulla di buono. Ma i due ignorarono e diedero fin troppo poco peso alla giovane, che spruzzava rabbia da tutti i pori della pelle.
“Kazu! Finalmente!” la accolse gioiosa la sua amica, con un sorriso stampato sulla faccia.
“Come... è... andata...” provò a domandare, ma il fiato quasi le morì in gola. La Hattori continuava a fissarla sprezzante, e non azzardava alcun passo o movimento. Faceva impressione.
“Kazuha... tutto bene?”
“Ah... neppure Hattori si sarà divertito stanotte...” commentò sarcastico il detective, tenendo gli occhi bassi ed immersi nella tazza di latte. Ironia che gli regalò un altro paio di occhiatacce da Ran.
“Heiji... è stato magnifico, eh?” ripeté, riprendendo parola, la giovane. Lo stesso tono, ma leggermente più tagliente e pungente. Lo stesso sguardo infuocato.
Ran quasi tentò di indietreggiare, insicura. “Sì, ma... Kazu, non confond...”
Ma non poté ultimare la sua frase, che la sua amica, così dolce e gentile, le tirò in faccia uno schiaffo violentissimo, che fece arrossire di colpo sia la mano che il viso della karateka. Shinichi strabuzzò li occhi, ed incredulo, si parò tra le due donne, tentando di fare da scudo a sua moglie.
“Kazuha?!” la richiamò Ran, massaggiandosi il volto con il palmo di una mano. Si issò, e si svincolò dal corpo di Shinichi, intenta ad un confronto diretto.
“COME HAI POTUTO!?”
“Eh?!”
“SEI ANDATA A LETTO CON MIO MARITO!”
Un attimo di smarrimento colse sia Shinichi che Ran, che sbatterono le palpebre all’unisono. Il detective sbiancò di colpo per poi tornare a riprendere un certo colorito pallido, e fissare scioccato sua moglie, al suo fianco. La suddetta, aveva invece inarcato un sopracciglio e deformato i muscoli del viso in una smorfia, arrossata ancora dallo schiaffo.
“Che cavolo sta dicendo?!” domandò inquieto Kudo, mentre il cuore cominciò a martellargli il petto. No, non poteva essere vero. Non poteva assolutamente.
“Non so di cosa stia parlando, Shinichi.” Rispose altrettanto scioccata sua moglie, osservando l’amica.
“AH?!?! NON LO SAI!??!” sbottò ancora Kazuha, avanzando di qualche passo fino ad afferrare con forza le spalle dell’amica. “BUGIARDA  E MESCHINA!”
“Kazuha... giuro che non so di cosa tu stia parlando!” fece Ran, indietreggiando di qualche passo e liberandosi dalla sua presa.
“Ed io invece lo vorrei sapere.” Specificò ancora Shinichi, con le mani strette in pugni, e le vene pulsanti sul corpo.
“Te lo dico io: mentre io e te non c’eravamo, loro due si divertivano, insieme.” Sputò fuori, respirando con affanno. “...Sta stronza...”
Il detective ritornò a fissare sua moglie, incredulo.
“Io non mi sono divertita con nessuno Kazuha! Ma cosa ti inventi!?” le domandò, per poi guardare suo marito, ansiosa. “Shinichi... sai benissimo che non è vero!”
“No, ma infatti non può essere vero, anche perché sennò presto Hattori finirebbe all’altro mondo.” Commentò irritato e di getto lui, incrociando le braccia.
“Me l’ha confessato lui, è inutile che fai la finta tonta!” replicò la donna ancora, convinta. “Ah! Io lo sapevo, lo sapevo!”
“C-cosa...?” chiese in un sbuffo lui, esterrefatto.
“E’ impossibile!” sbottò la karateka, riavvicinandosi ai due, dai quali si avvertiva un certo nervosismo alimentarsi nell’aria fredda del mattino.
“Quante volte eh, Ran?! Quante volte?! Dillo al tuo maritino che ti sei consolata per benino durante la sua assenza!” la sfotté sarcastica la Hattori, sebbene la frase nascondesse un senso molto più amaro e triste.
Shinichi osservò di sbieco la moglie, con le labbra leggermente dischiuse, e le palpebre che a stento sbattevano. Ran sussultò, presa alla sprovvista.
“Shinichi... Non. È. Vero!” Specificò lentamente, cercando di mantenere la calma. “Kazuha... non so cosa t’abbia detto Heiji, ma io posso assicurarti che non è successo assolutamente nulla. Nulla.” Marcò più profondamente l’ultima parola, nel vano tentativo di convincerla.
“Mi fai schifo...” continuò a sputarle contro, mentre dai suoi occhi cominciavano a scendere copiosamente delle lacrime. Lacrime che protestavano e volevo farsi vedere, lacrime amare, lacrime di un cielo che ti cade addosso, lacrime di un mondo che si frantuma. “Io ti consideravo un’amica...”
“Ran...” la chiamò attonito il marito, quando una fitta gli attraversò il cuore. Heiji e la sua Ran? Già quel bacio era stata una caramella troppo grossa da ingoiare, troppo amara da digerire ed ignorare. Eppure aveva capito, aveva messo da parte gelosia ed orgoglio. Ma come potevano essere andati oltre?
Dei passi pesanti echeggiarono nella stanza, interrompendo il silenzio. Sia Shinichi, che Ran, che Kazuha, si voltarono.
Di fronte loro, un Heiji in affanno, piegato su se stesso, ansante.
Tutti lo guardarono, ognuno con un’espressione.
 Amareggiata, delusa, incredula. Facce ed occhi che riflettevano pensieri e timori.
“Oh eccolo il bastardo...”
“Hattori...? Che cazzo succede?!?!”
“Heiji ma...?”
Ma lui non diede loro il tempo di reagire, né di parlare oltre.
Pompò la voce.
Portò le mani avanti.
“E’ TUTTO... UN’ENORME... E-Q-U-I-V-O-C-O!”
 
***
  
“Ed io dovrei crederti?” chiese con serietà Kazuha all’amica, seduta comodamente su un divanetto dell’albergo. A fianco a lei, suo marito, con il mento poggiato sul pugno delle mani, e i gomiti alle ginocchia. Di fronte, all’in piedi, Ran. Seccato, seduto su un’altra poltrona, e finalmente con un colorito più vicino al roseo, Shinichi.
“Te lo giuro.” Riconfermò la versione la karateka, sospirando afflitta.
“E’ successo tutto in un attimo, è tutta colpa mia. Gin mi aveva quasi violentata, Kemerl era sempre più strano, Shinichi per me era morto... stavo malissimo, Kazu. L’ho fatto di getto, senza neanche pensare che lui fosse Heiji... non so cosa m’abbia preso. Davvero.”
La Hattori sbuffò, fissando il pavimento. Suo marito arrossì, in imbarazzo, lanciando lo sguardo fuori, verso il mare, e stando ben attento a non incrociare quello di Shinichi, inquietante. Il detective, infatti, mandava occhiate snervanti all’amico e alla moglie, annuendo fiero alla rabbia dell’amica, ancora indecisa.
“Comunque non riesco a capirlo.” Decretò, mordendosi un labbro.
“Mi dispiace Kazuha, davvero.” Cercò di scusarmi, per l’ennesima volta, Ran. “Ma è stato un tocco effimero di labbra...”
Alla frase, Shinichi cambiò posizione, irritato. Non gli piaceva ricordare quel momento, per nulla.
Già collegare “tocco” a “labbra” ed “Heiji” a “Ran” era tremendo.
Kazuha continuò a fissare il pavimento e a mordicchiarsi con i denti. Nemmeno a lei piaceva immaginarlo. Ran fissò sia l’amica che il marito, ed infine Heiji. Erano tutti in imbarazzo, tutti leggermente irritati.
“Un bacetto innocente...” rincarò la dose il marito, riuscendo ad alzare gli occhi.
Forse per la frase, forse per il modo, forse per il tempo, forse per la gelosia, forse per la rabbia, forse per l’orgoglio, forse per vendetta, o forse per nessun motivo valido di questi, a Kazuha balzò un’idea in mente, che quasi le fece tornare il buon’umore.
Come si diceva? Render pan per focaccia?
Ridacchiò, fissando Heiji e Ran negli occhi.
“Ok.” Decretò, rasserenandosi d’un colpo. “Ma ad una condizione.”
I presenti ingrandirono le orecchie, interessati.
“Il tocco effimero di labbra...” cominciò, pungente, guardando l’amica ed emulando il suo tono di voce. “Il bacetto innocente...” continuò, rivolgendosi a suo marito, imitando.
“Lo avrò anche io... ma con Shinichi.”
In qualche secondo tutti si ritrovarono a strabuzzare gli occhi, increduli.
Il detective, arrossì di botto, buttando uno sguardo su Ran, ma fu la reazione degli altri due che divertì maggiormente Kazuha.
Entrambi si alzarono dai rispettivi salottini in un attimo, quasi zompando, avvicinandola minacciosi.
“COSA!??!?!”
“EH!??!?!”
Farfugliarono qualcosa di insensato probabilmente, ma Kazuha rise ancora di più.
“Che c’è? Perché tutte ‘ste moine?” continuò con sicurezza, sorridente.
“NON SE NE PARLA PROPRIO!” urlarono all’unisono, dal viso rosso fuoco.
“Ah sì?” replicò la giovane, osservandoli. “Allora tu prepara le valigie,” si riferì al poliziotto, indicandolo. “E tu scordati la mia amicizia.” Stavolta alla karateka.
“Kazuha, cerchiamo di ragionare, eh.” Mantenne una certa calma Heiji, sebbene non ci riuscisse pienamente. “Sei per caso impazzita?!?!”
“Questo è un atteggiamento infantile e deplorevole! Shinichi?!?” replicò e lo chiamò Ran, girandosi verso di lui. “Dici anche tu qualcosa!”
Lui ridusse i suoi occhi in puntini piccoli, neri, e mutò la carnagione del suo viso in porpora, in rosso, in rosa, e poi ancora in porpora. Ma non fiatò.
Gli occhi di tutti guizzarono su di lui, ancora immobilizzato.
“KUDO, NON TI AZZARDARE A METTERE LE TUE MANI SU MIA MOG...”
Ma la frase di Heiji - che avrebbe dovuto essere minacciosa -, non spaventò né l’amico né la moglie, che filò dritto verso l’Holmes del nuovo millennio, sbattendo con una spalla l’amica.
“Così siamo pari!” continuò ad affermare Kazuha, quasi gioiosa.
Shinichi buttò uno sguardo su Ran, che bruciava di gelosia, e sull’amico, che cominciava a divenire ancor più nero di quanto già fosse. La situazione poteva divenire pericolosa.
“Tu sei d’accordo, giusto, Shin?” utilizzò il diminutivo di proposito la Hattori, marcandolo con l’accento, con l’intento di far imbestialire ancora di più i suoi cari dietro di lei.
L’investigatore ritornò a guardare quei due, i loro corpi sembravano lanciare fuoco e fiamme...
Proprio d’accordo non era.
“Ehm...” titubò, ma si vide in un attimo avvicinarsi Kazuha, e le sue labbra.
Render pane per focaccia? In fondo, poteva essere la cosa più giusta.
“Così sapranno cosa significa...” gli sussurrò lei, mentre quel fiato caldo andò a sbattere sulla sua bocca, seccata dal freddo.
Ma prima che le loro labbra potessero incrociarsi, Shinichi pose un dito su quelle dell’amica, sorridendo. L’indice la bloccò a mezz’aria, facendola arrossire improvvisamente.
“Ma...” tentò di replicare sorpresa, mentre Heiji e Ran sbucavano alle spalle di Kazuha.
“Saremmo solo due bambini che cercano una stupida ed inutile vendetta. Te ne pentiresti e me ne pentirei.”
Un sospiro di sollievo fu rilasciato dai due dietro, che si sedettero sul divanetto, esausti. Kazuha annuì, d’accordo, ma comunque in imbarazzo. Ritornò al suo posto, e si sedette vicino suo marito.
La gelosia le dava alla testa. Decisamente.
Strofinò le mani, ricominciò a mordicchiarsi il labbro. Osservò Ran ed Heiji, arrossendo.
Altri minuti di silenzio li coinvolsero. Furono decisamente lunghi, snervanti.
E quando tornarono a guardarsi, tutti e quattro, scoppiarono a ridere.
Tutti e quattro, come una volta.
 
***
 
“Casa dolce casa!”
Kazuha alzò le mani al cielo, entusiasta. Dopo un viaggio di tre ore e mezza, finalmente, dinanzi a lei aveva la sua villa, il suo giardino, la sua staccionata e la sua auto.
L’erba seccata, le piante rovinate dal vento, qualche tegola caduta, e un po’ di polvere in giro.
Infine, sua figlia e suo marito.
Più semplicemente, la sua vita. Ma mai più nessuno gliel’avrebbe privata.
Si girò ad osservare Heiji, che le si stava avvicinando con flemma. Era bello, era intelligente, era un eroe; sì, forse anche un po’ idiota, ma era suo. Solo suo.
Che sciocca pensare il contrario.
Sospirò, finalmente serena. Serena, ed un po’ maligna...
Perché Hattori Heiji non poteva certo sperare di farla franca così.
 
Quasi contemporaneamente, avvertì il telefonino vibrare: un messaggio. Era da parte di Shinichi.
 
Privalo dei tuoi baci, e vedrai come si scorderà quello di Ran.
 
Ridacchiò, divertita.
L’avrebbe dimenticato, ne era sicura.
 
...e mica solo dei baci...
 
Beh, almeno, si sarebbero confortati a vicenda.
Menomale che esistono, gli amici.
 


The End

 


 


Tonia vi aspetta con una nuova fan fiction, prossimamente sui vostri schermi.
Sayonara!

 
 
   
 
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