Padre Maronno:
Ero un semplice ragazzo, stavo passeggiando, tra l’immondizia e le vicchiarelle, ci fu una giovane ragazza con la forfora in testa che mi buttò un lenzuolo in testa. Da quel giorno diventai santo.
Chiamai mia madre, ero così emozionato che gridai e lei mi disse: “Ma che cazz vuò? ‘Stu scem, stong a cucinà!” Maccio, da felice passò ad infelice, gli uscivano quasi le lacrime per quelle testuali parole e disse: “Mamma no, non farlo, E SE POI TE NE PENTI?” la madre ormai fu scandalizzata e rispose: “Ma siss diventat scem?” . Questo era troppo, chi era lei per trattarlo così? Così con tante lacrime e un lenzuolo in testa, decise di andarsene. Andarsene da quel schifo di paese, le persone erano tutte “squagliate”.
Durante il suo lungo e doloroso e pieno di mancanza familiare viaggio, aveva fatto tantissime scoperte piene di verità. “LA LUCE” “IL GIALLO” “L’ALBERO” queste erano le sue sacrosante verità, e di sacro avevano tanto, visto che aveva anche molto successo con le RAGAZZE (era bono), anche se avevano 60-65 anni!
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Madre: lei se ne pentì, perché l’aveva trattato così? Forse perché era in ansia, forse per la pasta o forse perché era diventato santo!
Pianse, pianse e pianse ancora… così tanto da correre ed uscire di casa “MACCIO DOVE SEI?” MACCIO MACCIO MACCIO MACCIO!!!” e scoppio in lacrime e cadde per terra. Un signore passò, aveva le lacrime agli occhi, forse perché la voleva aiutare o forse perché gli voleva ridere in faccia. Ma NO, quel signore disse: “Signò, siss mpazzut? ‘Sta scem, teng i figl a durmì, statv a zitt.” Lei pianse, le lacrime parlavano da se, ora sapeva come si sentiva Maccio, quel dolce ragazzo che profumava di feci di topo morto, ma che a lei piacevano tanto.
Ora cosa avrebbe fatto senza di lui? Ormai si sentiva persa!