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Autore: Trillo Sbadiglio    11/12/2012    1 recensioni
“Fa’ che scelga me, alla faccia di Leo.”
“Se non sono io, fa’ che scelga Ben. Ma, per Morgana, fa’ che sia io.”
“Dai.. dai… B-e-n-j-a-m-i-n D-a-r-r-e-l-l.”
“Per le mutande di Merlino, che cosa ho fatto!”
 
*
 
 «…e pfoi quell’idiofa…» disse Abigayle a bocca piena, brandendo una coscia di pollo in direzione dei Corvonero «…si è intromeffo di nuofo!». Rachel la guardò, preoccupata che si strozzasse. Dopo le ultime novità, non sapeva davvero come parlarle di quella cosa e di certo non osava interromperla in quel momento.
 
 
*
 
Abigayle Quill è una studentessa di Hogwarts Nata-Babbana al settimo anno. Ambientato tredici anni dopo la fine della Seconda Guerra Magica, quando Hogwarts non ospita nè la vecchia generazione nè la nuova, questa storia promette di raccontare le magiche avventure di una giovane strega alle prese con amori, incantesimi, Confetti Ultravioletti e personaggi fuori di testa. Da non dimenticare un avvincente Torneo Tremaghi.
 
 
Trillo & Sbadiglio
Genere: Avventura, Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo, personaggio, Serpeverde
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Nuova generazione
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Disclaimer: questa storia ha preso ispirazione dal mondo di Harry Potter, proprietà di J.K. Rowling, ed è stata scritta senza alcuno scopo di lucro. L’intreccio qui descritto rappresenta invece copyright dell’autrice (TrilloSbadiglio). Non ne è ammessa altrove la citazione totale né parziale, a meno che non sia stata autorizzata dalla stessa tramite permesso scritto.



Capitolo 1

Quill diventa Magic

Sei anni prima...



Contrariamente ai pareri dei più esimi meteorologi inglesi, quell’estate si stava rivelando più afosa del previsto. La mattina del 13 Luglio 2005, nella piccola cittadina inglese di Longrock, neanche la nuvola più temeraria aveva osato intaccare l’azzurro del cielo che ricopriva Mount’s Bay; il mare, quieto e scintillante, era un richiamo irresistibile per i ragazzi che, con urla e schiamazzi, osavano lanciarsi intrepidi dalle cime più alte della scogliera. Un buffo individuo, con tanto di costume decorato con sgargianti trenini multicolore (probabilmente di parecchi anni prima, dato lo scarso utilizzo), si apprestava titubante a valutare l’altezza della scogliera. Attese che tutti si fossero tuffati, prima di sfoderare l’arma segreta che gli avrebbe permesso di rimanere a galla (e anche di essere preso in giro per il resto della settimana): una ciambella di gomma con tanto di paperella incorporata, anch’essa risalente al periodo antidiluviano. L’urlo battagliero che precedette il tuffo del giovane echeggiò per tutta la baia, forte a tal punto da far spiccare il volo a tutti gli uccelli nelle vicinanze. Uno di questi sorvolò l’intera cittadina, fino a planare in direzione del giardino dell’ultima villetta di Longrock. Si appollaiò, soddisfatto della propria scelta, sul ramo di una quercia, a osservare l’unica bambina di undici anni che all’oceano aveva preferito dare la caccia allo scavatore più abile che la Cornovaglia avesse accolto negli ultimi secoli. Appostata tra l’erba alta, la ragazzina cercò di mettersi comoda senza mai abbandonare il fidato binocolo, con cui perlustrava attentamente il terreno, in cerca di eventuali dossi e rialzi. “Wanda la Leggenda, ti prenderò, ci puoi giurare!!” riflettè sghignazzando, al pensiero dell’infallibile trappola ideata con il padre, tra i cui componenti si distinguevano un imbuto, un reggicalze di sua madre (che ovviamente non ne era a conoscenza), la maniglia della porta del bagno, una tegola e la parabola satellitare. D’un tratto le lunghe ore di appostamento sembrarono acquisire finalmente un senso: un musetto peloso si affacciò da uno dei buchi che avevano reso il giardino un campo da golf e si diresse verso la tavoletta del water che era proprio il punto d’inizio della trappola. Wanda la Leggenda avanzava zigzagando tra i ciuffi d’erba, attratta, almeno così credeva il signor Quill, dall’odore inconfondibile di torta alla melassa. Quello però doveva essere il suo giorno fortunato visto che, quando si ritrovò a pochi centimetri dall’essere catturata, la voce di Gloria Quill la trasse in salvo. «Abigayle! Abigayle! Vai ad aprire la porta per favore!». Benché la sua voce non fosse troppo acuta, bastò a far sobbalzare la ragazzina (e a far scappare qualunque talpa nel raggio di un miglio). Abigayle sbuffò risentita mentre si trascinava controvoglia verso casa. Arrivata al portone d’ingresso fece scattare la serratura e si ritrovò davanti un uomo tra i più buffi che avesse mai visto – ed era tutto dire, vista l’eccentricità di suo padre. Era più giovane dei suoi genitori, ma sembrava venire dal secolo precedente. Indossava una strana accozzaglia di abiti, tra cui spiccavano una maglietta degna dei più sfegatati fan dei Beatles, accompagnata da un papillon verde mela, un kilt scozzese e una tuba violetta un po’ consumata. “Oh no! Ecco un altro amico strambo di papà. Beh almeno questo ha i pantaloni… più o meno...”. «Papà! È per te!! » urlò in direzione del piano superiore. «Si vuole accomodare intanto?» chiese sorridendo allo sconosciuto. «Sì, grazie. Anche se in realtà stavo cercando proprio lei, signorina Quill». «Me?» domandò Abigayle corrucciando la fronte. L’uomo non rispose e al contrario le chiese di andare a chiamare i suoi genitori. Sempre più confusa, la ragazzina obbedì. “Sapevo che sarebbe saltato fuori prima o poi. Ma in fondo non l’ho mica fatto apposta a rompere la finestra della signora Galloway. Dannato pallone!”. Più ansiosa ad ogni gradino che superava, continuava a ragionare “ Altro che amico di papà! Quello è di sicuro un poliziotto in borghese, te lo dico io… ma se me la svignassi dalla porta sul retro?”. Tutti i suoi piani furono miseramente distrutti da sua madre, che piombò all’improvviso nel corridoio. «Tesoro, chi era?». «Nessuno mamma» rispose con aria innocente. Gloria Quill scrutò sua figlia con aria scettica. «E da quando i fantasmi sanno suonare il campanello?». Quello che la signora Quill non immaginava, era che da quel giorno in poi avrebbe visto cose ben più strambe di qualche spiritello fluttuante che si divertiva a bussare alle porte…

*


I tre Quill sedevano stretti l’un l’altro sul piccolo divano del salotto. Sui loro volti erano dipinte tre diverse espressioni. Geoffrey Quill sembrava entusiasta e non faceva che ripetere tra sé “magnifico, magnifico!”; Abigayle era troppo confusa per articolare qualunque pensiero; la signora Quill, invece, sembrava pietrificata a tal punto da non riuscire a sbattere neanche le ciglia. La fonte di tale scompiglio sedeva alquanto imbarazzata sulla poltrona di fronte. Gloria necessitò di qualche secondo per ricominciare a respirare. Dopodiché si rivolse incredula al professor Paciock: «Quindi lei mi sta dicendo che mia figlia» si interruppe e si corresse deglutendo «nostra figlia è una strega? Ed è iscritta dalla nascita alla vostra scuola, dove imparerebbe a fare magie?!». A questo punto si alzò e iniziò a percorrere con ampie falcate avanti e dietro l’intera sala. «Come può pensare che io possa credere a tali assurdità!» disse isterica. Ma intanto nella sua mente vorticavano confusi i ricordi di quattro anni prima, quando una serie di strambi eventi avevano coinvolto la sua bambina. Come quella volta che il cane del vicino le aveva mangiucchiato il pallone, e il giorno successivo era stato ritrovato inspiegabilmente vestito da renna di Babbo Natale. Per di più il pallone era tornato come nuovo. Il professor Paciock sospirò. “Non capisco come Minerva riesca a convincerli senza tirar fuori la bacchetta…”. «Molto bene. Credo non ci sia altro modo» disse guardandola gentilmente. A quel punto sfilò dai lunghi calzettoni una sottile stecca di legno, che sembrava avere un’impugnatura. La puntò verso la pianta di filodendro che si trovava nell’angolo esclamando «Erbivicus!». A quel punto la pianta iniziò ad arrampicarsi sul muro a velocità inaudita fino a ricoprire l’intero soffitto. Geoffrey Quill balzò in piedi applaudendo concitatamente, «Bravo! Bravo!» strillava. Gloria fissò incredula il marito, la pianta e poi svenne.

*


Rimasta sola con il professore, dopo che il signor Quill era salito in camera per far riprendere sua moglie, Abigayle ebbe modo di metabolizzare la novità. «Signor Paciock, ma visto che sono una strega diventerò brutta e mi verrà la gobba al naso?» chiese timorosa. L’uomo sorrise bonario. «No, a meno che tu non faccia un pastrocchio con la Pozione Invecchiante». «Esiste una Pozione Invecchiante?» si illuminò la ragazzina. «Si, e non è la sola. Ne esistono a centinaia, anche se non sono il mio forte» rispose facendole l’occhiolino. «Lei cosa insegna?» disse lei tornando alla carica dopo qualche secondo. «Erbologia. Mi occupo di tutte le piante magiche, da quelle più innocue, alle più letali, come il Tranello del Diavolo». Il nome le sembrò abbastanza “infernale”, perciò ritenne saggio non indagare oltre. Diresse invece la propria attenzione sul castello che sarebbe diventato la sua casa per nove mesi l’anno. «Ma a Hogwarts è concesso giocare a calcio?» “Se no, col cavolo che ci vengo!!”. «Che cos’è il galcio?» chiese dubbioso. L’espressione attonita di Abigayle fu più eloquente di mille parole. Iniziò a balbettare sconvolta: «C-Cioè vorrebbe dirmi che lei non sa chi è Pelé?». Lui la guardò, arrossendo appena. «Ecco, devi sapere che noi non abbiamo molti rapporti con i Babbani, almeno non quelli che hanno entrambi i genitori maghi» si giustificò. A questo punto la ragazzina iniziò un’infuocata introduzione al mondo calcistico, a cui il professore oppose con altrettanto fervore la descrizione dello sport magico per eccellenza: il Quidditch. Qualche decina di domande dopo, il professor Paciock si congedò, non prima di aver consegnato alla famiglia la lista dell’occorrente per l’anno scolastico e le relative spiegazioni.

*

Gloria Quill procedeva spedita sulla Charing Cross Road mentre, con il naso incollato alla cartina stradale, schivava prontamente tutti gli ostacoli sul suo cammino. Era l’incarnazione perfetta di un navigatore satellitare. “Ma come cavolo fa non farsi investire, se è così concentrata sulla mappa!! Io e papà, che dobbiamo pensare solo su dove poggiare i piedi, siamo già inciampati almeno dieci volte!! Vabbè.. in effetti si parla pur sempre di noi due…” pensò Abigayle alzando gli occhi al cielo, mentre arrancava dietro sua madre. «Dovremmo essere arrivati. Il professor Come-Si-Chiama ha detto che Il Calderone Stregato si trova davanti a questa libreria… ma io vedo solo un vecchio negozio di dischi!» disse la signora Quill con aria indispettita, dal momento che, per la prima volta in vita sua, non sapeva dove fosse finita. «Tutto bene, cara?» disse Geoffrey ridendo sotto i baffi. Aveva sempre desiderato vederla smarrita, almeno una volta. «Ci credo che non trovi Il Calderone Stregato! Si chiama Paiolo Magico! Comunque eccolo qui, entriamo» disse la ragazzina tutta eccitata. «Abigayle, fermati! Stai per andare a sbattere contro il mu…». Gloria si zittì vedendola scomparire nella parete. I signori Quill sentirono la voce della figlia che li invitava ad entrare. Sospirarono e si incamminarono ad occhi chiusi in direzione di Abigayle. Si ritrovarono in un locale buio che aveva davvero bisogno di una ripulita. La ragazzina corse verso il bancone. «Mi scusi, come posso raggiungere Diagon Alley?». Il barista la squadrò, prima di borbottare un piuttosto rassegnato «Babbani…». Aggirò il bancone e si diresse verso il piccolo cortile sul retro. Si fermò davanti un muro e sfilò dalla tasca quella che, da quanto aveva capito Abigayle, doveva essere una bacchetta. Tom picchiettò più volte sulla parete che all’improvviso iniziò a ritirarsi, mostrando una via brulicante di vita. “Credo che non mi stancherò mai di vedere la loro faccia davanti a questo” sorrise tra sé il vecchio mago tornando nel locale, mentre si trascinava dietro la vecchia gamba malandata. «Wow!» esclamò Abigayle lanciando un gridolino compiaciuto. Gloria sfoderò la disordinata lista che le aveva consegnato il professor Paciock secondo cui dovevano innanzitutto recarsi alla Gringott, per cambiare le sterline. Si imposero di non fermarsi ad ammirare ogni vetrina, rimandando quel momento a quando avrebbero avuto le tasche piene di Galeoni. La banca si innalzava candida sopra tutti gli altri edifici e un maestoso portone ligneo si stagliava sulla sua facciata. Su di esso era incisa un’iscrizione che recitava:

Straniero, entra, ma tieni in gran conto
Quel che ti aspetta se sarai ingordo
Perché chi prende ma non guadagna
Pagherà cara la magagna
Quindi se cerchi nel sotterraneo
Un tesoro che ti è estraneo
Ladro avvisato mezzo salvato:
Più del tesoro non va cercato.
Anche se il drago più non sorveglia
La sicurezza ancor sovrana regna:
Maghi e folletti non conviene sfidare
Poiché han deciso di cooperare.
La loro magia congiunta insieme
Colma i magici cor di infinita speme.
Se mai più il fato condurre vorrà
Menti malvagie all’oscurità
Esse temer dovran l’alleanza
Salda e di valida duratura sostanza.

Incantati dalla bellezza dell’edificio, oltrepassarono la soglia d’ingresso. L’interno, se possibile, era ancor più strabiliante. Li accolse una creatura piccola e tozza; aveva la pelle scura e un lungo naso adunco. «Salve, i signori sono qui per?» chiese loro Grunci, intrecciando davanti al petto le lunghe dita. Il signor Quill si chinò fino a guardare negli occhi il folletto. «Che esserini affascinanti!» esclamò entusiasta Geoffrey. «Ehm, ehm» tossicchiò Grunci, comprendendo di trovarsi di fronte a dei Babbani «Immagino necessitiate del cambio di valuta». Gloria costrinse suo marito a mostrare un certo contegno e rispose gentilmente: «Sì, grazie. È proprio quello che cercavamo». Il folletto li guidò spedito attraverso il grande salone marmoreo, dove centinaia di suoi simili, seduti su grandi scranni, erano intenti nelle loro mansioni.
Una decina di minuti più tardi, seduti sui grandi scalini sottostanti al portone della banca, i Quill erano alle prese con le nuove monete, cercando di capire i rapporti fra di esse. Ciò finché Abigayle, stufa di star ferma su quei gradini anziché girare fra le magiche botteghe, disse speranzosa: «Ma non è più semplice se chiediamo di volta in volta ai commercianti?». «Sì, hai ragione». Finalmente aprirono la lista dell’occorrente. «Dice che mi serviranno tre completi neri da lavoro a tinta unita, un cappello nero a punta, guanti in pelle di drago e un mantello, sempre nero. Questi maghi hanno la fissa per questo colore: o sono molto depressi o molto grassi, dopotutto il nero sfina… Dov’è che il professor Paciock ti ha consigliato di andare?» chiese Abigayle a sua madre. Gloria frugò nelle tasche e ne estrasse un foglietto stropicciato. «Madama McClan: abiti per tutte le occasioni». Dopo aver chiesto qualche indicazione entrarono nell’elegante negozio, accolti da un’anziana e burbera donna, vestita con una lunga tunica color malva. «Hogwarts, immagino. Seguitemi, prego» disse non appena li vide, guidandoli nel retrobottega. L’acquisto non fu difficile e, decidendo di comprare solo alla fine i libri per evitarne il peso, si occuparono della bacchetta. ‘Eccitazione’ era un termine riduttivo per descrivere lo stato d’animo di Abigayle in quel momento. L’insegna lucida a caratteri dorati recitava: Olivander: Fabbrica di bacchette di qualità superiore dal 382 a.C.. Il loro ingresso fu segnalato da un leggero scampanellio. Il locale era piccolo, ma accogliente. Il pavimento ligneo era talmente pulito da potercisi specchiare; un tappeto bordeaux con un contorno dorato era posizionato al centro della stanza. Sulle pareti tanti scaffali ordinati contenevano centinaia di scatolette allineate. «Buonasera, sono Philip Olivander. In che cosa posso esservi utile?» disse sorridente il giovane uomo da dietro il bancone, sistemandosi sul naso vistosi occhiali di corno. «Nostra figlia dovrebbe comprare la sua prima bacchetta» gli rispose Geoffrey, posando una mano sulla spalla di Abigayle. Subito un metro incantato sfrecciò per la stanza dritto verso di lei. «Ti conviene assecondarlo. Quando non si fa a modo suo, diventa piuttosto irascibile» la avvertì il signor Olivander mentre il curioso strumento prendeva veloce misure di braccia e gambe della ragazzina. Philip non fece in tempo a salire sullo sgabello che, da un ripiano in fondo, una scatola iniziò ad agitarsi vistosamente. Il commerciante saltellò euforico in direzione dello scaffale. «Nonno me l’aveva detto che le bacchette di vite riconoscono subito il loro futuro proprietario, ma non mi era mai capitato di vederlo di persona!» disse ai Quill estraendo il cofanetto rettangolare e portandolo verso il bancone. «Vite, nucleo in piuma di fenice, dieci pollici e tre quarti, rigida. Su, la provi!» affermò impaziente, porgendo il sottile bastoncino ad Abigayle, che afferrò la bacchetta con mano tremante. Immediatamente sentì un caldo formicolio irradiarsi dalla punta delle dita, fino alla spalla. La agitò e tutte le scatole dello scaffale più vicino lasciarono il loro posto e iniziarono a vorticare per la stanza. Si bloccò di colpo, facendole precipitare a terra e, balbettando delle scuse, ripose nella custodia la bacchetta. «Fantastico! Fantastico!» continuava a ripetere Philip. “Questo sta fuori come un balcone” pensò Abigayle allibita. Pagarono otto galeoni e lasciarono il signor Olivander, intento a mandare un gufo a suo nonno. Comprata la restante strumentazione, si diressero verso la loro ultima tappa. I loro sguardi però furono attirati da un appariscente negozio, le cui vetrine erano stracolme di strani oggetti colorati. Abigayle trascinò con foga i genitori all’interno de I Tiri Vispi Weasley, che si rivelò invaso da ragazzini urlanti che correvano da una parte all’altra del locale. Rimase senza fiato alla vista di tutte le stranezze ammucchiate negli scaffali, a partire da una serie di dolciumi dai nomi piuttosto buffi, che evidentemente rispecchiavano le loro proprietà magiche. C’erano Torroni Sanguinolenti, Pasticche Vomitose, Ciambelline Strillone, Pasticcetti Svenevoli, Barrette Da-Due-Occhi-A-Sette, e altre stramberie. Abigayle iniziò a girovagare curiosa tra le sale, finché si fermò di colpo alla vista di un ragazzo, la cui testa scomparve non appena vi pose sopra una cuffia da doccia a paperelle. Trattenne il fiato preoccupata finché quello non si riappropriò dell’intero corpo sghignazzando tra sé. Più in là Abigayle assistette al lancio di un arcobaleno a dimensioni naturali all’interno della stanza. “Forte… Questo negozio è di sicuro il mio preferito!” pensò con un sorriso che le illuminò il volto. Ad un tratto qualcosa le si avvicinò svolazzando e si posò sulla sua mano. Lei guardò estasiata la piccola creatura. Era grande come un pugno e incredibilmente soffice. Giallo dorato, sembrava uno di quei pon-pon che si trovano sui cappelli di lana. Dal paffuto corpicino spuntavano delle minuscole ali, che in volo agitava freneticamente per poter sorreggere lo spropositato carico peloso. I suoi occhi la guardavano interessati, dalla testolina sprofondata nel manto dorato. Lei gli sorrise. «Hey, devi stargli simpatica!» disse un ragazzino accanto a lei «Di solito le Snidgypuff sono molto timide». «Come hai detto che si chiamano?» gli chiese aggrottando la fronte. «Snidgypuff, sono un incrocio tra le Puffole Pigmee e lo Snidget Dorato, l’ultima novità di quei geni dei Weasley» disse con aria di venerazione. «Sembra il nome di un Pokemon!» esclamò accarezzando l’esserino «Che peccato non poterti portare con me a Hogwarts…» sospirò Abigayle. «Veramente questi sono permessi. Mia sorella Caroline anni fa si trascinava dappertutto la sua Puffola Pigmea. Il tempo dell’egemonia di gufi, rospi e gatti è giunto ormai al termine» si pronunciò lui in tono solenne, gesticolando con fervore mentre i biondi boccoli gli rimbalzavano davanti agli occhi. «Ah, non mi sono presentato» le porse la mano«sono Leonard Tuffle». «Abigayle Quill» gli strinse la mano. Lui aggrottò la fronte.«Abigayle… È curioso come nome». Le guance della ragazzina si tinsero di un lieve rossore. «Mio padre è un grande fan di NCIS e ha preso spunto per il mio nome dal suo personaggio preferito», “E ti credo quella tipa è stramba almeno quanto lui” aggiunse tra sé. «NCI-chè?» chiese dubbioso Leonard. «NCIS, il programma tv» disse di rimando lei come la cosa più ovvia del mondo. «Tv… Ma non è quella scatola in cui Babbani vedono delle immagini?» si illuminò lui, fiero di sé per esserselo ricordato. «Sì… Credo di sì…» rispose lei, pensando che i maghi fossero parecchio strani. Geoffrey Quill si avvicinò e, dopo aver gentilmente salutato Leonard, si rivolse alla figlia: «Tesoro è ora di andare. Dobbiamo ancora comprare tutti i libri». Abigayle annuì, dispiaciuta di dover salutare così presto il suo nuovo amico. «Posso comprarlo papà? Posso portarlo anche nella nuova scuola!» disse speranzosa, mostrandogli la Snidgypuff. «Perché no» acconsentì lui. Si avviarono alla cassa seguiti da Leonard, che si accostò ad Abigayle e le chiese un po’ titubante: «Se vuoi possiamo andare insieme al Ghirigoro, tanto ci devo andare anch’io con i miei». «Ok» rispose felice. Geoffrey tornò da loro con la creaturina chiusa in una gabbietta. «Come hai intenzione di chiamarlo? Mi hanno detto che è un maschio». «Oh… fammi pensare… direi Psyduck» ridacchiò tra sé, ripensando al buffo nome della specie. Poco più tardi Leonard e Abigayle si stavano dirigendo con le loro famiglie verso la libreria, chiedendosi in quale casa sarebbero stati smistati.






N.A.
Ciao a tutti,
questo è il primo capitolo della nostra primissima storia scritta a quattro mani. Mi raccomando commentate numerosi, così sapremo se dovremo smettere subito l’impresa o se ci date il via libera per continuare XD. Per le vacanze di Natale contiamo di pubblicare il prossimo capitolo. E ora alcune precisazioni:

  • la prima parte della filastrocca della Gringott (fino a ‘Più del tesoro non va cercato’) è presa da Harry Potter e la Pietra Filosofale, mentre il resto è frutto delle nostre menti malate u.u;
  • Ciambelline Strillone e Barrette Da-Due-Occhi-A-Sette sono nostre invenzioni, così come la Snidgypuff;
  • Per chi non lo sapesse Psyduck è un Pokemon che ha le sembianze di una papera gialla un po’ goffa. Ovviamente Abigayle sceglie questo nome solo per il colore, non per l’aspetto =).

A presto,
Trillo & Sbadiglio
  
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