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Autore: candycotton    12/12/2012    1 recensioni
Albus si sistemò gli occhialetti a mezzaluna sul naso. “E... con chi il piacere di parlare?”
“Gellert Grindelwald. Onorato di fare la tua conoscenza, Albus”.
“... Dumbledore. Il mio nome è Albus Dumbledore” prese la sua mano e la scrollò vigorosamente.
“Albus Dumbledore” ripeté lo straniero.
“Mi piace come lo dici. Il tuo accento è... interessante”
Questa storia si è classificata prima al Contest "Lost In Magic" di Shallo sul forum di EFP
Genere: Drammatico, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Albus Silente, Altro personaggio, Gellert Grindelwald | Coppie: Albus/Gellert
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra
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Questa storia si è classificata Prima al Contest "Lost In Magic" di Shallo sul forum di EFP


Prelude



Il locale era deserto.

Solo un uomo, o meglio, un ragazzo, se ne stava seduto al bancone d'ebano, sorseggiando avidamente da un bicchiere tempestato di ditate.

Era passata l'ora del coprifuoco ormai da molto. Ma a lui sembrava non importare. Tutto ciò che voleva era far scendere il caldo liquore pungente giù per la sua gola, fino a raschiare la carne, fino a farla sanguinare.

Albus”.

Gli stivali del barista batterono contro la passerella di legno, quando l'uomo raggiunse il giovane.

Smettila. È passata mezzanotte ormai. Torna a casa”.

In tutta risposta, Albus allungò il bicchiere vuoto verso l'uomo. “Versamene un altro po'”.

Ma lui non si mosse, si limitò a piegare le sopracciglia in un'espressione compassionevole.

Albus alzò uno sguardo distorto su di lui. “Per favore, Dominic”.

So cosa stai passando, Albus. Ma ti prego, tua sorella ha bisogno di te, in questo momento più che mai. E anche Aberforth. Non buttare via la tua famiglia per qualche insulso sogno giovanile”.

Albus ingoiò la saliva e soffocò un rigurgito. “Sei solo come tutti gli altri, in questo stupido posto”.

Dominic sospirò. Arricciò le labbra. “Vorrei andare a dormire...”

Lasciami una bottiglia e vattene, non toccherò nient'altro”.

Albus appoggiò la testa contro la mano e chiuse un po' gli occhi. Li riaprì quando il cigolio della porta attirò la sua attenzione. Lui e Dominic si volsero. A quell'ora era strano che ci fosse ancora qualcuno in giro.

Era un ragazzo. Indossava un lungo mantello da viaggio, sotto a cui si intravedevano abiti ricercati, ma un po' sgualciti. I capelli scompigliati e le profonde occhiaie attorno agli occhi cerulei, suggerivano che non dormiva decentemente da giorni, probabilmente perché era stato in viaggio per lungo tempo.

Avanzò tra i tavoli abbandonati con incedere importante. La sua espressione all'inizio spaventata, si trasformò in consapevolezza, in un sorriso d'intesa, accennato al ragazzo seduto al bancone.

Appoggiò il palmo della mano sulla lastra d'ebano e si piegò in avanti verso Dominic.

Posso avere quello che beve lui?” chiese in uno strano accento duro, spezzato. Non era inglese.

Albus socchiuse gli occhi, non aveva ancora smesso di fissarlo.

Il ragazzo prese posto sullo sgabello accanto al suo. Gli lanciò un'occhiata.

Ehm... veramente il locale è chiuso. È quasi l'una di notte, ragazzi...”

Lascia stare, Dominic. Prendiamo la bottiglia e ce ne andiamo” tagliò corto Albus.

Allungò del denaro al barista, che gli cedette una bottiglia di whisky incendiario e li guardò scomparire oltre la soglia del locale, inghiottiti dall'oscurità.

Non c'era bisogno che lo facessi”.

Camminavano l'uno accanto all'altro, i lunghi mantelli che si sfioravano e lo sgretolarsi della ghiaia sotto i loro stivali. Albus sentì lo sguardo dello sconosciuto su di sé. Quella sensazione gli piaceva. Alzò gli occhi e incrociò quelli blu del ragazzo. “Che cosa?” domandò, trattenendo un sorriso.

Comprare un'intera bottiglia”. La prese dalle mani di Albus e ne bevve un lungo sorso. “Eccezionale” mormorò tra sé e sé.

Albus sorrise. Il suo strano accento lo affascinava.

Quindi, grazie... ehm...”

Albus” fece prontamente il giovane. Si fermò in mezzo al viale. Si voltò verso lo straniero e i loro sguardi si incrociarono.

Il ragazzo allungò la mano fuori dal mantello.

Albus si sistemò gli occhialetti a mezzaluna sul naso. “E... con chi il piacere di parlare?”

Gellert Grindelwald. Onorato di fare la tua conoscenza, Albus”.

... Dumbledore. Il mio nome è Albus Dumbledore” prese la sua mano e la scrollò vigorosamente.

Albus Dumbledore” ripeté lo straniero.

Mi piace come lo dici. Il tuo accento è... interessante” Albus piegò il capo di lato, intensificò lo sguardo in quello di Gellert. Lasciò la sua mano di scatto, e abbassò gli occhi a terra. Forse stava andando troppo oltre, in fondo era uno sconosciuto.

Vengo da Durmstrang. Sono in Inghilterra per una... ricerca personale”.

Gellert unì le braccia dietro la schiena e riprese a camminare. Albus lo affiancò.

Cadde un silenzio carico tra di loro. Albus teneva stretta la bottiglia di whisky per il collo, lo sguardo confuso fisso a terra. Sapeva di star facendo una stupidaggine. Dominic aveva ragione. Sarebbe dovuto stare accanto a sua sorella Ariana e ad Aberforth. La sua famiglia aveva bisogno di lui, non era per quello che aveva rinunciato al suo grande desiderio di fare il giro del mondo con Elphias? E ora? Cosa gli era preso?

Si ubriacava fino a tardi e andava in giro con degli sconosciuti. Non era da lui. Quello non era più il sé stesso che conosceva.

Era così immerso nei suoi pensieri, che la improvvisa risata di Gellert lo sorprese come se avesse appena iniziato a grandinare. Sbatté le palpebre e voltò il capo verso il ragazzo.

Aveva un bel sorriso. Ammaliante.

Te ne stai zitto, ma percepisco la tua curiosità, Albus. Tu mi piaci. Sono convinto che potremmo fare grandi cose insieme. E di solito non mi sbaglio sulle persone”.

Albus continuò a fissarlo. Era incredulo da ciò che aveva appena sentito. Aveva forse appena incontrato un grande mago? Uno che fosse davvero degno di portare quel nome? Uno... come lui?

Hai mai sentito parlare dei Doni della Morte?”

Albus socchiuse gli occhi, cercò nella sua mente, un nome o qualcosa che potesse ricondurlo a ciò. Ma niente.

Scrollò il capo e prese posto su una panchina al limitare del viale. Gellert si sedette sull'altro lato, si appoggiò allo schienale e accavallò le gambe sotto al mantello.

Iniziò a raccontare una storia, una leggenda tanto strana quanto affascinante. Ed Albus pendeva dalle sue labbra, un po' per il modo meraviglioso che aveva di usare le parole, un po' per la curiosità che la storia in sé suscitò in lui.

Il mantello dell'invisibilità, la pietra della Resurrezione, la bacchetta di Sambuco. Tre oggetti che la morte stessa aveva donato a tre fratelli.

Gellert continuava a ripetere che chi ne entrava in possesso, diventava il padrone della Morte. Ecco il soggetto della sua ricerca. Ecco cos'era venuto a fare a Godric's Hollow.

Credeva che lì, da qualche parte e in qualche modo, avrebbe potuto trovarli. I Doni della Morte.

Quando finì di parlare, scrutò Albus con uno sguardo neutro, studiava la sua reazione. Poi sbuffò una risata. Ma Albus stava ancora nuotando con i pensieri in ciò che Gellert gli aveva appena detto.

Cosa pensi?”

Penso che forse, questa ricerca, potrebbe farti diventare pazzo”.

I pazzi non pensano di diventare pazzi. Casomai, più sani” Gellert alzò gli occhi su di lui. Le sue labbra si piegarono, e lentamente scoppiò in una risata condivisa.

Fu come dimenticarsi di tutto. Chi era, il suo passato, il suo presente. C'erano solo lui, lo straniero e quella panchina.

Che cos'era quella strana sensazione? Grindelwald non era altro che uno sconosciuto, eppure... eppure era come se lo conoscesse da sempre. Come se fossero amici da lunga data e si stessero rivedendo dopo tanto tempo.

Albus”.

Lo guardò, sbatté le palpebre dietro gli occhialetti a mezzaluna.

Non confondere le coincidenze con il destino”.

Albus ingoiò la saliva. Osservò il ragazzo seduto accanto a lui, come se lo vedesse realmente per la prima volta. Si accigliò. “Cosa vuoi dire?”
“Il nostro incontro, questa notte. Ti sembra casuale? Doveva accadere, è questo il nostro destino. Possiamo condividere il nostro sapere, possiamo essere noi stessi, l'uno con l'altro”.

Albus distolse lo sguardo e abbozzò un sorriso confuso. “Non mi conosci neanche”.

Gellert fu sul punto di ribattere, quando il verso acuto di un uccello s'intromise nella loro conversazione e spezzò la calma di quella notte tranquilla.

Entrambi volsero il capo al cielo e seguirono con gli occhi il volo di una civetta rossastra che planava sulla spalla di un ragazzo esile e alto, molto simile ad Albus se non per i capelli di qualche tonalità più scuri.

Aberforth” sussurrò Albus, sporgendosi in avanti, in tensione.

Gellert rimase immobile, una leggera espressione di sorpresa dipinta sul volto.

Che ci fai ancora in giro a quest'ora?” Aberforth camminò verso la panchina, la civetta aggrappata sulla sua spalla. “Lui chi è?”

Albus scattò in piedi. “Non era necessario che venissi a cercarmi. Stavo giusto tornando”.

Anche Gellert si alzò dalla panchina, si aggiustò le pieghe del mantello e congiunse le mani, dondolandosi avanti e indietro.

Aberforth, lui è Gellert Grindelwald. Gellert, ti presento Aberforth, mio fratello”.

Aberforth lanciò una breve occhiata allo straniero, che invece allungò la mano per fare la sua conoscenza, ma senza ricevere segno di voler ricambiare il gesto. Grindelwald sorrise appena, senza perdere quella sua perfetta consapevolezza di sé che amava tanto sfoggiare.

È ora di tornare, Albus. Ho lasciato Ariana da sola, e sai bene che non è una buona idea”.

Al suono di quel nome, Ariana, un'espressione malinconica attraversò il volto di Albus. Una ruga si formò tra le sue sopracciglia. All'improvviso non aveva più voglia di bere o simpatizzare fino a tardi. Voleva solo essere triste. Magari chiudersi in una stanza, piangere per un po'. Sua madre era morta. Eppure lui si sentiva afflitto perché aveva dovuto rinunciare a quel tanto bramato viaggio in Europa con Elphias.

Più ci pensava, più si sentiva una cattiva persona.

Forse Dominic aveva davvero ragione. Lui era il fratello maggiore e invece di prendersi cura di Aberforth ed Ariana, stava fuori fino tardi, squallidamente.

Tuo fratello è molto simpatico” disse Gellert ad un tratto. Albus desiderò che non l'avesse fatto. Sarebbe stato meglio finirla lì, tornarsene a casa, chiudere la faccenda.

Qualunque cosa significhi, non è divertente” ribatté Aberforth, secco.

Gellert alzò le mani e sfoggiò un sorrisetto. “Calmati, stavo solo scherzando”.

Vuoi un duello? Perché se è questo che cerchi, nonostante l'ora, sono sveglio abbastanza da accettare la sfida. E sono anche parecchio arrabbiato” la mano di Aberforth scese dentro la veste, a cercare la bacchetta.

Smettila” intervenne Albus, appoggiando una mano sul torace del fratello e spingendolo indietro.

Se il duello finisse male e tu rimarresti ammazzato, non sarebbe colpa mia. Sei tu che hai iniziato. Ma a cosa servirebbe ucciderti? Tanto siamo già tutti morti!” La bacchetta saettò fuori dal mantello. “Stupeficium!” gridò Aberforth, puntandola davanti a sé.

Gellert fu preso alla sprovvista. Si abbassò di colpo, sfiorando l'incantesimo per un soffio. Appoggiò le mani a terra e il suo mantello da viaggio di sporcò del bianco della ghiaia.

Pietrificus...”

Albus si avventò contro Aberforth prima che potesse finire la formula, facendo scudo con il proprio corpo tra lui e Gellert. Cercò di calmarlo, di fargli abbassare la bacchetta. Lo allontanò il più possibile da Gellert, spingendolo via da quella panchina, da quel posto. Albus si voltò, quando ormai erano già abbastanza distanti e mimò un “tutto a posto?” con le labbra.

Gellert fece un mezzo sorriso e alzò la mano a mezz'aria. Quando i due fratelli furono solo ombre nella tenebra notturna, lo straniero estrasse un foglio accartocciato che teneva nella tasca interna del mantello da viaggio. Lo aprì delicatamente, per evitare di romperlo.

L'immagine di una donna dai tratti marcati, e dai lunghi capelli neri raccolti sulla testa, troneggiava sopra la scritta:


In Memoria di

Kendra Dumbledore

(1851 – 1899)

Nel dolore dei figli Albus, Aberforth e Ariana Dumbledore.

"Dove si trova il tuo tesoro, lì sarà anche il tuo cuore"

  
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