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Autore: lulubellula    12/12/2012    1 recensioni
Tonks è sola, senza Lupin al suo fianco che è fuggito da lei con la scusa di aiutare Harry nella lotta contro Voldemort. Lei è sola e con un figlio in arrivo, la paura e la solitudine sono le sue compagne di viaggio finché un ritorno inaspettato le riempirà il cuore e la vita di gioia.
La storia partecipa al contest: "Una frase per ispirarti… Gray’s Anatomy Sentences" di ticci.EFP
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nimphadora Tonks, Remus Lupin | Coppie: Remus/Ninfadora
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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Home is where your heart is

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Titolo:Home is where your heart is

Frase scelta:
Non è tanto importante che la felicità sia eterna, ma che si possa essere felici al momento perché una volta ogni tanto, può capitare che le persone ti sorprendano. Una volta ogni tanto, le persone possono anche toglierti il fiato…

Personaggi principali:Nimphadora Tonks, Remus Lupin

Personaggi secondari (eventuali):

Avvertimenti: Missing Moment, Slice of life

Rating: Verde

Genere:Malinconico, romantico

Introduzione: Tonks è sola, senza Lupin al suo fianco che è fuggito da lei con la scusa di aiutare Harry nella lotta contro Voldemort. Lei è sola e con un figlio in arrivo, la paura e la solitudine sono le sue compagne di viaggio finché un ritorno inaspettato le riempirà il cuore e la vita di gioia.

NdA (eventuale): I personaggi non mi appartengono e non scrivo a scopo di lucro

 

Home is where your heart is

 

Ti accarezzi il ventre sconsolata, mentre le dita dell’ altra mano giocherellano con i tuoi capelli, ora biondi e lisci, ora rosa e ricci, ora ambrati e corti. Una lacrima ti solca il viso, scorrendoti tra le guance rosate e scendendo sul lato destro della tue labbra.

Una lacrima sola, unica, null’ altro di più, non ne scenderanno altre, tu lo sai, non sei di certo una donna dal pianto facile. Non lo sei mai stata e non lo diventerai adesso, perché ora non è il momento adatto per darsi ai piagnistei.

Ora non è il momento adatto per iniziare molte cose, molte meglio concludere quelle lasciate a metà, in modo da farne bene solo una.

In modo da provare ad essere madre.

“Una madre – pensi tra te e te – una madre sola, non per scelta, non per costrizione, qualcuno direbbe: ‘Sono cose che succedono, mia cara’, qualcun altro azzarderebbe più maliziosamente: ‘La vita, Ninfadora, è solo la vita, devi farci l’ abitudine’, dovrai farci l’ abitudine”.

Già, è la vita, esattamente quella che tu stai vivendo, che si sta creando lentamente in te, un antico ed emozionante viaggio di cui noi donne siamo le ancelle e le bussole.

Noi custodiamo la vita, la amiamo, la doniamo ai nostri figli.

Noi donne sentiamo quella piccola creatura che daremo alla luce molto prima che il bambino scalci o si muova.

Non ci serve il movimento, né un battito forte e saldo per sentirci madri, lo siamo e basta.

Ci sentiamo così molto prima, quando scopriamo di non essere più sole, quando sappiamo che diverremo madri.

Non è una certezza, non è un dato scientifico, né qualcosa che si può spiegare a parole, è una sensazione, uno stato d’ essere, una nuova luce che si legge nei nostri occhi.

Tutto questo non si può spiegare, le emozioni troppo forti e troppo intense sono ridondanti, polisemantiche, hanno significati e connotazioni impossibili da esternare.

Essere madre è così, incredibilmente inspiegabile, crea una sorta di completezza del proprio animo che è difficile da definire.

Un po’ come amare.

Non si può cercare di spiegare la sensazione che si prova ad amare qualcuno o ad essere amati, non ci sono parole sufficienti, non esiste un termine razionale.

Essere madre è una forma d’ amore, la più completa e la più vera, è un sentimento antico e mai del tutto scalfito, quasi primordiale, ha una componente razionale del tutto trascurabile rispetto a quella emotiva.

Dicono che una donna possa sentirsi una madre sin dalle prime settimane di gestazione, per un uomo spesso è ben più difficile sentirsi un padre.

Gli uomini hanno bisogno di vedere il bambino, di stringerlo tra le braccia, di inspirare il profumo di paternità e, a volte, nemmeno questo basta.

Ti asciughi quella lacrima solitaria e pensi alla cauta e timida felicità che avevi provato con Remus, al matrimonio semplice e raccolto, ma animato da un amore sincero e da una dedizione reciproca, ai primi mesi di armonia coniugale, ai pranzi, alle cene, alle serate passate accoccolati vicini sul divano, accanto al caminetto.

Ripensi ai suoi occhi vuoti, quasi infranti in mille pezzi, non appena appresa la notizia della gravidanza, ripensi alle colpe, alle parole, ai tuoi tentativi di farlo ragionare, di non farlo impazzire, di cercare di tranquillizzare le sue non troppo infondate paure.

Ripensi alla cauta indifferenza degli ultimi mesi, al letto vuoto, alle giornate intere lontano da lui, scuse su scuse per non volerti guardare in faccia, per non leggere la delusione e l’ amarezza che avevano dipinto i tuoi occhi.

“Dopotutto, mia cara, cosa ti potevi aspettare da uno così? Loro sono tutti uguali, ti ha fatto un favore andandosene”.

Le parole di quella vecchietta ti avevano ferita, ma non più di tanto, era il pensiero di molti altri, almeno lei aveva avuto il coraggio di ammettere ed esternare la vox populi.

Avresti voluto ribattere qualcosa, dire che tuo marito non ti aveva lasciata, che era in missione, a lottare contro Tu-sai-chi.

Ed era vero, tutto questo era vero, ma al tempo stesso era una scusa bella e buona.

Tu non hai più voglia di mentire a te stessa, non hai più speranze, sei rassegnata, umiliata e sola.

Pensi questo mentre chiudi gli occhi e ti addormenti.

Passano minuti, ore, momenti senza tempo che sembrano durare pochi istanti.

Senti bussare alla porta, prima piano, poi con forza e insistenza.

Ti svegli e vai ad aprire, trascinando i piedi e camminando con mestizia, tenendo lo sguardo a terra.

Apri la porta ed alzi lo sguardo, il tempo scorre lento ed inesorabile, l’ atmosfera è carica di una forte tensione emotiva.

L’ uomo alla porta ha un aspetto trasandato e ordinario, le vesti lise e antiquate, la pettinatura fuori moda, un uomo in tutto e per tutto ordinario, se non fosse per gli occhi.

I suoi occhi sono vivi e lucidi, carichi di una luce particolare, pieni di emozione, sembrano quasi colmare le parole che non riesce a dirti.

Ti porti istintivamente le mani al grembo, come per proteggere il bambino dal tuo turbinio emotivo.

“Remus?” gli chiedi con aria interrogativa e spaventata.

Lui abbassa lo sguardo con vergogna ed inizia a parlarti.

“Sono un codardo, un vile codardo bastardo” con un linguaggio degno di un Sirius Balck piuttosto in forma.

Continua a parlarti, le parole ti scivolano addosso come l’ acqua pura e cristallina di una sorgente in mezzo al deserto.

“Lui è ritornato, lui ha capito, lui è pronto” pensi, non ti serve sapere nient’ altro.

Avvicini la tua mano a lui e la posi sulle sue labbra.

“Shh, è tutto a posto, Remus, andrà tutto bene” gli dici prima di farlo entrare e di chiudere la porta alle vostre spalle, lasciando sciogliere la vostra tensione in un bacio dolce e appassionato, colmo di amore, affetto e di tutte quelle sensazioni che tu chiami “famiglia”.

In questo istante, non ti importa che la felicità sia eterna, ma che si possa essere felici al momento perché una volta ogni tanto può capitare che le persone ti sorprendano. Una volta ogni tanto le persone possono anche toglierti il fiato.

 

 

   
 
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