Home is where your heart is
Nick
da mettere nel banner:lulubellula
Titolo:Home
is where
your heart is
Frase
scelta:
Non è tanto importante che la felicità sia
eterna, ma che
si possa essere felici al momento perché una volta ogni
tanto, può capitare che
le persone ti sorprendano. Una volta ogni tanto, le persone possono
anche
toglierti il fiato…
Personaggi
principali:Nimphadora
Tonks, Remus Lupin
Personaggi
secondari
(eventuali):
Avvertimenti:
Missing
Moment, Slice of life
Rating:
Verde
Genere:Malinconico,
romantico
Introduzione:
Tonks è
sola, senza Lupin al suo fianco che è fuggito da lei con la
scusa di aiutare
Harry nella lotta contro Voldemort. Lei è sola e con un
figlio in arrivo, la
paura e la solitudine sono le sue compagne di viaggio finché
un ritorno
inaspettato le riempirà il cuore e la vita di gioia.
NdA
(eventuale):
I
personaggi non mi appartengono e non scrivo a scopo di lucro
Home is where your heart is
Ti
accarezzi il ventre
sconsolata, mentre le dita dell’ altra mano giocherellano con
i tuoi capelli,
ora biondi e lisci, ora rosa e ricci, ora ambrati e corti. Una lacrima
ti solca
il viso, scorrendoti tra le guance rosate e scendendo sul lato destro
della tue
labbra.
Una
lacrima sola,
unica, null’ altro di più, non ne scenderanno
altre, tu lo sai, non sei di certo
una donna dal pianto facile. Non lo sei mai stata e non lo diventerai
adesso,
perché ora non è il momento adatto per darsi ai
piagnistei.
Ora
non è il momento
adatto per iniziare molte cose, molte meglio concludere quelle lasciate
a metà,
in modo da farne bene solo una.
In
modo da provare ad
essere madre.
“Una
madre – pensi tra
te e te – una madre sola, non per scelta, non per
costrizione, qualcuno
direbbe: ‘Sono cose che succedono, mia cara’,
qualcun altro azzarderebbe più
maliziosamente: ‘La vita, Ninfadora, è solo la
vita, devi farci l’ abitudine’,
dovrai farci l’ abitudine”.
Già,
è la vita,
esattamente quella che tu stai vivendo, che si sta creando lentamente
in te, un
antico ed emozionante viaggio di cui noi donne siamo le ancelle e le
bussole.
Noi
custodiamo la vita,
la amiamo, la doniamo ai nostri figli.
Noi
donne sentiamo
quella piccola creatura che daremo alla luce molto prima che il bambino
scalci
o si muova.
Non
ci serve il
movimento, né un battito forte e saldo per sentirci madri,
lo siamo e basta.
Ci
sentiamo così molto
prima, quando scopriamo di non essere più sole, quando
sappiamo che diverremo
madri.
Non
è una certezza, non
è un dato scientifico, né qualcosa che si
può spiegare a parole, è una
sensazione, uno stato d’ essere, una nuova luce che si legge
nei nostri occhi.
Tutto
questo non si può
spiegare, le emozioni troppo forti e troppo intense sono ridondanti,
polisemantiche, hanno significati e connotazioni impossibili da
esternare.
Essere
madre è così,
incredibilmente inspiegabile, crea una sorta di completezza del proprio
animo
che è difficile da definire.
Un
po’ come amare.
Non
si può cercare di
spiegare la sensazione che si prova ad amare qualcuno o ad essere
amati, non ci
sono parole sufficienti, non esiste un termine razionale.
Essere
madre è una
forma d’ amore, la più completa e la
più vera, è un sentimento antico e mai del
tutto scalfito, quasi primordiale, ha una componente razionale del
tutto
trascurabile rispetto a quella emotiva.
Dicono
che una donna
possa sentirsi una madre sin dalle prime settimane di gestazione, per
un uomo spesso
è ben più difficile sentirsi un padre.
Gli
uomini hanno
bisogno di vedere il bambino, di stringerlo tra le braccia, di
inspirare il
profumo di paternità e, a volte, nemmeno questo basta.
Ti
asciughi quella
lacrima solitaria e pensi alla cauta e timida felicità che
avevi provato con
Remus, al matrimonio semplice e raccolto, ma animato da un amore
sincero e da
una dedizione reciproca, ai primi mesi di armonia coniugale, ai pranzi,
alle
cene, alle serate passate accoccolati vicini sul divano, accanto al
caminetto.
Ripensi
ai suoi occhi
vuoti, quasi infranti in mille pezzi, non appena appresa la notizia
della
gravidanza, ripensi alle colpe, alle parole, ai tuoi tentativi di farlo
ragionare, di non farlo impazzire, di cercare di tranquillizzare le sue
non troppo
infondate paure.
Ripensi
alla cauta
indifferenza degli ultimi mesi, al letto vuoto, alle giornate intere
lontano da
lui, scuse su scuse per non volerti guardare in faccia, per non leggere
la
delusione e l’ amarezza che avevano dipinto i tuoi occhi.
“Dopotutto,
mia cara,
cosa ti potevi aspettare da uno così? Loro sono tutti
uguali, ti ha fatto un
favore andandosene”.
Le
parole di quella
vecchietta ti avevano ferita, ma non più di tanto, era il
pensiero di molti
altri, almeno lei aveva avuto il coraggio di ammettere ed esternare la vox populi.
Avresti
voluto
ribattere qualcosa, dire che tuo marito non ti aveva lasciata, che era
in
missione, a lottare contro Tu-sai-chi.
Ed
era vero, tutto
questo era vero, ma al tempo stesso era una scusa bella e buona.
Tu
non hai più voglia
di mentire a te stessa, non hai più speranze, sei
rassegnata, umiliata e sola.
Pensi
questo mentre
chiudi gli occhi e ti addormenti.
Passano
minuti, ore,
momenti senza tempo che sembrano durare pochi istanti.
Senti
bussare alla
porta, prima piano, poi con forza e insistenza.
Ti
svegli e vai ad
aprire, trascinando i piedi e camminando con mestizia, tenendo lo
sguardo a
terra.
Apri
la porta ed alzi
lo sguardo, il tempo scorre lento ed inesorabile, l’
atmosfera è carica di una
forte tensione emotiva.
L’
uomo alla porta ha
un aspetto trasandato e ordinario, le vesti lise e antiquate, la
pettinatura
fuori moda, un uomo in tutto e per tutto ordinario, se non fosse per
gli occhi.
I
suoi occhi sono vivi
e lucidi, carichi di una luce particolare, pieni di emozione, sembrano
quasi
colmare le parole che non riesce a dirti.
Ti
porti istintivamente
le mani al grembo, come per proteggere il bambino dal tuo turbinio
emotivo.
“Remus?”
gli chiedi con
aria interrogativa e spaventata.
Lui
abbassa lo sguardo con
vergogna ed inizia a parlarti.
“Sono
un codardo, un
vile codardo bastardo” con un linguaggio degno di un Sirius
Balck piuttosto in
forma.
Continua
a parlarti, le
parole ti scivolano addosso come l’ acqua pura e cristallina
di una sorgente in
mezzo al deserto.
“Lui
è ritornato, lui
ha capito, lui è pronto” pensi, non ti serve
sapere nient’ altro.
Avvicini
la tua mano a
lui e la posi sulle sue labbra.
“Shh,
è tutto a posto,
Remus, andrà tutto bene” gli dici prima di farlo
entrare e di chiudere la porta
alle vostre spalle, lasciando sciogliere la vostra tensione in un bacio
dolce e
appassionato, colmo di amore, affetto e di tutte quelle sensazioni che
tu
chiami “famiglia”.
In
questo istante, non
ti importa che la felicità sia
eterna, ma
che si possa essere felici al momento perché una volta ogni
tanto può capitare
che le persone ti sorprendano. Una volta ogni tanto le persone possono
anche
toglierti il fiato.