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Autore: Rainbow    30/06/2007    6 recensioni
Elizabeth che si abbandona ai suoi pensieri. Desiderio di vita e morte nella stessa persona, conflittualità dilaniante.
Genere: Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Love

 

E’ strano. Come la felicità possa essere strappata via a qualcuno con così tanta facilità.

Me lo sono sempre domandato. Cosa sia.

E non ho mai trovato una risposta. Tranne che felicità significava stare con lui per sempre.

Lui…non c’è più.

Cioè, lui ci sarà sempre, io morirò presto, in confronto all’eternità che lui ha davanti.

Ho fatto un breve calcolo. Supponendo che io viva fino a sessant’anni, e considerando che solo un giorno ogni dieci anni lui può stare sulla terra, io riuscirei a vederlo solo per quattro giorni. Quattro giorni in tutta la vita.

E’ dannatamente triste. E mi manca così tanto che ogni volta che osservo il tramonto mi manca il respiro.

Ho cercato di trovare qualcosa che potesse farlo ritornare a me, ma non c’è niente. Sono stata intere notti a pensare, tanto che la testa mi doleva ma non ho trovato niente.

L’unica mia speranza è l’attesa.

Sono già passati due anni.

E io sento di non farcela.

Dovrei vederlo tra otto anni.

E non sono felice.

Perché sono consapevole del fatto che sarà ancor più tragico separarmi da lui. E sarà sempre peggio, perché diventerò sempre più fragile, e quando crederò di essermi abituata all’idea di vivere senza di lui, Will arriverà e distruggerà qualsiasi mia certezza.

Ho vissuto questi due anni piena di paure, di solitudine e di tristezza, non c’è stato niente che mi abbia aiutata, tranne gli ultimi momenti che abbiamo vissuto insieme, prima che lui andasse via. Tranne il mio ventre che pian piano gonfiava, sintomo di nuova vita.

Ma ho comunque paura. Ho paura di dimenticare il suo volto, che già alla mia mente appare così sfocato e confuso. Mi sforzo di ricordare la sua voce ma sono solo sibili stentati quelli che arrivano al mio orecchio.

Cerco di ripercorrere tutti i momenti in cui lui mi ha toccata ma il mio cuore non vibra di felicità, ma di rabbia, perché non provo gli stessi brividi.

Così ho preso la drastica decisione: devo morire.

Non penso ad un suicidio, penso invece a concedere la mia anima all’Olandese, a chiudermi in quella prigionia che sarebbe la mia salvezza.

Cerco qualcuno che mi possa aiutare a trovare Will, ma purtroppo ho la sensazione che lui stia adempiendo al suo compito di trasportare le anime nell’aldilà e probabilmente non sarà distratto dal mio disperato richiamo.

Probabilmente udirà la mia voce arrivargli sfocata ed evanescente, si volterà, sarà tentato dal raggiungermi e prendermi per sempre con se, ma poi scuoterà il capo, sorriderà amareggiato e mi ignorerà.

Perché deve adempiere ai suoi obblighi.

Perché è così che doveva andare tra di noi.

 

Tante volte ho pensato di lasciarmi andare in mare. Di buttarmi e di non nuotare. Non di uccidermi. Di non nuotare.

Si, probabilmente le due espressioni sono equivalenti. E’ solo che Will mi odierebbe, e in qualche modo, anche solo attraverso le parole devo pulirmi la coscienza.

Sarebbe bello galleggiare, fino a quando non arriva quella sensazione di benessere, spia del fatto che tu stai morendo.

Tante volte l’ho pensato.

Una volta ero alla spiaggia. I miei piedi nudi sono entrati in contatto con l’acqua fredda. Ho tirato un sospiro e ho avanzato nel mare. Ma un’immagine davanti agli occhi mi ha costretto a ritornare indietro.

Quell’immagine è l’unica che abbia valore nella mia vita.

Non è un immagine. E’ un pianto innocente la notte, tante coccole al mattino, l’odore di un’infanzia ancora incontaminata, purezza, dolcezza.

L’altra volta guardavo dalla finestra.

Guardavo il mare. L’eterno, l’infinito.

E se mi buttassi nell’infinito? Sarebbe l’unico modo per raggiungerlo.

Se mi buttassi con mio figlio nell’infinito? Se insieme raggiungessimo suo padre?

Per quanto possa essere potente l’eternità, ho capito che niente, niente di niente, può paragonarsi alla vita vera. Le sensazioni puramente fisiche, come sentire il vento che ti sbatte in faccia, l’acqua che ti bagna, il bruciore sulla guancia dopo uno schiaffo, sono incomparabili. A volte fanno male ma ti senti viva.

E poi tutti i sentimenti legati alla felicità, alla malinconia nel vederti crescere e invecchiare, il tuo attaccamento alla vita, il valorizzare qualsiasi cosa che si trovi sul tuo cammino, perché sai che prima o poi rimpiangerai tutto. Oppure non sentirai più nulla. La vita non è paragonabile all’eternità.

Avrei scelto la seconda solo per amore di Will.

Ma mio figlio, nostro figlio mi costringe a restare qui. Nella terra dei vivi.

Nella terra dove c’è la notte e c'è il giorno. E il tramonto. E ogni volta, vedere il sole morire e risorgere, abbassarsi sul mare, è un’emozione che nessuno può darti.

Tranne la vita.

 

 

  
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